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Autore: VeraGens    27/02/2012    1 recensioni
-«Chi ti aiuterà, Valerie?»
«Nessuno, non mi aiuterà nessuno, farò tutto da sola, come sempre, e ci riuscirò, puoi starne certo!»-
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Che caldo, esclamai.
Come se avessi qualcuno a cui dirlo, come se facesse davvero caldo. Volevo autoconvincermi.
Odiavo l'inverno, odiavo stare sotto le coperte perchè fuori c'era un vento gelido. Odiavo il fatto che non nevicava e odiavo anche stare da sola, ma dovevo. Forse era la solitudine che mi faceva odiare l'inverno, l'assenza di qualcuno con il quale stringersi sotto le coperte. Odiavo tutto della mia vita, anzi, odiavo tutto tranne il mio materasso, gentilmente pagato dall'assegno mensile dei miei, che era così povero da non potermi comprare neanche il letto.
Vivevo in quella minuscola casa di mia madre col mio materasso, la mia ormai vecchia televisione, i miei libri del 5° liceo e quel piccolo cucinino, basta, avevo i miei vestiti buttati a terra, a volte li guardavo, li volevo alzare ma a chi importava se erano lì o sulla mensola, tanto non c'era nessuno che poteva rimproverarmi, come non c'era nessuno disposto a stare con me. Erano via tutti, mia madre e mio padre nella casa dove vivevo fino all'anno prima e mio fratello poteva anche essere morto, ormai non lo sentivo da 2 anni, non mi aveva telefonato neanche al mio diciottesimo compleanno, l'unica a farmi gli auguri fu mia nonna, che morì un mese dopo.
Svogliata, mi alzai, presi un jeans da terra e lo indossai, presi il maglione più caldo e mi buttai sul letto, ero troppo stanca per uscire, ma dovevo. Infilai il maglione, misi in tasca il cellulare e uscii, accertandomi di aver chiuso la porta.
Camminai fino al cimitero e arrivai alla bara di mia nonna, posai i fiori che avevo comprato e le raccontai cosa mi era successo in questo mese, le raccontai del 5 in fisica e del 9 in spagnolo, della cotta per il mio compagno di banco e del litigio con la ragazza della 5C. Era l'unica che mi ascoltava, mi aveva sempre ascoltato ed ero sicura che l'avrebbe fatto per sempre.
Il mio cellulare vibrò, erano le 6 di sera, staccai la sveglia. Volevo rimanere ancora un po', tanto a nessuno importava, a casa non mi aspettava anima viva, solo i compiti.
In quel terreno pieno di lapidi regnava il silenzio, interrotto solo dal mio piangere, dopo 10 minuti di lacrime salutai mia nonna e me ne andai, faceva ancora male, era una ferita ancora aperta che non si voleva chiudere.
Quando arrivai a casa aprii il mobiletto sotto il cucinino, cercavo la scatoletta di tonno ma non la trovai, presi il mais e, nonostante non mi andasse, lo mangiai. Posai la forchetta nel lavello e mi buttai sul letto.
Dopo un'ora di studi tra francese e inglese mi rilassai, ero troppo stanca per fare tutto, anche per pensare. Mi addormentai, ancora vestita.
  
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