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Autore: RaindropsLove    29/02/2012    6 recensioni
Blaine è in gita a Parigi con i compagni della Dalton... Girando tra le sale troverà la sua opera d'arte preferita e non solo. Tanta poesia e tanto romanticismo.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Blaine/Kurt
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Blaine girava assorto per le sale di quel grande e suggestivo museo. Aveva sempre sognato di vedere Parigi, respirarne l’aria profumata, ammirarne le magiche luci, assaggiarne i cibi e quella gita scolastica era proprio quello che ci voleva. Lui e i suoi compagni della Dalton erano arrivati in Francia ormai da cinque giorni e Blaine aveva osservato tutto con la meraviglia e la sorpresa di un bimbo in un negozio di giocattoli o di caramelle colorate. Aveva passeggiato lungo le vie del centro, aveva assaggiato i croissant profumati e fumanti che sembravano sciogliersi in bocca, aveva visto la torre illuminata nella notte. Era passato davanti al Moulin Rouge e aveva immaginato le ballerine che si esibivano piene di piume e pizzi e lustrini. Aveva canticchiato qualcosa di romantico mentre passeggiava lungo la senna da solo con i suoi pensieri. Quella mattina era la volta del Louvre. L’aveva sognato fin da bambino e adesso, finalmente stava calpestando quel pavimento. Il museo era davvero enorme e Blaine era sicuro che non gli sarebbero bastati dieci giorni per vedere tutto con calma e apprezzare ogni singolo capolavoro che vi si trovava. Intanto stava cercando di fare del suo meglio, aiutato da un itinerario delle cose che doveva assolutamente vedere che si era fatto su internet qualche giorno prima di partire e una piantina acquista all’ingresso del museo. Stava silenziosamente maledicendosi per non aver preso anche un’audioguida in inglese quando se la ritrovò di fronte. A Blaine sembro’ che il respiro gli si fosse fermato per una frazione di secondo e il cuore gli fosse balzato nel petto. Non poteva credere di avere davanti ai suoi occhi la statua che fino a pochi giorni prima aveva potuto ammirare solo dalle pagine dei suo libri di storia dell’arte o dello schermo del suo pc. L’allegoria mitologica di Amore e Psiche del Canova era ancor più mozzafiato vista da vicino. Blaine rimase fermo, fissando quella meraviglia con gli occhi color dell’ambra  leggermente sgranati dallo stupore. Com’era possibile che quel materiale tanto freddo potesse sembrare vivo e pulsante? I suoi occhi percorsero le linee del corpo morbido della ragazza distesa, si soffermarono sul suo ventre nell’atto della rotazione, sulla carne che sembrava piegarsi veramente. Seguì la linea delle braccia che si protendevano verso il volto dell’amato per accarezzarne i ricci e il viso. Stava per muoversi e cambiare punto d’osservazione quando il respiro gli morì in gola per la seconda volta. Tra il braccio di Psiche e il volto di Amore una visione fugace di una bellezza disarmante. Un ragazzo, più o meno suo coetaneo e probabilmente in gita con la classe, osservava anche lui rapito e visibilmente emozionato quel capolavoro. Attraverso gli spazi vuoti Blaine poteva vederne i lineamenti del volto armonici come fosse un altro di quegli Dei scolpiti nel marmo puro e bianchissimo. L’unica nota di colore su quel viso angelico era data dal rosato delle guance. Poi un battito di ciglia e la visione del mare. I suoi occhi erano del colore dell’oceano e del cielo, erano specchi profondi ma chiarissimi. A Blaine sembrarono anche di una sincerità e di una bellezza disarmanti. Ad un tratto lo perse. Il ragazzo si era spostato per osservare meglio l’altro lato della scultura e Blaine fece lo stesso in modo da trovarselo di nuovo davanti. Seminascosto dalle ali del Dio alato noto’ la figura slanciata di quello che sicuramente doveva essere un ragazzo francese. Era elegante nei modi e nello stile che risultava curato e sicuramente griffato. Lui non se ne intendeva molto ma il logo sulla cartella che il tipo teneva a tracolla era sicuramente quello di Louis Vuitton. Indossava poi dei pantaloni neri decisamente aderenti, che lasciavano ben poco all’immaginazione e una camicia bianca con il colletto alla coreana. Sopra aveva un pullover scuro molto sobrio ravvivato solo sa una vistosa spilla a forma di nota musicale. ‘Magari anche lui è un’amante della musica, chissà’ penso’ Blaine e un sorriso gli si dipinse sul volto sognante. In quel momento si rese conto che avrebbe davvero voluto sentire la sua voce. Mentre ancora lo stava fissando l’altro sposto’ lo sguardo su di lui e per qualche secondo lo fisso’ dritto negli occhi. Blaine arrossì all’istante ma non riuscì a muoversi. Si guardarono per quei secondi che sembrarono un’eternità. Uno sguardo timido? Uno sguardo complice? Uno sguardo di sfida? Blaine non riuscì a capirlo e non riuscì a non distogliere i suoi occhi fingendo di ammirare ancora la scultura che ormai era passata in secondo piano. Solo dopo del tempo si rese conto che inconsciamente stava fissando con insistenza la mano del dio alato che, chiusa a coppa, fasciava perfettamente uno dei seni della ragazza sotto di lui. Arrossì di nuovo. Non aveva mai fatto attenzione a quel particolare prima e adesso gli sembrò abbastanza audace. Quando provò di nuovo a vagare con lo sguardo alla ricerca del ragazzo sconosciuto non lo vide più. Senti una voce che lo chiamava, un po’ troppo ad alta voce per essere in un museo. Poi vide una ragazza piuttosto carina, mora e con la bocca carnosa che si avvicinò a lui e lo chiamò di nuovo.

“Kurt! Kurt! Dobbiamo andare o ci lasceranno qui. Lo sai che non abbiamo ancora molto tempo da passare qui al Louvre. Gli altri vogliono andare a fare shopping e a mangiare prima di rientrare in albergo” gli disse e lo prese sottobraccio trascinandolo letteralmente con la forza nonostante fosse molto più bassa di lui e alquanto mingherlina.
Così quello era il suo nome. Kurt.
Kurt si lasciò trascinare via con aria scocciata mentre brontolava qualcosa a proposito della superficialità dei propri compagni di classe. La sua voce sembrò a Blaine simile al suono degli scacciapensieri scossi dal vento, come una cascata di diamanti sul velluto, come un suono puro e cristallino. Poi il ragazzo gli rivolse di proposito una ultima lunga occhiata prima di sorridergli e sparire a braccetto con la sua amica tutto pepe.
Blaine rimase fermo con la bocca aperta per un po’ non sapendo cosa fare. Voleva seguirlo. Avrebbe voluto almeno presentarsi. Ma cosa avrebbe potuto dire? Non era bravo in quelle cose. Troppo timido, troppo inesperto. Rimase con quel sorriso ebete stampato sulla faccia e la mano semi sollevata come se stesse aspettando di stringerla a qualcuno che ormai non c’era più e che probabilmente non avrebbe mai più rivisto in vita sua. Beh, almeno una cosa la sapeva, parlava la sua lingua, ma non era un grande indizio. Gettò un’ultima occhiata alla statua e fece per andarsene quando vide qualcosa brillare per terra. Lo raccolse. Era la spilla di Kurt. L’aveva persa forse quando l’amica l’aveva afferrato per la maglia e strattonato un po’. Strinse quell’oggetto con forza nel palmo della mano finchè non sentì bucare e una gocciolina di sangue affiorò. Il lieve dolore lo risvegliò come da uno stato di immobilità. Si incamminò velocemente verso la direzione che Kurt e la ragazza avevano preso in modo da rintracciarli, la spilla gli avrebbe offerto il perfetto pretesto. Girò varie sale e attraversò numerosi corridoi ma non riuscì a trovarli. Dopo un quarto d’ora ormai non ci sperava più. Quando i suoi compagni lo chiamarono perché la visita al museo era ormai terminata ed era ora di tornare in albergo Blaine si era rassegnato ad averlo perso per sempre. Nei giorni successivi lo pensò spesso, in ogni luogo che visitava pregava di poter vedere di nuovo quella pelle delicata o di incontrare ancora quello sguardo celestiale, ma non successe mai. Un paio di notti  lo incontrò anche nei suoi sogni ma quando Blaine si svegliò si rese conto che era solo e che le sue mani stavano stringendo il lenzuolo nel buio della sua stanza d’albergo. Avrebbe voluto almeno parlarci. Si chiese perché fosse stato così attratto da quel Kurt. Non era solo l’aspetto. O meglio, era un ragazzo davvero carino e la cosa l’aveva colpito ma il mondo era pieno di ragazzi e ragazze carini. In lui c’era qualcosa di più, non era semplice attrazione fisica, non era una cosa così materiale, era un sentimento più forte, più etereo, più struggente. A Blaine sembrava di aver visto una parte di sé in lui, di essersi trovato di fronte ciò che gli mancava, di avere con quel ragazzo una connessione profonda nata in chissà quale tempo e in chissà quale spazio. Poi però, dopo aver pensato queste cose si sentiva ridicolo e sdolcinato, si sentiva strano quasi, troppo pensieroso, troppo cerebrale. Il resto dei giorni della gita passarono e venne il momento di tornare in America, alla Dalton. Seduto sul sedile di pelle dell’aereo Blaine guardava distrattamente fuori dal finestrino, sospirando di tanto in tanto. Prese il suo I-pod e si infilò le cuffie mettendo a tutto volume le sue canzoni preferite in attesa del decollo. Ad un tratto sentì una mano posarsi sulla sua spalla e qualcuno che lo scrollava delicatamente ma con decisione. Si voltò con aria un po’ scocciata, pronto a liquidare qualsiasi persona lo stesse importunando dato che voleva starsene solo con i suoi pensieri e la sua musica quando… Di nuovo quella sensazione nello stomaco, quell’emozione che sembrava bruciargli nel petto. Gli occhi di Kurt lo guardavano fissi e scintillanti. Blaine rimase immobile con la bocca aperta e lo sguardo assente. Kurt sorrise e gli disse ironico:
“Hai visto un fantasma?” poi sorrise con un suono che sembrò musica e aggiunse: “E’ libero questo posto?”
Blaine  non potè fare altro che annuire con aria decisamente poco intelligente tante erano la sorpresa, la confusione, la contentezza. Avrebbe voluto chiedergli mille cose. Avrebbe voluto sapere tutto di lui. Ma non disse niente. Avrebbero avuto più di dieci ore di volo per parlare. Al pensiero sorrise entusiasta. Kurt si accomodò accanto a lui sfiorandogli le ginocchia con le sue gambe affusolate. Quando si sedette Blaine sentì il suo profumo che era un misto di shampo e caramelle al latte. O almeno a lui ricordava le caramelle. Si sorrisero di nuovo poi Kurt disse ironico: “Sbaglio o hai qualcosa che mi appartiene?” 

 

  
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