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Autore: minerva74    29/02/2012    1 recensioni
FF dedicata a Tanit di Lara Manni e alla sua protagonista, Ivy. Una trilogia fantastica, in ogni senso.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ivy strinse le labbra in una piega perplessa. Raccolse una ciocca di capelli dietro l’orecchio e fissò – di nuovo – quel profilo che aveva disegnato sul blocco per gli appunti. La luce malata di un pomeriggio berlinese trapelava attraverso le tende socchiuse, illuminando a malapena il foglio bianco e quell’intersecarsi di linee decise da cui emergeva un viso e pochi tratti di un paesaggio.
Non si era resa conto di averlo disegnato, eppure era lì. Le linee decise mostravano la luce che si rifletteva sui capelli chiarissimi, sulle labbra imbronciate, dischiuse in un sorriso appena accennato. Un sorriso terribile. E gli occhi, bassi, intenti a cercare qualcosa sul terreno… una spiaggia forse. Poteva distinguere i granelli tra le dita dei piedi del bambino. Perché era un bimbo, quello. Tre, quattro anni.
Ivy afferrò il blocco e lo portò alla luce, dinanzi la finestra, per osservarlo meglio. Erano anni che non disegnava: strano che avesse ripreso così, all’improvviso.
Qualcosa nel fondo della parete, nell’angolo buio alle sue spalle, si mosse: uno sbuffo di polvere, forse. La ragazza non si voltò. Non era la prima volta che le capitava di cogliere qualcosa lì, nell’angolo oscuro del campo visivo. Un movimento con la coda dell’occhio che la faceva sussultare e le regalava un brivido cui non riusciva a dare un nome, un misto di timore e di aspettativa… e poi qualcosa ancora. Se non avesse saputo che era impossibile - oltre che incomprensibile - lo avrebbe definito rimpianto.
Era la stessa sensazione che provava adesso nel vedere quel ritratto. Quel bambino che non la guardava, chino sui sassolini con cui stava giocando, con i capelli chiari scompigliati dal vento e le lunghe dita immerse nella sabbia. Ivy lo sfiorò con un gesto che somigliava a una carezza. Un fiotto di malinconia le dilagò nel petto.
Se suo figlio fosse nato, avrebbe avuto l’età di quel bambino.
Ma non era sopravvissuto. Grazie al cielo, lo aveva cancellato dalla mente e dalla memoria.
Strano che quel ricordo – o un desiderio? Non voleva saperlo - riemergesse adesso, a quasi quattro anni di distanza.
Respirò a fondo, poi si allontanò dalla finestra e si recò in bagno per darsi una rinfrescata: quella sera aveva un appuntamento con Christian, un suo collega. Un tipo carino e discreto.
Nell’angolo, la polvere si mosse ancora, piano. Scivolò lungo la linea del parquet, granello dopo granello; risalì lungo la scrivania, spinta da un soffio, forse uno spiffero. Era una vecchia casa, quella che Ivy aveva affittato, piena di rumori e cigolii, e c’erano parecchi soffi d’aria.
Infine, la polvere arrivò sul blocco. Sul profilo del bambino.
Nel disegno, il piccolo alzò la testa. Mostrò gli occhi luminosi come due soli d’ambra. E sorrise.
   
 
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