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Autore: Beads and Flowers    04/03/2012    12 recensioni
La trama è semplice ed originale (spero), vi piacerà molto sopratutto se vi incantano le storie sulle sirene! Eppure, è una storia... assurda, devo dirlo, assurda! Vi basti sapere che è una songfic scritta sulle note di una delle migliori canzoni del mio gruppo di folk finlandese preferito.
[Seconda classificata al concorso "Storie da Pentagramma", organizzato da Beauty is truth, truth beauty]
Genere: Avventura, Fantasy, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Herr Olof

 

  ImportanteAngolo Autrice:

OK, sappiate che questa storia è basata su una canzone tradizionale del folklore svedese. No, non sono scandinava (purtroppo). La canzone è dei Gjallarhorn, un gruppo di grandi musicisti scandinavi che amo ascoltare mentre scrivo. Non inserisco traduzioni per non dare spoiler! Comunque, la canzone è questa, e ve la consiglio con tutto il mio cuore impazzito: 


http://www.youtube.com/watch?v=VzrrbTvT28E
 

La storia si è classificata seconda al contest "Storie da Pentagramma", indetto da Beauty is truth, truth beauty su Facebook. Partecipare è stato molto divertente!

https://m.facebook.com/events/1431107353884643?id=1479819629013415&comment_id=1479821602346551&ref=m_notif¬if_t=like&actorid=676895919084277


Se ci sono domande, fatemele sapere attraverso un messaggio o un commentino! : ) Detto questo, vi lascio alla storia!

   
 
 

  Herr Olof han sadlar sin gångare grå,
Så rider han sig till havsfruns gård.
Herr Olof han red guldsadeln flöt
Han sjunker i havsfruns sköt.

 

 

 Il bambino entrò con titubanza nella caverna dalle pietre umide. Un forte odore di salsedine lo avvolgeva, lo invitava ad addentrarsi in quel luogo d’ombra e di segreti. Il mare rombava dietro al bambino, urlava con tutte le sue forze storie di pirati, di sirene e di mostri marini. Non capiva che se gridava in quel modo nessuno sarebbe mai riuscito a capire cosa stava cercando di dire?
  I suoi compagni si trovavano sulla spiaggia. Olof sapeva che lo stavano guardando, sapeva che lo stavano attendendo.
 “Siete… siete proprio sicuri che la palla sia finita nella caverna?”
 “Sì, Olof! Certo che sì!”
 “Non avrai paura, Olof?”
 “Non ho detto questo, amici… è solo che… solo che…”
 Sospirò. Quella caverna era chiamata, da tutti i ragazzi del gruppetto, la ‘Caverna delle Sirene’.  Era un nome che seminava terrore attraverso ogni regno, poiché tutti conoscevano i terribili poteri e le sembianze mostruose di quelle creature. Una viscida e squamosa coda di pesce, un sorriso ammaliante dai denti canini e occhi da pazza. Una sirena era questo, e la morte che il suo canto ed il suo bacio infernale donavano.
 “E comunque, sei stato proprio tu, Olof, a dire che nulla ti spaventava. Neanche le sirene o gli altri mostri marini. Be’, ora è giunto il momento di dimostrarcelo! Vai fino in fondo alla caverna, trova la palla e torna indietro. Non è poi così difficile!”
 Lo dici tu, Hans! Lo dici tu che sei un codardo di prima categoria, che ti permetti di parlare solo perché tuo padre è un re più potente del mio. Dovresti esserci tu al mio posto, sei tu quello che ha perso la nostra palla. Oh, che ingiustizia! Ma devo farmi coraggio! Devo farmi coraggio e procedere nella caverna. Non sono più un moccioso. In fondo, ho già sette anni e mezzo! Posso farcela, mi occorre solo un po’ di coraggio. Posso farcela…
 Si strinse al petto il suo nuovo cavalluccio. Era una graziosa statuina di avorio, decorata con una pittura nera a ghirigori. Era stato un dono per il suo settimo compleanno, da parte di suo padre, uno dei dieci re che in quel giorno si riunivano nella Grande Città. Il cavallino era diventato subito il suo giocattolo preferito e Olof lo portava sempre con sé, ovunque andasse. Lo considerava una specie di portafortuna, proprio ciò di cui aveva bisogno in quel momento.
 “Facciamo così, Olof!” gridò Hans, il principino di Tuuliroista “Se non tornerai da noi entro un’ ora, assieme alla palla, sarò io a sposare la tua promessa sposa, la principessa di Ramunder. Che ne dici?”
 “Non puoi farlo, Hans!”
 “Ne sei davvero sicuro, Olof? Allora sbrigati! Datti da fare! Certamente la nostra amata Kaija non vorrà sposare un codardo!”
 E’ proprio questo il motivo per cui non ti sposerà mai, Hans! Mi dispiace dirtelo, ma Kaija è l’ unica cosa su cui non potrai mai mettere le tue sporche manacce. Mai! Lei è mia!
 Mosso da quei pensieri, Olof si addentrò di qualche passo nella caverna. Subito si ritrovò avvolto nell’oscurità più totale. Prese il coraggio a due mani e proseguì nelle tenebre di quel luogo spettrale. Pensò a Kaija, alla sua Kaija, a quanto fosse bella e delicata, come un fiore primaverile. Sorrise. L’ immagine della sua amata era come una luce guidatrice attraverso tutte quelle tenebre, profonde e terribili come quelle destinate alla vista di un cieco.
 Ad un certo punto, il ragazzo inciampò e cadde verso il pavimento. Doveva essere inciampato in un sasso o in una pietra. Portò istintivamente le mani di fronte al suo corpo, per attenuare la brusca caduta con il terreno di dura e umida roccia.
 Invece, incontrò l’acqua.
 L’acqua fredda e profonda del mare, non quella dolce e piatta di una pozzanghera. Molta acqua, troppa acqua. Un mare all’ interno di una caverna? Un oceano? Lo afferrava, lo inglobava e lo imprigionava. Olof stava venendo trascinato verso il fondo di quell’immenso pozzo, liquido e nero.
 Tutto era oscuro, come il sonno, come un incubo. Ogni cosa girava attorno a quel profondo baratro magico, quella spirale che soffocava il piccolo Olof. Il ragazzino stava morendo? Forse. Non aveva più alcuna importanza, ormai.
 …
 Madre.
 Padre.
 Kaija.
 Addio.
 Sto morendo.
 
 

“Välkommen! Välkommen, herr Olof, till mig!
I femton år har jag väntat på dig.

Var är du födder och var är du buren,
Var haver du dina hovkläder skuren?”

 
“På konungens gård är jag födder och buren,
Där haver jag mina hovkläder skuren.
Där har jag fader och där har jag mor,
Där har jag syster och bror.”

 

Olof si risvegliò in una stanza di pietre luminose e colorate. Ogni parete, ogni angolo di pavimento era ricoperto di pietre lucenti e simili ad un arcobaleno. Il bambino si trovava in un grande letto coperto di alghe. Erano, stranamente, molto morbide e confortevoli e formavano un giaciglio a dir poco apprezzabile.
 Per la stanza risuonava un canto melodioso, che ricordava il suono di una fata. Era dolce e tenero, come quello di una madre, eppure era anche carico di passione e di vita, come quello di un’ amante. Olof si guardò attorno, cercando di capire da dove venisse quel suono incantevole. Lo scoprì solo quando una mano fredda come la morte gli toccò la guancia. Il bambino si voltò di scatto.
 Accanto a lui, stesa sul suo stesso giaciglio, vi era una splendida donna. Aveva movimenti aggraziati e dei fluenti capelli viola, due occhi di un giallo simile a quello del zolfo. Una lunga e sinuosa coda di pesce squamosa interrompeva improvvisamente la presenza della sua pelle chiara sul corpo. Era una coda nera, dai riflessi grigiastri.
 Olof capì che si trovava nel palazzo di una sirena.
 Stranamente, non ebbe paura. Aveva capito, in fondo, che si trattava d'un semplice sogno. Decise dunque di essere cordiale e godersi al massimo quella visione emozionante. Sorrise gentilmente alla sirena, la quale non aveva mai cessato di cantare e di carezzargli il volto con la sua mano biancastra.
 “Buongiorno, mia Signora. Ditemi, chi siete? Posso fare qualcosa per voi?”
 Il suo tono educato e costruito era un’ abitudine acquisita a corte. Suo padre e sua madre si erano sempre rivolti a lui come un adulto, e lui aveva imparato ad utilizzarlo sin dalla più tenera età. Il sorriso della sirena si allargò, la sua espressione si fece più tenera.
 “Ma che bel bambino! Davvero un bel bambino! Olof! Olof è il tuo nome! Il bel bambino di nome Herr Olof!”
 “Conoscete il mio nome, Signora?”
 “Herr Olof! Herr Olof! Da tanto tempo attendo un bel bambino come te, Herr Olof! Io ho tanto desiderato un bel bambino da amare e coccolare, come te! Amare e coccolare! Sì! Sì, per l’ eternità!”
 Olof ridacchiò, e si rannicchiò accanto al corpo fresco e squamoso della sirena. Che bel sogno era quello!
 “Per l’ eternità? Ma che dite, mia bella Signora?”
 “Per l’ eternità! Per l’ eternità, Herr Olof! Ma dimmi, mio bel bambino, da dove vieni? Forse dal mondo asciutto?”
 “Dal mondo asciutto? Oh, ma certo! La caverna! La terra! Sì, mia Signora! Io vengo dal mondo asciutto!”
 “E dove si trova tuo padre e dove si trova tua madre? E le tue sorelle? Ed i tuoi fratelli? Dove sono le tue terre e dove sono stati fabbricati i tuoi bei vestiti dai ricchi tessuti? E chi ti ha donato quel bel giocattolino d’avorio, Herr Olof?”
 Il bambino abbassò lo sguardo, osservando incuriosito ciò che gl’indicava la sirena. Oh, il cavalluccio d’avorio, quello donatogli da suo padre per il suo settimo compleanno! Ma certo, ma certo.
 “Be’, mia dolce Signora, dovete sapere che mio padre è un potente re, e la sua consorte una splendida regina. Lui è il re delle terre Sillibrand, dove si trovano le mie sorelle ed i miei fratelli, ed è stato lui ad ordinare la confezione dei miei bei vestiti intessuti d’oro ed a donarmi questo giocattolo dalla forma di cavallo.”
 “Che bello! Bellissimo, Olof, quasi quanto lo sei tu! Bellissimo! Bellissimo! E’ stato lui a condurti da me, Herr Olof! Il tuo bel cavallino ha il potere di donarti le visioni di ciò che vi è di più bello al mondo. Solo chi ha di queste visioni può entrare nelle sale delle mie sorelle. Solo a chi ha visto la vera bellezza, è concesso incontrare le sirene.”
 “Oh!”
 

“Men var har du åker och var har du äng,
Var står uppbäddad din bruaresäng?
Var haver du din fästemö,
Med henne vill leva och dö?”

“Där har jag åker och där har jag äng,
Där står uppbäddad min bruaresäng.

Där haver jag min fästemö,
Med henne mig lyster att leva och dö.”


 

 “Dunque, Olof, ti piacerebbe trascorrere con me il resto della tua vita? Oh, ma certo che ti piacerebbe, Herr Olof, ti piacerebbe davvero! Niente più preoccupazioni, niente più dolori per il mio splendido bambino! Per sempre! Per sempre, Herr Olof, solo mille gioie e tanta felicità!”
 “Come dite, mia bella Signora? Vivere qui, per sempre? Be’, anche se si tratta di un sogno bellissimo, nessun sogno è abbastanza bello da essere vissuto per l’ eternità. Sono desolato, ma ho dei doveri da sbrigare, una principessa da sposare!”
 Gli occhi brillanti della sirena si socchiusero di scatto, fissando il bambino come il Diavolo osserva l’uomo da tentare. Lampi di ira e di odio attraversarono le sue iridi di topazio. Evidentemente non aveva gradito per niente le parole di Olof.
 “Dici davvero, Olof? Un principessa? Tu lasci il mio palazzo, la mia bellezza e tutte le mie gioie per una sciocca principessa? Un bambino piccolo come te già pensa all’amore, seppure quest’affetto sia rivolto ad un’ochetta dai capelli biondi? Ad una capra avvolta in vesti preziose?”
 “Non sono un bambino!” quasi urlò Olof, indignato “Non sono un bambino e lei non è ne’ un’oca ne’ una capra! Tu sei un mostro, non voglio più rimanere in questo sogno! Voglio svegliarmi ed andarmene! Sei brutta, brutta e maligna, lasciami andare subito!”
 Il bambino si alzò di scatto dal letto di alghe, portando con sé il cavalluccio d’avorio. Si precipitò verso una porta ambrata, incastonata nella parete della sala. Cercò di aprirla, di forzarla, ma non ci riuscì. Si voltò verso la sirena, adirato.
 “Lasciami andare, strega! Io non voglio rimanere al fianco di chi insulta la mia splendida Kaija!”
 La sirena assunse un’ espressione ferita ed addolorata. Si alzò dal giaciglio e prese a nuotare verso il bambino. Olof si rese improvvisamente conto di essere intrappolato nell’ acqua. Com’era possibile che riuscisse a camminare e a respirare? Un sogno, era solo un sogno. Non doveva dimenticarselo. Non doveva farlo assolutamente.
 “Mi lasci, dunque, Herr Olof? D’ accordo, ti permetterò di andartene dal mio palazzo. Ma prima, ti prego, bevi qualche goccio del mio vino, così che non dovrò confessare alle mie sorelle di aver lasciato andare un ospite senza prima avergli offerto una delle mille leccornie del nostro mondo.”
 Afferrò un calice dorato da una specchiera fatta di corallo ed incastonata con cristalli e diamanti. All’ interno del calice vi era un vino rosso e profumato come i petali di una rosa. Olof si chiese come fosse possibile che il vino non fluttuasse nell’acqua che riempiva la sala. Esitò, prima di prendere il calice tra le dita ancora leggermente morbide e paffute a causa della sua giovane età. Guardò negli occhi la sirena dai capelli viola, notò quando il suo sorriso assomigliasse a quello di una madre impazzita dall’affetto per il suo bambino.
 Annuì nella sua direzione, e bevve.
 

Men hör riddar Olof kom följ med mig in,
Och drick ur min kanna det klaraste vin.

Var är du födder var är du buren,
Var haver du dina hovklädder skuren?

Här är jag födder och här är jag buren,
Här haver jag mina hovkläder skuren.

Här har jag fader och här har jag mor,
Här har jag syster och bror.

 

 Il bambino rimase per qualche secondo incantato dal sapore delizioso di quel vino. Gli ricordava il sapore dell’idromele che suo padre gli faceva assaggiare alle riunioni degli uomini, durante le feste nelle sue terre. Olof si era sentito così importante, così forte nel presenziare a quelle riunioni, assieme a suo padre.
 ‘Ora sei un piccolo uomo!’si ripeteva, ricordando le parole di suo padre ‘Un piccolo uomo!
 Ad un certo punto, quel ricordo incominciò a sfocare. Ogni immagine, ogni frase, ogni volto. I ricordi di Herr Olof lo stavano abbandonando. Lo stavano salutando con le loro piccole manine di cristallo, danzando tra loro in cerchio con movimenti aggraziati e gioiosi. Era una festa, un gioco a cui Olof non poteva partecipare.
 Fissò il vuoto per molto tempo. Aveva lasciato cadere sia il calice sia il cavalluccio d’ avorio a terra, dimenticandosi completamente della loro esistenza. Improvvisamente, Olof alzò il capo in direzione dalla sirena, la quale lo stava fissando con gli occhi ridenti ed un sorriso materno.
 Il bambino sorrise, euforico, e si slanciò verso la figura. L’abbracciò.
 “Mia signora! Oh, mia Signora, siete voi! Quanto vi voglio bene, mia Signora! Mia Signora!”
 “Oh, Olof! Herr Olof, bambino mio! Ti voglio bene, bambino mio, te ne vorrò per l’eternità!”
 “Anch’io, mia Signora! Anch’io!”
 “Dunque entrambi ci vorremo bene per l’ eternità. Ma dimmi, amore mio, dove sono tuo padre e tua madre? Dove si trovano le tue terre e chi mai ha confezionato i tuoi ricchi abiti intessuti con l’oro?”
 Il bambino la guardò, sorpreso.
 “Ma cosa dite, mia Signora? Solo poco fa vi rivelavo quanto io fossi contento di essere stato allevato da voi in questo bellissimo palazzo. E a cosa vi riferite quando nominate il mondo asciutto? L’ oceano è la mia casa, lo è sempre stato. Qui sono stati confezionati i miei ricchi abiti ed è qui dove io sono sempre vissuto. E dove vivrò per sempre.”
 “Per sempre! Per sempre!”
 

Men var har du åker och var har du äng?
Var står uppbäddad din bruaresäng.
Var haver du din fästemö?
Med henne vill leva och dö.

Här har jag åker och här har jag äng.
Här står uppbäddad min bruaresäng.
Här haver jag min fästemö,
Med dig vill jag leva med dig vill jag dö.

 
 

 “E dimmi, amore mio, tu forse conosci una qualche principessa? E' forse per lei che batte il tuo cuore?”
 “Ma cosa dite, mia Signora? Una principessa? Mai! Mai! E’ per voi che il mio cuore batte, la mia dolce Signora immortale che mi ha cresciuto in questo palazzo. Voi siete mia madre e voi siete colei che io amo di più. E quando crescerò, voglio condividere il mio letto solo con voi. Voi siete la mia sposa, fino al giorno della mia morte. E perché dovrei scegliere la sciocca principessa di un fazzoletto di terra al posto dell’amorevole regina di tutto l’oceano?”
 La baciò, un bacio carico di amore e di affetto. La sirena sapeva che quel bacio era frutto del vino, ma non le importava. L’ immortalità era un periodo lungo, troppo lungo per viverlo in solitudine. E così, ogni sirena sceglieva un marito dal mondo degli umani, gli concedeva il dono di respirare sott’acqua e gli offriva la possibilità di vivere accanto a loro. Se l’uomo o il bambino non avessero acconsentito all’unione, avrebbero bevuto dal calice incantato, ed ogni ricordo del mondo asciutto sarebbe immediatamente svanito. E la sirena avrebbe vissuto accanto al marito fino al giorno della sua morte. Solo in quel momento, la creatura del mare sceglieva un altro marito.
 All’ infinito.
 “Vieni, Herr Olof, andiamo a giocare attraverso le sale del mio palazzo.”
 “Ma certo, mia Signora. Io non vi lascerò mai e poi mai!”
 “Lo so, amore mio. Lo so.”
 Uscirono entrambi dalla sala dalle pietre colorate. Il bel bambino chiuse alle sue spalle la porta d’ambra, fattasi improvvisamente scorrevole al suo tocco. E la stanza rimase avvolta nel silenzio. Sul pavimento, soli ed abbandonati, vi erano i frantumi di una qualche statuina d’avorio.
 Rotta.

 Dimenticata.



 

   
 
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