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Autore: Betta3x9    27/02/2012    5 recensioni
13. "Credevo fossi morto tre anni fa, alla Cascata della Medusa". Mormora John, in piedi in mezzo al marciapiede di una strada qualsiasi, con persone qualsiasi a pochi passi da loro. "Come hai potuto - " (Come hai potuto farmi questo, Dottore?)
[Wholock]
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson , Sherlock Holmes
Note: Cross-over, Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Era un sabato mattina perfettamente tranquillo, anche per gli standard del 221B di Baker Street: niente cadaveri in bagno, nessun intruglio dall'odore pestilenziale in cucina, il violino riposava in silenzio sul pavimento e in frigorifero c'era solo un polmone umano con cui John aveva già preso confidenza da un paio di giorni. A coronare il tutto, il meteo aveva promesso pioggia intensa e così quella mattina c'era un sole splendente e un cielo assolutamente terso.

John, perfettamente in pace con il mondo, afferrò la giacca e andò in cucina per prendere i post-it che Sherlock puntualmente attaccava sul frigo, aspettandosi che John comprasse tutto quello che ci scriveva sopra, perché, semplicemente, i sociopatici ad alta funzionalità non fanno la spesa.

Solo che quella mattina non c'era nessun post-it. John aggrottò le sopracciglia. Solitamente Sherlock lasciava tonnellate di post-it con scarabbocchiata sopra roba improbabile. Tipo la formaldeide. O proiettili. Era quantomeno strano che non ci fosse nessun appunto in giro.  John decise di andare ad indagare.

"Non serve indagare, John, vengo anch'io a fare la spesa".

John si prese un dannato accidente, sentendo la voce di Sherlock a venti centimetri da sé - come diavolo aveva fatto ad arrivare lì senza che sentisse niente? Cos'era, un gatto?
Poi i suoi neuroni iniziarono  a fare qualche collegamento.

"Come hai fatto a capire quello che stavo pensando? Ero anche di spalle!"
"Oh, è semplicissimo" iniziò, sornione "Vedi, tu - "
"No, non volevo dire questo! Quello che volevo dire è - tu non fai la spesa!"
"... E' un esperimento"
"Di che genere?" Chiese John, in tono allarmato.
"Andiamo John"
"Di che genere??" Gli urlò dietro, un po' spaventato.
Sherlock si limitò a spalancare la porta e a scendere le scale due a due.

John sospirò e si arrese tristemente al suo destino. Prima di uscire afferrò un ombrello: meglio non fidarsi di quelle che promettono di essere belle giornate.





"Joooooohn, vieni!"

John mollò lì il sacchetto di plastica con le banane e - ignorando un paio di occhiate infastidite - corse nella direzione della voce lamentosa di Sherlock.

"Ecco. Sono qui. Che c'è? E' successo qualcosa?"
"I biscotti".
"I biscotti cosa?". Era decisamente perplesso. Fissò il pacco di biscotti che Sherlock stava indicando. Erano a circa cinque centimetri dalla sua faccia.
"Li voglio. Prendili."  John gli lanciò l'occhiata che riservava per i pazzi.
"In che senso?"
"Non essere idiota, John. Voglio che tu li prenda e li metta nel carrello, non è difficile"
John pensò di non aver capito bene: succedeva spesso, con Sherlock. Nel dubbio, però, gli lanciò un'occhiata che lo accusava di aver bevuto prima di pranzo.
"Non essere ridicolo, John. Io sono astemio".

John afferò il pacco di biscotti e lo scaraventò con una punta di sadismo nel carrello.

"Non scordarti il the. E non prendere quello verde, fa schifo". John ringhiò qualcosa tra i denti e prese una scatola di the nero dallo scaffale proprio dietro Sherlock. Era semplicemente ridicolo.






Era intento a confrontare i vari prezzi dei detersivi per piatti, quando la suoneria del cellulare lo fece sobbalzare. Un messaggio. Di Sherlock, sicuramente. Erano nello stesso supermercato, per quale cavolo di motivo avrebbe dovuto mandargli messaggi?

Prendi quello verde, diceva l'sms.

John  prese il detersivo con la confezione verde e lo ficcò nel carrello. Il cellulare squillò nuovamente.

Vieni subito, diceva il secondo sms.

Ma dove cavolo è, si chiese John, con una punta di disperazione.

Reparto saponi, chiarì prontamente un terzo messaggio.




Quando John riuscì  a trovare il corridoio giusto, Sherlock lo accolse con un "Finalmente".
"Prendi tutti i tipi di shampoo". Aggiunse, poi.
"Cosa?"
"Gli shampoo. Prendine uno per tipo"
"No! Perché"
"E' per un esperimento. Voglio testarli. Potrei scrivere una monografia su come riconoscere le varie marche di shampoo. Potrebbe essere importante, per le indagini".
"Perché, conti di risolvere omicidi in dei saloni di bellezza?"
"Non c'entra nulla. E comunque, non si può mai sapere. Prendili, John"
"Ma comprateli tu. Io ne prenderò solo uno, per uso domestico. Capito, Sherlock? Non farci niente di strano!". John afferrò una confezione a caso, senza stare a controllare se fosse per capelli tinti, ricci, lunghi, corti, grassi, secchi, alieni o per calvi.
Sherlock aggrottò le sopracciglia. "Prendi quello con il balsamo, almeno", aggiunse.




Arrivati al reparto affettati, John era ormai pacificamente rassegnato all'idea di cambiare supermercato, per le spese future. Perché di certo non avrebbe avuto la faccia di tornare lì.

"John! Il salumiere ha accarezzato il suo cane prima di uscire di casa!"
"E allora?". Chiese, cercando di non guardare il pover'uomo in questione.
"Non si è lavato le mani! Non voglio che tocchi quello che mangio, John".

Un'anziana signora al loro fianco non riuscì a trattenere un gridolino scandalizzato.

"A pelo lungo, chiaro, di taglia grande. Un golden retriever, direi".

John lo trascinò via.





Nel reparto della frutta e verdura, rischiarono di essere aggrediti da una folla di agguerrite ed infuriate casalinghe. Era stato tutto uno stupido equivoco, in realtà.

Sherlock un attimo prima era innocentemente appoggiato ad una parete e poi - John aveva girato gli occhi soltanto un attimo - stava discutendo animatamente con una commessa sull'orlo delle lacrime.

"Che vuol dire che sta pensando di lasciarmi?" Stava urlando la poveretta.
"Oh, come si può essere così stupidi! E' evidente che il suo fidanzato voglia lasciarla!".
"E lei chi è?? Un suo amico? L'ha mandata perché non ha il coraggio di dirmelo in faccia?".

Sherlock aprì la bocca per ribattere, ma l'altra scelse proprio quel momento per svenire. L'afferrò al volo e fissò John, che gli lesse in faccia tutta l'irritazione per non essere riuscito a spiegare la sua brillante deduzione. John avvertì il forte impulso di dargli un pugno; tuttavia, corse a soccorrere la poveretta.

"Che cos'è successo?". Chiese allarmata una signora con una grossa busta di cavoli in mano.
"Non si preoccupi, sono un dottore!"
"E' tutta colpa di quello lì! L'ha lasciata, l'ho sentito!". Intervenne un'altra cliente, abbandonando la busta di pere sulla bilancia: "Che maleducato! Lasciare una così bella ragazza con così poco tatto! E sul lavoro, per giunta!". Era assolutamente indignata.
"Ci dev'essere un equivoco". Iniziò John, ormai rassicurato sulle condizioni della commessa. "Si dovrebbe riprendere da un momento all'altro, ma qualcuno chiami un'ambulanza, per sicurezza". Meglio stare tranquilli, decise.
"Nessun equivoco, giovanotto! Ho sentito anch'io! Poverina!". Si intromise una terza cliente.
"No, mi creda, il mio amico - "
"Ah, è suo amico! Tolga subito le mani da quella povera ragazza!"
"Ma io sono un medico!"
"Con quella faccia lì? Qualcuno chiami la sicurezza!". Strillò la prima signora che si era avvicinata, agitando minacciosamente la busta di cavoli.

"Che branco di stupide che sono, John. Perché non ascoltano?". S'intromise tranquillamente Sherlock.

A posteriori, John considerò un po' preoccupante l'impulso omicida che aveva avvertito verso Sherlock, ma poi gli ritornava in mente il modo in cui erano diventati il bersaglio di sacchetti di cavoli, pere e persino di un paio di meloni.

Fortunatamente la sicurezza intervenne prontamente, sedando gli animi  e mettendo fine al lancio di frutta e verdura (che, tra l'altro, John dovette pagare di tasca propria).

Spiegare le dinamiche della vicenda fu un altro paio di maniche: il tipo della sicurezza si fece delle gran risate, quando John cercò di chiarire come fossero andate le cose. Poi, la ragazza, pensò bene di rinvenire e tutto divenne una specie di teatrino. Però saltò fuori che, dopotutto, Sherlock non era il fidanzato della bella commessa e la giuria delle casalinghe lo lasciò andare - lanciandogli, comunque, qualche occhiata sospettosa, tanto per andare sul sicuro.

"John, io - "
"Lascia stare. Andiamo alla cassa".





Quando John vide la fila alla cassa sentì un intenso senso di sconforto.

Solo due casse aperte ed una fila interminabile. In quel momento avrebbe voluto soltanto essere a casa, sul divano, a sorseggiare un the. Poi si ricordò che a casa non avevano più the, nè biscotti, ne nient'altro di commestibile; a meno che non volessero darsi al cannibalismo, cibandosi dei resti umani nel frigo. A quel pensiero John si mise pazientemente in coda.
Sherlock sembrava tutt'altro che entusiasta della faccenda.

Dopo pochi minuti, John decise di cambiare fila, avendo l'impressione che l'altra fosse più veloce, salvo poi accorgersi che sarebbe stato ben più avanti se fosse rimasto dov'era. Era un classico intramontabile, quello. Ma perché diavolo succedeva sempre?

"E' lampante, John. Se tutti vanno verso la fila più veloce, questa diventa più lenta, perché c'è gente in più. Come fai a non arrivarci?"
"Oh, come hai fatto a sapere cosa - no, aspetta, non voglio saperlo".

Sherlock lo guardò un po' infastidito, poi prese a fissare le altre persone in fila.

Nel giro di cinque minuti esatti aveva rivelato l'esistenza di un'amante del marito alla loro vicina di fila, evidenziato come fosse ridicolo continuare a provarci con la propria segretaria se questa ha una netta preferenza per il genere femmile - lo disse a voce alta, ammiccando verso un signore dall'aria irreprensibile ed imbarazzata- poi, fissando con aria sprezzante il contenuto del carrello di una giovane ragazza, aveva commentato l'inutilità d'iscriversi in palestra con l'idea di dimagrire, se poi si comprava simile robaccia. Disse proprio "simile robaccia". Fissando il carrello in questione.

John gli rivolse uno sguardo che era furioso, triste e supplichevole tutto insieme. Fu un bello sforzo per i suoi muscoli facciali, ma ci riuscì. Sherlock ne sembrò discretamente colpito, e per un po' stette in silenzo. Sette secondi esatti di silenzio, per essere precisi. Poi si voltò verso un tipo alto e nervoso dietro di loro per chiedergli se, alla fine, aveva deciso se tradire la sua fidanzata con la ragazza incontrata al pub la settimana prima.

Quando arrivò il loro turno alla cassa, l'intera clientela del supermercato (più qualche dipendente dello stesso) nutriva insani propositi di vendetta nei loro confronti.

Fortunatamente, John riuscì a pagare e ad imbustare tutto senza grossi problemi, complice l'improvviso silenzio di Sherlock.




Quando le porte automatiche si aprirono, John iniziò a respirare meglio.

"Sherlock, vuoi dirmi perché sei venuto a fare la spesa, stamani?". John si sentì fiero di come la sua voce suonasse perfettamente calma e controllata.
"Mi annoiavo".
"Pensavo sparassi al muro, quando sei annoiato. Non avrei mai pensato che fare la spesa fosse un'attività più dannosa del tiro al bersaglio con pallottole vere tra le mura di casa, ma, dopotutto, sembra esserlo".
"Ho finito i proiettili, John"
"Avrei potuto prenderteli io, come sempre"
"Era un esperimento"
"Un esperimento?"
"Sì, un esperimento sociale"
Il sopracciglio destro di John scattò in alto: "E a che conclusioni sei giunto? Oltre al fatto che non metterò più piede in quel supermercato?"

L'angolo della bocca di Sherlock scattò per un attimo verso l'alto - e John riconobbe quel gesto per quello che era: un sorrisino di trionfo.

Non poteva certo indovinare come la sua decisione di non mettere più piede nel solito supermercato  rendesse praticamente inesistente la possibilità d'incontrare la graziosa commessa che da qualche giorno a quella parte gli rivolgeva delle attenzioni speciali - che Sherlock aveva prontamente dedotto da una busta di prosciutto.

"Oh, non posso dire nulla: influenzerei le conclusioni". Lo disse in tono soddisfatto.

John si rassegnò a tornare a casa senza una risposta. Avrebbe affogato l'infelicità in una tazza di the nero bollente, poco latte e niente zucchero. Poi gli venne in mente una cosa.

"Sherlock, ci siamo dimenticati di comprare il latte!"

In quel momento, iniziò a piovere.

*



   
 
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