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Autore: Cabiria Minerva    29/02/2012    2 recensioni
Rose Weasley è una bambina curiosa e, quando i cugini la spaventano raccontandole che i Dissennatori rubano le anime, vorrà scoprirne il motivo. Per fortuna suo padre, Ron, è un esperto di leggende del mondo magico, e in quattro e quattr'otto svelerà alla piccola la vera storia dei Dissennatori.
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Genere: Generale, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hermione Granger, Nuovo personaggio, Ron Weasley, Rose Weasley
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Hermione Weasley era sicuramente una delle streghe più dotate del suo tempo. Già dal suo primo anno a Hogwarts si era dimostrata particolarmente preparata e, nessuno poteva negarlo, talentuosa. Aveva sempre eccelso in ogni corso ed aveva ottenuto i voti più alti del suo anno sia ai G.U.F.O che ai M.A.G.O. Finita la scuola, il suo nome era presto divenuto famoso nel mondo magico grazie ad alcuni libri e trattatelli. Il Ghirigoro, libreria che lei stessa aveva frequentato da studentessa, le aveva dedicato un intero scaffale corredato da fotografie e stracolmo di copie di alcuni dei suoi più grandi successi: Pozione Polisucco – Quello che non sapevate, Mille e uno Incantesimi di Protezione, Elfi e Maghi: si può fare!

Grazie alla sua dedizione agli studi Hermione aveva acquisito una conoscenza stupefacente del mondo magico; tuttavia c'erano lacune, dovute alla sua infanzia Babbana, che nessuno dei libri che leggeva avrebbero potuto colmare. Conosceva a menadito la storia, parlava sette lingue ed era esperta in Rune antiche. Era una pozionista rinomata in tutto il mondo ed aveva un'ottima reputazione anche nel campo dell'erbologia. Una strega provetta, certo, eppure...

Non amava parlarne, ma c'era un campo in cui proprio non riusciva ad eccellere e veniva anzi istruita dal marito Ron, che non era affatto studioso come lei ma che si era rivelato un esperto proprio nei campi da lei sconosciuti. Ronald Weasley, proveniente da una famiglia di maghi purosangue dove certe conoscenze venivano trasmesse di generazione in generazione, era infatti esperto in fiabe e leggende, che Hermione tendeva a discriminare in quanto «sono solo storie! Non c'è niente di reale!». Essendo molto testarda, Hermione non aveva mai voluto ascoltare le rimostranze del marito, che asseriva di raccontare storie vere, e lo aveva anzi relegato a menestrello casalingo. Era perciò al padre che i loro figli si rivolgevano quando volevano sentire un racconto o quando volevano delucidazioni su una leggenda sentita per caso.


 

* * *

«Papà?» Ron abbassò il giornale quel tanto che bastava per incontrare lo sguardo della figlia. «Papà, è vero che i Dissennatori si prenderanno la mia anima?» Quante volte aveva detto ai figli di George di non raccontare certe storie ai suoi bambini? Erano troppo piccoli, per la barba di Merlino! «No, tesoro. Non lo faranno.» La piccola lo guardò con serietà. «Però lo fanno ad altri, vero?» «Beh... Lo facevano, ora con le nuove leggi del Ministero è raro incontrare un Dissennatore.» La bambina assunse un'espressione pensosa. «Però... vorrebbero farlo, vero?» Quando Rose s'impuntava su un argomento era impossibile liquidarla con due misere frasi. Proprio come Hermione. «Beh, vorrebbero... Diciamo che è nella loro natura. È quello che fanno.» La vide concentrarsi e, dentro di sé, seppe che la domanda sarebbe giunta.

«Perché?» Eccola!

Ron si guardò attorno con fare circospetto, controllando che la moglie non fosse a portata di orecchio, si chinò verso la bambina e le sussurrò «Vuoi che ti racconti la storia dei Dissennatori?» Rose spalancò gli occhi e il faccino le si dipinse di piacere. Dopo aver controllato a sua volta che la madre fosse ben lontana, la piccola annuì e si sedette a gambe incrociate sul tappeto, stringendo al petto un vecchio pupazzo da cui non si separava mai.

«Secondo la leggenda, una volta il mondo magico non conosceva i Dissennatori e, dicono, le prigioni si trovavano sulla cima di montagne rocciose, custodite da creature simili a grandi uccelli neri, con artigli affilati e volti simili ai nostri, ma con un lungo becco sempre pronto a punire i prigionieri più agitati.

Fuori dalle prigioni la vita non era facile per noi maghi. C'erano state alcune pestilenze che avevano decimato la popolazione e i Babbani avevano dato la colpa alla magia. Come se avessero avuto bisogno di incantesimi per appestarsi! Con le città sporche, infestate dai ratti, e l'assenza di bagni e docce... La peste era arrivata da sé, alimentata dai Babbani e dalle loro brutte abitudini, ma loro avevano panicato e la colpa era ricaduta su di noi! È anche per questo, sai, che non ci mostriamo volentieri.

Comunque, dicevo, era un periodo nero per tutti. I Babbani cadevano come mosche e, disperati, se la prendevano con i maghi – o almeno con quelli che pensavano fossero maghi. Hanno torturato, bruciato, annegato centinaia di persone accusate di stregoneria. In verità furono rari i casi di maghi accusati ed uccisi, i più erano fuggiti prima che qualche vicino li accusasse o, durante le loro esecuzioni, si erano Trasfigurati o Smaterializzati. In ogni caso, non era un bel periodo.

C'erano però dei villaggi, quelli un po' isolati, dove l'isteria non era ancora arrivata. In queste rare isole di tranquillità, alcuni maghi e streghe ancora convivevano con i Babbani. Certo, anche se la decisione del Consiglio Internazionale del 1692 era ben lontana, i maghi non andavano proprio in giro a trasformare capre in secchielli, però ogni tanto aiutavano i loro vicini con qualche pozione... In questi villaggi, quindi, si poteva ancora vivere senza paura di venir arsi al rogo, e in molti probabilmente neanche temevano le pestilenze, di cui non avevano mai sentito parlare.

Fu forse questo uno dei motivi che indusse una giovane strega, la leggenda vuole che si chiamasse Medea Finnigan, a dare alloggio ad uno straniero, giunto un giorno in uno di questi piccoli villaggi posto ai limiti di una grande foresta. Medea era una ragazza minuta con lunghi capelli castani sempre raccolti in una treccia e lo sguardo schivo, da cerbiatta. Aveva da poco finito il settimo anno ad Hogwarts, ed aveva deciso di diventare guaritrice in modo da poter essere utile al suo villaggio. Essendo di natura buona, quindi, non aveva esitato ad offrire un tetto a quel giovane pallido e gentile che era spuntato all'improvviso. Non aveva fatto molte domande, si era limitata a versargli un po' di zuppa e a sistemargli un pagliericcio vicino al camino. Vedi, Rose, Medea, la sua famiglia, il suo villaggio... Non erano persone ricche, ma erano abituate ad aiutarsi l'un l'altro, e ad aiutare chiunque ne avesse bisogno.

Come dicevo, Medea offrì rifugio al giovane straniero. Quando era sbucato dal bosco, portando con sé solo una borsa di pelle ed un piccolo libro nero, aveva balbettato d'essere in viaggio verso una città molto conosciuta, e gli abitanti del villaggio non gli avevano fatto altre domande. Neanche Medea gliene fece, tuttavia il giovane iniziò ad interessarsi alle sue faccende quotidiane e ad aiutarla con l'orticello in cui coltivava varie erbe. Una parola tira l'altra, e il giovane decise di rimanere un giorno, poi una settimana, poi un mese. Aiutava la giovane a zappare il terreno, a raccogliere la legna, e intanto le parlava.

Era arrivato all'inizio di ottobre, e alla prima neve Medea ne era innamorata. Il fidanzamento venne annunciato tra i fiocchi candidi e la ragazza era estasiata. Tuttavia, sapeva di dover confessare al giovane di essere una strega: voleva essere sincera, sicura che lui l'avrebbe amata lo stesso. E poi, si ripeteva, di certo qualcosa doveva aver intuito: le erbe che coltivava, le boccette contenenti strane sostanze, i lavori fatti in un battibaleno...

Quando glielo disse, invece, il ragazzo l'accusò di essere figlia del Diavolo – una strana divinità Babbana – e le riversò addosso parole infettate d'odio. Mentre le urlava che era impura, malvagia, senz'anima, Medea si raggomitolava sempre più, piangendo tutte le sue lacrime, incapace di rispondere a quell'ondata di rabbia proveniente proprio dall'uomo che amava.

Se ne andò quella sera stessa, abbandonando la giovane strega al suo dolore. Forse, se fosse sparito, il cuore di Medea sarebbe guarito e non sarei qui a raccontarti questa storia. Ma vedi, tesoro, quel Babbano non era veramente fuggito: impugnando quel suo piccolo libro nero era andato a cercare altri Babbani pieni d'odio e di superstizione.

Quando tornò, portando con se la sua schiera di preti e Inquisitori, il villaggio li accolse con gentilezza: erano persone semplici, non sapevano delle fiamme che stavano distruggendo la loro terra, e di certo non potevano immaginare che quegli uomini cupi li avrebbero interrogati, sottoposti a torture, spezzati nell'anima.

La prima ad essere interrogata fu Medea. La tennero in una stanza buia per giorni e giorni, dandole da bere solo un po' di acqua putrida e lasciando che i topi le rosicchiassero i vestiti. Le fecero cose che non voglio neanche nominare. Ma Medea era forte e resisteva, guardando dritto negli occhi di quegli uomini freddi e privi di pietà. Nell'oscurità di quel bugigattolo la giovane si faceva forza: prima o poi capiranno che non ho fatto niente di male e mi lasceranno andare. E allora tornerò a casa e abbraccerò mio padre, mia madre, mio fratello e guarderò volare Altair e riavrò la mia bacchetta e tutto tornerà come prima.

Poi iniziarono ad interrogare la sua famiglia, i suoi vicini, il villaggio intero, e dove prima regnava l'armonia nacque il sospetto, le accuse mormorate a mezza voce da chi voleva salvarsi ad ogni costo. Medea poteva sentire, dalla sua cella, urla di dolore e pianti isterici, singhiozzi soffocati e bugie. Piano piano la giovane si perse in quell'oscurità, nel gelo proveniente dagli Inquisitori. Povera Medea. Il suo amore era costato caro alle persone a cui teneva ed aveva distrutto il suo villaggio. Non c'è da stupirsi se poi...» Ron lasciò la frase sospesa a metà e rivolse un sorriso triste alla figlia.

«Se poi? Cos'è successo dopo? Dai papà, dimmelo!»

«Beh, Medea aveva ormai perso il senno quando quel Babbano andò da lei. Guardava quello che restava della strega, ormai ridotta ad un sacco logoro e sporco abbandonato in un angolo, e rideva. Le aveva portato via l'anima ed aveva distrutto tutto ciò che lei amava ed ora rideva. Non è chiaro cosa successe dopo. C'è chi dice che Medea avesse solo finto di ammattire e che, quando lui arrivò, usò la magia oscura, ma io credo che la povera ragazza abbia semplicemente perso il controllo nel sentire la risata di scherno del Babbano e che la sua magia, senza nessuno che la governasse, abbia vendicato il dolore arrecato a Medea ed alla sua gente dando a quegli esseri freddi e neri che le avevano rubato l'anima la forma che apparteneva loro. Dopo che la magia di Medea esplose, gli Inquisitori, i preti ed il Babbano sparirono ed alcuni testimoni affermarono di aver visto delle figure incappucciate e fluttuanti scomparire nel bosco.

Il villaggio ci mise molto a tornare alla normalità: qualcosa dentro gli abitanti si era rotto, e le loro ferite si rimarginarono a fatica. Medea invece scomparve quello stesso giorno, probabilmente anch'ella inghiottita dalla sua magia e trasformata in un Dissennatore. In un certo senso si può dire che forse la magia di Medea cercò anche di ripagarla, dandole la possibilità di rubare l'anima a chi non la meritava.»

Rose tacque a lungo, fissando il padre con i suoi grandi occhi curiosi. L'aveva osservato, rapita, per tutto il racconto, reagendo di tanto in tanto con sbuffi indignati o stupiti. «Ma papà... se anche Medea è diventata un Dissennatore non ha più potuto essere felice, e se non ha più potuto essere felice... Non è giusto!» Ron notò una lacrima e prese tra le braccia la bambina.

«Su su, non essere triste ora. E vai a letto, prima che tua madre arrivi e ci sgridi entrambi!» aggiunse prima che la piccola potesse aprire bocca. Mentre l'osservava salire le scale poteva quasi vederne i pensieri intricati: Medea, la vendetta...

«Bella storia, anche se forse poco adatta ad una bambina così piccola, Ron.» Hermione spuntò dalla stanza adiacente e si accoccolò accanto a lui. «Ma dimmi... È successo veramente?»

Ron intrecciò le mani dietro la testa e guardò la moglie con un sorriso soddisfatto. «Chissà...»

   
 
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