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Autore: My Pride    01/03/2012    7 recensioni
In quel momento, austero e fiero nella tonaca immacolata, ai suoi occhi era apparso come un demone della spada dalla bianca maschera fredda e distaccata, un leggendario Asura che aveva schiacciato il nemico con le sue molteplici braccia senza mostrare la benché minima traccia di qualche emozione nei lineamenti composti del suo viso.
«Non guardarmi così. Ho promesso che mi sarei preso cura di lui, e Roronoa Zoro mantiene sempre le sue promesse»
[ Partecipante alla challenge «Contest of Passions» indetta da ellacowgirl ]
[ Prima classificata al «Contest sugli universi alternativi» indetto da Starhunter ]
[ Prima classificata e vincitrice del Premio Stile al contest «Di universi alternativi e storie edite» indetto da Superkiki e Roro ]
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altro Personaggio | Coppie: Sanji/Zoro
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'My Shitty (Pervert) Cook'
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Blissful Golden Utopia

[ Prima classificata al «Contest sugli universi alternativi» indetto da Starhunter ]
[ Prima classificata e vincitrice del Premio Stile al contest «Di universi alternativi
e storie edite
» indetto da Superkiki e Roro ]


Titolo: Blissful Golden Utopia (Day by day in front of you)
Autore: My Pride
Fandom: One Piece
Personaggi: Roronoa Zoro, Black-Leg Sanji, Sorpresa
Professione scelta: Chef
Tipologia: One-shot 
[ 2564 parole [info]fiumidiparole ]
Rating: Giallo / Arancione
Genere: Generale, Sentimentale, Malinconico, Introspettivo
Avvertimenti: Shounen ai, Alternative Universe, Vagamente - o forse anche troppo - nonsense

Binks Challenge: 33° Palestra/Dojo › 49° Empatia
Tabella AUverse: 22. Allenatori
Misc Mosaic 10&Lode: #09. Guarigione
Prompt: 18° Argomento: Futuro › Sogno
La sfida dei duecento prompt: 37. Disabilità 


ONE PIECE © 1997Eiichiro Oda. All Rights Reserved.


BLISSFUL GOLDEN UTOPIA (DAY BY DAY IN FRONT OF YOU)
 
    L
e sue giornate sarebbero trascorse con un lungo e noioso scorrere delle ore se non avesse avuto un posto d’onore sul ripiano più alto dell’angusta cucina, dal quale poteva osservare estasiata la cura e la passione con cui il suo proprietario, ogni singola sera di ogni sacrosanto giorno, preparava la cena per sé e il proprio compagno.
    Era stato un cuoco d’alta classe, un tempo, ma aveva dovuto abbandonare la professione a causa di un violento incidente che l’aveva privato del braccio sinistro e danneggiato la mano rimastagli; i suoi gesti non erano più sicuri e decisi come lo erano stati nei bei tempi d’oro in cui aveva lavorato nel più prestigioso ristorante del quartiere di Shibuya lì a Tokyo, ma lui, con la stessa dedizione con cui aveva preparato le più gustose pietanze che chiunque avesse mai avuto l’onore di assaporare, si cimentava ogni sera davanti ai fornelli, intenzionato a non abbandonare quella passione che si era portato dietro sin da bambino. E ammirava quella sua tenacia, la piccola bambolina di pezza. Ammirava il modo in cui, ignorando il tremore che si impossessava del suo arto deturpato, il suo proprietario cercava di vincere quell’ansia che gli attanagliava le viscere ogni qual volta tentava di preparare qualcosa che andava ben oltre al semplice riso, provando a dar vita a quegli splendidi piatti che ormai, nella sua mente di bambolina, erano solo ricordi che sbiadivano a poco a poco. Eppure lo rammentava ancora il giorno in cui il giovane Sanji, il figlio della sua compianta padrona, era riuscito a diventare vice capocuoco a soli diciannove anni; ricordava la gioia - quella gioia che non aveva più veduto dalla morte di sua madre - che aveva visto brillare in quel suo occhio ceruleo non nascosto dai ciuffi di capelli biondi, l’espressione soddisfatta che aveva ammorbidito le linee del suo viso, il sorriso a trentadue denti che aveva visto spuntare sulle sue labbra quando, afferrandola sotto le braccia di stoffa, l’aveva alzata verso il soffitto e le aveva giurato che avrebbe lavorato sodo per far sì che il suo nome venisse conosciuto in tutto il mondo, in modo da rendere onore anche alla bravura di sua madre. Invece adesso eccolo lì, dopo soli sei anni, ridotto all’ombra del ragazzo che era stato.
    Era strano come un incidente potesse causare simili danni, sia nel corpo sia nell’anima, ad un essere umano. Lei, piccola bambola che era stata regalata alla madre del giovane più di trent’anni prima, nonostante le varie toppe sul cappello e la gamba ricucita era in perfetta salute. E ne aveva subiti di rattoppi, nel corso della sua lunga vita. Non gli sembrava dunque giusto che un ragazzo con simili doti si ritrovasse a patire tutta quella sofferenza e a non poter inseguire il proprio sogno, accantonando le conoscenze acquisite all’università di Parigi per relegarsi in quello spazio angusto che di cucina aveva solo il nome.

    Forse, però, l’aver incontrato quel bizzarro ragazzo con la passione del kendo
 [1] era stata una vera e propria manna dal cielo, per Sanji. Al principio non aveva trovato per niente simpatico quel tipo buzzurro dal ridicolo colore di capelli - non aveva mai nemmeno capito se fossero tinti oppure naturali - che si portava sempre dietro il proprio bokutō [2] - o addirittura una vera katana dal fodero bianco -, poiché aveva la bruttissima abitudine di prendere in giro il suo proprietario e di fare a botte con lui per ogni piccolezza o inerzia, senza tener minimamente conto delle sue menomazioni; ma poi, pian piano, la bambolina aveva perfettamente capito perché si comportava in quel modo. Sanji era sempre stato un ragazzo orgoglioso che non aveva mai voluto dipendere da nessuno, e questo quell’armadio a quattro ante l’aveva intuito subito. Mostrargli dunque compassione e ritrosia avrebbe solo rischiato di farlo chiudere maggiormente in se stesso, e, a poco a poco, lei aveva cominciato a vedere quel ragazzo sotto una luce totalmente diversa. Anche se a modo suo, si prendeva cura del suo proprietario, standogli vicino senza provare disgusto o rammarico. E alla bambolina di pezza stava bene anche così. Finché il suo piccolo Sanji era felice, sarebbe stata felice anche lei.
    Ed era bello vedere come quel tipo di nome Zoro fosse riuscito, in un modo a lei ancora del tutto sconosciuto, a far sì che Sanji tornasse accanto ai fornelli, impresa in cui non era riuscito nemmeno il vecchio Zef, il suo tutore. Il pomeriggio, seduto al tavolo della cucina con un libro aperto sulle cosce o la tv accesa su un canale a caso, Sanji attendeva l’avvicinarsi dell’ora in cui avrebbe potuto cominciare a preparare la cena, certo che Zoro sarebbe stato di sicuro affamato al suo ritorno. Il suo lavoro consisteva nell’assistere un suo vecchio Sensei nel Dōjō in cui si era stato addestrato sin da bambino nell’antica arte della spada, e tornava sempre stanco e vagamente infastidito, per quanto le sembrasse di scorgere un’aria di malcelata soddisfazione dietro la solita espressione burbera e a dir poco scontrosa.
    Sanji, dunque, si premurava di preparargli una cena abbondante e ricca, sfidando il tremore del proprio arto e l’amara sensazione di vuoto che sembrava percuotergli il cuore e le membra; quello era ormai divenuto un rituale sacro, per il suo giovane proprietario, ed ogni sera faceva in modo di lasciare un piatto fumante dinanzi a quella rozza testa verde di Zoro.

    «Questa roba fa schifo, cuoco». Glielo ripeteva più volte e puntualmente veniva colpito con violenza da un calcio del giovane, ma ciò non sembrava far soffrire Sanji, anzi, tutt’altro; quello era uno di quei rari momenti in cui, seppur di nascosto, la bambolina riusciva a vedere l’ombra d’un sorriso dipinto sulle sue labbra sottili, fra le quali non mancava mai la fidata sigaretta.
    A quei suoi stessi pensieri, la bambola abbozzò una sorta di sorriso. Se a Sanji stava bene così, che senso avrebbe avuto provare a farlo desistere dal vedere quel rozzo spadaccino? In verità non aveva nemmeno capito che cosa ci avesse trovato in lui, se proprio doveva essere sincera con sé stessa, ma, per quanto apparisse irritato dai comportamenti di Zoro, Sanji aveva trovato in lui un avversario con cui confrontarsi, una persona che lo trattava da suo pari sebbene non lo fosse per niente agli occhi di molti altri.
    Non sapeva neanche come si fossero conosciuti, a dirla tutta. Un giorno, quasi per caso, Sanji era tornato a casa con quell’alga alle calcagna, raccomandandogli di poggiare le buste della spesa sul tavolo della cucina senza far danni; ed era stato in quell’esatto momento che i loro sguardi si erano incrociati per la prima volta, sebbene Zoro avesse deciso di ignorarla in quanto semplice bambolina. Poi, tutto d’un tratto, quella testa verde aveva cominciato pian piano a venire più spesso, fermandosi persino un paio di notti nella stanza degli ospiti e portando in seguito del bentou per sé e per Sanji. Niente di così strano, aveva pensato la bambolina. Due semplici amici - rivali? Conoscenti? - che condividevano un pasto. Nulla di più.
    La cosa bizzarra era successa un paio di mesi dopo. Erano andati al cinema a vedere chissà quale film - non si era mai interessata a cose del genere, lei, per cui non aveva nemmeno ritenuto necessario informarsi - ed erano poi tornati a casa solo a sera tarda, cercando di fare più silenzio possibile nel rientrare; aveva udito i loro passi nello stretto corridoio, le loro voci concitate e vaghi accenni di risate, e solo quando la luce della cucina si era accesa, rivelando le loro figure, era rimasta letteralmente paralizzata. Era sempre stata una bambolina di mondo - aveva anche visto quelle cose tra il padre e la madre del ragazzo, a dirla tutta -, ma non si era mai soffermata sul pensare che anche due uomini potessero in qualche modo provare qualcosa l’uno verso l’altro. E quel bacio che aveva visti legati i due giovani sotto il suo occhio attento, beh, smentiva ogni sua precedente credenza.
    Non criticava Sanji per quella scelta, nossignore, ma avrebbe preferito non sentire, in seguito, i gemiti soffocati che erano giunti dalla camera del ragazzo. Non aveva nemmeno voluto indagare su cosa fosse successo con esattezza in quella stanza, il giorno dopo, ma il modo in cui Sanji aveva storto il viso nel momento stesso in cui aveva poggiato il sedere sulla sedia aveva parlato da solo e le aveva cancellato ogni più piccolo dubbio.
    La bambolina sospirò, e avrebbe anche scosso il capo se fosse stata in grado di compiere dei veri e propri movimenti. Si concentrò dunque sul lavoro accurato che Sanji stava svolgendo e, non appena anche l’ultimo onigiri fu posato nel piatto, sentì la porta d’ingresso aprirsi, il cui cigolio sui cardini fu accompagnato poi da un sonoro sbadiglio che parve rimbombare in tutto il piccolo appartamento; i passi inconfondibili di Zoro attraversarono poi il disimpegno, e la bambolina si scoprì ad osservare scombussolata il livido sulla guancia sinistra del ragazzo. E anche Sanji, voltatosi proprio in quel frangente, sollevò un sopracciglio nel fissare il suo viso.
    «Che diavolo hai fatto, stupido marimo?» lo pungolò ironico, poggiando sul tavolino il piatto colmo di onigiri, il cibo che aveva scoperto essere il preferito di Zoro. E forse fu proprio nel notarli che quest’ultimo bofonchiò semplicemente qualcosa fra sé e sé, senza cogliere le provocazioni per limitarsi solo ad accomodarsi a tavola, seguito a ruota da Sanji.
    «Ho a che fare con degli inetti», sbottò, afferrando una polpetta di riso e borbottando un qualcosa che parve simile ad un “Grazie”. «Dei piccoli idioti che non sanno nemmeno tenere una stupida spada di legno».
    Sanji sorrise serafico. «Oh, un marimo come te conosce la parola “inetto”? Ti dirò, sono davvero impressionato», lo prese in giro, alzando la mano in segno di resa quando ricevette da lui quella che sembrò essere un’occhiataccia feroce. «Comunque sul serio, idiota... non dovresti prendertela. Il tuo compito è far veder loro come si fa, o forse sbaglio?»

    «Vorrei vedere te alle prese con quel branco di scalmanati», rimbrottò, ingurgitando in un solo boccone l’onigiri sotto lo sguardo del biondo e della bambolina che, silente, li osservava entrambi dalla sua postazione. «Il peggiore è quello scemo di Rufy, accidenti», bofonchiò, scuotendo il capo in un gesto vagamente rassegnato. «Ancora non capisco perché venga a rompermi le scatole lì al Dōjō, visto che gli piace solo fare baccano e non ascolta nulla di ciò che dico. Quasi rimpiango i campionati regionali».
    A quelle parole, Sanji si ritrovò a ridacchiare e allungò a sua volta una mano per prendere un onigiri prima che sparissero tutti a causa di quell’ingordo, che era arrivato già ad arraffarsene altri tre senza che lui se ne accorgesse. «Se mai dovessi tornare in pista, verrei a vederti combattere, marimo. Dico sul serio», affermò, e Zoro si ritrovò a grattarsi dietro il collo con finta indifferenza e a distogliere lo sguardo, quasi fosse imbarazzato.
    Da quanto era stato raccontato alla bambolina, tempo addietro il suo giovane proprietario si era ritrovato ad assistere per la prima volta ad un suo incontro di kendo, dove aveva ottenuto una vittoria individuale contro il proprio avversario.
In quel momento, austero e fiero nella tonaca immacolata, ai suoi occhi era apparso come un demone della spada dalla bianca maschera fredda e distaccata, un leggendario Asura [3] che aveva schiacciato il nemico con le sue molteplici braccia senza mostrare la benché minima traccia di qualche emozione nei lineamenti composti del suo viso. Le sembrava però molto strano credere che, adesso, Zoro apparisse semplicemente come un ragazzo normale che sembrava non riconoscere nemmeno la destra dalla sinistra. Non l’aveva mai visto maneggiare una spada né tanto meno aveva assistito ad uno dei suoi allenamenti fra le pareti di legno del Dōjō, ma sperava ardentemente che non facesse mai soffrire il suo Sanji in qualche modo. Altrimenti avrebbe trovato il modo di fargliela pagare cara, parola sua.
    E passò il resto della serata ad osservare i due ragazzi durante la loro cena, come una sentinella silenziosa che controllava la situazione dall’alto; il primo ad alzarsi, una volta concluso, fu proprio Sanji, che, una volta messo a lavare quell’unico piatto che avevano usato in due, si diresse verso la soglia della cucina, ammiccando in direzione di uno Zoro alquanto confuso.
    Sparì dalla sua vista e il ragazzo, quasi avesse avuto una molla al posto delle gambe, saltò in piedi così alla svelta che la bambolina quasi si domandò che cosa gli fosse preso così d’improvviso. Era certa, però, che il gesto appena compiuto dal suo proprietario c’entrasse qualcosa, e puntò il proprio sguardo sul giovane Zoro, osservandolo minuziosamente; lui parve quasi accorgersene, tanto che si ritrovò a ricambiare la sua occhiata in men che non si dica.
    «Non guardarmi così», borbottò il ragazzo alla bambolina sul ripiano, la quale, secondo il suo modesto punto di vista, pareva fissarlo con estrema attenzione e con una sorta di astio dipinto in viso. Forse pensarlo sarebbe stato alquanto stupido, eppure c’erano momenti in cui gli sembrava che quel pupazzo di pezza riuscisse in qualche modo a comprendere ciò che diceva, tenendolo persino d’occhio. Non capiva ancora perché Sanji la tenesse là sopra in bella vista, ma, da quel che gli era stato parzialmente accennato, quella bambolina era un ricordo di sua madre. E lui di certo non se l’era sentita di dire nulla, visto che si portava quasi sempre dietro la katana che era appartenuta alla sua defunta amica Kuina. «Ho promesso che mi sarei preso cura di lui, e Roronoa Zoro mantiene sempre le sue promesse». Dirlo ad alta voce gli sembrò giusto, poiché la bambolina parve quasi sorridere. E sorrise a sua volta, per quanto si sentisse un perfetto idiota nel parlare con un pezzo di stoffa. «E detto fra noi... non cucina poi così male, quel cuoco da strapazzo. Indipendentemente dalla forma, quegli onigiri erano favolosi. Ma guai a te se provi a dirglielo in qualche modo, stupida bambola».
    «Ohi, marimo! Vuoi darti una mossa, per favore, e portare qui il tuo culo, accidenti a te?» La voce aggraziata - ma nemmeno tanto, a dir la verità - del biondo gli giunse altisonante alle orecchie e parve trapassargli il cranio, e fu dunque sbuffando che Zoro si ritrovò a scuotere di poco il capo.

    «Arrivo, stupido sopracciglio a ricciolo!» rimbrottò poi, sollevando lo sguardo al cielo prima di puntare nuovamente le iridi verdi sulla bambolina. «La papera mi sta chiamando
 [4]», proruppe d’un tratto, quasi volesse in qualche modo giustificare la sua imminente assenza. «Ma sta’ tranquillo, Chopper... Sanji è in ottime mani».
    E dopo aver allungato un braccio per sfiorare con la punta dell’indice e del medio il naso blu della piccola renna di stoffa, si ritrovò a darle la schiena e ad uscire dalla cucina, venendo accolto ancora una volta dai richiami innervositi di quello che per lui era uno stupido cuoco da strapazzo con il quale aveva però deciso di condividere il resto della vita.
    Di questo la bambolina se ne rese conto e sorrise, sentendosi più tranquilla di quanto non lo fosse stato fino a quel determinato momento nel sapere il giovane fra le grinfie di quella sottospecie di spadaccino. Per quanto rozza, scontrosa e il più delle volte particolarmente stronza per il suo modo di fare, Sanji aveva trovato la persona giusta, una persona capace di divertirlo e di farlo sorridere sincero anche quando, durante i loro soliti litigi, gli veniva voglia di stampargli l’impronta di una scarpa in pieno viso e di farlo caracollare senza pietà sul pavimento.











[1] Si tratta di un’arte marziale giapponese, e letteralmente significa “La via (do) della spada (Ken)”.
Si pratica indossando un’armatura (bogu) costituita da men (a copertura di testa, viso, spalle, gola), dō (corpetto rigido), tare (intorno ai fianchi), kote (guanti rigidi) e tenogui (fazzoletto che viene legato alla testa prima di indossare il men)
 
[2] E’ la riproduzione in legno della katana e ne conserva la forma, la bilanciatura e, nel caso di alcune scuole, anche il peso. Viene utilizzato nel kendo come spada per l'esecuzione dei dieci kata, ovvero i dieci esercizi che racchiudono l’essenza del kendo.
 
[3]  E’ un termine del sanscrito vedico che indica la classe degli Dei.
Alcuni di essi vengono descritti come entità che posseggono tre volti e sei braccia, e non è un caso se è stata scelta proprio questa similitudine; nel manga/anime di One Piece, difatti, Zoro è in grado di utilizzare una tecnica a nove spade, detta Kyūtōryū, che porta il nome di “Kiki Kyuutouryuu Ashura” (Spirito del Demone Ashura), con la quale viene rappresentato, tramite illusione, come la reincarnazione stessa di tale demone, facendo sì che agli occhi del nemico sembri possedere tre volti e sei braccia.
 
[4]  La spiegazione di questa frase è molto semplice: la papera - o il pulcino - è l’animale associato a Sanji. Già, assurdo, ma forse è per il fatto che è gialla proprio come i suoi capelli, boh. Quello di Zoro è lo squalo, ma personalmente parlando credo che sia molto più bello e sensuale associarli ad una tigre (Zoro) e ad una volpe (Sanji). Aye, sono malata e questa precisazione non c’entrava nulla.




_Note conclusive (E inconcludenti) dell'autrice
Uhm, okay. Cominciamo innanzitutto con il dire che questa storia è stata scritta per il Contest sugli universi alternativi indetto da Starhunter, di cui attendiamo ancora i risultati, e sta ora partecipando anche al contest Di universi alternativi e storie edite indetto da Superkiki e Roro
Comunque sia, che cosa dire di questa stramba one-shot? Niente. Semplicemente che s
ono pazza. Lo so, ne sono più che consapevole. Ecco perché poi è uscita una cosa del genere. Chiedo perdono in anticipo per l’insana schizofrenia di questa storia *Fa harakiri*
In verità l'idea iniziale era un'altra, però mi ha fulminata questa - sarà che scrivere di notte mi fa male, che ne so - e alla fine ho deciso di seguire questa linea. Cosa c'entra invece l'immagine colorata proveniente da Pirate Ship Noah? Praticamente niente, è solo che ho una passione irrefrenabile per quella doujinshi e non ho potuto evitare di farci un banner per la storia *Le sparano*
Per quanto la storia in sé per sé sia semplicissima, giusto una piccola Slice of Life sul punto di vista di un Chopper trasformato in una bambolina di pezza, spero che in qualche modo questa storia vi sia piaciuta e vi abbia almeno strappato un piccolo sorriso.
Alla prossima. ♥



BLISSFUL GOLDEN UTOPIA (DAY BY DAY IN FRONT OF YOU)
PRIMA CLASSIFICATA, CONTEST DEGLI UNIVERSI ALTERNATIVI

BLISSFUL GOLDEN UTOPIA (DAY BY DAY IN FRONT OF YOU)
PRIMA CLASSIFICATA E VINCITRICE PREMIO STILE, DI UNIVERSI ALTERNATIVI E STORIE EDITE


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