Note dell'Autrice: Salve a coloro i quali si appropinquano a legger quanto segue. Sperando qualcuno lo faccia.
Lasciate che mi perda in chiacchiere, giusto perché è una cosa che mi riesce bene. Tutto ciò nasce durante la preparazione d'esame e il tentativo di boicottaggio degli stessi. Giacché di quale sia il potenziale di Yukawa di un pione che consente l'interazione tra due adroni all'interno del nucleo di un atomo me ne fregava veramente assaje e ciò è male, mi ero persa a (leggere le recensioni della raccolta LamPin) e a riflettere su un piccolo dettaglio.
Lambo lo sa che se si aggiusta in quel modo spiaccicato a Romeo, Bianchi gli effettua violenza fisica (e non nel senso in cui tutte lo faremmo a Lambo 25), deve esserci un perché se lo fa.
Ora, nella coppia LamBianchi non ci credo neanche, se li vedo (Anche perché io e l'Amano sappiamo che Lambo e I-Pin sono un tutt'uno *convinta*). Quindi dopo una serie di film mentali, mi sono arresa a vedere la puntata 66 RIDATEMI MEGAVIDEO, E' UN DIRITTO COSTITUZIONALE, o quella che è. Il parto mentale è quello che segue. Ovviamente si pone subito dopo quell'episodio. Non ricordo il capitolo corrispondente.
Ho un problema tecnico con i generi di questo sito. A parte che non c'è il MQFL (Mostriamo Quanto è Figo Lambo), ho buttato a caso un generale/sentimentale, ma effettivamente sarebbe un Familiare, Hurt/Comfort.
Si incentra sul rapporto fraterno Hayato/Bianchi, Hayato/Lambo, con necessari riferimento non poco espliciti LamPin.
Nota: Il titolo lo ha scelto Gokudera.
Nota due: Il genere è arancione perché Gokudera è sboccato. E i poveri pimpi potrebbero imparare l'abuso di parolacce. (Lo confesso, ho scritto questa storia dopo aver realizzato che da quando mi sono data a KHR non mettevo più volgarità nella narrazione. Era nostalgia. <3)
Nota tre: le frasi in corsivo indicano che i personaggi parlano in italiano. Perché sono tutti italiani ed è giusto che lo dimostrano (se così non fosse Hayato non direbbe le parolacce.)
Tra l'altro Hayato, che è italiano, è già sfigato a chiamarsi Hayato. Ti credo che nella mafia non lo volevano. Come gli Estraneo che facevano esperimenti su quelli che avevano nomi del Cactus. (Se nasci in Sicilia e ti chiami Mukuro Rokudo, allora sei sacrificabile per principio XD.)
(E ora lo so che è una boiata, ma devo condividerla. Dino - che tutti amiamo perché è un figo e un idiota da paura - è il boss della famiglia Cavallone. Ok. In Giapponia, e di conseguenza nella versione inglese, lo chiamano Chiavarone *rotola*. Ora, io penso che Dino, sentendosi chiamare Chiavarone si sfracelli al suolo di risate, altro che inciampare sui propri passi.) Ma questo non c'entra assolutamente nulla
Buona lettura.
Requiem {per uno stronzo}
Hayato Gokudera bussò al campanello con una certa frenesia.
Avrebbe dovuto saperlo che prima o poi sarebbe successa una cosa del genere.
Avrebbe dovuto esserci.
Quando
la signora Sawada aprì, il ragazzo si prostrò in un
inchino rispettoso biascicando un veloce saluto formale, si scusò e si tuffò
verso le scale. Primo obiettivo, la stanza del Decimo.
“Gokudera” lo salutò Tsuna quando
lo vide aprire la porta della sua stanza come una furia “Che ci fai qui a
quest’ora?”
“Decimo”
rispose questi piegando leggermente il capo.
Si
guardò velocemente intorno. Sembrava un momento come tanti, a casa del Decimo. Kyoko e Haru giocavano con la
piccola I-Pin, mentre il boss non toglieva gli occhi da Sasagawa
neanche per un istante.
Reborn beveva al tavolino
un caffè espresso. Registrò il fatto che non fosse con Bianchi e non gli
piacque, ma non ebbe il tempo e la voglia di commentare la cosa.
“Gwahahaha!” La voce squillante del bambino col pigiamino a mucca, quasi gli trapanò il cervello. Lo vide
estrarre da quella specie di cespuglio che aveva in testa una bomba e fare per
saltargli addosso. “Stupidera! Sei venuto per giocare
con il grande Lam-”
“E
levati!” lo buttò via con una manata. Il bimbo rotolò a terra, la bomba gli
rotolò di mano con ancora la sicura fortunatamente inserita, e scoppiò a
piangere. Tanto per cambiare.
Hayato gli prestò
attenzione per due secondi netti. Non aveva tempo per quelle sciocchezze.
“Decimo
perdonate se vi disturbo a quest’ora.”
“Ma
figurati, Gokudera, è successo qualcosa?” chiese Tsuna preoccupato.
Reborn quel giorno aveva
organizzato una giornata di allenamento per tutti loro, giusto per ammazzare la
noia. Ed era stata una delle peggiori che il futuro Boss dei Vongola ricordasse:
una prova di coraggio dritta al cimitero. E il miglior risultato che avevano
ottenuto per la giornata era che lui e Lambo adulto
avevano rischiato di finire all’altro mondo, se non fosse stato per Bianchi.
E
anzi, vista come si era conclusa la giornata, non era neanche sicuro che Lambo adulto non le avesse tirate sul serio le cuoia.
Dopo
l’esperienza, erano tornati quasi tutti a casa. Haru
e la dolce Kyoko avevano accettato di fermarsi per un
po’ da lui, con la scusa di discutere dei momenti più emozionanti della
giornata, a loro detta.
In
realtà, tutto quel gran parlare di fantasmi non lo entusiasmava più di tanto,
visto che uno aveva appena provato ad ammazzarlo senza troppi complimenti, ma
se poteva approfittarne per stare un po’ di più con Kyoko,
allora andava bene.
Eppure,
con l’attuale presenza del suo fedele braccio destro, Tsuna
cominciava a temere che la giornata non fosse ancora terminata.
“E’
vero che al cimitero c’era anche il fantasma di quello stronzo di Romeo?”
Tsuna inarcò un sopracciglio.
Non gli era chiaro come avesse definito il fantasma in questione, ma tutte le
volte che Gokudera parlava in italiano era per
imprecare o qualcosa di simile, quindi forse era meglio non saperlo.
“Beh,
sì” rispose chiedendosi come mai l’altro non lo sapesse.
Ricordò
in quell’istante che, quando avevano deciso di andarsene, Gokudera
aveva perso i sensi per la presenza della sorella, dunque non era presente
mentre riassumeva tutta la faccenda a Yamamoto e gli
altri.
Probabilmente,
doveva aver saputo tutta quella storia proprio da Takeshi,
durante il tratto di strada che li portava verso le reciproche abitazioni, ed
era tornato indietro per accertarsi che lui fosse illeso.
“E’
stato terribile. Poi era identico a Lambo e-”
“Scusate
Decimo” lo interruppe il suo braccio destro. E questo lo preoccupò più di quanto
fosse successo quel giorno, perché Gokudera lo aveva
sempre assecondato in tutto, anche a costo di sembrare irritante. “Dov’è mia
sorella?”
“Bianchi?”
chiese confuso “E’ in bagno, ma-”
Neanche
questa volta riuscì a finire la frase, perché lo vede sparire in corridoio. Ma
che diavolo stava accadendo?
Scosse
mentalmente le spalle tornando ad interessarsi nei racconti esagerati di Haru e Kyoko.
Lambo, ignorato per
tutto il tempo, decise in quell’istante che si era seccato di frignare.
D’altronde, quel gran parlare di fantasmi e cimiteri vari lo agitava non poco,
scappare dalla stanza con la scusa di infastidire Stupidera
era un’ottima idea.
Recuperò
la bomba e lo seguì in corridoio, pronto a vendicarsi per quanto accaduto poco
prima. Lo trovò di fronte alla porta del bagno, concentrato a sfondarla, a
quanto pareva.
“Bianchi!” stava urlando infatti il più
grande, picchiando il pugno contro l’uscio di legno. “Bianchi, apri! Non fare la scema!”
Lambo di quel momento
notò due cose. La prima era che Stupidera parlava in
italiano, la seconda che gli serviva il bagno con una certa urgenza.
“Gwahahah! A Stupidera scappa la
pipì. A Stupidera scappa la cacca. Stupidera tanta caccaaah”
canticchiò allegro, gongolando.
L’interessato
neanche se ne accorse, continuò piuttosto a battere contro la porta. “Bianchi, apri questa fottuta porta, prima che la
butto a terra. Ti avvis-”
L’uscio
scattò all’improvviso. Bianchi aprì con un diavolo per capello, e la voglia di
menare quel rompipalle. “Che diavolo
vuoi, Hayato? Neanche in bagno posso restare in pace?”
Solo
a guardarla, Hayato sentì le viscere contrarsi, lo
stomaco chiudersi e fu quasi sul punto di rimettere, di svenire o di fare
entrambe le cose.
E
probabilmente si sarebbe concesso quella debolezza, se non avesse saputo che in
quell’istante non poteva decisamente permettersela. Doveva resistere.
Quando
quell’idiota fissato con il baseball gli aveva raccontato che il Decimo e la
stupida mucca erano incappati nel fantasma di quel figlio di puttana che aveva
fatto soffrire sua sorella, gli erano girate le palle, tanto per esser fini.
La
cosa era peggiorata quando aveva capito che quel bastardo aveva tentato di
vendicarsi di Bianchi privandola di tutte le persone a lei care. E, alla fine,
Bianchi lo aveva rivisto e gli aveva dato quello che si meritava.
Era
fiero di lei, ma sapeva che non era così semplice. Gli altri potevano essere
terrorizzati da sua sorella e credere fosse praticamente inattaccabile, ma
nessuno la conosceva come lui. Nessuno di loro l’aveva vista soffrire per
quell’idiota che si divertiva a farle del male. Nessuno sapeva.
L’afferrò
per un polso e se la tirò contro. Perché non era bravo con le parole, non era
bravo a consolare il prossimo, ed era sempre stata lei la più forte tra i due.
Non avrebbe saputo che dirle comunque, e non voleva portarle alla mente ricordi
che dovevano rimanere sepolti.
Quindi
l’abbracciò e basta.
“Hayato…” mormorò Bianchi, poggiando la testa sulla spalla
del fratello.
Il
rapporto tra lei e Hayato era sempre stato
particolare sin da bambini. Probabilmente, da piccoli, Hayato
l’aveva anche odiata. Lei era la figlioletta prediletta, lui il bastardo
illegittimo. Così Hayato aveva scelto di andarsene
per trovare la propria strada nel mondo della mafia, ma Bianchi non lo aveva
abbandonato, mai. Ovunque lui fosse andato, Bianchi lo aveva sempre raggiunto.
E
sebbene il loro fosse il rapporto più strano della storia, erano rimasti uniti. Non avrebbe permesso fosse altrimenti.
D’altra
parte Hayato, non poteva negare di essere sempre
stato terrorizzato da sua sorella. Ma Bianchi era anche l’unica persona che lo
aveva sostenuto, quella che si preoccupava quando stava male, anche se metà
delle volte era per causa sua.
Pertanto,
quando Bianchi ricambiò la stretta e sospirò contro il suo petto, sentì la
voglia di uccidere qualcuno montargli dentro. Con il capo rilassato sul suo
petto, vedeva solo la fluida chioma dei suoi capelli. Non poteva guardarla
negli occhi e non stava male.
Almeno
non stava male fisicamente. Perché la bile che covava dentro era tutta un’altra
storia.
Era
una scena già conosciuta quella. L’aveva vissuta per due anni quella situazione
e non l’aveva mai sopportata.
Romeo
l’aveva usata, l’aveva sfruttata, l’aveva presa in giro, l’aveva tradita. Non
l’aveva rispettata neanche per un giorno.
Usciva
con lei, ma bastava che vedesse il primo paio di tette e chiappe dall’altro
lato della strada, perché iniziasse a fare lo scemo con qualcun’altra,
infischiandosene dei suoi sentimenti.
L’aveva
usata per uccidere i propri nemici, buttandola in guai che non la riguardavano,
poi l’aveva venduta per rinsaldare alleanze che gli facevano comodo. Aveva
dovuto lasciare la casa di loro padre per quella storia, e scegliere la strada
della mercenaria, all’interno dell’alleanza.
Ma
Bianchi lo aveva perdonato. Lo perdonava sempre perché lo amava. Ci stava male,
uno schifo, ma lo perdonava sempre.
E
più soffriva, più il suo veleno diventava efficace. Accettava quel coglione, e
intanto diventava la maestra del Poison Cooking.
E
Hayato non aveva mai potuto fare altro che restare a
guardare. Perché non poteva capire come mai Bianchi accettasse quell’idiota, né
le poteva offrire una valvola di sfogo.
Bianchi
non gli avrebbe mai fatto del male, non sul serio, anche se poteva servire a
farla stare meglio. Gli somministrava veleno da quando era piccolo, ma Hayato era troppo intelligente per non capire.
Non
aveva mai ingerito una dose fatale, benché i veleni si facessero più potenti
col passare del tempo. Bianchi non lo aveva usato come cavia per il proprio
addestramento, piuttosto lo aveva allenato a resistere, lo aveva assuefatto ai
veleni.
E
lo aveva capito il giorno in cui un killer, cercando probabilmente di colpire Trident Shamal, gli aveva
somministrato stricnina durante il periodo in cui viveva con il dottore. Non
gli aveva fatto praticamente nulla, se non causargli un’incazzatura non
indifferente, e curiosamente quel momento aveva fatto girare le palle anche a Shamal, che aveva pensato al resto.
Per
questo, tutto ciò che aveva da offrire a sua sorella, era un abbraccio. Il suo
calore. Il calore di una persona che le voleva bene davvero, che non gli
avrebbe voltato le spalle, che non le avrebbe mentito, mai.
Una
persona che l’amava, anche se il suo era un amore fraterno.
Perché
era certo che Romeo non l’aveva amata neanche per un istante. Non meritava
niente quel coglione. L’aveva sedotta ed era riuscito a farsi beccare a letto
con un’altra due ore dopo. Bianchi aveva ucciso lui e quella puttana. E aveva
fatto bene. Se non c’avesse pensato lei, lo avrebbe fatto lui.
Era
stata uno straccio per due giorni. Il terzo si era svegliata ed era la Bianchi
infallibile di sempre. Hayato non c’aveva creduto
troppo, ma non sarebbe stato lui a buttarla di nuovo in quel cerchio di dolore.
Romeo era morto ed era un bene per tutti.
E
il suo fottuto fantasma doveva restare sottoterra. Non doveva tornare, non
doveva farsi vedere. Non doveva tentare di farle del male di nuovo e ricordarle
tutto quello che le aveva già fatto.
Romeo
era un coglione su tutta la linea, non era stato bravo neanche a morire.
E
mentre era impegnato a lanciargli una bestemmia dietro l’altra, e a sperare che
marcisse all’inferno tra atroci sofferenze e senza un briciolo di tregua per
tutta la fottuta eternità, non si accorse del piccolo Bovino che, da dietro
l’angolo, guardava i due fratelli confuso.
Lambo
si portò l’indice alla bocca capendoci molto poco. Per quanto ne sapeva lui, né
Stupidera, né Bianchi erano tipi da abbracci. E non
capiva perché tutti e due avessero un’espressione quasi sofferente.
Magari Stupidera
poteva essersi accorto che era troppo scemo per fare il braccio destro dei
Vongola, e lo avrebbe supplicato perché lo rendesse suo servo. Ma Bianchi?
Per quanto ne sapeva il bambino, Bianchi
era la donna più forte e spaventosa che fosse mai esistita. Non ricordava di
aver conosciuto qualcuno che gli incutesse più timore, quando cominciava a
minacciarlo. Probabilmente era più terrificante lei di tutto il cimitero che
aveva visto quel giorno. Però era anche buona perché a volte si preoccupava di
lui e giocava con lui.
Se la svignò lentamente, cercando di non
farsi sentire, e fece una cosa che non aveva mai avuto il coraggio di tentare
prima: entrò in camera di Bianchi.
Non sapeva perché, o cosa stesse cercando,
ma aveva capito che era successo qualcosa di brutto e il grande Lambo sicuramente poteva risolvere il problema. La mamma ne
sarebbe stata contenta. E forse anche Imbranatsuna
gli avrebbe dato un premio. Sicuramente.
Rovistò tutta la stanza, stando attento a
rimettere tutto al suo posto: se Bianchi lo scopriva, probabilmente in quel
cimitero ci sarebbe tornato presto e non voleva. Proprio no.
Fu nel terzo cassetto del comò che trovò
qualche indizio. Era un album di foto. C’erano foto di Bianchi e di uno strano
tizio, in tante pose. Insieme su un divano, lei che combatteva e lui che
guardava, lui che era circondato da ragazze e lei che guardava.
Doveva esserci un perché a tutta quella
storia, ma gli sfuggiva. Però il grande Lambo aveva
la soluzione a tutto. Dunque, tirò fuori il bazooka dei dieci anni e vi si
tuffò dentro. Ogni volta che lo faceva, al ritorno la situazione era sempre
migliore di quella che lasciava. Era quasi sicuro di fare miracoli.
Quando Lambo
adulto si ritrovò in una stanza che non conosceva, ingoiò il quadratino di
cioccolata che stava mangiando e si guardò intorno confuso. Che diavolo aveva
combinato il piccoletto questa volta?
Due secondi prima era svaccato sul divano a
mangiare una barretta di cioccolata e a guardare un film con le ragazze, e ora
chissà dove diavolo si trovava.
Si accorse di essere nella camera di una donna,
e che non era quella I-Pin. Quella situazione lo avrebbe buttato nei guai, già
lo sapeva. Notò poi l’album sul letto, osservò le foto e ricordò.
Dieci anni prima, dopo la prova di coraggio
del giovane Vongola, aveva visto Bianchi e Gokudera
tristi e aveva deciso di aiutarli. Non lo aveva fatto per gentilezza in realtà,
se ben ricordava, ma qualunque cosa lo distraesse dai ricordi di quel giorno
andava bene.
Lambo
adulto capiva le ragioni del piccolo sé, ma d’altro canto aveva appena finito
di assumere l’antidoto per l’avvelenamento che gli aveva causato Bianchi, non
moriva esattamente dalla voglia di vederla di nuovo.
Sfogliò l’album svogliato, tirando un altro
morso alla cioccolata. Di ritorno al suo tempo, Gokudera
lo aveva curato e aveva bestemmiato con epiteti curiosi mai sentiti prima,
quando Lambo gli aveva raccontato di quel tipo che
gli somigliava come una goccia d’acqua. Ancora poteva sentirlo mentre gli
augurava curiose forme di sodomia.
Poi gli aveva accennato alla sua relazione
con Bianchi, tanto per giustificargli come mai sua sorella se la prendesse
sempre con lui.
Poteva capire la rabbia che nutriva la
ragazza, ma lo offendeva vagamente essere scambiato per un tipo simile. Chiuse
l’album e lo ripose nel cassetto rimasto aperto.
Se
fosse stato vagamente furbo, avrebbe aspettato che scadessero i cinque minuti e
sarebbe tornato nel suo tempo. Ma non poteva dimenticare come Gokudera e Bianchi si fossero presi cura di lui quando era
piccolo, per cui, tanto per cambiare, accettò di abbracciare la sua vena
masochistica.
Quando
uscì dalla camera, si ritrovò davanti la piccola I-Pin.
“Ah!
Che ci fai tu nella camera di Bianchi, Lambo?” lo
attaccò subito la bimba.
“Non
è come pensi!” alzò le mani pronto a discolparsi, realizzando giusto con
qualche secondo di ritardo che la piccola I-Pin di cinque anni non stava
assolutamente pensando a nulla di male.
“Stai
organizzando qualche scherzo a Bianchi?” indagò sospettosa.
Lambo adulto ridacchiò
appena, non poteva fare a meno di pensare alla situazione catastrofica che
sarebbe potuta capitare se davanti a lui, in quell’istante, ci fosse stata la
sua controparte quindicenne.
“Ma
no, sono bravo” giurò, piegandosi sulle ginocchia per essere alla sua altezza.
Era una bugia, ma poco importava. “Ecco, tieni” mormorò e le mise in mano la
propria cioccolata, quale prova della propria innocenza.
E
poi gli piaceva viziarla.
Per
un istante, fu anche tentato di darle un bacetto sulla guancia, ma rinunciò immaginando
la piccola che gli si appiccicava addosso, prima di esplodere allegramente
insieme.
Certo,
avrebbe potuto staccarsela di dosso, lanciarla via e lasciare che esplodesse da
sola, ma lui non era Romeo e non lo sarebbe mai stato, per cui se la sua
ragazza saltava in aria, lui lo faceva con lei. Anche se quella in realtà era
la versione in miniatura della sua ragazza.
“Piccola
I-Pin dovresti farmi un favore” le disse, invece.
“Cosa?”
chiese lei con la bocca già impiastricciata di cioccolata.
“Dai
questa al piccoletto quando torna?”
Lambo tirò fuori dal
taschino con la giacca una bustina con sopra caratteri italiani che I-Pin non
capì.
Quando
la bimba annuì, Lambo le sorrise e si alzò, pronto a
far ciò che doveva. Trovò Bianchi e Gokudera davanti
alla porta del bagno. Fu lei la prima a notarlo.
“Ancora tu!”
Lambo rifletté sul fatto
che lui e Romeo magari potevano assomigliarsi, ma esistevano miliardi di
ragioni per cui lui con quell’idiota non avesse nulla a che fare, ma i cinque
minuti non gli sarebbero bastati.
La
sua ragazza era cieca come una talpa, ma quella di Reborn
era messa decisamente peggio. Solo per questo era migliore lui.
Peccato
che, mentre Gokudera gli chiedeva cosa diavolo ci
facesse lui lì, Bianchi stesse già preparando il suo poison
cooking.
“Aspetta! Devo parlarti” provò, alzando
le mani inoffensivo. Stava diventando un vizio, rifletté con una sorta di
ironia mentre già si vedeva morto.
Bianchi
curiosamente si fermò. Lei e Romeo non parlavano da secoli. Era quasi curiosa
di sapere cosa volesse. “Che diavolo
vuoi?”
“Chiederti… Ecco, chiederti scusa. Ho sbagliato. Non
avrei dovuto fare qualunque cosa abbia fatto ad una ragazza tanto…
Gentile e dolce come te” provò piuttosto insicuro della scelta dei termini.
“Romeo…”
“Lambo?” Lo
richiamò Gokudera guardandolo come se fosse scemo. E
tanto per sicurezza, tirò fuori la sua dinamite. Non è che fosse geloso di
Bianchi, ma era evidente che Lambo aveva bisogno di
qualcosa che gli rimettesse apposto il cervello.
In
mezzo a quel casino, arrivarono anche gli altri attratti dal trambusto. Peccato
non stessero capendo una sola parola di quello che diceva Lambo
Adulto.
“Lo so, sono stato un idiota, ti ho trattato
male e non ti meritavo. Non sono mai riuscito a dimostrare quanto ti amassi.”
Lo
Smoker Bomb spense i
candelotti nell’istante in cui capì cosa stesse facendo Lambo,
benché gliene sfuggisse il motivo. Si stava prendendo le colpe di Romeo. E,
quasi sicuro, sarebbe morto alla fine di quella storia. Che diavolo gli era
saltato in testa?
“Tu mi hai tradito, stronzo!”
“Ehm,
sì però…”
“Ti
ho visto con i miei occhi, non provare a negare!”
E Lambo non
poté fare a meno di chiedersi cosa diavolo avesse visto in realtà, considerato
che non vedeva neanche che lui non era Romeo, ma evitò saggiamente di dirlo ad
alta voce.
“Ma
no ecco è che… Che più tempo che stavamo insieme, più
mi rendevo conto di non essere abbastanza per te e di non meritarti. E sì, ero
frustrato perché non mi sentivo alla tua altezza, visto che sei la ragazza
migliore del mondo, ecco. E pensavo che meritassi qualcuno che sapesse renderti
felice sul serio. E quindi uhm… Ho fatto tutto quello
che ho fatto per farmi lasciare, visto che io non avrei mai avuto il coraggio
di farlo.”
Gokudera
ascoltò tutta quella tiritera pensando a quanto fosse sciroccato il Bovino.
Probabilmente, il veleno di Bianchi al cimitero doveva avergli leso qualche
neurone di troppo. D’altronde, se avesse avuto la minima idea di cosa le aveva
fatto Romeo non avrebbe mai osato tanto.
Lambo
dal suo canto sapeva con certezza due cose. La prima era che dopo aver passato
gli ultimi dieci anni a raccontar una frottola dietro l’altra, ormai meritava
un premio Nobel come attore.
La seconda era che i cinque minuti erano
quasi scaduti.
Bianchi, intanto, sorrise orgogliosa e
soddisfatta. “Infatti adesso sto con il
mio amato Reborn, che non ha niente a che vedere con
un idiota come te.” Anche su quello Lambo si
sentiva da aver tanto da dire, ma non la interruppe. “E adesso puoi anche morire una volta per tutte!”
Lambo
sapeva di essere masochista, ma fino ad un certo punto. Poteva lasciarsi
colpire da Bianchi e farla sfogare, ma aveva già dato abbastanza. Piuttosto,
scappò giù per le scale e poi in giardino. Quando la nuvola rosa lo avvolse
ghignò consapevole di esser salvo. Peccato che proprio mentre la sua
controparte più piccola era ancora avvolto nella nuvola venne investito da una
torta al veleno.
Bianchi si chiuse alle spalle la porta
soddisfatta, senza controllare di aver colpito il bersaglio giusto o meno.
Quindi tornò di sopra, tra la confusione generale e Tsuna
e le ragazze che chiedevano a Gokudera cosa fosse
successo.
“Bianchi” la chiamò Reborn,
appena la ragazza li raggiunse.
E bastò sentire il proprio nome, perché lo
Scorpione Velenoso si dimenticasse del tutto di Romeo e si tuffasse ad
abbracciare il piccolo killer. D’altronde avevano avuto ragione entrambi: Romeo
non la meritava e lei con Reborn stava meglio. Fine
della storia e va bene così. “Oh, mio Rebooorn.”
Tsuna
era sempre più confuso, ma fu distratto da Kyoko e Haru che lo salutavano per tornare a casa, vista l’ora che
si era fatta. Alla fine era stata una giornata stramba, ma non più di tante
altre.
Nel baccano generale, Hayato
scese di sotto e uscì dalla porta rimasta aperta. Lambo
era in giardino, ancora sommerso dal veleno che lo stava uccidendo. Doveva
chiamare Shamal, sperando che quello non facesse
troppo l’idiota, trattandosi di un bambino.
“Gokudera!”
Lo Smoker Bomb si voltò quando si sentì chiamare dalla voce della
piccola I-Pin. “Che c’è?”
La piccola trotterellò verso di lui, lo
raggiunse e gli porse una busta bianca. Usare
in caso di presenza di Bianchi. Hayato ghignò, ripulì
il bambino velocemente dalla panna al veleno, lo prese in braccio e lo portò in
cucina.
“Grazie, I-Pin. Vai a nanna adesso, è tardi”
congedò la bimba tesa, sperando che quelle parole servissero a rassicurarla: se
non c’era bisogno di lei, significava che Lambo se la
sarebbe cavata e presto sarebbe stato bene.
Gli mise la pasticca di antidoto in bocca e
lo costrinse a bere. Lambo si riprese dopo qualche
secondo e, tanto per cambiare, scoppiò a piangere tra la paura e i postumi del
dolore.
Il Guardiano della Tempesta estrasse da un
cesto di frutta un grappolo di uva, ne staccò un acino e lo infilò velocemente
in bocca al piccolo. “Piantala” lo redarguì paziente.
Lambo
si calmò immediatamente, quando si ritrovò a masticare il suo cibo preferito.
“Ancora!” impose prepotente. E Hayato lo accontentò,
senza badare al tono o agli eventuali capricci che faceva.
E continuarono così finché il grappolo non
fu completamente vuoto e anche quello dopo. Quando infine Lambo
si addormentò con la pancia piena, Hayato lo prese in
braccio per portarlo di sopra.
Quella stupida mucca aveva seriamente
rischiato l’osso del collo quella volta, però era merito della sua trovata se ora
Bianchi stava bene.
“Grazie,
Gokudera” mormorò il bimbo ormai nel sonno,
quando finalmente fu nelle coperte.
E a quelle parole, il ragazzo non poté fare
a meno di chiedersi se per caso non dovesse essere lui a ringraziarlo. Lo
lasciò dormire, chiuse piano la porta alle sue spalle, e raggiunse gli altri.
Per fortuna quella giornata era finita.
Note post lettura: Non sono assolutamente responsabile delle canzoncine che canta Lambo XD.
Le ragazze con cui si guardava il film Lambo adulto ovviamente erano I-Pin, Haru e Kyoko.
Lambo è più figo di Reborn, perché la sua ragazza ci vede meglio XD.
Adoro come Lambo Adulto si tiri sempre indietro e poi si penta per le ragioni più strampalate del mondo.
Non credo neanche nelle ReBianchi (veramente non credo nella Reborn e nessuno, ma vabbé).
Spero che Bianchi non sia troppo OOC. Non è tipo da pianti e non piange, ma per essere tanto arrabbiata, come minimo deve averne subite un po' e viste come è cieca (idiota) su tante cose con Reborn, non devono neanche essere state leggere.
Spero vi piacque.