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Autore: Doe    03/03/2012    7 recensioni
DAL TESTO:
«Sono Damon Salvatore. Il professor Salvatore, il vostro nuovo insegnante di storia.» Ogni singola ragazza, nella classe, sospirò incantata. Mi sembrò di udire persino qualche ragazzo.
Non mi ero neanche accorta che aveva già scritto, in perfetta ed elegante calligrafia, “Mr. Salvatore” sulla lavagna. Sentivo che quel cognome avrebbe dovuto ricordarmi qualcosa o, beh, qualcuno… Ma persino i miei neuroni, in quel momento, erano fin troppo infatuati dal nuovo insegnante, per rimettersi al lavoro.
Genere: Mistero, Sentimentale, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Damon Salvatore, Elena Gilbert, Stefan Salvatore
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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A very interesting year

 

 

Caro diario,

oggi sarà diverso. Deve essere diverso.

Sorriderò e sarò credibile.

Il mio sorriso dirà “sto bene, grazie. Sì, mi sento molto meglio”.

Non sarò più la ragazza triste che ha perso i genitori.

Ricomincerò da zero. Sarò una persona nuova.

È l’unico modo per superare tutto.

 

Il parcheggio del liceo di Mystic Falls era gremito di studenti di tutti i generi e di tutte le età, quando feci il mio ingresso scortata da Bonnie, alla mia destra, e Caroline, alla mia sinistra. Con uno sforzo enorme, indossai il sorriso più convincente che possedevo e mi preparai ad affrontare il penultimo anno in quella scuola.

Ero perfettamente consapevole che le mie migliori amiche non mi avrebbero lasciata sola neanche un attimo – non in quei primi giorni, almeno – e mi sforzavo di far sì che la cosa mi lusingasse, anziché irritarmi. Caroline aveva persino fatto leva su tutte le cariche scolastiche che ricopriva – da reginetta della scuola a presidentessa del comitato studentesco – per convincere il preside a spostare il mio armadietto vicino al suo e a quello di Bonnie, così da poter stare insieme anche durante il cambio dell’ora.

Era la semplice preoccupazione di due sorelle, a farle agire in quel modo, visto che le conoscevo da che avevo memoria ed eravamo praticamente cresciute insieme. Era il loro modo di dimostrare tutto l’affetto che nutrivano nei miei confronti e, allo stesso tempo, distrarmi dai pensieri e i ricordi che mi assalivano ogni volta che ero da sola.

Si stavano impegnando così tanto che non avrei mai trovato il coraggio di dir loro che quella ossessiva preoccupazione nei miei confronti non faceva altro che ricordarmene il motivo.

«Aspetta. Quello chi è?» Bonnie interruppe il mio martirio mentale, attirando sia la mia attenzione che quella di Caroline. Seguimmo entrambe il suo sguardo, che era letteralmente spiaccicato su un’alta e atletica figura maschile di spalle, in giubbotto di pelle e jeans Armani.

«Vedo solo un fondoschiena», mormorai con finto disinteresse.

«E che fondoschiena». Caroline. Era solo il primo giorno di scuola e sembrava già pronta a riprendere la sua caccia ai bei fondoschiena.

«Sento che è di Seattle. E suona la chitarra », dichiarò Bonnie, affinando lo sguardo ancora fisso su Bel Fondoschiena, intento a parlare con la segretaria dell’ufficio scolastico.

Mi lasciai sfuggire la prima risata del giorno. La prima vera risata da molto tempo. «Ti sei fatta prendere la mano dalla storia della sensitiva, eh?»

«Sì, molto.»

Sia il mio interesse per il nuovo arrivato che quel pizzico di allegria ritrovata, andarono a farsi benedire con l’entrata in scena di mio fratello che, con passo felpato, spalle curve e aria decisamente stanca, si dirigeva nel bagno dei ragazzi.

Grandioso, pensai.

«Torno subito», borbottai a Bonnie e Care prima di intrufolarmi dietro di lui e beccarlo alle prese con un collirio, il cui scopo doveva probabilmente essere quello di non farlo apparire strafatto.

Ignorando le lamentele di un tizio per il fatto che mi trovassi lì, afferrai il viso di mio fratello, costringendolo a guardarmi dritto negli occhi. I capillari gonfi e scarlatti, nei suoi, confermarono le mie intuizioni.

«Perfetto. È il primo giorno di scuola e tu sei fatto.»

«No, non è vero…»

Lo ignorai. «Dov’è? Ce l’hai con te?» Iniziai a frugare nella sua borsa.

«Smettila, hai capito?! Rallenta. Basta!»

«Rallenta? Che cos’è? Un modo di dire da drogati? Bello! Sei proprio forte…»

«Basta! Non ho niente con me. Sei pazza!»

«Tu non hai ancora visto niente, Jeremy. Ho chiuso un occhio per l’estate, ma ora sono stanca di vedere come ti autodistruggi.»

Le mie parole lo fecero scattare verso la porta, ma con una mano sul petto lo bloccai nuovamente. «No, no, no, no. Sai una cosa? Fa pure. Continua così. Ma sappi che ti starò addosso ogni momento per rovinarti lo sballo, okay?» Il rumore dello sciacquone del water ci interruppe. Un energumeno uscì prima dalla cabina, poi dalla stanza.

Jeremy sospirò. Mentalmente, lo feci anch’io.

«Jeremy, io ti conosco. Non sei questa persona. Perciò, non essere questa persona.»

«Lasciami in pace», tuonò. Questa volta non lo fermai. Mi voltai e lo guardai chiudersi la porta alle spalle.

Mi ci vollero un paio di minuti di recupero prima di ricordare che mi trovavo nel bagno dei maschi pur non essendone uno. Mi affrettai ad uscire, cercando Bonnie e Caroline con lo sguardo, ma anziché trovare loro, finii per scontrarmi contro qualcosa di nero e… roccioso.

«Scusami», mormorò lui automatico mentre io riconoscevo il giubbotto di pelle di qualche minuto prima.

Alzai gli occhi, incapace di mettere insieme una manciata di parole per rispondergli in maniera adeguata, e mi scontrai con le due iridi più verdi che avessi mai visto o immaginato di vedere. La mia bocca si spalancò d’impulso.

«Ehm…» mormorò lui, perplesso «non è il bagno degli uomini?»

Deglutii. Già.

«S-sì… Certo… Io stavo… Stavo solo... È una lunga storia». Terra apriti e inghiottimi.

Stranamente sorrise, e la cosa mi rincuorò talmente che non potei non rispondere al suo sorriso.

Ci furono altri cinque secondi d’imbarazzo quando, per un paio di volte, nessuno dei due riuscì a passare senza scontrarsi nuovamente con l’altro; finché, in maniera molto cavalleresca, lui si fece da parte e mi lasciò proseguire.

«Grazie», quasi sussurrai.

Finché non fui in procinto di voltare l’angolo, mi sembrò di sentire il suo sguardo addosso. Poco prima di scomparire dalla sua visuale, mi voltai per l’ultima volta nella sua direzione e ne ebbi la conferma.

 

 

Non riuscii ad impedire al mio stomaco di sfarfallare, quando mi resi conto che seguivamo lo stesso corso di storia. Sedeva alle mie spalle, e un sms da parte di Bonnie e un occhiolino di Caroline mi informarono che , il ragazzo nuovo mi stava fissando.

Nel giro di un paio d’ore da che l’aveva visto per la prima volta, la mia migliore amica bionda aveva praticamente imparato a memoria tutti i suoi dati personali, in parte chiacchiere da corridoio e in parte rubati dall’archivio scolastico.

Stefan Salvatore. Italiano. Diciassette anni. Occhi verdi e capelli castani. Altezza 180 cm. Genitori deceduti. Tutore legale: suo fratello. Il suo colore preferito era il blu – anche se dubito che questo fosse archiviato – e quel pomeriggio aveva il provino per entrare nella squadra di football della scuola.

E non c’era certo bisogno di leggerlo su un foglio di carta, per sapere che era anche incredibilmente bello e intrigante.

Ma per tutta la pausa pranzo, Caroline, seduta insieme a me e Bonnie, lo aveva scrutato da lontano – con così poca discrezione da costringermi a non alzare mai gli occhi, per l’imbarazzo – ed era arrivata alla conclusione che non avesse fatto altro che fissare me.

«Un vero peccato. Così tanto tempo perso a documentarmi e, alla fine, viene fuori che gli piacciono le brune», aveva sbuffato.

Ci era stato annunciato l’arrivo di un nuovo insegnante di storia, di cui nessuno sapeva nulla, ed era in evidente ritardo. Ne approfittai per voltarmi verso Bonnie, fingendo di scambiare semplici chiacchiere con un’amica, così da poterlo guardare con la coda dell’occhio.

I nostri sguardi si intercettarono per un solo istante. Imbarazzati, ci scambiammo un sorriso.

Ma il suo fu rapido a spegnersi. Lo vidi guardare oltre me, in direzione della porta, il verde dei suoi occhi incredibilmente cupo, quasi shockato. Seguii il suo sguardo, voltandomi esattamente quando Caroline non riuscì a trattenersi dal mormorare un estasiato: «Oh. Mio. Dio.»

E non avrei potuto trovarmi più d’accordo con lei.

Esattamente sotto l’arco della porta dell’aula, si stagliava la figura statuaria e bellissima di un uomo in jeans e camicia blu scuro, arrotolata dalle maniche fino alla base degli avambracci, che mostrava parte di quelli che erano muscoli davvero ben scolpiti. La sua pelle pareva fatta dell’alabastro più pregiato, qualche ciuffo dei suoi capelli corvini, spettinati ad arte, gli ricadeva sopra due occhi che erano veri cristalli: avevano in sé l’azzurro celestiale del paradiso, l’artica freddezza del ghiaccio e, nella pupilla color pece, l’inferno.

Mentre l’osservavo muoversi in direzione della cattedra e posarvi sopra la borsa, dimenticai tutto ciò che avevo sempre saputo, come avessi appena premuto il pulsante “resetta” nel mio cervello. Dimenticai chi ero e cosa ci facevo lì. Dimenticai chi fosse lui e il resto delle persone presenti in quella stanza. Dimenticai persino il ragazzo nuovo.

Oh mio Dio, aveva detto Caroline. Sì, l’uomo che mi trovavo di fronte era sicuramente un dio.

Riuscii a uscire da quella splendida trance, e ritrovare almeno un po’ di contegno, solo quando questo si rivolse alla classe, e potei udire una voce bassa, tagliente e incredibilmente eccitante, fuoriuscire da due labbra carnose costantemente incurvate in un ghigno da brividi.

Il genere di voce capace di provocarti un orgasmo solo pronunciando il tuo nome, mi ritrovai a pensare. Arrossii, terribilmente imbarazzata dai miei pensieri. Non ricordavo di averne mai prodotti di più spinti, soprattutto perché, nel momento esatto in cui quella frase si era insinuata nella mia mente, avevo visualizzato un immagine di quelle braccia forti che si stringevano intorno al mio corpo nudo, le mie mani poggiate sul suo petto, i miei occhi completamente e irrimediabilmente incatenati a quelle iridi incantevoli e la sua voce… La sua voce che sussurrava il mio nome.

Sentii del calore irradiarsi dal mio bassoventre ad ogni singola cellula del mio corpo. Mi accorsi che un paio di gocce di sudore mi imperlavano la fronte e che la stanza era improvvisamente diventata afosa.

«Sono Damon Salvatore. Il professor Salvatore, il vostro nuovo insegnante di storia.» Ogni singola ragazza, nella classe, sospirò incantata. Mi sembrò di udire persino qualche ragazzo.

Non mi ero neanche accorta che aveva già scritto, in perfetta ed elegante calligrafia, “Mr. Salvatore” sulla lavagna. Sentivo che quel cognome avrebbe dovuto ricordarmi qualcosa o, beh, qualcuno… Ma persino i miei neuroni, in quel momento, erano fin troppo infatuati dal nuovo insegnante, per rimettersi al lavoro.

«Sono il fratello maggiore del vostro nuovo compagno di classe.» Avrei giurato di scorgere una scintilla di malizia, nel suo sguardo, per un attimo, mentre si spostava sulla figura alle mie spalle e i miei neuroni finalmente si rimettevano in moto, permettendomi di fare due più due.

Suo fratello.

A primo impatto, in effetti, la somiglianza c’era. Avevano entrambi pelle diafana e lineamenti eleganti. Ma se Stefan era bello come un angelo appena caduto dal paradiso, suo fratello Damon era appena divenuto il mio demonio personale, e mi ritrovai a sperare che – proprio , davanti a tutti - mi rapisse e mi portasse con lui all’inferno. Per sempre.

«Lui non era al corrente del fatto che avrei insegnato qui», spiegò alla classe, guardando ancora il fratello. «Piaciuta la sorpresa, fratellino? Perché non ti presenti alla classe?» Distogliere lo sguardo dal maggiore dei fratelli Salvatore fu un’impresa alquanto ardua - soprattutto per me. Quando ne trovai la forza, mi voltai verso Stefan e lo vidi completamente rigido, lo sguardo di pietra rivolto verso il fratello, ancora più pallido di quando già non fosse.

Regnò un agghiacciante silenzio nella stanza. Ero sicura di non essere l’unica che, all’improvviso, si ritrovò a rabbrividire. Solo che questa volta la temperatura era scesa, e anche parecchio.

«Avanti, Stefan. Non essere timido.» Più che rassicurarlo, sembrava quasi che si stesse prendendo gioco di lui. Fui immediatamente travolta dalla sensazione che quei due avevano qualcosa che non andava.

Alla fine, con voce bassa e spenta, Stefan si decise a presentarsi ad una classe che era venuta a conoscenza di molte più cose su di lui, di quanto lui stesso ne disse, durante la pausa pranzo.

«Grazie, Stefan», disse Damon Salvatore, al termine del breve discorso del fratello. L’intera classe, me compresa, si voltò nuovamente verso l’insegnante.

«Bene. Prima di iniziare, vorrei aggiungere che spero proprio che tutti noi andremo d’accordo», assottigliò lo sguardo. «Non sarà difficile, non sono uno di quegli insegnanti succhiasangue, come li chiamate voi», mimò le virgolette con le dita per rendere meglio il concetto. «Comportatevi bene e... sopravviverete.» Quel lampo maligno luccicò ancora, nel suo sguardo. «All’anno scolastico, intendo.» E si aprì nuovamente in quel mezzo sorriso, così simile a un ghigno, che aveva stampato sul viso da quando aveva fatto il suo impeccabile ingresso.

«Sono certo che sarà un anno interessante», concluse. E, con mio immenso stupore, il suo sguardo di ghiaccio incontrò il mio viso e mi fece l’occhiolino.

Il cuore mi sobbalzo nel petto, le budella mi si aggrovigliarono e, più che semplici farfalle, credetti di avere veri e propri pipistrelli danzanti, nello stomaco. Ma, anziché arrossire e abbassare lo sguardo, com’ero solita fare, mi ritrovai a sostenere il suo, aprendomi anch’io in un mezzo sorriso e affinando il mio sguardo.

E in quei pochi istanti in cui io e il mio professore ci fissavamo negli occhi, come complici di qualcosa che realmente non era ancora accaduta, mi ritrovai a pensare che , quell’anno sarebbe stato di sicuro interessante. Molto interessante.

 

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Angolo dell'Autrice

Ed è così che, dopo un'ingiustificata assenza di moooolto tempo, ritorno con una OS che non ho la più pallida idea quando, come e perché la mia testolina bacata ha partorito.

Spero comunque che la apprezzerete. Per la verità, volevo scrivere di un inizio diverso da quello che ci hanno mostrato nel telefilm. Un inizio in cui Damon entra in scena insieme al fratello, e non successivamente come "quel mostro cattivo del fratello maggiore del caro Stefan". Mi spiego? Penso che se le cose fossero andate così, Elena avrebbe provato qualcosa per lui fin dall'inizio. Perché è UMANA, cavolo.

Nonostante io abbia numerose idee carine in testa, non penso continuerò la storia. Ho già una fanfiction che non riesco mai ad aggiornare con costanza, quindi per il momento preferisco scrivere solo storie di un unico capitolo.

NB: I dialoghi iniziali non sono di mia invenzione ma bensì tratti dal primo episodio della prima stagione del telefilm. Li ho riadattati.

Credo sia tutto. Recensite! :)

   
 
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