10 ottobre, ore 8.00
Arriva in classe, trafelata e
sorridente come ogni mattina.
E mi guarda. Fa un cenno con
la mano, vorrei dirle quanto è bella, quanto mi fa battere il cuore, ma fingo
indifferenza e ricambio il saluto con un’alzata di sopracciglia, lei nemmeno nota il conflitto che vivo, tanto è immersa nel suo mondo;
si toglie le cuffie del lettore e attacca a parlare con tutte le altre,
arrossendo, domandando, regalando sorrisi.
E io qui, a sentire
improbabili racconti erotici ed elargendo commenti pre-confezionati, mentre la
mia mente vola da lei, affacciata alla porta alla ricerca del suo lui, il lui
che ossessiona il suo banco, il suo diario, i suoi quaderni, i suoi libri… il
mio cuore.
Laura rientra agitata, le
bisbiglia qualcosa e lei avvampa, fa nuovamente capolino alla porta, con i suoi
capelli color cioccolato, poi si spiaccica alla parete, povera la mia piccola,
nella speranza che lui l’abbia vista\ non l’abbia
vista.
Lui passa con quella sua
camminata strafottente, fa finta di nulla, ma io lo so.
So che l’ha vista, ma a lui
non interessa.
Lei è ancora lì, un po’ buffa
perché sta continuando a trattenere il fiato; mi avvicino e le dico, con una
voce roca che non mi appartiene “Ehi, pericolo passato”.
Lei tira giù le guance, mi
vie voglia di darle un buffetto, ma mi ritraggo quando
sul viso le si dipinge una smorfia di delusione, ma solo per un attimo “Grazie”.
10.50
Mentre Marco continua ad
accumulare insufficienze di qualunque tipo, io mi perdo in fantasticherie, come
direbbe mia madre, in fancazzismo puro, come
direbbero i miei compagni.
E lei è sempre lì, con lo
sguardo perso nel cielo, me la immagino che pensa ad un futuro che, piccola
mia, non ci sarà mai.
Mi domando cosa farà quando lo saprà: se il cuore le si spezzasse, dubito di
riuscire a trovare un valido motivo per alzarmi la mattina e venire in questo
schifo di scuola.
Oddio, mi sto rincoglionendo,
finirò col diventare un povero sfigato. Meglio andare in bagno.
13.30
La campanella suona. Mi
aggiusto i Ray-Ban cercando di captare i suoi
programmi del pomeriggio.
Mentre corre via con la borsa
ancora aperta salutando a caso, butta un urlo a Laura “Alle quattro al
campetto!” è bella anche così, stravolta e con i capelli in disordine…
Comunque anche oggi so dove
trovarti, principessa, ma mi serve un piano.
Complici un numero utile e un amico ben disposto, oggi alle
quattro ho allenamento.
Grazie, Michele!! E… attento Ale, potrei anche
romperti qualche arto.
… Pessima idea…
15.50
“A mà,
io vado, ciao!” mia madre si affaccia con in mano la
mia camicia bianca ancora mezza stropicciata “Ma l’allenamento non ce l’avevi
domani?” palla servita, cara mamma “Si, ma Michele mi ha chiesto di fare a
cambio” mi guarda come per sondare la veridicità delle mie parole, ma gli
occhiali non permettono un’analisi approfondita “Ok,
allora poi vai a fare la spesa, per favore” neanche il tempo di risponderle che
mi dà un biglietto lungo un chilometro e una banconota da 100€.
Non ribatto ed esco fuori. È
anche tardi, che sfiga!
Eccola.
Ho detto sfiga? Beh, non si
direbbe, visto che mi ferma e fa “Dimmi che stai andando al campetto, ti prego!”
e come potrei dirti di no? Sei bellissima, semplice nei tuoi jeans chiari e
nella felpa rosa che ti scopre appena la pancia piatta ancora abbronzata… “Mattia?
Ci sei??” “Dai, monta, ti do un passaggio!” che cosa
non darei per fermare il tempo ed ammirare il tuo sorriso, i denti bianchi che
escono con timidezza dalla bocca irradiata da un lucidalabbra chiaro.
Hai paura, lo so.
“Non ti fidi?” “No, non è
questo è che non sono mai salita su un motorino!”
Tenerissima, come i cartoni
giapponesi, con quegli occhini brillanti; mi tolgo il casco e te lo metto, tu
pacifica e tranquilla mi lasci fare, solo mi guardi in modo strano
quando ritraggo improvvisamente la mano dalla tua guancia.
Mica è facile, ho provato un
brivido che mi ha attraversato tutta la spina dorsale.
“Scusa” mormoro, ma tu
sussurri un “Di niente” e mi fai una carezza.
Se non muoio ora non lo farò
più.
Sali in sella, ti aggrappi a
me e appoggi la tua testa sulle mie spalle.
16.30
Se il mister pensava di
intaccare la mia felicità con quella predica, il suo tentativo è vano.
Però sto facendo davvero la
figura dell’idiota, mi sono fatto soffiare la palla proprio da lui, da
Alessandro, che ghignando mi fa “Oh, ti svegli?!” mi
scuoto e parto al contrattacco, sento i suoi occhi sulle nostre nuche, ma non
posso distrarmi.
Cristiano arriva in scivolata
e mi prende in pieno la caviglia.
È un dolore sordo, acuto, che
mi lascia inerme a terra, senza capacità di reazione.
In men
che non si dica mi caricano su una barella, pensare che ero
io quello che voleva far del male a qualcuno.
Secondo me lassù qualcuno si
sta divertendo un mondo, dovrò dirgli di comprare i pop corn
la prossima volta.
17.00
Mia mamma sembra in preda a
una crisi isterica, nonostante le stia ripetendo
all’infinito che un’ingessatura non è la fine del mondo. La fine del mondo…
certo che lo è: niente motorino, niente pedinamenti, niente lei. È più della
fine del mondo.
23.15
“Facendo un confronto col
pensiero dei presofisti, ne vien fuori che Stefania è la ragazza più bella di questa
terra e non sa nemmeno che Alessandro si sta mettendo con Laura” ma che cazzo dico?
Si, è la verità, ma in teoria
io non dovrei sapere nulla. Su, stella mia, lui non è per te, guarda quante
altre stelle ci sono, tutte per te, l’infinito per te.
E… la vedi quella stellina
laggiù? Beh, sono io, accanto a te, offuscato dalla tua luce, messo in ombra ma
sempre presente, ricordalo piccola mia.
Buonanotte e sogni d’oro, ti
voglio tanto, tantissimo bene.
00.15
Ma domani cosa racconterò
alla prof? Che merda…
Ecco, questo è il primo
capitolo della mia fanfiction.
Spero veramente che vi
piaccia, fatemi sapere.
Il prossimo capitolo tra una
settimana…
Grazie