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Autore: _Umi    29/02/2012    0 recensioni
"C'è sempre troppo da percorrere quando non si sa dove si sta andando."
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Di certo, non l’avrebbe incontrato lì.
Non avrebbe incontrato nessuno lì, camminando lungo le rotaie verso chissà dove.
Che vita vana, si ripeteva, che vita vana.
La ferrovia si estendeva per una valle a tratti arida, sovrastata da un cielo che era ancora luminoso ma che si apprestava ad accogliere la notte, salutando il sole con un abbraccio rosato e dando il bentornato alle stelle. Non aveva idea di dove si trovasse, né di come vi fosse arrivata. Camminava senza meta da molto tempo, sola con le sue cuffie, persa tra i suoi pensieri più nascosti, le sue riflessioni mai attenzionate. Che vita vana, che vita vana. Si lasciava accecare dagli ultimi raggi e si guardava intorno, non attenzionando niente ed attenzionando tutto. Non l’avrebbe incontrato lì.
 Che vita vana. Non può limitarsi a questo, non posso lasciare IO che si limiti a questo.
Che sto facendo?
So talmente tante cose, che non so niente. So fare talmente tante cose, che non so fare niente. Ho talmente tante cose, che non ho niente. Cosa mi resta? Cos’ho imparato? Cosa mi ostino a cercare? Paradiso e inferno non so neanche cosa siano. Sto buttando tempo e non posso recuperarlo: nonostante me ne renda conto, continuerò a buttarne dell’altro non sapendo come utilizzarlo, aggrappandomi alla speranza data dal “Prima o poi..”  Dio, quanto sono stanca di prima o poi e di speranze. Sto sbagliando tutto, tutto. Sempre in secondo piano, sempre un passo indietro, sempre un gradino sotto. Ma perché sono così? Non mi basto mai, e non faccio niente per bastarmi, mi limito ad osservare quel che succede da un punto di vista esterno come se io non c’entrassi niente. Quando invece ci sono dentro, cazzo! Sono protagonista della mia vita, si o no? O sono una comparsa della vita degli altri?
E chi è il regista, in tutto questo?
Era sicuramente autunno. Il tramonto si stava spegnendo, e con lui anche la luce nei suoi occhi, dispersi nel loro niente così affollato. Si, era sicuramente autunno: si guardava intorno e non vedeva altro che alberi semi-spogli e foglie trasportate da una corrente leggera e fredda. Erba secca ai lati del binario. Non c’era neanche un animale in giro, ed iniziò, come quando era bambina, ad immaginarsi in quale tana si stessero addormentando in quel momento tutti gli animali; tra le radici di quale di quegli alberi le madri avessero trovato rifugio per i loro cuccioli. Pensò che probabilmente, in qualunque luogo si trovassero e qualunque cosa stessero facendo, erano meno soli di lei, che non sapeva neanche perché stesse continuando a camminare. Non l’avrebbe incontrato lì.
Sono un’anima persa. E non riesco a ritrovarmi né a trovarti. Non ho un punto di riferimento e non voglio averlo..perchè non so mantenere una rotta, lo so. Non riesco ad andare oltre i miei stupidi limiti, sbatto continuamente contro il vetro della mia stupida boccia..e se esco fuori che succede, muoio? Si. Ma qua dentro fa tutto schifo, a partire da me. Cos’ho che non va? Ok, no. Cos’ho che va? …perché non riesco a rispondere ad entrambe le domande? 
Adesso stava cambiando qualcosa..la sera stava per arrivare e lei iniziò a correre e a correre, con la musica pulsante nelle orecchie. Le gambe non potevano fermarsi, c’era ancora troppo da percorrere. C’è sempre troppo da percorrere quando non si sa dove si sta andando. Ma chi se ne importava della destinazione? Sentiva solo il bisogno di correre, di concentrarsi su qualcos’altro: voleva sentire i suoi muscoli stanchi e i suoi polmoni scoppiare, per sentire che anche lei c’era.  Ma nonostante le corse verso il nulla, si sarebbe resa conto che non c’era risposta a ciò che chiedeva. E di certo, non l’avrebbe incontrato lì.
Basta, mio Dio, basta! Che vita vuota, sprecata ed insulsa! Che devo fare, ah? Amare? Bene, fantastico, sembra facile..! Non lo è. Certo, si sognano le favole, ma niente è come si immagina e le favole non sono altro che immaginazione. Non riesco più ad avere fiducia in niente, non riesco nemmeno a gestire più me stessa, sono dispersa nel vuoto..Ma perché non riesco ad essere come gli altri? Perché non riesco a confondermi tra la folla? Perché sono così ossessionata? Perché penso così tanto? Perché mi ostino a sognare, a sognarti?? Devo correre, devo andare oltre!
Il cielo era una distesa color cobalto, rischiarata da qualche timida luce lontana che ancora non si faceva vedere del tutto. Il sole ormai aveva concluso lo spettacolo, e dopo l’ultimo inchino era sparito dietro le quinte, oltre l’orizzonte. Si fermò. Uscì dalla ferrovia lungo la quale correva da nessuno potrà dire quanto, e si sdraiò su un prato quasi del tutto secco alla sua sinistra. Era sfinita, e non sapeva più che fare, non ne poteva più di pensare. Il contatto con la terra umida provocò un brivido che le trapassò tutto il corpo. Si tolse le cuffie, e passandosi la mano fra i capelli si accorse che una lacrima le stava rigando una guancia.
Fanculo alla mia emotività!  Fu l’unica cosa che pensò. Guardando il cielo, si rese conto di ciò che già sapeva: non l’avrebbe incontrato lì. Un altro brivido si arrampicò lungo la sua schiena. Avrebbe voluto così tanto, che fosse lì con lei.

Aprì gli occhi. La finestra si era spalancata. Probabilmente l’aveva chiusa male, come sempre, e il gelo aveva invaso la sua stanza, tanto che lei aveva iniziato a sentire freddo nonostante il piumone invernale. Con i brividi e la pelle d’oca, si alzò e si diresse verso la finestra a cui si affacciò. Il silenzio stava dando un grande concerto per le strade, ed inspirò a fondo l’aria fredda ed umida.
Dannati sogni senza senso. Pensò. Dannate notti a cercarti.
  
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