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Autore: Malik31011    03/03/2012    8 recensioni
Allora, premetto che non so nemmeno perché l'ho scritta. Ero in macchina, in viaggio di ritorno da Torino, stavo ascoltando la musica e l'ho scritta di getto. Spero che vi piaccia. :)
I protagonisti sono Amy e Zayn, Amy è malata, è all'ospedale. Zayn è sempre stato lì con lei, finché..
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Zayn Malik
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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"Amy, se mi senti stringi la mia mano." dissi, a bassa voce.
I suoi occhi mi fissavano vuoti, vedevo il terrore rispecchiarvisi.
"Amy, ti prego, stringi la mia mano. Parlami, di qualcosa." la supplicai, tenendo la sua mano pallida e debole nelle mie.
I lineamenti del suo viso si mossero leggermente, le sue labbra accennarono un sorriso.
"Ti ho amato Zayn, più di qualunque altra persona." sussurrò, debolmente. 
"Anche io ti amo. Vedrai, andrà tutto bene. Devi resistere, tu sei forte." le dissi, baciando la sua mano. 
Non rispose, chiuse gli occhi, piano. Era terribile vederla in quello stato, avvolta nelle lenzuola candide dell'ospedale. Il viso spento e pallido, gli occhi vuoti e trasparenti come vetro.
"Ti ho amato Zayn." ripeté, senza guardarmi in faccia.
"Guardami." mormorai. Voltò piano la testa. "Sono qui, io resterò con te. Ce la farai." dissi.
"Non ne sono più tanto sicura." disse lei.
"Cosa vuoi dire? I medici troveranno una soluzione, devi solo resistere." dissi, con la voce rotta.
"È arrivato il momento." mormorò.
Scattai in piedi. "No, no. Devi resistere!" quasi urlai, la voce che mi tremava, le lacrime che iniziarono a scendere lungo il mio viso.
Non avevo mai pianto in vita mia, era la prima volta. Era orribile. 
"Lo sento, sta per succedere. Ti ho amato, tantissimo. Troppo." ripeté, calma.
Come faceva a restare calma? Stava morendo. E io non potevo fare niente. 
"No, maledizione! Mi amerai ancora, così come ti amerò io. Ma non lasciarmi adesso, non puoi. Abbiamo tutta la vita davanti, Amy. Non puoi andartene adesso." urlai, cercando di respirare, cercando di vederla bene nonostante avessi la vista appannata da quelle maledettissime lacrime che non smettevano di scorrere sulle mie guance.
Entrò la madre di Amy, probabilmente aveva sentito le urla. Era seguita da un'infermiera.
"Cosa succede?" chiese Karen, avvicinandosi al letto allarmata. Mi guardò in faccia e subito scattò di fianco alla figlia.
"Tesoro, siamo qui." le disse. 
"Ti voglio bene mamma." rispose lei, una lacrima scivolò lungo la sua guancia. 
L'infermiera era rimasta in piedi sulla porta a fissare la scena.
"Faccia qualcosa, sta morendo, maledizione!" le ringhiai contro. 
Lei scattò subito ed iniziò a correre per il corridoio. 
Tornai vicino al letto, da Amy. Adesso aveva chiuso gli occhi, teneva le mani unite sul grembo in una posa innaturale, ma non ci pensai troppo. La madre al suo fianco piangeva ininterrottamente. 
"Ti prego, ti prego." mormorava, con le mani unite. Era immersa nella preghiera.
Per me era inutile pregare, se i medici non fossero arrivati in tempo sarebbe morta comunque.
"Amy, ascoltami. Stanno venendo, ti cureranno, ce la farai. Appena ti sarai rimessa e ti faranno uscire dall'ospedale ti porterò in spiaggia. Te la ricordi? Abbiamo passato pomeriggi interi a passeggiare in riva mano nella mano. E lo faremo ancora. Solo, resisti. Non lasciarmi adesso. Io.. Amy, io ti amo." le dissi, inginocchiandomi vicino al letto, tenendo le sue mani strette nelle mie. Ne alzò una e mi carezzò una guancia.
"Non piangere, ti prego. Fallo per me." mormorò. 
"Non lasciarmi." iniziai a mormorare. "Amy, non lasciarmi." mormorai di nuovo. La stavo supplicando, ben sapendo che non era una sua scelta.
Aveva le mani ghiacciate. Aveva socchiuso gli occhi, le labbra erano di un rosso scuro agghiacciante. Le toccai la fronte e le guance. Ghiacciate anch'esse.
"Ti amo Zayn." mormorò, dopodiché le sue palpebre cedettero.
Lo schermo che segnava i battiti del suo cuore emise un suono acuto. 
In quel momento entrarono due medici, seguiti dall'infermiera e da un altro infermiere. Mi scansarono, insieme a Karen, e iniziarono a portare Amy lungo il corridoio. Non capivo il loro linguaggio tecnico, ma le parole che rimasero impresse nella mia mente bastarono a farmi crollare il mondo addosso.
"Non è arrivato nessun cuore." aveva urlato uno dei medici.
Mi buttai per terra, sul pavimento, in preda alla disperazione. Cosa potevo fare in un momento come quello? Niente, avevo perso la speranza. Era tutto perduto. 
Karen si avvicinò e mi posò una mano sulla spalla. "La speranza è l'ultima a morire." sussurrò. Era molto religiosa, credeva che avere fede fosse uguale ad un miracolo. Credeva che le sue preghiere avrebbero salvato Amy, l'avrebbero tenuta in vita.
Attendemmo in quel corridoio squallido, incolore, dove infermieri e medici si aggiravano col sorriso in faccia. Pazienti felici che passeggiavano con i propri cari, assicurandoli che stavano bene e che stavano per tornare a casa.
Amy non era più in grado nemmeno di camminare, era troppo debole. Il suo cuore funzionava male, c'era bisogno di un cuore nuovo. Un cuore che non era arrivato e che non sarebbe mai arrivato in tempo.
Intanto la madre di Amy continuava a pregare al mio fianco. Era ostinata a crederci. Avevo quasi voglia di urlarle contro che non sarebbe servito a niente, ma lei ci credeva. Era sua figlia, era la mia ragazza. E si stava spegnendo dietro la parete difronte a noi.
In quel momento uscì il medico dalla sala operatoria di Amy. Ci cercò con lo sguardo e appena ci vide si avvicinò a passo lento. Io e Karen ci alzammo contemporaneamente e lo raggiungemmo. 
"La prego, la prego.." iniziò a bisbigliare la madre di Amy. 
"Questa è sempre la parte più difficile." sospirò, massaggiandosi la fronte con una mano. "Mi dispiace, non c'era niente da fare." disse, poco dopo. 
"È morta." dissi.
"Mi dispiace giovanotto." mi disse il medico, lo sguardo rassegnato.
Sentii la rabbia montarmi dentro. "Le dispiace? Le dispiace? L'avete lasciata morire! Non avete fatto niente per lei. È morta. Sa quanti anni aveva? Solo diciotto. Aveva tutta la sua vita davanti. E per una vostra mancanza lei adesso non c'e più." urlai, spintonando il medico. Era un mostro. 
"Si calmi." mi disse. Probabilmente era abituato nel vedere parenti irrequieti. 
Karen era sdraiata contro la parete, con la testa nascosta tra le mani. Borbottava cose incomprensibili.
"Non c'e più." ripetei. Lo sentii nell'aria, era svanita. Lei non c'era più. Avevo perso Amy, si era spenta, non c'era più.
Iniziai a correre per il corridoio, dovevo andarmene da lì. 
 
Un anno dopo.
Ero seduto su una panchina al parco, con una rosa bianca che rigiravo tra le mani.
Non c'era ancora nessuno, era molto presto. Non c'erano nemmeno quelle poche persone che andavano a fare jogging.
Ma io ero lì per un altro motivo, uno ben più importante. Lei era lì, seduta al mio fianco. Riuscivo a vederla benissimo, nonostante fosse un fantasma. Non sapevo nemmeno se fosse vera o se fosse frutto della mia immaginazione. Aveva cominciato ad apparire qualche settimana dopo la sua morte. All'inizio la vedevo poco, i suoi contorni non erano ben definiti. Ogni volta che appariva nell'aria si diffondeva il profumo delle rose, era da quello che me ne accorgevo. Ma adesso, dopo un anno, era come se ci fosse ancora. Appariva una volta al mese, per pochi secondi, ma per me valeva più di qualsiasi altra cosa.
Le porsi la rosa, lei la afferrò con le sue dita trasparenti e la portò al viso, annusandola. 
"Grazie." sentivo la sua voce forte e chiara. 
Mi aveva spiegato che in quel giorno poteva restare con me più del dovuto, non solo per pochi secondi. Non le chiesi perché, non le chiesi dove si trovasse quando non era con me. Non le chiesi niente, tutto ciò che volevo era che lei rimanesse con me.
Non ero quasi in grado di parlare.
"Mi manchi da morire." mormorai. Sentii la sua mano scivolare nella mia. Nonostante fosse trasparente come vetro, la sentivo calda e morbida come l'avevo sempre trovata.
Spesso mi ero chiesto se non fossi completamente impazzito, ma a me non importava. Importava di lei. 
"Anche tu mi manchi tanto." disse lei, con un tono triste e malinconico. 
Non c'era molto da dire, eravamo entrambi straziati dal dolore. 
Vidi il suo volto prendere colore, il suo corpo diventare come se fosse in carne ed ossa. Non mi fece impressione, non era la prima volta che lo faceva in mia presenza. E sapevo anche cosa voleva dire. 
Posai le labbra sulle sue, le sentivo leggere e vuote, non come le ricordavo. Ma trovavo qualcosa di vitale in quel gesto così ridotto. Cercai di prolungare il più possibile quel bacio, sapevo che tra poco lei sarebbe svanita di nuovo, lasciandomi solo.
"È ora di andare." annunciò lei, separando le labbra dalle mie. 
"No, ti prego. Resta ancora." la supplicai. Cercai di stringere le sue mani nelle mie, ma la sua essenza tornò trasparente, nelle mani strinsi soltanto l'aria. Puntai gli occhi su di lei e incontrai il suo sguardo vuoto. 
"C'è una cosa che voglio dirti prima che me ne vada." mi disse, la voce che tremava. 
L'ansia cominciò a divorarmi dall'interno.
"Non so se dirtelo oppure no, ho paura che tu possa rimanerci male, in un modo o nell'altro." continuò, distogliendo lo sguardo.
"Dimmelo, non importa." le dissi. Volevo sapere cosa nascondeva.
"Sai, quando sono morta, io ero.. incinta. Aspettavo un bambino. Tuo." mormorò, la voce incrinata dal dolore, le lacrime trasparenti che presero a scendere sulle sue guance incolore. 
"Cosa?" riuscii a scandire. Iniziai a vederci doppio, il respiro mi mancò, tutto attorno a me prese a vorticare in una maniera innaturale. Mi mancò la terrà sotto i piedi. 
"Mi dispiace, Zayn. Adesso devo andare, devo lasciarti.. ma prometto che ci rivedremo." la voce di Amy era confusa, sentivo le sue parole ma non riuscivo a vederla bene. 
"No aspetta!" urlai. 
Troppo tardi. Era scomparsa, la sua sagoma era sparita, il profumo che emanava si era dissolto. La rosa candida giaceva inerte sulle assi di legno consumate della panchina.
Amy era incinta. Ed era morta.
Non sarei rimasto un solo secondo lì, dovevo andarmene.
Mi alzai e scattai velocemente verso la mia auto. Tirai alla svelta le chiavi della macchina fuori dalla tasca e salii, misi in moto e imboccai la via per il mare.
Invece di scendere sulla costa, salii verso la costiera, alta e rocciosa. Stava piovendo, vedevo a malapena la strada fuori dal parabrezza. 
Arrivai in cima e parcheggiai l'auto in uno spiazzo lì vicino. 
Mi avvicinai fino al bordo e guardai di sotto, mentre la pioggia mi colpiva violenta. Degli scogli appuntiti emergevano dall'acqua scura e agitata dalle onde. 
Presi il portafoglio dalla tasca posteriore dei jeans e tirai fuori una piccola foto di Amy. La baciai e la tenni stretta in una mano.
"Arrivo." mormorai, prima di lanciarmi in quel salto nel vuoto.
   
 
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