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Autore: ElePads    02/03/2012    1 recensioni
Le riflessioni di Sirius la notte in cui decise di scappare.
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sirius Black
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
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#Spazio autrice
Benee questa è la mia prima fanfiction, tirata fuori da non so quale cartella word :') Ringrazio la mia beta Vi_ e la madre di un mio amico, la quale leggendola ha detto: "Questa parte non me la ricordavo in Harry Potter!" L'ho amata *-* E ringrazio i Coldplay, autori della splendida canzone che presta il titolo alla mia storia.



 
Sirius a era casa. Ma a casa davvero. Stava dormendo. Qualcuno bussò alla porta:

"Sirius! Sirius, tesoro, svegliati!"
 
Sua madre.
 
"Arrivo mamma!"
 
Si alzò in fretta e scese a colazione ancora in pigiama. Giù in cucina c'erano tutti, ma proprio tutti: i suoi zii, suo padre, Regulus, le tre cugine Narcissa, Bellatrix e Andromeda e, davanti a tutti, sua madre. Teneva in mano un grosso pacco regalo.
 
"Auguri tesoro!" gli disse schioccandogli un bacio sulla guancia.
 
Sirius aprì il pacco: era un manico di scopa. "Grazie mamma!" Strillò eccitato il quindicenne, ridendo ed inforcando la scopa.
 
Uscì dalla finestra, ma appena fu in cortile la scopa scomparve e lui cominciò a precipitare giù, giù, sempre più giù. Si guardò intorno terrorizzato. Ora era tutto buio. Cosa stava succedendo? Provò a gridare, ma dalla bocca non uscì alcun suono. Ad un tratto si fermò, di colpo. Dov'era? Non vedeva niente. Ma ecco una luce, una luce in mezzo a tutto quel nero! Corse verso di lei. Non era una luce. Era uno strano essere, non si poteva considerarlo un umano: brillava. Era pallido, alto, serpentino, gli occhi rossi:
 
"Oh, ecco il mio servo più fedele." Sibilò stringendo il ragazzo a se.
                                                 
 
Sirius si svegliò urlando. Continuò ad urlare forte: il rumore gli faceva capire che era finito, era stato un incubo, solo un incubo. Stava ansimando.

"Dove sono, dove sono!?"

Sbatté gli occhi più volte, velocemente. Sbarre. Gli bastò questo: era ancora lì.
Cercò di trattenere il pianto che si sentiva bruciare in gola. Merlino, gli uomini non piangevano. Mai.
Tossì rumorosamente

"Non sono più un uomo. Non sono più niente."

Il pianto saliva sempre di più, prepotente. Sirius cercò di alzarsi da terra. Appena fu in piedi, ricadde di nuovo. Gli tremavano le gambe.

"Pensa a qualcos'altro."

Chiuse gli occhi.
 
 
"Ciao."
 
"Ciao! Come ti chiami? Io sono James, James Potter. Ehi, guarda che puoi sederti. C'è spazio. Aspetta, ti aiuto con la valigia."
 
"Grazie. Io mi chiamo Sirius."
 
"Cognome?"
 
Un sorrisetto amaro. "Black."
 
"Black? Black? Mica è quella famiglia tutta snob?"
 
"Sì..."
 
"Merlino, sono capitato in scompartimento con un futuro Serpeverde? E dire che sembravi a posto."
 
"Magari io andò contro la tradizione." Ghignò Sirius.
 
"Lo spero" Affermò James stringendoli la mano "O non potremo essere amici."
                                                            


Dannazione. Pensare a James non lo aiutava. Sentì le lacrime affiorargli agli occhi.
 
"No, no!"
 
Non voleva dare questa soddisfazione ai Dissennatori. Non voleva fortificarli con la sua disperazioni. Non voleva far vedere agli altri che nonostante cercasse di mostrarsi forte, stava peggio degli altri. Urlò per scacciare il dolore.
 
"A qualcos'altro. Non a questo. A qualcos'altro."

                                                                         ˜
Era ad Hogwarts, nel dormitorio di Grifondoro. Si stava rivestendo. Sul suo letto giaceva una ragazza seminuda.
 
"Così in fretta, Sirius? Te ne vai già? Parliamo un po'."
 
"D'accordo" disse lui docilmente sedendosi vicino a lei. "Di cosa?"
 
"Di noi."
 
Sirius si irrigidì all'istante. "Chris. Noi non stiamo insieme."
 
"Ooh, ma Sir!"
 
"Su, ne abbiamo già parlato." Disse lui allacciandola a se in un bacio mozzafiato.
 
"Sei il mio figlio di puttana preferito." Sussurrò lei togliendoli la camicia.
 
 
"Sì, un figlio di puttana lo ero sicuramente, e in tutti i sensi." Pensò Sirius.
 
Non era più sull'urlo del collasso.
Ma i labili ricordi di abbracci, baci, carezze ed amplessi non erano capaci di guarire le sue ferite. Cerotti. Uno sopra l'altro, una montagna, su tagli che non erano mai stati ne' puliti ne' disinfettati. Tre ferite, profonde ed infette: Azkaban. La "famiglia". E James, che lo aveva accolto, accettato, ascoltato, rincuorato. Che c'era sempre stato. E che non sarebbe mai più tornato a correre insieme al suo Felpato.

Sirius guardò in un angolo della piccola cella, dove c'erano dei ritagli di giornale. Un articoletto di due anni fa recitava "Celebrità ad Hogwarts: la leggenda di Harry Potter.".
Nella foto a fianco c'era un undicenne sulla banchina del binario 9 e 3/4.
Sirius sentì un brivido lungo la schiena: il ragazzino era spaventosamente simile a James. Gli stessi capelli indomabili, la stessa bocca, la stessa statura. Sirius fece l'ombra di un sorriso.
Poi passò ad un articolo più recente. Strinse gli occhi guardando la foto che lo accompagnava, dove, in un angolo, c'era un topo. Con quattro dita alla zampina invece di cinque.
Sirius emise un ringhio sommesso.

Decise che quella sarebbe stata la Notte.
Prima di trasformarsi nel grosso cane nero, l'ultima cosa che vide fu la foto di Harry. Poteva essere uguale a James, ma c'era qualcosa, nell'espressione, che li distingueva: era evidente che per Harry non c'erano state torte di compleanno, regali, ninna-nanne. Non c'era stata l'infanzia.
 
"Proprio come per me." Sirius si trasformò. "Meno male." pensò una volta ultimata la metamorfosi.
 
Sarebbe scoppiato a piangere come un bambino se fosse rimasto uomo, lo sapeva.
Ed ogni lacrima sarebbe stata una cascata.
Solo che adesso la cascata ce l'aveva dentro.
Ogni goccia per qualcuno di diverso.
Per James, per Lily, per Harry, per gli amici, per la moglie che non aveva mai avuto.

Per se.


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