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Autore: Emily Kingston    26/02/2012    2 recensioni
E ogni volta che giungeva a questa conclusione e le ombre diventavano più sfocate ed i sentimenti sembravano ritirarsi, divenendo più piccoli, lui faceva qualcosa, qualcosa come un sorriso, e lei s’innamorava di nuovo. S’innamorava di lui anche cento volte.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hermione Granger
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Steal his heart

 
Una fresca brezza marzolina attraversava le finestre, smuovendo le leggere tende di lino che oscuravano i vetri.
La stanza, dalle pareti bianche ed occupata da un numero indefinibile di letti, era silenziosa, riempita soltanto dal respiro regolare di qualcuno.
Qualcuno che aveva la pelle pallida, lentigginosa, e gli occhi chiusi. Qualcuno che aveva il volto rilassato, quasi stesse dormendo un sonno profondo, di quelli da cui non ti risvegli mai più, e quel volto era incorniciato da una zazzera rossa, sparsa in modo disordinato sul cuscino e sulla fronte.
Il contrasto tra il colore dei capelli e quello della pelle, indubbiamente contrastanti, spaventò la figura minuta affacciata sulla porta che sembrava quasi stare per tornare sui suoi passi e scappare via, rinviando quella visita rinviata già tante volte. Troppe volte.
Hermione si morse le labbra, palesemente in difficoltà, e si guardò intorno, alla ricerca di un qualsiasi appiglio per fuggire di lì il più velocemente possibile.
Magari sperava di incrociare gli occhi severi di Madama Chips che, con voce irremovibile, le avrebbe detto che il ragazzo addormentato in infermeria doveva riposare e non poteva ricevere visite, o magari sperava d’incrociare proprio lo sguardo azzurro di lui; quello sguardo che, nonostante il suo proprietario fosse Ronald Weasley, era sempre riuscito a dissipare ogni dubbio, ogni timore e ad amplificare ogni gioia. Vedere gli occhi di Ron, in quel momento, per lei sarebbe stato un motivo abbastanza valido per fuggire via.
Era stata a trovarlo già il giorno dell’avvelenamento, ma quella non poteva considerarsi una vera e propria visita, dato che erano presenti anche Harry, i fratelli di Ron e quasi tutto il corpo insegnanti. Di quel giorno, Hermione ricordava solamente la paura, una paura che l’aveva consumata dentro, portandola a guardare dentro ad un abisso scuro.
“Signorina Granger,” la voce squillante della Guaritrice richiamò l’attenzione di Hermione che, sbattendo le palpebre per liberarsi dei ricordi, alzò gli occhi su di lei. “Cosa ci fai ancora sulla porta? Entra.”
Hermione abbozzò un sorriso, anche se un invito ad entrare era l’ultima cosa che desiderava e, dopo aver scambiato due parole con Madama Chips sulla salute di Ron, si avvicinò al letto del ragazzo.
Rimase in piedi per qualche secondo a guardarlo, ad osservare i movimenti lenti ma costanti del suo petto, le lentiggini sul dorso delle sue mani, le palpebre chiuse ma tremanti.
Ron fece un movimento con le spalle, sistemandosi meglio contro il materasso, ed Hermione, rilasciando un sospiro sconfitto, lasciò cadere la cartella a terra e si sedette accanto al letto.
Rimase a guardarlo in silenzio per diversi minuti, analizzando ogni particolare del suo volto che le era sfuggito in quegli anni, poi un basso ronzio iniziò a diffondersi nella sua testa, riportandole alla mente sentimenti dimenticati.
Sospirò, rassegnandosi all’evidenza che quei ronzii, beffardi come mai lo erano stati, le mostravano con chiarezza inconfutabile.
Più guardava Ron, più quei sentimenti, che fino a qualche minuto prima erano rimasti chiusi in un angolo della sua mente dal quale aveva imparato a stare alla larga, esplodevano nel suo petto, risvegliando sensazioni, emozioni, paure. Risvegliando vecchie ombre di bambini e sorrisi che, durante le sue notti più agitate, si erano allungate e squarciate, prendendo le sembianze di quei mostri che si nascondono sotto ai letti dei bambini finché sono troppo piccoli per combattere contro di essi.
Il fatto era che Hermione aveva sempre conservato la convinzione che, se anche non sarebbe mai stata capace a rubare il cuore di Ron e a rendere quelle ombre reali, sarebbe almeno riuscita a riprendersi indietro il proprio di cuore.
E ogni volta che giungeva a questa conclusione e le ombre diventavano più sfocate ed i sentimenti sembravano ritirarsi, divenendo più piccoli, lui faceva qualcosa, qualcosa come un sorriso, e lei s’innamorava di nuovo. S’innamorava di lui anche cento volte.
Era sempre stato così per lei con Ron, era innamorarsi di una parola, del profumo della pelle, del modo in cui il vento giocava con le ciocche di capelli; era innamorarsi di tanti piccoli frammenti che ogni volta le pungevano sul cuore con più forza.
Hermione alzò lo sguardo verso la finestra, dalla quale si scorgeva uno scorcio del parco di Hogwarts, spruzzato qua e là dall’ultima neve dell’anno.
“Dimmi la verità Ron, ma io ti piaccio almeno un po’?” sussurrò la ragazza, continuando a guardare fuori. Non sarebbe mai stata capace di dirlo ad un Ron sveglio, ma dirlo ad un Ron profondamente addormentato, che sicuramente non avrebbe ricordato nulla dopo essersi svegliato, era una cosa che poteva gestire.
Rimase in ascolto per diversi minuti, godendo della compagnia del profondo e regolare respiro del ragazzo, prima di darsi dell’idiota e tornare con lo sguardo all’interno della stanza.
Si sentiva molto stupida a stare lì, seduta al capezzale del ragazzo che le piaceva da anni, a sperare che lui si svegliasse e le dicesse che ricambiava i suoi sentimenti, almeno un po’. Ma forse qualsiasi altra adolescente l’avrebbe fatto, forse, forse…
“Non importa se non ti piaccio Ron, neanche se mi odi importa,” disse poi, sentendosi ancora più stupida di prima, ma incapace di fermare le parole che le ruzzolavano fuori dalle labbra. Era come se quelle parole pretendessero di essere dette e lei non poteva proprio fare a meno di accontentarle. In fondo si trattava solo di Ron e lei. Solo di Ron e lei. “Devi svegliarti, devi farlo. Perché non m’importa di quello che provi per me, non m’importa, basta che apri gli occhi…”
Hermione lo guardò, afflitta, e quel dolore che l’aveva colpita il giorno dell’avvelenamento tornò più forte e lei guardò di nuovo dentro a quell’abisso e fu sul punto di caderci dentro, di nuovo.
“He…Hermione.”
Hermione sbatté le palpebre, riemergendo. Guardò Ron, stupita, nonostante anche il giorno dell’avvelenamento Ron sembrava aver captato la sua presenza, Hermione rimase affascinata dal fatto che, proprio nei momenti peggiori, la voce del ragazzo fosse arrivata a salvarla dalla paura, a salvarla dall’abisso.
“Hermione,” sussurrò di nuovo Ron, sorridendo e sistemando meglio il capo sul cuscino.
Anche Hermione sorrise e, dopo averci pensato su per qualche minuto, allungò una mano e la appoggiò sopra le sue, avvicinandosi al letto con la sedia.
Ti aspetterò Ron. Aspetterò che tu apra gli occhi e poi m’innamorerò di te un’altra volta. Ti aspetterò perché se proprio non vuoi ridarmi il cuore, allora dovrò starti vicino ed assicurarmi che tu ne abbia la giusta cura, pensò Hermione, appoggiando la testa sul grembo del ragazzo e chiudendo le palpebre, lasciandosi avvolgere dall’ombra di un bambino dal volto lentigginoso e la zazzera rossa.

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Questa storia è un po' un esperimento. Di solito non scrivo questo genere di fanfiction e, non so neanche io come, in questa ho usato uno stile di scrittura che non è il mio solito stile. 
Quindi, dato che questa storia è una cosa tutta nuova per me, mi farebbe davvero piacere sapere cosa ne pensate voi :)
Buona serata a tutti, 
Emily. 

 
   
 
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