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Autore: Shedir_    29/02/2012    4 recensioni
È quando si tratta delle persone da lui amate che Sirius Black pensa il peggio, ma fa di tutto per non sentirselo dire; è in quei momenti che il suo cervello elabora idee che sembrano insensate. Ed è quando è a un punto dal perderla, che Petunia Evans capisce che infondo non l’ha mai odiata.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: James Potter, Lily Evans, Sirius Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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  Il Custode di mio fratello.
 
 
 

Ho ancora un enorme rimorso; un peso sul cuore. È il prezzo che devo scontare per la mia malata gelosia; per la cattiveria e l'incessante rabbia che mi portavo detro, e che ancora mi logora. Verso il mio stesso sangue. Mia sorella, per quanto strana potesse essere, non lo meritava.
Si dice che la vita sia troppo breve per avere il tempo di odiare.
Me ne rendo conto solo ora, guardando mio nipote, avvolto in una coperta, davanti la soglia di casa. So che sarà strano quanto lei, che non crescerà come qualsiasi essere umano.
No, lui sarà diverso. E inspiegabilmente la mia frustrazione si trasforma in rabbia. Penso che mio figlio non sarà mai così, che lui sarà sempre superiore.
A questi pensieri mi si accappona la pelle; mi faccio venire la nausea da sola.
Come posso essere così maligna? Come è possibile che sia così cattiva nei confronti dell’unica cosa che mi resta di lei?
Prendo il bambino avvolto in fasce e lo porto in casa, mentre mi ritornano in mente le parole scambiate con quello qualche giorno prima.
Non mi ha detto né nome né cognome, mi ha solo dato tante spiegazioni e nessuna certezza.
 
                
***


Le rassicurazioni di Silente non mi calmano, non sono affatto sicuro. Me lo ha detto in tutti i modi che non ci sono pericoli; eppure il mio cuore non si rassegna. Inoltre lui peggiora le cose. Ogni minuto inizia la stessa cantilena, come un giradischi rotto che, anche se prova ad andare avanti, ripete sempre le stesse cose.
Si fida di me a tal punto da lasciare la vita di suo figlio nelle mie mani, ma io non sono convinto che riuscirei a occuparmi di lui.
Se dovessi divenire il Custode, la mia morte sarebbe certa, come posso promettergli che accudirò suo figlio? Ma lui continua a ripetere che è la cosa giusta; che devo, perché sono il suo Padrino ed è un mio dovere se mai dovesse morire.
Ci provo; provo a rimproverarlo e a farlo tacere perché, anche se è il mio chiodo fisso, non voglio sentir parlare della sua morte. Pensarlo fa meno male che sentirlo dire da lui, e per la prima volta ho paura.
Non ne ho mai avuta nella mia vita. Ho preso sempre decisioni difficili con freddezza innaturale e con determinazione. Me ne sono andato di casa di mia spontanea volontà, mi sono fatto diseredare, ho appeso poster di ragazze Babbane in bikini nella mia stanza, l’ho riempita dei colori della mia Casa; quasi tutti i miei parenti vorrebbero vedermi morto, eppure non mi sono mai sentito impaurito.
Ho fatto scelte avventate, è vero, ma giuste dal mio punto di vista. Mi vanto di non essere più un Black a tutti gli effetti, ma il loro sangue scorre ancora nelle mie vene. Mi fa rabbrividire il pensiero che tra quegli assassini, che tra l’altro vogliono uccidere l’unica persona che mi ha accolto in casa sua come un fratello, ci siano le persone con cui sono cresciuto.
Sembra strano, ma non ho paura per me: morire per "amore" è un bel modo di andarsene, no?
Non avrei mai creduto di pensarla in questo modo: in fondo mi hanno cresciuto convincendomi che il mio sangue puro fosse superiore a quello di chiunque altro, ma se oggi sono disposto a dare la mia vita per i miei amici è solo grazie a loro, e il cambiamento che ho subito in questo giorni, forse mesi o anche anni, è partito proprio da lì, da un punto dentro il petto, chiamato cuore.

È strano, ma già da un po’ mi brulica in testa l’idea di parlare del Signore Oscuro alla sorella Babbana di Lily; se fossi stato al suo posto avrei voluto saperlo.
Anche io avevo un fratello. Regulus era attratto dalle Arti Oscure, è vero, ma non aveva l’animo così nero da poter sopportare tutto ciò che gli ordinavano.
Eravamo legati, un tempo; abbiamo passato insieme tutta l’infanzia, fin quando io non sono stato smistato  a Grifondoro e la mia famiglia ha cominciato a rinnegarmi, convincendo anche lui che in me c'era qualcosa che non andava. Gli volevo bene, e forse è l’unica morte della mia famiglia che rimpiangerò.
Da quello che ho saputo, alla fine, aveva cercato di ribellarsi a Voldemort, ovviamente senza successo; non so come sia morto, ma sicuramente non è stata una passeggiata.
Ad ogni modo, sto prendendo in seria considerazione la mia idea. Non so come la prenderà, né come mi tratterà, so solo che deve saperlo.

Mi riscuoto con un sussulto dai miei pensieri e mi decido a farlo; con un cenno del capo dico ai presenti in stanza che mi assenterò per qualche minuto.
Vedo le loro facce  stupite e curiose, ma alzo le spalle e mi dirigo in silenzio verso la porta; non voglio dar loro spiegazioni, e so che Lily non capirebbe. Vuole bene a sua sorella, ma da quando ha compreso il suo odio, ha iniziato a mostrarle indifferenza, come se non fosse mai esistita.
In pochi secondi mi ritrovo in un quartiere Babbano: vedo l’amica Maganò di Silente guardare dalla finestra e sposto lo sguardo per vedere se c’è qualcun altro, ma sembra tutto tranquillo. Di solito i Babbani sono curiosi; l’ho capito conoscendo Lily, quando James le faceva il filo.
Prendo coraggio e busso alla porta, e poco dopo mi apre un signore grassoccio che mi guarda con aria interrogativa e mi chiede chi sia.
Rispondo che ho bisogno di parlare con sua moglie e lo vedo arrossire; sembra arrabbiato, o forse geloso, ma poi mi porta in cucina.
Non ho tempo per guardare l’arredamento, mi accomodo dove mi viene indicato e inizio a parlare non appena arriva la donna.
Prima ascolta, poi quando mi presento come amico di sua sorella cerca di cacciarmi di casa.
La minaccio sfoderando la bacchetta, le impongo di ascoltare: le dico che dovrebbe smetterla di essere infantile e mettere da parte i vecchi rancori. Ottengo attenzione, quell'attenzione dettata dal fervore; non ottengo risposta se non un banale "tu non sai niente, non osare giudicare."
Forse è vero, forse non ha tutti i torti, eppure io sono qui, in una casa Babbana, con una bacchetta puntata contro una donna, per annunciarle la quasi sicura morte di sua sorella. Lo urlo perché non voglio fare troppi giri di parole: personalmente mi agiterebbe ancora di più. Vado al nocciolo della questione, punto i miei occhi nei suoi e noto che sono velati di lacrime: sta piangendo.
Per la prima volta, sembra che Petunia Evans non provi gelosia per la sorella, ma solo compassione.
Vuole altre informazioni, vedo il guizzo di curiosità che passa nei suoi occhi; domanda molte cose, soddisfo le domande che mi pone. Chiede infinite altre spiegazioni, le dico tutto ciò che posso prima di alzarmi.
“Sarai il Custode di mia sorella, vero?” mi trattiene per un braccio e mi sussurra queste poche parole; non c'è più nessuna lacrima nei suoi occhi. Mi volto, sorrido con amarezza.
“Vorrei tanto essere il Custode di mio fratello: James lo avrebbe voluto, ma sarei troppo scontato”.
La lascio basita. Mi guarda, è dubbiosa ma non ho più voglia di parlare, voglio solo tornare a casa.
                                 
   Fine.
 
  
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