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Autore: Yuki Kushinada    28/02/2012    3 recensioni
[Di fratelli, amicizia, rancori e vendette mancate. Di rabbia e rimedi. E un tocco di fluff, perché ci sta sempre bene.]
Romeo era un coglione su tutta la linea, non era stato bravo neanche a morire.
E mentre era impegnato a lanciargli una bestemmia dietro l’altra, e a sperare che marcisse all’inferno tra atroci sofferenze e senza un briciolo di tregua per tutta la fottuta eternità, non si accorse del piccolo Bovino che, da dietro l’angolo, guardava i due fratelli confuso.

Raiting alto per il linguaggio.
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bianchi, Hayato Gokudera, Lambo
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Note dell'Autrice: Salve a coloro i quali si appropinquano a legger quanto segue. Sperando qualcuno lo faccia.
Lasciate che mi perda in chiacchiere, giusto perché è una cosa che mi riesce bene. Tutto ciò nasce durante la preparazione d'esame e il tentativo di boicottaggio degli stessi. Giacché di quale sia il potenziale di Yukawa di un pione che consente l'interazione tra due adroni all'interno del nucleo di un atomo me ne fregava veramente assaje e ciò è male, mi ero persa a (leggere le recensioni della raccolta LamPin) e a riflettere su un piccolo dettaglio.
Lambo lo sa che se si aggiusta in quel modo spiaccicato a Romeo, Bianchi gli effettua violenza fisica (e non nel senso in cui tutte lo faremmo a Lambo 25), deve esserci un perché se lo fa.
Ora, nella coppia LamBianchi non ci credo neanche, se li vedo (Anche perché io e l'Amano sappiamo che Lambo e I-Pin sono un tutt'uno *convinta*). Quindi dopo una serie di film mentali, mi sono arresa a vedere la puntata 66 RIDATEMI MEGAVIDEO, E' UN DIRITTO COSTITUZIONALE, o quella che è. Il parto mentale è quello che segue. Ovviamente si pone subito dopo quell'episodio. Non ricordo il capitolo corrispondente.
Ho un problema tecnico con i generi di questo sito. A parte che non c'è il MQFL (Mostriamo Quanto è Figo Lambo), ho buttato a caso un generale/sentimentale, ma effettivamente sarebbe un Familiare, Hurt/Comfort.
Si incentra sul rapporto fraterno Hayato/Bianchi, Hayato/Lambo, con necessari riferimento non poco espliciti LamPin.
Nota: Il titolo lo ha scelto Gokudera.
Nota due: Il genere è arancione perché Gokudera è sboccato. E i poveri pimpi potrebbero imparare l'abuso di parolacce. (Lo confesso, ho scritto questa storia dopo aver realizzato che da quando mi sono data a KHR non mettevo più volgarità nella narrazione. Era nostalgia. <3)
Nota tre: le frasi in corsivo indicano che i personaggi parlano in italiano. Perché sono tutti italiani ed è giusto che lo dimostrano (se così non fosse Hayato non direbbe le parolacce.)
Tra l'altro Hayato, che è italiano, è già sfigato a chiamarsi Hayato. Ti credo che nella mafia non lo volevano. Come gli Estraneo che facevano esperimenti su quelli che avevano nomi del Cactus. (Se nasci in Sicilia e ti chiami Mukuro Rokudo, allora sei sacrificabile per principio XD.)
(E ora lo so che è una boiata, ma devo condividerla. Dino - che tutti amiamo perché è un figo e un idiota da paura - è il boss della famiglia Cavallone. Ok. In Giapponia, e di conseguenza nella versione inglese, lo chiamano Chiavarone *rotola*. Ora, io penso che Dino, sentendosi chiamare Chiavarone si sfracelli al suolo di risate, altro che inciampare sui propri passi.) Ma questo non c'entra assolutamente nulla Buona lettura.




 

 

 

 

 

 

 

Requiem {per uno stronzo}

 

 

 

 

 

 

 

Hayato Gokudera bussò al campanello con una certa frenesia. Avrebbe dovuto saperlo che prima o poi sarebbe successa una cosa del genere. Avrebbe dovuto esserci.

Quando la signora Sawada aprì, il ragazzo si prostrò in un inchino rispettoso biascicando un veloce saluto formale, si scusò e si tuffò verso le scale. Primo obiettivo, la stanza del Decimo.

Gokudera” lo salutò Tsuna quando lo vide aprire la porta della sua stanza come una furia “Che ci fai qui a quest’ora?”

“Decimo” rispose questi piegando leggermente il capo.

Si guardò velocemente intorno. Sembrava un momento come tanti, a casa del Decimo. Kyoko e Haru giocavano con la piccola I-Pin, mentre il boss non toglieva gli occhi da Sasagawa neanche per un istante.

Reborn beveva al tavolino un caffè espresso. Registrò il fatto che non fosse con Bianchi e non gli piacque, ma non ebbe il tempo e la voglia di commentare la cosa.

Gwahahaha!” La voce squillante del bambino col pigiamino a mucca, quasi gli trapanò il cervello. Lo vide estrarre da quella specie di cespuglio che aveva in testa una bomba e fare per saltargli addosso. “Stupidera! Sei venuto per giocare con il grande Lam-

“E levati!” lo buttò via con una manata. Il bimbo rotolò a terra, la bomba gli rotolò di mano con ancora la sicura fortunatamente inserita, e scoppiò a piangere. Tanto per cambiare.

Hayato gli prestò attenzione per due secondi netti. Non aveva tempo per quelle sciocchezze.

“Decimo perdonate se vi disturbo a quest’ora.”

“Ma figurati, Gokudera, è successo qualcosa?” chiese Tsuna preoccupato.

Reborn quel giorno aveva organizzato una giornata di allenamento per tutti loro, giusto per ammazzare la noia. Ed era stata una delle peggiori che il futuro Boss dei Vongola ricordasse: una prova di coraggio dritta al cimitero. E il miglior risultato che avevano ottenuto per la giornata era che lui e Lambo adulto avevano rischiato di finire all’altro mondo, se non fosse stato per Bianchi.

E anzi, vista come si era conclusa la giornata, non era neanche sicuro che Lambo adulto non le avesse tirate sul serio le cuoia.

Dopo l’esperienza, erano tornati quasi tutti a casa. Haru e la dolce Kyoko avevano accettato di fermarsi per un po’ da lui, con la scusa di discutere dei momenti più emozionanti della giornata, a loro detta.

In realtà, tutto quel gran parlare di fantasmi non lo entusiasmava più di tanto, visto che uno aveva appena provato ad ammazzarlo senza troppi complimenti, ma se poteva approfittarne per stare un po’ di più con Kyoko, allora andava bene.

Eppure, con l’attuale presenza del suo fedele braccio destro, Tsuna cominciava a temere che la giornata non fosse ancora terminata.

“E’ vero che al cimitero c’era anche il fantasma di quello stronzo di Romeo?”

Tsuna inarcò un sopracciglio. Non gli era chiaro come avesse definito il fantasma in questione, ma tutte le volte che Gokudera parlava in italiano era per imprecare o qualcosa di simile, quindi forse era meglio non saperlo.

“Beh, sì” rispose chiedendosi come mai l’altro non lo sapesse.

Ricordò in quell’istante che, quando avevano deciso di andarsene, Gokudera aveva perso i sensi per la presenza della sorella, dunque non era presente mentre riassumeva tutta la faccenda a Yamamoto e gli altri.

Probabilmente, doveva aver saputo tutta quella storia proprio da Takeshi, durante il tratto di strada che li portava verso le reciproche abitazioni, ed era tornato indietro per accertarsi che lui fosse illeso.

“E’ stato terribile. Poi era identico a Lambo e-”

“Scusate Decimo” lo interruppe il suo braccio destro. E questo lo preoccupò più di quanto fosse successo quel giorno, perché Gokudera lo aveva sempre assecondato in tutto, anche a costo di sembrare irritante. “Dov’è mia sorella?”

“Bianchi?” chiese confuso “E’ in bagno, ma-”

Neanche questa volta riuscì a finire la frase, perché lo vede sparire in corridoio. Ma che diavolo stava accadendo?

Scosse mentalmente le spalle tornando ad interessarsi nei racconti esagerati di Haru e Kyoko.

Lambo, ignorato per tutto il tempo, decise in quell’istante che si era seccato di frignare. D’altronde, quel gran parlare di fantasmi e cimiteri vari lo agitava non poco, scappare dalla stanza con la scusa di infastidire Stupidera era un’ottima idea.

Recuperò la bomba e lo seguì in corridoio, pronto a vendicarsi per quanto accaduto poco prima. Lo trovò di fronte alla porta del bagno, concentrato a sfondarla, a quanto pareva.

Bianchi!” stava urlando infatti il più grande, picchiando il pugno contro l’uscio di legno. “Bianchi, apri! Non fare la scema!

Lambo di quel momento notò due cose. La prima era che Stupidera parlava in italiano, la seconda che gli serviva il bagno con una certa urgenza.

Gwahahah! A Stupidera scappa la pipì. A Stupidera scappa la cacca. Stupidera tanta caccaaah” canticchiò allegro, gongolando.

L’interessato neanche se ne accorse, continuò piuttosto a battere contro la porta. “Bianchi, apri questa fottuta porta, prima che la butto a terra. Ti avvis-

L’uscio scattò all’improvviso. Bianchi aprì con un diavolo per capello, e la voglia di menare quel rompipalle. “Che diavolo vuoi, Hayato? Neanche in bagno posso restare in pace?

Solo a guardarla, Hayato sentì le viscere contrarsi, lo stomaco chiudersi e fu quasi sul punto di rimettere, di svenire o di fare entrambe le cose.

E probabilmente si sarebbe concesso quella debolezza, se non avesse saputo che in quell’istante non poteva decisamente permettersela. Doveva resistere.

Quando quell’idiota fissato con il baseball gli aveva raccontato che il Decimo e la stupida mucca erano incappati nel fantasma di quel figlio di puttana che aveva fatto soffrire sua sorella, gli erano girate le palle, tanto per esser fini.

La cosa era peggiorata quando aveva capito che quel bastardo aveva tentato di vendicarsi di Bianchi privandola di tutte le persone a lei care. E, alla fine, Bianchi lo aveva rivisto e gli aveva dato quello che si meritava.

Era fiero di lei, ma sapeva che non era così semplice. Gli altri potevano essere terrorizzati da sua sorella e credere fosse praticamente inattaccabile, ma nessuno la conosceva come lui. Nessuno di loro l’aveva vista soffrire per quell’idiota che si divertiva a farle del male. Nessuno sapeva.

L’afferrò per un polso e se la tirò contro. Perché non era bravo con le parole, non era bravo a consolare il prossimo, ed era sempre stata lei la più forte tra i due. Non avrebbe saputo che dirle comunque, e non voleva portarle alla mente ricordi che dovevano rimanere sepolti.

Quindi l’abbracciò e basta.

Hayato…” mormorò Bianchi, poggiando la testa sulla spalla del fratello.

Il rapporto tra lei e Hayato era sempre stato particolare sin da bambini. Probabilmente, da piccoli, Hayato l’aveva anche odiata. Lei era la figlioletta prediletta, lui il bastardo illegittimo. Così Hayato aveva scelto di andarsene per trovare la propria strada nel mondo della mafia, ma Bianchi non lo aveva abbandonato, mai. Ovunque lui fosse andato, Bianchi lo aveva sempre raggiunto.

E sebbene il loro fosse il rapporto più strano della storia, erano rimasti uniti. Non avrebbe permesso fosse altrimenti.

D’altra parte Hayato, non poteva negare di essere sempre stato terrorizzato da sua sorella. Ma Bianchi era anche l’unica persona che lo aveva sostenuto, quella che si preoccupava quando stava male, anche se metà delle volte era per causa sua.

Pertanto, quando Bianchi ricambiò la stretta e sospirò contro il suo petto, sentì la voglia di uccidere qualcuno montargli dentro. Con il capo rilassato sul suo petto, vedeva solo la fluida chioma dei suoi capelli. Non poteva guardarla negli occhi e non stava male.

Almeno non stava male fisicamente. Perché la bile che covava dentro era tutta un’altra storia.

Era una scena già conosciuta quella. L’aveva vissuta per due anni quella situazione e non l’aveva mai sopportata.

Romeo l’aveva usata, l’aveva sfruttata, l’aveva presa in giro, l’aveva tradita. Non l’aveva rispettata neanche per un giorno.

Usciva con lei, ma bastava che vedesse il primo paio di tette e chiappe dall’altro lato della strada, perché iniziasse a fare lo scemo con qualcun’altra, infischiandosene dei suoi sentimenti.

L’aveva usata per uccidere i propri nemici, buttandola in guai che non la riguardavano, poi l’aveva venduta per rinsaldare alleanze che gli facevano comodo. Aveva dovuto lasciare la casa di loro padre per quella storia, e scegliere la strada della mercenaria, all’interno dell’alleanza.

Ma Bianchi lo aveva perdonato. Lo perdonava sempre perché lo amava. Ci stava male, uno schifo, ma lo perdonava sempre.

E più soffriva, più il suo veleno diventava efficace. Accettava quel coglione, e intanto diventava la maestra del Poison Cooking.

E Hayato non aveva mai potuto fare altro che restare a guardare. Perché non poteva capire come mai Bianchi accettasse quell’idiota, né le poteva offrire una valvola di sfogo.

Bianchi non gli avrebbe mai fatto del male, non sul serio, anche se poteva servire a farla stare meglio. Gli somministrava veleno da quando era piccolo, ma Hayato era troppo intelligente per non capire.

Non aveva mai ingerito una dose fatale, benché i veleni si facessero più potenti col passare del tempo. Bianchi non lo aveva usato come cavia per il proprio addestramento, piuttosto lo aveva allenato a resistere, lo aveva assuefatto ai veleni.

E lo aveva capito il giorno in cui un killer, cercando probabilmente di colpire Trident Shamal, gli aveva somministrato stricnina durante il periodo in cui viveva con il dottore. Non gli aveva fatto praticamente nulla, se non causargli un’incazzatura non indifferente, e curiosamente quel momento aveva fatto girare le palle anche a Shamal, che aveva pensato al resto.

Per questo, tutto ciò che aveva da offrire a sua sorella, era un abbraccio. Il suo calore. Il calore di una persona che le voleva bene davvero, che non gli avrebbe voltato le spalle, che non le avrebbe mentito, mai.

Una persona che l’amava, anche se il suo era un amore fraterno.

Perché era certo che Romeo non l’aveva amata neanche per un istante. Non meritava niente quel coglione. L’aveva sedotta ed era riuscito a farsi beccare a letto con un’altra due ore dopo. Bianchi aveva ucciso lui e quella puttana. E aveva fatto bene. Se non c’avesse pensato lei, lo avrebbe fatto lui.

Era stata uno straccio per due giorni. Il terzo si era svegliata ed era la Bianchi infallibile di sempre. Hayato non c’aveva creduto troppo, ma non sarebbe stato lui a buttarla di nuovo in quel cerchio di dolore. Romeo era morto ed era un bene per tutti.

E il suo fottuto fantasma doveva restare sottoterra. Non doveva tornare, non doveva farsi vedere. Non doveva tentare di farle del male di nuovo e ricordarle tutto quello che le aveva già fatto.

Romeo era un coglione su tutta la linea, non era stato bravo neanche a morire.

E mentre era impegnato a lanciargli una bestemmia dietro l’altra, e a sperare che marcisse all’inferno tra atroci sofferenze e senza un briciolo di tregua per tutta la fottuta eternità, non si accorse del piccolo Bovino che, da dietro l’angolo, guardava i due fratelli confuso.

Lambo si portò l’indice alla bocca capendoci molto poco. Per quanto ne sapeva lui, né Stupidera, né Bianchi erano tipi da abbracci. E non capiva perché tutti e due avessero un’espressione quasi sofferente.

Magari Stupidera poteva essersi accorto che era troppo scemo per fare il braccio destro dei Vongola, e lo avrebbe supplicato perché lo rendesse suo servo. Ma Bianchi?

Per quanto ne sapeva il bambino, Bianchi era la donna più forte e spaventosa che fosse mai esistita. Non ricordava di aver conosciuto qualcuno che gli incutesse più timore, quando cominciava a minacciarlo. Probabilmente era più terrificante lei di tutto il cimitero che aveva visto quel giorno. Però era anche buona perché a volte si preoccupava di lui e giocava con lui.

Se la svignò lentamente, cercando di non farsi sentire, e fece una cosa che non aveva mai avuto il coraggio di tentare prima: entrò in camera di Bianchi.

Non sapeva perché, o cosa stesse cercando, ma aveva capito che era successo qualcosa di brutto e il grande Lambo sicuramente poteva risolvere il problema. La mamma ne sarebbe stata contenta. E forse anche Imbranatsuna gli avrebbe dato un premio. Sicuramente.

Rovistò tutta la stanza, stando attento a rimettere tutto al suo posto: se Bianchi lo scopriva, probabilmente in quel cimitero ci sarebbe tornato presto e non voleva. Proprio no.

Fu nel terzo cassetto del comò che trovò qualche indizio. Era un album di foto. C’erano foto di Bianchi e di uno strano tizio, in tante pose. Insieme su un divano, lei che combatteva e lui che guardava, lui che era circondato da ragazze e lei che guardava.

Doveva esserci un perché a tutta quella storia, ma gli sfuggiva. Però il grande Lambo aveva la soluzione a tutto. Dunque, tirò fuori il bazooka dei dieci anni e vi si tuffò dentro. Ogni volta che lo faceva, al ritorno la situazione era sempre migliore di quella che lasciava. Era quasi sicuro di fare miracoli.

Quando Lambo adulto si ritrovò in una stanza che non conosceva, ingoiò il quadratino di cioccolata che stava mangiando e si guardò intorno confuso. Che diavolo aveva combinato il piccoletto questa volta?

Due secondi prima era svaccato sul divano a mangiare una barretta di cioccolata e a guardare un film con le ragazze, e ora chissà dove diavolo si trovava.

Si accorse di essere nella camera di una donna, e che non era quella I-Pin. Quella situazione lo avrebbe buttato nei guai, già lo sapeva. Notò poi l’album sul letto, osservò le foto e ricordò.

Dieci anni prima, dopo la prova di coraggio del giovane Vongola, aveva visto Bianchi e Gokudera tristi e aveva deciso di aiutarli. Non lo aveva fatto per gentilezza in realtà, se ben ricordava, ma qualunque cosa lo distraesse dai ricordi di quel giorno andava bene.

Lambo adulto capiva le ragioni del piccolo sé, ma d’altro canto aveva appena finito di assumere l’antidoto per l’avvelenamento che gli aveva causato Bianchi, non moriva esattamente dalla voglia di vederla di nuovo.

Sfogliò l’album svogliato, tirando un altro morso alla cioccolata. Di ritorno al suo tempo, Gokudera lo aveva curato e aveva bestemmiato con epiteti curiosi mai sentiti prima, quando Lambo gli aveva raccontato di quel tipo che gli somigliava come una goccia d’acqua. Ancora poteva sentirlo mentre gli augurava curiose forme di sodomia.

Poi gli aveva accennato alla sua relazione con Bianchi, tanto per giustificargli come mai sua sorella se la prendesse sempre con lui.

Poteva capire la rabbia che nutriva la ragazza, ma lo offendeva vagamente essere scambiato per un tipo simile. Chiuse l’album e lo ripose nel cassetto rimasto aperto.  

Se fosse stato vagamente furbo, avrebbe aspettato che scadessero i cinque minuti e sarebbe tornato nel suo tempo. Ma non poteva dimenticare come Gokudera e Bianchi si fossero presi cura di lui quando era piccolo, per cui, tanto per cambiare, accettò di abbracciare la sua vena masochistica.

Quando uscì dalla camera, si ritrovò davanti la piccola I-Pin.

“Ah! Che ci fai tu nella camera di Bianchi, Lambo?” lo attaccò subito la bimba.

“Non è come pensi!” alzò le mani pronto a discolparsi, realizzando giusto con qualche secondo di ritardo che la piccola I-Pin di cinque anni non stava assolutamente pensando a nulla di male.

“Stai organizzando qualche scherzo a Bianchi?” indagò sospettosa.

Lambo adulto ridacchiò appena, non poteva fare a meno di pensare alla situazione catastrofica che sarebbe potuta capitare se davanti a lui, in quell’istante, ci fosse stata la sua controparte quindicenne.

“Ma no, sono bravo” giurò, piegandosi sulle ginocchia per essere alla sua altezza. Era una bugia, ma poco importava. “Ecco, tieni” mormorò e le mise in mano la propria cioccolata, quale prova della propria innocenza.

E poi gli piaceva viziarla.

Per un istante, fu anche tentato di darle un bacetto sulla guancia, ma rinunciò immaginando la piccola che gli si appiccicava addosso, prima di esplodere allegramente insieme.

Certo, avrebbe potuto staccarsela di dosso, lanciarla via e lasciare che esplodesse da sola, ma lui non era Romeo e non lo sarebbe mai stato, per cui se la sua ragazza saltava in aria, lui lo faceva con lei. Anche se quella in realtà era la versione in miniatura della sua ragazza.

“Piccola I-Pin dovresti farmi un favore” le disse, invece.

“Cosa?” chiese lei con la bocca già impiastricciata di cioccolata.

“Dai questa al piccoletto quando torna?”

Lambo tirò fuori dal taschino con la giacca una bustina con sopra caratteri italiani che I-Pin non capì.

Quando la bimba annuì, Lambo le sorrise e si alzò, pronto a far ciò che doveva. Trovò Bianchi e Gokudera davanti alla porta del bagno. Fu lei la prima a notarlo.

Ancora tu!

Lambo rifletté sul fatto che lui e Romeo magari potevano assomigliarsi, ma esistevano miliardi di ragioni per cui lui con quell’idiota non avesse nulla a che fare, ma i cinque minuti non gli sarebbero bastati.

La sua ragazza era cieca come una talpa, ma quella di Reborn era messa decisamente peggio. Solo per questo era migliore lui.

Peccato che, mentre Gokudera gli chiedeva cosa diavolo ci facesse lui lì, Bianchi stesse già preparando il suo poison cooking.

Aspetta! Devo parlarti” provò, alzando le mani inoffensivo. Stava diventando un vizio, rifletté con una sorta di ironia mentre già si vedeva morto.

Bianchi curiosamente si fermò. Lei e Romeo non parlavano da secoli. Era quasi curiosa di sapere cosa volesse. “Che diavolo vuoi?

Chiederti… Ecco, chiederti scusa. Ho sbagliato. Non avrei dovuto fare qualunque cosa abbia fatto ad una ragazza tanto… Gentile e dolce come te” provò piuttosto insicuro della scelta dei termini.

Romeo…

Lambo?” Lo richiamò Gokudera guardandolo come se fosse scemo. E tanto per sicurezza, tirò fuori la sua dinamite. Non è che fosse geloso di Bianchi, ma era evidente che Lambo aveva bisogno di qualcosa che gli rimettesse apposto il cervello.

In mezzo a quel casino, arrivarono anche gli altri attratti dal trambusto. Peccato non stessero capendo una sola parola di quello che diceva Lambo Adulto.

Lo so, sono stato un idiota, ti ho trattato male e non ti meritavo. Non sono mai riuscito a dimostrare quanto ti amassi.

Lo Smoker Bomb spense i candelotti nell’istante in cui capì cosa stesse facendo Lambo, benché gliene sfuggisse il motivo. Si stava prendendo le colpe di Romeo. E, quasi sicuro, sarebbe morto alla fine di quella storia. Che diavolo gli era saltato in testa?

Tu mi hai tradito, stronzo!

Ehm, sì però…

Ti ho visto con i miei occhi, non provare a negare!

E Lambo non poté fare a meno di chiedersi cosa diavolo avesse visto in realtà, considerato che non vedeva neanche che lui non era Romeo, ma evitò saggiamente di dirlo ad alta voce.

Ma no ecco è che… Che più tempo che stavamo insieme, più mi rendevo conto di non essere abbastanza per te e di non meritarti. E sì, ero frustrato perché non mi sentivo alla tua altezza, visto che sei la ragazza migliore del mondo, ecco. E pensavo che meritassi qualcuno che sapesse renderti felice sul serio. E quindi uhm… Ho fatto tutto quello che ho fatto per farmi lasciare, visto che io non avrei mai avuto il coraggio di farlo.”                                   

Gokudera ascoltò tutta quella tiritera pensando a quanto fosse sciroccato il Bovino. Probabilmente, il veleno di Bianchi al cimitero doveva avergli leso qualche neurone di troppo. D’altronde, se avesse avuto la minima idea di cosa le aveva fatto Romeo non avrebbe mai osato tanto.

Lambo dal suo canto sapeva con certezza due cose. La prima era che dopo aver passato gli ultimi dieci anni a raccontar una frottola dietro l’altra, ormai meritava un premio Nobel come attore.

La seconda era che i cinque minuti erano quasi scaduti.

Bianchi, intanto, sorrise orgogliosa e soddisfatta. “Infatti adesso sto con il mio amato Reborn, che non ha niente a che vedere con un idiota come te.” Anche su quello Lambo si sentiva da aver tanto da dire, ma non la interruppe. “E adesso puoi anche morire una volta per tutte!

Lambo sapeva di essere masochista, ma fino ad un certo punto. Poteva lasciarsi colpire da Bianchi e farla sfogare, ma aveva già dato abbastanza. Piuttosto, scappò giù per le scale e poi in giardino. Quando la nuvola rosa lo avvolse ghignò consapevole di esser salvo. Peccato che proprio mentre la sua controparte più piccola era ancora avvolto nella nuvola venne investito da una torta al veleno.

Bianchi si chiuse alle spalle la porta soddisfatta, senza controllare di aver colpito il bersaglio giusto o meno. Quindi tornò di sopra, tra la confusione generale e Tsuna e le ragazze che chiedevano a Gokudera cosa fosse successo.

“Bianchi” la chiamò Reborn, appena la ragazza li raggiunse.

E bastò sentire il proprio nome, perché lo Scorpione Velenoso si dimenticasse del tutto di Romeo e si tuffasse ad abbracciare il piccolo killer. D’altronde avevano avuto ragione entrambi: Romeo non la meritava e lei con Reborn stava meglio. Fine della storia e va bene così. “Oh, mio Rebooorn.”

Tsuna era sempre più confuso, ma fu distratto da Kyoko e Haru che lo salutavano per tornare a casa, vista l’ora che si era fatta. Alla fine era stata una giornata stramba, ma non più di tante altre.

Nel baccano generale, Hayato scese di sotto e uscì dalla porta rimasta aperta. Lambo era in giardino, ancora sommerso dal veleno che lo stava uccidendo. Doveva chiamare Shamal, sperando che quello non facesse troppo l’idiota, trattandosi di un bambino.

Gokudera!”

Lo Smoker Bomb si voltò quando si sentì chiamare dalla voce della piccola I-Pin. “Che c’è?”

La piccola trotterellò verso di lui, lo raggiunse e gli porse una busta bianca. Usare in caso di presenza di Bianchi. Hayato ghignò, ripulì il bambino velocemente dalla panna al veleno, lo prese in braccio e lo portò in cucina.

“Grazie, I-Pin. Vai a nanna adesso, è tardi” congedò la bimba tesa, sperando che quelle parole servissero a rassicurarla: se non c’era bisogno di lei, significava che Lambo se la sarebbe cavata e presto sarebbe stato bene.

Gli mise la pasticca di antidoto in bocca e lo costrinse a bere. Lambo si riprese dopo qualche secondo e, tanto per cambiare, scoppiò a piangere tra la paura e i postumi del dolore.

Il Guardiano della Tempesta estrasse da un cesto di frutta un grappolo di uva, ne staccò un acino e lo infilò velocemente in bocca al piccolo. “Piantala” lo redarguì paziente.

Lambo si calmò immediatamente, quando si ritrovò a masticare il suo cibo preferito. “Ancora!” impose prepotente. E Hayato lo accontentò, senza badare al tono o agli eventuali capricci che faceva.

E continuarono così finché il grappolo non fu completamente vuoto e anche quello dopo. Quando infine Lambo si addormentò con la pancia piena, Hayato lo prese in braccio per portarlo di sopra.

Quella stupida mucca aveva seriamente rischiato l’osso del collo quella volta, però era merito della sua trovata se ora Bianchi stava bene.

Grazie, Gokudera” mormorò il bimbo ormai nel sonno, quando finalmente fu nelle coperte.

E a quelle parole, il ragazzo non poté fare a meno di chiedersi se per caso non dovesse essere lui a ringraziarlo. Lo lasciò dormire, chiuse piano la porta alle sue spalle, e raggiunse gli altri.

Per fortuna quella giornata era finita.









Note post lettura: Non sono assolutamente responsabile delle canzoncine che canta Lambo XD.
Le ragazze con cui si guardava il film Lambo adulto ovviamente erano I-Pin, Haru e Kyoko.
Lambo è più figo di Reborn, perché la sua ragazza ci vede meglio XD.
Adoro come Lambo Adulto si tiri sempre indietro e poi si penta per le ragioni più strampalate del mondo.
Non credo neanche nelle ReBianchi (veramente non credo nella Reborn e nessuno, ma vabbé).
Spero che Bianchi non sia troppo OOC. Non è tipo da pianti e non piange, ma per essere tanto arrabbiata, come minimo deve averne subite un po' e viste come è cieca (idiota) su tante cose con Reborn, non devono neanche essere state leggere.
Spero vi piacque.

  
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