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Autore: Zomi    02/03/2012    9 recensioni
Ghigno, decidendomi ad attuare il mio piano.
-Ciao…- attiro la sua attenzione. Lei si volta verso di me, guardando negli occhi nascosti dalle lenti scure. Non emette parola.
-Aspetti qualcuno?- chiedo sorridendole, cosa che non faccio mai con nessuno.
-No…- afferma, puntandomi sempre con quei suoi occhi color cioccolato, invitanti e truffaldini.
-Bene…- annuisco, sporgendomi verso di lei -…perché ho intenzione di conoscerti…-
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Drakul Mihawk, Nami
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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ANGOLO DELL’AUTORE:
Perché tra Trafalgar Law, Sanji, Pauly, Drakul Mihawk e altri personaggi di tale rara bellezza e carattere, Zoro ha ragione a essere geloso di Nami… Detto ciò, spero che la seguente FF vi possa almeno far sorridere.

Zomi
 

 
 

                            Patetico Spadaccino Fortunato
 

 
 
È una giornata torrida.
Troppo calda per i miei gusti. L’afa si alza come nebbia dal selciato della strada che corre davanti alla taverna in cui siedo, all’esterno del locale sotto un ombrellone bianco, in queste ore del primo pomeriggio. Mi sistemo gli occhiali da sole sul naso, osservando svogliatamente i passanti scappare dalla calura, correndo lungo la via. Ogni tanto passa qualche marine, in gruppi di 3 o 4: fermano un uomo che pare loro sospetto, estraggono dalla divisa una risma di foto di ricercati e le confrontano con il fermato. Alla fine, scuotono sempre la testa grugnendo e liberando a malo modo, dal loro fermo, il passante impallidito per la paura.
Stupidi omuncoli della Marina.
Ve ne sono a frotte di questi militari su quest’isola del Nuovo Mondo, in continua ricerca di pirati e taglia gole. È a causa loro che devo camuffarmi in questo modo, indossando occhiali a specchio scuri, per celare il colore dei miei particolari occhi, e aggirandomi a capo scoperto dal mio cappello, svelando la mia zazzera a spazzola nera.
Figuriamoci!!!
Queste marionette del Governo Mondiale mi assillerebbero con le loro stupide riunioni militari, e con i loro bla-bla strategici se mi riconoscessero…
Ecco cosa comporta essere un membro della Flotta dei 7.
Ecco cosa comporta essere Drakul Mihawk.
Accavallo le gambe e incrocio le braccia al petto, seduto a un tavolino di una locanda, perdendo lo sguardo sulle persone che entrano ed escono dai negozi come razzi. Donne frettolose e cariche di pacchi, ciarlando tra loro, acquistano di tutto senza un valido motivo, starnazzando fastidiose e ridendo stonate.
Che esseri rumorosi e fastidiosi, le donne.
Con i loro continuo parlare e ridere inutile. Così deboli e fragili.
Eppure, sebbene la loro inutilità e presenza rumorosa e fastidiosa, riescono ad avere la superemazia e il controllo su alcuni uomini, che sembrano morire senza la loro presenza. Uomini, che silenziosi e succubi, le seguono come portantini nelle loro uscite di compere, trasportando come muli i loro pacchi pieni di cianfrusaglie. Che abnormi e stupidi schiavi. Sbuffo, seguendo disgustato un uomo di mezza età trascinare una decina di borse della compagna, libera da qualsiasi impiccio mentre cammina spensierata davanti a me.
Che visione vergognosa. Non ho mai incontrato donna, di intelligenza e bellezza tale, da meritare la mia attenzione. Nemmeno ora riescono ad incuriosirmi, con i loro abiti succinti per il caldo, le loro occhiate ammaliatrici e seduttrici e i sorrisi incantatori, specchi per le allodole che nascondono i tranelli che essi celano. Sorrisi stregati, quasi fossero tutte…
-… STREGA!!!!-
Un urlo dall’altra parte della strada in cui mi trovo, risuona forte e adirato. Mi sporgo dal tavolino e cerco con lo sguardo dietro gli occhiali, la fonte dell’insulto.
-NEMMENO MORTO!!!! ARRANGIATI, ARPIA!!!! MOCCIOSA SCHIAVISTA!!!!-
Una figura atletica e dal capo verde ringhia iracondo davanti ad una vetrina di una boutique di abili femminili, urlando contro una sagoma di donna dalla chioma rossa.
-ARPIA IO?!? BRUTTO IDIOTA RINCRETINITO!!!! I PATTI ERANO CHIARI: TU PORTI I MIEI ACQUISTI E IO TI PAGO DA BERE!!!!-
Nemmeno il gentil sesso risparmia fiato nell’inveire contro il compare. La ragazza, 20 circa poco più giovane di me, avanza minacciosa contro il giovane che l’ha insultata, mostrando in aria un pugno. Il verde indietreggia, non spaventato però.
-COL CAVOLO!!!! AVEVI DETTO CHE ERANO POCHE COSE, QUELLE CHE DOVEVI COMPRARE, NO MEZZO MERCATO DELL’ISOLA…ARRANGIATI, TU E LE TUE BORSE, IO ME NE VADO A BERE…-
Detto ciò le gira le spalle e avanza verso di me, facendosi largo tra la gente ammutolita e ferma nella strada, spettatrice di questa insolita lite. Ma la ramata non sembra gradire molto la risposta del ragazzo e, preso un sasso da terra, glielo lancia contro, centrandolo in pieni sulla nuca.
-STUPIDO MORIMO!!!! TU FAI QUELLO CHE TI DICO E BASTA!!!- grida.
Il ragazzo, ormai a pochi metri da me, si incurva in avanti per il colpo e, portandosi una mano alla collottola, si volta verso la ragazza ringhiante, feroce e iracondo.
-Stupida mocciosa…- sbotta –Altro che gentil sesso: sei un maschiaccio, un uomo mancato!!! Non troverai mai un uomo che ti sopporti, mocciosa!!!-
La rossa resta zitta, ammutolita. Appena il ragazzo riprende ad allontanarsi da lei, però, riprende animo e grida stringendo i pugni lungo i fianchi: -Spero che i marine ti arrestino e ti impicchino per le palle!!!!-
L’urlo non ferma il giovane, che passa ghignate davanti alla taverna in cui sono. Mani infossate nelle tasche dei pantaloni neri, camicia a mezze maniche bianca aperta sul torace, occhio sinistro che io stesso ho reso cieco, sogghigno sadico sul viso e zazzera verde per completare il tutto.
Roronoa Zoro, patetico arrotacoltelli, membro della ciurma di Cappello di Paglia.
Quindi, la rossa che ora sta raccogliendo da terra alcune sporte che prima non avevo notato dev’essere…
 
 
-… Nami la Gatta Ladra…- lessi con tono indifferente, osservano la foto segnaletica di una sensuale e formosa ragazza in bikini.
-Si…- rispose lui, alzando lo sguardo su di me dalla katana che lucidava, seduto sul tappeto della sala in cui sedevo anch’io, in quella uggiosa giornata di pioggia.
-È la navigatrice…- spiega, con tono atono e fissando gli occhi, allora ancora entrambi sani, sulla lama scintillante.
-Una donna a bordo di una nave? Porta iella…- storsi il naso.
-Lo pensavo anch’io…- ridacchiò Roronoa, zittendosi subito, reprimendo l’emozione che si era lasciato sfuggire con me. Tra di noi vi era sempre stato un limite insuperabile, una barriera tra l’inizio di uno e la fine dell’altro. Non era rispetto ma intolleranza. D’altro canto, alla fine, uno dei due morirà per mano dell’altro. Non eravamo amici, ne maestro e allievo, tanto meno conoscenti… solo due uomini che si sarebbero uccisi a vicenda un giorno. Lo osservai altezzoso, schifato del suo essere così attaccato ai compagni. Erano quasi due anni che non gli vedeva, eppure, come se gli fossero stati accanto fisicamente, continuava ad allenarsi e scontrarsi con me. Per loro, supponevo.
Per loro, o per lei?
Lo studiai asciugare il filo tagliente della sua arma, mentre ancora mi rigiravo tra le mani le ultime taglie di pirati arrivate con il giornale quotidiano. Tra essi, vi erano anche quelle dei suoi compagni. Ritrovai quella della navigatrice: grandi occhi nocciola, capelli rossi, sorriso sornione, corpo formoso…
-Come può una donna, essere una navigatrice?- borbottai, disturbato dall’associazione di una creatura tanto graziosa a un abilità così pregiata.
-Lei può…- aveva ringhiato, fulminandomi con lo sguardo. Lo avevo guardato sobrio, senza smontare la mia aria indifferente al mondo.
-Mmh… credevo che le donne fossero solo o belle o intelligenti, e invece…una ragazza da conoscere questa Nami… eh patetico spadaccino…?!?-
 Con un gesto d’ira, per la mia frase detta con tono malizioso, inconsueto a me, mi strappò dalle mani le taglie, lasciando la stanza, rabbioso.
-È una mia Nakama… stalle lontano…- minacciò, lasciandomi ridere della sua ira.
 
 
Nami.
Mi lecco le labbra, pre gustandomi l’idea che mi stuzzica la mente. Ricordo altri eventi di particolare attenzione e gelosia di Roronoa per questa sua compagna, avvenuti in quei 2 anni di puro divertimento nel tagliuzzarlo. Mi sono sempre chiesto se provasse mai qualcosa per lei, e se vi fosse una ragione seria per provare tali emozioni per una donna. Ridacchiando, la seguo entrare carica di pacchi dentro la taverna davanti alla mia, imprecante e furiosa. Mi sistemo meglio gli occhiali da sole sul viso, alzandomi dal tavolo che occupo e lasciando quello che devo per la birra che ho bevuto. Attraverso ghignando la strada, entrando nella taverna opposta. Oltrepasso la soglia e la studio.
È un locale semplice, arredato con poco e illuminato da lampade ad olio. È deserto, se non per la presenza di due persone. Il gestore, un uomo di mezza età al bancone, grasso e dai capelli folti e castani, sta lavando qualche bicchiere, osservando deliziato la ramata donna che gli siede di fronte, mentre beve una birra tutta d’un sorso.
-Un’altra…- ordina, sbattendo sul ripiano il bicchiere vuoto.
Interessante: oltre che bella e intelligente, pure buona bevitrice.
Rido e mi siedo accanto a lei, occupando lo sgabello libero alla sua sinistra. Mi squadra, cercando di mantenere l’aria indifferente, osservando di sbieco l’oste che la serve. Riprende a bere.
Porta i capelli rossi sciolti sulla schiena. Indossa un paio di short neri molto corti, stivaletti a metà gamba neri e una reggi petto, fissato sulla nuca e dietro la schiena da dei nastri, bianco con un teschio nero sulla coppa destra. Accattivante.
-Che ti servo, amico?- mi disturba nel mio mangiarla con gli occhi il barista.
-Io non sono tuo amico…- ringhio. Come si permette? Non sa chi sono io?
Ridacchio. Certo che non può: non ho forse cambiato aspetto proprio per questo fine? Sempre ridendo, ordino una birra. Noto che Nami, che ha studiato attenta i miei gesti e il mio tono per tutto questo tempo, ora si regge il capo con il palmo della mano, guardandosi attorno, ignorandomi. Ghigno, decidendomi ad attuare il mio piano.
-Ciao…- attiro la sua attenzione. Lei si volta verso di me, guardando negli occhi nascosti dalle lenti scure. Non emette parola.
-Aspetti qualcuno?- chiedo sorridendole, cosa che non faccio mai con nessuno.
-No…- afferma, puntandomi sempre con quei suoi occhi color cioccolato, invitanti e truffaldini.
-Bene…- annuisco, sporgendomi verso di lei -…perché ho intenzione di conoscerti…-
Mi inquadra da testa a piedi, per poi fissarmi negli occhi.
-Mi spiace…- afferma con quel suo timbro di voce tanto simile a un vento leggero, profumato di mandarini -…ma l’intenzione non è reciproca-
Torna a guardare il locale, fingendo la mia inesistenza. Sorrido. Mi piacciono le donne che sanno tener testa a uomini testardi come me. Mi avvicino maggiormente al suo sgabello, fino a posare sull’appoggio di esso il mio piede sinistro.
-E se ti offrissi da bere? Cambieresti idea?- propongo. Ho indovinato le parole magiche, perché si volta sorridendo sornione verso di me, incrociando le braccia sotto il seno e posandole al bancone, guardandomi malandrina.
-Forse…- sussurra.
-Oste…- chiamo il barista senza mai distogliere lo sguardo da quello cioccolata che mi studia -…pago io le birre di questa ragazza… e gliene serva un’altra…-
Quello annuisce servendo Nami, per poi lasciarci soli, mentre la rossa navigatrice sorseggia dal bicchiere l’alcol ambrato sorridendomi.
-Come ti chiami?- chiede, ora interessata a me.
-Drak…- mento aspettando la sua reazione. Quella assottiglia lo sguardo e beve un altro sorso. Mi pare che mormori un “… si, figuriamoci…”, ma poi sorride complice.
-Mikami… piacere…- porge la mano in mia direzione. La stringo delicatamente, ridacchiando.
Bugiarda. Furba e bugiarda, il tipo di donna più pericoloso al mondo. Giustamente non si fida di me e credo anche che mi abbia riconosciuto, ma che abbia anche deciso di giocare al mio stesso gioco, non scoprendo le carte e rischiando nell’assecondarmi.
-Mikami…- gusto quel nome fasullo sulle mie sottili labbra -… nome interessante…-
-Più o meno come Drak…- risponde ironica lei -…allora? Che intenzioni hai?-
Che intenzioni ho? Semplice: conoscerti, capire che hai di tanto speciale da suscitare l’interesse dell’uomo che vuole derubarmi del mio titolo di miglior spadaccino al mondo e sedurti, rubandoti dalle sue mani…
-Niente di che… solo conoscerti e trascorrere un pomeriggio piacevole in compagnia di una bella donna…-
Lei sorride, quasi facendomi capire che non crede a una sola parola da me detta.
-Se lo dici tu…- mormora sbattendo le ciglia e alzandosi dalla sedia che occupa. Prende da terra le sue borse e si incammina verso l’uscita della taverna. Ghigno, lanciando qualche Berry sul bancone per pagare le consumazioni e correndole dietro.
Con passo calmo, la raggiungo e le cammino affianco. Lei sorride, guardandomi. Aspetta un po’ prima di far sobbalzare le buste che porta, in chiaro ordine di prenderle dalle sue mani e, galantemente, reggerle per lei. Ma io non sono come gli altri uomini che lei è così abituata a sottomettere, e fingo di non notare il suo sguardo seccato per il mio aiuto negatole. Ho deciso di conoscerti e sedurti, non di farti da schiavo. Quel compito lo lascio a Roronoa…
-Ti disturba se ci dirigiamo verso il centro città? Ho alcune commissioni da sbrigare…- afferma raggiante, accelerando il passo nella via principale, già decisa di avviarsi in centro senza nemmeno aspettare la mia risposta. Ghigno, divertito dal suo temperamento deciso e indomabile, annuendo inutilmente alla sua richiesta.
Il primo negozio in cui ci fremiamo, dopo qualche minuto di silenziosa passeggiata, è a mia sorpresa un ottico.
-Problemi con la vista?- chiedo stuzzicandola.
-No… devo prendere un cicatrizzante per occhi…- afferma entrando nell’emporio e lasciandomi a guardia delle sue borse all’esterno di esso. Un cicatrizzante per occhi…
Ridacchio. Che sia per il patetico spadaccino? In fin dei conti…
 
 
-…è solo un occhio…- mormorai scocciato per l’esito dell’ultimo scontro combattuto. Speravo di averlo ucciso.
Roronoa grugnì, grattandosi le bende sopra l’occhio sinistro cieco e allontanando con una gomitata Perona che cercava di medicarlo.
-Vattene…- ringhiò spaventandola. La ragazza fantasma uscì dalla piccola camera del verde imprecante, lasciando aperta la porta alle spalle.
Mi fermai ad osservare quel patetico arrotacoltelli studiarsi il volto, riflesso su uno specchio della stanza. Si fissava le bende insanguinate, tenendo strette le mani lungo i fianchi e digrignando i denti. Ruggì sommessamente, distogliendo lo sguardo dal suo stesso riflesso. Volse l’unico occhio sano verso di me e, fulminandomi, acidamente latrò: -Occhio per occhio, Mihawk… ricordatelo…-
Inutile dire che scoppiai a ridere per quella sua patetica promessa. Lui digrignò i denti.
-Sei patetico Roronoa…- lo derisi-… le cicatrici e le ferite sono il pane quotidiano per i veri spadaccini: se non te ne sei ancora abituato, vuol dire che non sei degno di essere additato come tale…-
-Di cicatrici ne ho a migliaia sul corpo…a loro sono abiutato…- mosse qualche passo verso di me minaccioso -…ma se questa la allontanerà da me, spaventandola e facendole perdere fiducia in me, prega, prega Mihawk, che io abbia un po’ di pietà per te…-
Detto questo, mi oltrepassò, abbandonando la stanza e dirigendosi verso l’esterno del castello…
 
 
Zoro.
Quel patetico spadaccino. Il cui primo pensiero per quell’occhio ormai cieco, fu quello di essere ancora accettato e apprezzato dalla compagna navigatrice, piuttosto che avere minori abilità e sensi rispetto agli altri spadaccini del Grande Blu. La paura di diventare secondo al mondo nell’arte della spada, non l’ha mai sfiorato. Quella di non raggiungere mai il cuore della ragazza, più di una volta.
Fisso lo sguardo sulle lenti bluastre degli occhiali, mentre Nami esce dal negozio dell’oculista e infila in una delle sue borse l’acquisto. Certo, è una ragazza incantevole e intelligente, ha il suo fascino senza ombra di dubbio, ma cos’altro possiede che è riuscito a fare breccia nel rinforzato e orgoglioso cuore di quel pirata?
-Ehi… mi ascolti…?!?-
Sussulto per il richiamo della giovane. –Come?-
-Ho detto che qui ho finito… se vuoi accompagnarmi da un’altra parte per l’ultima commissione, se no, se ti annoi, vai pure altrove…- inclina la testa d’un lato, osservandomi.
-No, no… stavo solo pensando…- rispondo, incamminandomi con lei lungo la strada principale.
-Per chi è quell’intruglio?- chiedo tanto per fare conversazione.
-Per un mio Nakama…-
-Nakama…- ripeto annoiato da quella parola.
-Si… un membro della mia famiglia che mi sta molto a cuore…-
-Le famiglie sono ostacoli per i sogni…-
-Lo pensavo anch’io…- ammette, abbassando lo sguardo sui suoi passi, stringendo nelle candide mani i manici delle sue borse -… se hai un sogno, non puoi permetterti distrazioni, affetti, momenti di svago… devi concentrarti e dare il 100% per raggiungere il tuo obiettivo…-
Sospira, sorridendo debolmente mentre alza gli occhi sui miei.
-Ma poi… ma poi ti accorgi che non riesci ad affrontare tutto da solo… che hai bisogno di un aiuto, di una presenza, di un sostegno di cui hai sempre negato l’esistenza dentro di te… e tutto ti sembra d’un tratto più pesante, più difficile da sostenere… in quel momento ti rendi conto di aver bisogno di una famiglia che ti aiuti e che ti accetti…-
Arrossisce, notando il mio sguardo fisso sul suo e il mio silenzio.
-In fin dei conti siamo come degli alberi: possiamo crescere da soli, ma senza acqua e sole è tutto più difficile…- conclude, ridendo spensierata. Ha una risata bellissima, cristallina e melodiosa. Sorrido di rimando, coinvolto dal suono della sua ilarità.
-Oltre che saggia, anche botanica?-
-È un amore che ho ereditato da mia madre…- spiega fermandosi vicino ad una bottega –Eccoci arrivati…-
Alzo lo sguardo sul negozietto davanti a cui ci siamo fermati. Non è molto grande ed è poco appariscente. L’insegna, un piccolo cartello in legno appeso sulla porta d’entrata, indica il nome del proprietario e che l’attività si occupa di oggettistica e accessori per l’arte della spada. Che cerca la bella navigatrice qui?
-Dark… tu te ne intendi di spade, vero?- mi domanda, richiamando la mia attenzione su di lei. Appoggia le compere a terra, liberandosi le mani e portandole dietro la schiena.
-Cosa te lo fa credere?- rispondo serio, convinto più che mai che sappia chi in verità io sia.
-Oh, intuito femminile…- ridacchia, guardandomi sornione.
-Certo…- ghigno avvicinandomi a lei -… l’arte della spada mi interessa, è vero, ma preferisco di gran lunga i gatti… anche se ladri a volte…-
Prendo tra le dita una ciocca dei suoi capelli rossi, arrotolandola e dimezzando sempre più la distanza che ci separa.
-Perché?- le soffio su una guancia, che ormai posso sfiorare con il mio respiro.
-Le spade sono diverse una dall’altra, vero?- ignora la mia domanda -… e richiedono cure particolari a seconda delle loro caratteristiche…-
Annuisco, continuando ad accarezzarle la ciocca ramata, totalmente rapito dalla morbidezza e dal profumo di essa. È un aroma dolce e acido allo stesso tempo. Leggero ma pungente, dolce ma non nauseabondo. Ricorda tanto quello di un mandarino…
-… per una, per fare un esempio, Wado Ichimonji, quale materiale è più adatto per ripulirla e mantenerla forte e affilata?-
Sussulto, riconoscendo la spada da lei nominata come quella dall’elsa bianca di Roronoa. Fisso negli occhi la mia interlocutrice, curiosa e in attesa della  mia risposta.
-Grasso di Capodoglio…- rispondo seccato delle sue continue attenzioni e premure per quell’arrotacoltelli muschiato.
Nami mi sorride soddisfatta e si fionda all’interno del negozio, allontanandosi da me. La seguo, curioso e desideroso di tornare a inalare avaro il suo dolce profumo.
-… è un articolo molto costo, signorina…- l’avverte della spesa il negoziante, rispondendo alla sua richiesta.
-Sono certa che troveremo un accordo… in tanto lei, vada a prenderlo…- suggerisce sorridendo ingannatrice all’uomo calvo e basso che arrossisce prima di scomparire nel retro bottega. Mi addosso al bancone dove Nami è in attesa, guardandomi attorno. Il negozio è piccolo, stracolmo di spade e oggetti vari per la loro cura, alcuni di essi illegali o pericolosi per le lame perché corrosivi.
-Deve sembrarti un sogno…- mi sussurra all’orecchio, sfiorandomi il braccio con il suo corpo -… trovarti in un posto come questo, strabbordante di aggeggi vari per l’arte della spada, per un appassionato come te dell’arma bianca…-
-Sogno…- ripeto, annegando nei suoi occhi color cioccolato. Un sogno, lo starle così vicino. Un sogno accattivante e malizioso, che può diventare pericoloso se Roronoa lo sapesse. Un sogno che potrebbe diventare…
 
 
-… stupido incubo!!!!-
Mi aggiravo silenzioso e invisibile tra i corridoi del mio castello, quando sentì quell’urlo provenire dalla stanza dello spadaccino di Cappello di Paglia. Mi diressi in quella direzione, disturbato dalla presenza chiassosa e fastidiosa di quel patetico essere.
-Maledizione!!!- imprecava, alzandosi dal letto e camminando in cerchio nel buio della camera,tra la porta socchiusa e il letto.
Mi addossai alla parete del corridoio, spiandolo pronto ad attaccarlo quando meno se l’aspettava, togliendomelo dai piedi per una volta per tutte.
-Pochi mesi… pochi mesi…- si ripeteva, passandosi il palmo della mano tra la zazzera scompigliata verde -… solo altri 4 mesi e poi sarà di nuovo con me… 120 giorni… solo 120 giorni e la mia mocciosa sarà di nuovo al sicuro con me… nessun più Kuma a minacciarla e a dividerci…-
Ripeté quella cantilena un paio di volte, tranquillizzandosi che presto sarebbe di nuovo stato in compagni della “sua mocciosa”, al sicuro, a casa.
La sua mocciosa…
Ripreso il controllo di se, si sedette sul bordo del letto, estraendo da sotto di un materasso, alcuni fogli ingialliti e stracciati. Li stirò appena con gesti stanchi. Con sorriso sereno, si mise in cerca di uno preciso, trovandolo e accarezzandolo.
-Tornerò da te, amor mio…- sussurrò a quel manifesto di ricercato spiegazzato. Lo baciò lievemente, riponendolo con gli altri al sicuro sotto il suo giaciglio. Me ne andai nelle mie stanze. Il mattino dopo, appena il ragazzo liberò la stanza per andare a fare colazione, mi introdussi in essa. Presi dal nascondiglio le taglie della sua ciurma, trovando per prima sul mucchio quella della navigatrice…
 
 
La sua Nakama, la sua lei, la sua mocciosa, il suo amore…
I nostri visi si sfiorano quasi, mentre ci fissiamo ancora. In me nasce l’insensata voglia di baciarla, per scoprire se ha anche il gusto di un mandarino e non solo il profumo. Le accarezzo una guancia, vedendola sorridere oltre le lenti scure dei miei occhiali. Mi avvicino maggiormente a lei…
-Ecco qui signorina…- ci fa sobbalzare, dividendoci il negoziante. Nami sorride e paga quanto dovuto, senza protestare sul prezzo. Usciamo dal negozio e passiamo il resto del pomeriggio a passeggiare, parlando di tutto e scoprendo la sua infinità intelligenza e astuzia. Non so come ci sia riuscita, ma alla fine sono io che porto tutte le sue borse lungo le vie dell’isola. È ormai sera, quando ci avviamo verso la via portuale.
In queste meravigliose ore l’ho sentita ridere ancora, solare e bellissima, capendo che la sua energica personalità –intelligente, furba, saggia, dolce ma burbera allo stesso tempo- e il suo fisico incantevole, sono la combinazione perfetta della donna giusta per me.
-Forse è meglio che ci salutiamo qui…- smette di camminare a qualche metro di distanza dall’attracco per le navi -… non vorrei che i miei Nakama fraintendessero…-
Annuisco, posando a terra le sue cose e avvicinandomi a lei di spalle, intenta a guardare se qualche suo compagno è sulla banchina e potrebbe vederci.
-Mikami…- la chiamo con quel nome fasullo che ha scelto per la somiglianza del suo profumo con quello di un mandarino. Lei si gira verso di me e si ritrova accerchiata dalle mie braccia, in un abbraccio morbido e forzuto.
-È tutto il pomeriggio che mi chiedo se oltre al dolce profumo di un mandarino, tu ne abbia anche il sapore…-
Le poso una mano sul fianco nudo, l’altra la porto al mento diafano che alzo per poterla baciare meglio. È un semplice e dolce bacio di labbra. Niente lingua, niente malizia, niente passione. Solo un bacio. Non c’è bisogno che lei mi risponda, perché è un sfiorarsi leggero. Mi distanzio subito dal suo viso, abbracciandola ancora. Il sole sta tramontando, rossiccio, tra le onde rosate del mare e un gabbiano canta sopra le nostre teste. Nami posa le mani piccole e bianche sulla mia camicia nera, mantenendo lo sguardo fisso sulle sue unghie.
-Mihawk…- sussurra sfilandomi gli occhiali da sole e rivelando il mio sguardo color ambrato -… mi dispiace ma non posso. Nonostante abbia passato tutto il pomeriggio con te, parlando e scoprendoti non poi così diverso da altri uomini, non riesco a non pensare a te con un po’ di paura…-
-Per la mia fama di spadaccino sanguinario, Nami?- le chiedo, accarezzandole il viso.
-No…- ammette, liberandosi dal mio abbraccio e allontanandosi di qualche passo -…perché un giorno, non troppo lontano, tu e Zoro combatterete finché uno dei due non perirà per mano dell’altro, e c’è il 50% delle possibilità che a morire sia proprio il mio spadaccino per mano tua… ho paura di te, perché potresti uccidere l’uomo più importante della mia vita…-
Alza i suoi incantevoli occhi color cioccolato dalla strada su di me, sorridendomi un’ultima volta.
-Capisco… lo ami…- annuisce. Sospiro, sogghignando.
-Vorrei anch’io qualcuno che curi le mie cicatrici e che mi sproni per raggiungere il mio sogno come fai tu con Roronoa…-
-Al mondo c’è sempre qualcuno per tutti…-
-Vorrei che il mio qualcuno fosse identico a te…- ammetto, raccogliendo da terra i suoi acquisti e offrendoglieli. Lei li prende in mano e sorride.
-Spero di rivederti ancora… come amici prima che come avversario…-
-Lo spero anch’io…-
Si incammina verso il molo in cui è ormeggiata la sua nave, la cui polena sporge rispetto alle altre sulla banchina, come un richiamo per i suoi prati.
-SE TI STANCHI DI LUI…- urlo attirando la sua attenzione e facendola voltare verso di me -…FAMMI UN FISCHIO!!!!-
Ride soave, salutandomi con un moto della mano e salendo la passerella che la conduce a casa. Mi allontano un po’, celando la mia presenza dietro a una pila di barili di legno. È a metà ponticello, che la figura atletica e verde di Roronoa le va incontro. Lei si ferma, posa le borse sulle assi di legno del passaggio, estraendone due pacchetti. Si avvicinano, quasi si toccano. Nami porge al ragazzo il primo pacchetto, la pomata, la cura per le sue cicatrici, e poi il secondo, il grasso di Capodoglio, l’incoraggiamento per il suo sogno. Lui prende in mano i doni, li osserva, capisce il loro significato. Ghignando l’abbraccia.
Ha vinto.
Con lei, mi ha battuto.
È il primo nei suoi pensieri, nella sua anima, nel suo cuore…
Per Nami è il migliore…
Mi allontano, rifoderando gli occhiali da sole. Uno a zero per te, patetico spadaccino fortunato… 

   
 
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