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Autore: moni93    04/03/2012    4 recensioni
Breve (per i miei standard!) fanfic su Lacie e Jack.
Ho voluto non solo riportare la storia del loro primo incontro, ma ho anche tentato di analizzare il loro rapporto e i loro sentimenti, fino al giorno della morte di Lacie.
Spero di esserci riuscita!
La storia è narrata in prima persona da Jack e poi da Lacie.
Vorrei dedicare questa fanfic a tutti coloro che hanno amato, senza mai pretendere di essere ricambiati. Sappiate una cosa: per la persona da voi amata forse voi non sarete mai niente, ma per qualcuno, di cui per ora non conoscete nemmeno il nome, siete tutto il mondo...
ATTENZIONE: Contiene spoiler. Per chiunque non sia arrivata al capitolo 69, sconsiglio vivamente di leggere. Se, invece, volete qualche spoiler, siete i benvenuti! (poi non lamentatevi) Inoltre, sono presenti delle descrizioni un po' forti di un omicidio. Io vi ho avvisati...
Genere: Drammatico, Introspettivo, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jack Vessalius, Lacie Baskerville
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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WE FOUND LOVE IN A HOPELESS PLACE

 

Yellow diamonds in the light

And we’re standing side by side

As your shadow crosses mine

What it takes to come alive

 

Nevica da parecchie ore, perché la mia coperta è ormai completamente zuppa, oltre che lacera e sporca, ma non m’importa.

Tremo dal freddo e dalla fame, ma non m’importa.

Tanto era così che doveva finire, no?

Fin da quando sono nato, sono stato solo un peso, perciò quando la Morte mi tenderà la mano, sarò ben felice di afferrarla. Ormai non conto più niente per nessuno, quindi chi potrebbe soffrire per la mia mancanza?

È giusto così.

Mi si sta annebbiando la vista... colpa di tutta questa neve...

Che stia per morire?

Solitamente la gente teme la Morte, io, invece, sono terrorizzato dalla vita. Per questo morire non mi fa paura, anzi, non mi provoca alcuna reazione. Qualunque cosa ci sia nell’aldilà, di certo non può essere peggio di quanto ho trovato in questo mondo.

Basta, non voglio più pensare, voglio solo chiudere gli occhi e...

“Hey tu! Ti prenderai un raffreddore se dormi in un posto come questo.”

Una voce femminile mi ridesta dal torpore che fino a poco fa mi avvolgeva.

La prima cosa che noto sono un paio di piedi scalzi.

Scalzi?

Com’è possibile? Chi è il pazzo che si aggira per le vie innevate della città senza scarpe ai piedi?

I miei occhi continuano a salire e noto altri dettagli:

un abito candido come i fiocchi che danzano nel cielo, ma molto leggero e sottile, di certo un vestito estivo che non può tenere molto caldo; lunghissimi capelli corvini, un po’ spettinati, ma ben curati; un paio d’orecchini cremisi semplici, che richiamano il colore dei suoi occhi; infine, un sorriso che non riesco bene a identificare.

Che stia ridendo di me o semplicemente mi trova curioso?

La figura si sta dondolando sui piedi con aria annoiata e divertita al tempo stesso, poi si piega verso di me e mi tende una mano.

“Il mio nome è Lacie. Dimmi... tu come ti chiami?”

Non capisco da dove sia spuntata fuori, né tantomeno il motivo per cui mi rivolga la parola, ma ha fatto presto.

Anche se, lo ammetto, non credevo che la Morte se ne andasse in giro scalza e vestita di bianco. Ma d’altronde, chi ha mai visto il Cupo Mietitore, se non da morto?

“Jack.” rispondo, convinto che in tal modo lei finisca alla svelta di svolgere il suo incarico.

“Solo Jack.” ripeto per sicurezza.

Non sia mai che nell’altro mondo mi chiamino con un nome sbagliato. Insomma, almeno a quello ci terrei.

Nel sentire la mia voce, la ragazza allarga ancora di più il suo sorriso.

“Davvero?” mi chiede “Che nome noioso!”

Non capisco, chi è questa ragazza?

E perché sorride?

Cosa crede, di avermi appena fatto un complimento?

Lei, nel frattempo, s’inginocchia, quasi come se volesse confidarmi un segreto, e infatti è quello che fa.

“Sai... io sono scappata di casa.” dice seria, poi esclama orgogliosa “E non intendo tornare a casa finché lui non mi chiede scusa!”

Lui chi?

Che sta farneticando? Dovrebbe interessarmi la cosa? Non so nemmeno a chi si stia riferendo.

Ma soprattutto, perché mi sta dicendo tutto questo?

“Mi stai ascoltando, Jack?” parla come se ci conoscessimo da una vita, perciò rispondo allo stesso modo.

“Non m’interessa... per niente...” mormoro, spostando lo sguardo da un’altra parte.

Perché è venuta da me? Non vede che sto aspettando di morire?

Per un attimo rimane zittita, con una faccia strana. Credo che le ci voglia qualche secondo per incassare il colpo e, infatti, dopo poco reagisce.

Prima il suo volto cambia: corruga le sopracciglia, socchiude gli occhi e stringe le labbra, in un tipico atteggiamento seccato e infantile.

Poi, scoppia come un petardo.

“Perché?!” esclama furibonda, afferrandomi per le spalle “Perché dici questo?! Non mi vuoi chiedere un sacco di cose? Per esempio...” finalmente mi molla per colpirsi con fierezza il petto “Perché sono vestita in questo modo, in una giornata di neve?”

“Veramente, me lo stavo giusto chiedendo...” ammetto mentalmente a me stesso, ma di certo non le darò la soddisfazione di sentire la mia confessione.

Spero che se ne vada, ora.

Anzi, sono sicuro che se ne andrà, per quale motivo dovrebbe rimanere?

Ma lei, invece, decide di smentire i miei piani nuovamente.

“Fa così freddo che potrei morire congelata!” strilla ancora e nel mentre fa qualcosa di inaspettato: si getta a terra all’improvviso e di sedie vicino a me, afferrando un’estremità della mia coperta e aggiungendo a mo’ di scusa “Fammi spazio!”

Non contenta di ciò, aggiunge ad occhi chiusi e con aria estasiata “Ah! È così caldo!”

Sembra una bambina e io odio i bambini.

Soprattutto, odio che qualcuno mi stia così appiccicato.

“Vattene via! Qual è il tuo problema?!” non la sopporto più, perché è ancora qui? Possibile che uno non possa morire in pace?

“Oh?” adesso ha aperto gli occhi e mi osserva soddisfatta, diminuendo ancora di più la distanza che ci separa “Finalmente mi hai fatto una domanda. Ti interesso, adesso?”

Che razza di domanda è? Vattene via!

Questo è quello che vorrei dire, ma qualcosa mi distrae.

I suoi occhi rossi mi osservano e io mi sento sprofondare in quel rosso cremisi, che conosco fin troppo bene.

Nella mia vita ho visto troppo spesso quell’orribile colore.

“Tu... Tu non hai paura dei bambini della sventura?”

Che? Ha detto qualcosa?

Mi sento avvolgere da un caldo e piacevole torpore...

“Uh? Hey, Jack?!”

 

“Sudicio figlio, nato da un adulterio!”

“Assomigli ogni giorno di più a tuo padre, Jack. Ne sono così felice!”

Mia madre sembrava essere in grado solo di ripetere queste due frasi. Alle volte era dolce e tenera, altre, la maggior parte, era dura e insensibile. Sembrava odiarmi, al punto che m’insultava.

Io, il suo stesso figlio.

Le madri non dovrebbero amare i propri figli?

Forse ho sbagliato io, anzi di sicuro. Sono una di quelle persone che avrebbero fatto meglio a non essere mai nate, non tanto per gli altri, quanto per loro stessi.

“Perché?!” urlava per l’ennesima volta “Perché non viene da me? L’ho aspettato per tutto questo tempo! Diceva di amarmi!!”

Questa è l’ultima immagine nitida che ho di mia madre. Dopo quest’ultima crisi, infatti, non ce l’ho più fatta. Sapevo bene che fuori, senza un soldo e senza alcun talento, non sarei sopravvissuto a lungo, ma era altrettanto vero che non avrei sopportato di vivere in quella dannata casa anche solo un altro giorno. Per questo me ne andai.

Per questo stavo morendo di fame e di freddo.

Eppure, quella ragazza ha rovinato i miei progetti.

Quella strana ragazza dagli occhi rossi come il sangue, una ragazza portatrice di sventura.

Ora che ci penso, la capisco. Non siamo poi così diversi, sarà per questo che non mi fa paura. Oppure, semplicemente credo che non mi possa più accadere nulla di peggio, che non potrò mai sentirmi peggio di così.

Spero solo che il fato non decida di dimostrarmi che, al contrario, non c’è limite al peggio.

Piano piano, i miei occhi si riaprono.

Sono di nuovo avvolto dal bianco e quasi mi fa male, perché sono abituato a vivere immerso nelle tenebre.

È solo un momento, però, perché nel giro di pochi secondi un musetto sorridente invoca il mio nome, per l’ennesima volta.

“Jack!” strilla lei allegra, per cosa non lo so “Ti sei svegliato appena in tempo! Ho comprato un po’ da mangiare: mangiamo insieme!”

Ovviamente, non è un invito, è solo una constatazione.

Tuttavia, non ho nulla da ribattere: poggiato vicino a lei c’è una cesta con del pane fresco e una pentola (ai miei occhi enorme) e stracolma di zuppa fumante. Quand’è stata l’ultima volta che ho visto tanto cibo?

Troppo, decisamente troppo tempo.

“Sei svenuto per la fame, vero? Ho provato a farmi dare dai negozianti quello che mi serviva, ma si sono rifiutati, così ho dovuto rubare. Ho anche preso dei cucchiai, un foulard, dei vestiti e...”

Non capisco.

Non capisco, non capisco...

... Chi è questa ragazza?

“Tu...” inizio, ma la mia flebile voce viene subito interrotta da quella squillante di Lacie.

“Oh, e già che c’ero, ho preso anche queste.”

Detto ciò, mostra quello che nascondeva dietro alla schiena: un paio di luccicanti e pericolose forbici.

“Ta-dan!” trilla a mo’ di presentazione.

Io sono sempre più basito: non è che sono morto e questo è l’Inferno? Ma soprattutto, che vuole fare quel candido demonietto con quelle forbici?

 

Avete presente la frase “Quando hai sete, nulla ti disseta meglio dell’acqua?”.

Ebbene, sappiate che, invece, quando hai fame qualsiasi cosa va bene, purché ti riempia lo stomaco. E quando dico qualsiasi cosa, intendo veramente qualsiasi cosa. Anche la spazzatura è perfetta. Naturalmente, a patto che tu riesca a non vomitarla una volta ingurgitata.

Un paio di volte credo di esserci riuscito...

Tuttavia, quello che ho appena mangiato era cibo, come non ne gustavo da giorni. Dire che ho spazzolato tutto è un eufemismo. Credo che se lei non mi avesse fermato, avrei ingoiato anche la padella e il cucchiaio.

Lacie, non contenta di avermi sfamato, mi ordina di sedermi e di stare fermo, così che possa “operare” in piena tranquillità e comodità.

Sta sforbiciando da qualche minuto ormai, e l’unico suono udibile è il clip clip delle forbici.

“Jack.” prorompe ad un tratto lei, rompendo il pesante silenzio “Sei per caso imparentato alla casata dei Vessalius?”

Per poco non mi si stacca la testa, da tanto velocemente mi sono voltato.

“Perché?!” urlo preoccupato.

Non ne capisco bene il motivo, ma mi sento immediatamente a disagio se solo odo quel nome. Forse il mio cervello lo ricollega al mio passato e, istintivamente, mi avverte di girare al largo e di evitare quel rifluire di ricordi.

“Hai lo stemma dei Vessalius appeso intorno al polso.” risponde semplicemente lei, senza nemmeno indicare l’oggetto.

“Questo... è un ricordo di mia madre.” ammetto dopo un attimo di esitazione.

“Tua madre?” chiede curiosa “Hey! Guarda avanti!” aggiunge poi con fare da maestrina, voltandomi senza tante premure la testa e continuando a tagliuzzare la mia sporca chioma.

Per qualche secondo il silenzio cala nuovamente. Vorrei dire che sto valutando con attenzione cosa dire, ma la verità è un’altra. La mia mente sta viaggiando indietro nel tempo e prima che il mio stupido cervello crei nuovamente una connessione tra i miei pensieri e la mia bocca, ci vuole un po’.

“Mia madre.” riesco a dire infine “Diceva che ero figlio di un nobile...” deglutisco e concludo “Della famiglia dei Vessalius.”
“Sei il figlio di una qualche amante?” il tono che utilizza è curioso e innocente, lo stesso che userebbe un bambino per chiedere al padre perché gli uccellini volano.

Nonostante ciò, stringo i denti e sputo parole di odio.

“Mia madre era un’idiota. Anche se fu abbandonata, continuò a credere che mio padre sarebbe tornato un giorno... finché non impazzì definitivamente.”

Clip, clip.

Per tutto il tempo le forbici non si sono fermate un solo secondo. Sembra quasi di essere dal parrucchiere, se non fosse per il fatto che siamo in mezzo ad una strada e che non stiamo parlando dei progetti divertenti da attuare per il prossimo fine settimana.

“Odi tuo padre?”

Di nuovo quel tono innocente e frivolo.

Sono quasi del tutto certo che stia sorridendo, anche se non la posso vedere, dato che ho la testa voltata dalla parte opposta.

“Non solo lui.” ammetto con un tono che vorrebbe essere duro e acido, ma che suona più come un lamento senza speranza “Anche mia madre... e tutti gli altri, ma...” sospiro, abbandonando anche l’ultimo rimasuglio di odio “Non ha più importanza.”

Clip, clip.

Buffo, sembra quasi il suono della leggera pioggia estiva.

“Ho... perso tutto.”

E con questo ho concluso la patetica storia della mia patetica vita.

Quanto ci ho impiegato per narrarla?

Cinque minuti? Dieci?

Non ne ho idea.

In ogni caso, è stato parecchio veloce, tenendo conto del fatto che ho quindici anni.

Ora si ode solo il suono del silenzio.

Poi... SNAP!

Sento una fitta acuta all’altezza dell’orecchio sinistro.

Quella pazza di Lacie, dopo un solo secondo di pausa dal suo tagliuzzare, ha avuto la brillante idea di tagliarmi la cavità uditiva.

“Hey!” è l’unica cosa che riesco a dire, non che mi manchino le imprecazioni da utilizzare (di quelle ne conosco anche fin troppe), ma lei, come al solito, non mi lascia proseguire.

“Jack.” dice dolcemente “La tua faccia è carinissima, quando è stravolta dal dolore.”

Come se ciò non bastasse a collocarla nella categoria delle pazze, compie un altro gesto totalmente inaspettato.

Mi lecca lentamente la ferita.

Non ho idea dell’espressione che ho stampata sul viso, ma sono certo di una cosa: devo essere rosso come un pomodoro maturo, perché le guance mi vanno in fiamme.

“Anche l’imbarazzo ti sta veramente bene.”

Ma si è completamente bevuta il cervello?!

Che cavolo vuol dire?!

“Non è vero che hai perso tutto.” conclude lei allegramente, con un sorriso serio stampato sul viso “Hai solo perso la volontà di vivere.”

 

Da quel giorno ritornai a vivere.

Anzi, forse è più giusto dire che venni al mondo.

Prima di aver incontrato Lacie, io mi limitavo ad esistere. Certo, i miei sensi funzionavano a dovere: gustavo ogni sapore, udivo qualsiasi suono e rumore, sentivo l’aroma dei fiori e il tanfo della sporcizia e percepivo il freddo dell’inverno, come il caldo della mia inconsistente coperta.

Ma da quando c’era lei, avevo finalmente iniziato a sentirmi vivo.

Lei era il mio Sole, la mia Luna, le mie Stelle e molto, molto di più.

Lei era la vita stessa.

Quella stessa vita che credevo mi fosse stata negata fin dalla nascita e che avevo finalmente conquistato quando sono morto.

Sì, perché solo dopo essere morto ho sentito dentro di me una forza nuova e mai conosciuta: la volontà di vivere.

 

It’s the way I’m feeling I just can’t deny

But I’ve gotta let it go

We found love in a hopeless place

We found love in a hopeless place

We found love in a hopeless place

We found love in a hopeless place

 

“Se hai fame, mangia. Se non hai soldi, ruba.”

Lacie pronuncia queste parole con disinvoltura, quasi fossero una legge naturale e universale.

Ormai sono trascorsi parecchi giorni da quando ci siamo incontrati per la prima volta. Da allora facciamo esattamente quello che dice Lacie.

Se abbiamo fame, ma non abbiamo soldi (e questo capita molto spesso, a meno che non racimoliamo qualche moneta mendicando o raccattandole per strada) rubiamo e corriamo per le vie della città.

Quando siamo stanchi, riposiamo l’uno accanto all’altra, per proteggerci dal freddo e perché la mia coperta è appena sufficiente per entrambi.

Quando non sappiamo cosa fare, girovaghiamo per la città. Anzi, a dirla tutta non facciamo altro che vagare e parlare. Lacie dice che non ce la fa a starsene ferma per più di cinque minuti in uno stesso posto. Io dico che non resiste nemmeno un minuto.

Con i suoi piedini scalzi va dappertutto, per strada, in equilibrio sui muretti o anche per i prati roridi, se la mattina non è troppo gelida.

Come se non bastasse, mi tratta spesso e volentieri come un bambino: mi taglia i capelli, mi pulisce il viso (che prima ha sporcato lei, perché alle volte crede che sia molto divertente tirarmi palle di fango o di neve) sempre con quell’aria da ragazzina ingenua e innocente.

“Sei bello, Jack.” mi dice a un tratto “Puoi vendere il tuo corpo, se vuoi.”

“È SBAGLIATO!” urlo indignato.

“Perché?” si limita a chiedere.

“Perché...” inizio imbarazzato.

Insomma, che ha che non va questa ragazza? Bisogna proprio spiegargli tutto!

“Perché fare la prostituta è un lavoro sporco!” dico tutto d’un fiato.

“E allora?”

Come? Che razza di reazione è?

“Jack, se accetti tutto quello che ti dicono senza chiedere, perderai la tua capacità di pensare. Anche se raggiungi la stessa conclusione, vale comunque la pena di analizzare la ragione che ci sta dietro. Io evito il senso comune. Ho visto il mondo da ogni possibile angolazione. Questo crudele, ridicolo, bellissimo mondo.”

Sono senza parole.

Quando Lacie parla, dice spesso idiozie e cose assurde, ma poi mi spiega anche perché afferma ciò.

Lost in the darkness

Hoping for a sign

Instead there’s only silence

Can’t you hear my scream?

Never stop hoping

Need to know where you are

But one thing is for sure:

You’re always in my heart.

I’ll find you somewhere

I’ll keep on trying

Until my dying day

I just need to know

Whatever has happened

The truth will free my soul”

È una canzone molto triste e non capisco perché Lacie si sia messa a intonarla proprio ora. Forse crede che, in tal modo, avvalorerà maggiormente le sue idee. O, forse, le andava semplicemente di cantare. D’altronde Lacie è fatta così: quando vuole fare qualcosa, la fa senza farsi tante domande e senza crearsi il minimo problema.

In ogni caso, avviene qualcosa che non avrei mai creduto possibile.

Quella canzone parla di solitudine e sofferenza, ma dato che era lei a canticchiarla, dato che mi aveva detto che le piaceva e dato che rideva, io... io...

Sorrisi.

Per la prima volta da che ne avessi memoria ero felice.

Ma, si sa, la felicità non è fatta per durare in eterno.

 

Piove a catinelle e fa freddo, ma c’è qualcosa di peggio.

La mia testa brucia e gli arti mi fanno male.

Ma cosa è successo?

Io e Lacie stavamo semplicemente camminando, quando die uomini ci hanno aggredito. In meno di due minuti mi sono ritrovato a terra e con un’enorme piede sulla testa.

“Hey, non farle male!” dice l’uomo sopra di me.

“Certo che no.” risponde l’altro, che tiene saldamente Lacie per il collo “Ho sentito che i ricchi pagano bene per i bambini della sventura.”

Allora è per questo che ci hanno ferito?

Perché Lacie ha gli occhi rossi?

Solo per questo?

“Tu puzzi.” dice tranquillamente Lacie.

“Cosa?” ringhia il tizio che la tiene sollevata da terra.

“E sei anche brutto.” aggiunge con orgoglio.

“Sudicia ragazzina!” dopo aver urlato ciò, la getta a terra con forza.

“Lacie!”

È tutto quello che riesco a fare, perché il colosso sopra di me m’impedisce anche solo di alzare la testa.

Che essere inutile.

Inutile, inutile, inutile!

Nonostante tutto quello che ha fatto per me, nonostante tutto quello che significhi per me, non sono nemmeno in grado di proteggerla da due energumeni! Se potessi mi prenderei a pugni da solo!

“Non ho usato i miei poteri, perché non volevo essere rintracciata...”

Che sta farneticando?

Lacie, corri via! Smettila di fare la cretina per una volta e corri!!

“Ma avete osato ferire Jack.”

Sento uno strano suono, come di carne fatta a fettine.

Poi, avverto una sensazione di liberazione: il peso che prima mi bloccava a terra è sparito.

Volgo lo sguardo alla mia destra ed ho appena il tempo di vedere il cadavere mutilato e senza testa dell’uomo che poc’anzi mi sovrastava.

Non ha avuto nemmeno il tempo per urlare, ma il suo complice sì.

“Aaaaaahhhh!!” è l’ultima cosa che esce dalla sua bocca, insieme a grondanti schizzi di sangue cremisi.

“Guarda, Jack!”

Mi volto verso la fonte del suono e sento che gli occhi mi potrebbero uscire dalle orbite per lo stupore e l’orrore.

Lacie è in piedi, lo svolazzante abito cobalto mosso dal vento che crea un incredibile contrasto con i suoi lunghi capelli color pece. Intorno a lei, lacrime di sangue cadono dal cielo mescolate a quelle d’acqua trasparente.

Sorride felice, tendendomi le mani, come se volesse invitarmi a ballare uno strano valzer della morte.

“Pioggia rosso sangue!” aggiunge allegra.

È euforica, pazza e bellissima al tempo stesso l’immagine che mi si para dinnanzi agli occhi.

Che sia impazzito?

Eppure la vedo chiaramente: Lacie che balla e ride divertita dallo spettacolo offertogli dalla natura e da quei due sciocchi.

Quasi a volermi tranquillizzare oppure volendo accontentare nuovamente un suo capriccio, intona ancora quella canzone.

Lost in the darkness

Trying to find your way home

I want to embrace you

And never let you go

Almost hope you’re in Heaven

So no one can hurt your soul

Living in agony

‘Cause I just do not know

Where you are

I’ll find you somewhere

I’ll keep on trying

Until my dying day

I just need to know

Whatever has happened

The truth will free my soul!”

“LACIE!”

Una possente voce, spezza la magia.

Tre figure incappucciate, rosse come la pioggia che non accenna a smettere di scendere, appaiono alle spalle di Lacie.

“Siete stati veloci...” dice lei in tono lamentevole, volendo suonare offensiva.

“Ti abbiamo finalmente trovata! Uscire, e così lontano per giunta, senza il permesso di Glen-sama! ED HAI PURE EVOCATO IL TUO CHAIN!!”

Se la situazione non fosse così paradossale e ai confini della realtà, potrei giurare che si tratta di un padre che sgrida la propria figlia per essere rincasata tardi, tant’è vero che Lacie si tappa le orecchie e finge di non sentire.

“Lacie.” la chiama più pacatamente un altro figuro, ben più grande del precedente.

“Oswald, mi ha detto di porgerti le sue più sentite scuse.”

All’improvviso Lacie torna seria, anzi sembra più che altro stupita.

“Questo dovrebbe sistemare le cose, no?” aggiunge l’incappucciato.

In tutta risposta, Lacie sorride.

Ma che succede?

Chi è questa gente? Che vuole da Lacie?

Non vorranno portarmela via anche loro, vero?...

“La... Lacie.” invoco.

Lei si volta e, con uno dei suoi soliti sorrisi, risponde alle mie domande mai pronunciate.

“Mi dispiace, Jack, ma devo andare adesso.”

Cosa?

Le sue parole mi colpiscono con la violenza di un pugno.

Perché?

No, non puoi andartene!!

“Non preoccuparti, comunque.” aggiunge, quasi potesse leggermi nel pensiero “Ci incontreremo sicuramente di nuovo, se lo vorrai.”

Sento un forte calore avvolgermi: Lacie mi sta abbracciando per la prima e ultima volta, temo.

E io non ho nemmeno la forza per ricambiarla e trattenerla.

“Non dimenticarti il nome “Baskerville”.” bisbiglia al mio orecchio, in modo tale che solo io possa udirla.

“La prossima volta.” conclude, donandomi uno dei suoi orecchini “Vieni a cercarmi.”

Con una mano stringo il suo gioiello, e con l’atra tento inutilmente di raggiungerla. Ma l’unica cosa che ottengo è quella di cadere con un tonfo in mezzo al fango, mentre Lacie si allontana inesorabilmente dalla mia vita e sparisce, esattamente come era apparsa.

Un demone, sotto le mentite spoglie di un angelo.

 

Quando mi sveglio, sono di nuovo solo.

Che abbia sognato tutto?

No, in mano stringo ancora il suo orecchino.

Non m’importava di vivere o morire...

...Finché non ho incontrato te, Lacie.

Perdonami, non sono riuscito a tenerti con me, nonostante volessi farlo con tutto me stesso.

Wherever you are

I won’t stop searching

Whatever it takes I need to know

I’ll find you somewhere

I’ll keep on trying

Until my dying day

I just need to know

Whatever has happened

The truth will free my soul!”

Posso ancora sentire la tua voce intonare quelle tristi parole che non dimenticherò mai.

Credimi, Lacie, credi a quelle tristi parole.

Perché quelle parole sono la mia promessa.

Un giorno ti ritroverò Lacie, te lo prometto, non importa dove tu sia o quanto tempo ci vorrà, io continuerò a cercarti.

Fino a quando avrò fiato in gola, fino a quando le mie gambe mi reggeranno, fino a quando avrò anche solo un briciolo di vita, io continuerò a cercarti, mia Lacie.

E ti troverò, devo trovarti.

Voglio vederti.

Non importa quello che dovrò passare.

Voglio vederti.

Non importa quanto dovrò soffrire o quanto dovrò far soffrire gli altri.

Voglio vederti.

Sono disposto a tutto, anche a vendere il mio corpo a quegli odiosi nobili con la puzza sotto il naso, anche a costo di ingannare, anche a costo di uccidere.

Voglio vederti ancora una volta!!!   

Non importa quale sia il prezzo.

 

Shine a light through an open door

Love and life I will divide

Turn away cause I need you more

Feel the heartbeat in my mind

 

Il vento gelido mi scompiglia i capelli.

I miei occhi osservano un paesaggio che non riesco a vedere.

Sono talmente persa nei miei pensieri, anzi, nei miei ricordi, che potrebbe anche comparire un drago di fronte a me e io non proverei alcuna sensazione.

Oswald me l’aveva detto.

Non seguire le luci dorate. Mai.

Ma io, come al solito, non lo ascoltai.

Ero scappata di casa per l’ennesima volta ed avevo tutta l’intenzione di non tornarci mai più. Mio fratello mi aveva fatto imbestialire, per cosa, ora non ricordo. Ricordo solo che, ad un tratto, vidi delle luci dorate, le stesse che vedevo ogni qual volta che mi allontanavo da casa.

Fu in quel mentre che mi ricordai delle parole di Oswald e fu per quello che decisi di seguirle e di lasciarmi guidare dal loro bagliore.

E ora ne pago le conseguenze, perché quel giorno di otto anni fa incontrai te, Jack.

All’inizio mi ero illusa di essere io quella che ti aveva trovato e salvato.

Ma non è così...

Perché mi hai cercata, Jack?

Avresti fatto meglio a continuare la tua vita senza di me, anzi, avresti dovuto dimenticarmi, come io feci con te. Invece, non solo sei giunto fino a qui e mi hai abbracciata, seppur per poco, ma non mi hai più lasciata.

Ogni giorno, per quattro brevi e intensi mesi, sei venuto a trovarmi.

Parlavamo, danzavamo, prendevamo persino il thè, come vecchi amici. Una volta, invece, ti sei semplicemente seduto e mi hai osservata mentre cantavo e suonavo il pianoforte.

Perché noi non abbiamo bisogno delle parole per comunicare.

Ma quei giorni, sono ormai giunti a un termine.

Tra cinque giorni morirò.

Perché piango, allora?

Perché mi sento soffocare da un’angoscia che non avevo mai provato in tutta la mia vita?

Che poi, chiamarla vita mi pare eccessivo.

Io mi sono solo limitata ad esistere.

Sempre.

Fino a quando la tua ombra non ha incrociato la mia, in quella candida giornata invernale.

Perché non riesco a smettere di piangere, dannazione?!

È da quando ti ho salutato per l’ultima volta, pochi istanti fa, che le lacrime continuano a sgorgare incessantemente dai miei occhi. Non credevo che anch’io potessi piangere come tutti gli altri. Pensavo che ad una come me non fosse concesso nemmeno questo.

“Perché mi hai cercata, Jack?”

Quasi non mi accorgo che ora sto parlando.

“Io ho sempre odiato le tenebre, ma poiché ero stata abituata a conviverci fin da piccola, non m’importava. Però tu mi hai mostrato il calore della luce e ora non riesco più a sopportare il buio. Dove sei, mio Sole? Dove sei, Jack? Spiegami... Qualcuno mi spieghi... Perché ho paura?! So che non dovrei dirlo, so che non dovrei nemmeno pensarlo. Io sono la ragazza che porta sventura e non mi è permesso provare sentimenti. Per nessuno. Non mi è nemmeno permesso di sperare o vivere. Ma tu, maledetto, non mi hai più consentito di esistere come facevo prima. E io questo lo odio. Odio il fatto che ti amo così tanto!”

Per un attimo smetto di piangere e singhiozzare.

Cosa ho appena detto?

Amore?

È questo che provo per Jack?

No, è qualcosa di infinitamente più forte dell’amore, è qualcosa che non esiste, è qualcosa che abbiamo creato io e Jack.

Forse è per questo che ho sopportato tutto quello che mi faceva Glen: ogni volta che mi toccava, ogni volta che mi stringeva a sé, io non pensavo a Glen.

Io pensavo al mio piccolo e tenero Jack.

Ma tutto questo, ormai, non ha più alcuna importanza.

È inutile continuare a guardare fuori dalla finestra, perché Jack non tornerà più. Non ci sarà più.

E questo mi fa male, più di qualsiasi ferita che mi si possa infliggere al corpo. Perché da quando ho te, Jack, ho un motivo per vivere.

“Io... Io voglio...” mormoro “Voglio incontrarti ancora, Jack!!!”

Dopo questo ultimo urlo, sfogo la mia rabbia rompendo e gettando a terra tutto quello che trovo. Poi, mi abbandono alle lacrime e alla disperazione.

 

It’s the way I’m feeling I just can’t deny

But I’ve gotta let it go

We found love in a hopeless place

We found love in a hopeless place

We found love in a hopeless place

We found love in a hopeless place

 

È giunto il momento, oggi è il giorno della mia morte.

Ho fatto bene a disperarmi cinque giorni fa. Ho pianto fino a quando non mi hanno fatto male gli occhi e ora non ho più nemmeno una lacrima da versare. Glen mi ha chiesto che cosa mi fosse preso, dato che avevo distrutto la mia stanza.

“Non mi andava più a genio la mobilia, problemi?” fu la mia risposta “Noi donne siamo volubili e lunatiche, dovresti saperlo.”
Nessuno deve sapere che ho pianto per Jack. Nessuno.

Sono pronta.

Mi avvicino a quello che un tempo era Oswald, mio fratello, e m’inginocchio a terra.

Aspetto.

“Con le mie catene di condanna.” esordisce il nuovo Glen “Esprimo la tua condanna.”

Silenzio; per un po’ Glen si limita a poggiare la sua mano sulla mia nuca.

Sembra quasi ipnotizzato, non riesce a dire o fare nulla.

Povero il mio fratellone, devo aiutarlo anche stavolta.

“Che c’è, fratello?” chiedo “Facciamola finita una volta per tutte.”

Basta questo.

Sono queste le parole che doveva sentirsi dire.

“Il tuo peccato.” continua “È quello di essere nata con gli occhi dei bambini della sventura, che minacciano la pace dell’Abisso.”

È finita.

Sorrido ad Oswald per l’ultima volta; non voglio che mi ricordi come una codarda. No, sarò forte anche per lui.

Delle catene si materializzano dalle tenebre e mi separano da mio fratello.

“Nii-sama.” sussurro a un tratto.

Ci sono mille cose che vorrei dirgli: che gli voglio bene, che non deve sentirsi in colpa, che starò bene e che non deve preoccuparsi di nulla oppure che, semplicemente, mi dispiace di essere nata.

Ma, purtroppo, il mio ultimo pensiero, non è per lui.

“Ringrazia Jack.”

 

Yellow diamonds in the light

And we’re standing side by side

As your shadow crosses mine

We found love in a hopeless place

We found love in a hopeless place

We found love in a hopeless place

We found love in a hopeless place

 

Abbiamo trovato l’amore in un luogo senza speranza: nei nostri cuori.

È per questo che ora piangiamo e ci disperiamo.

Perché l’amore non è un sentimento per noi.

 

We found love in a hopeless place

We found love in a hopeless place

We found love in a hopeless place

We found love in a hopeless place

 

 

ANGOLO DELL’AUTRICE:

Ciao a tutti e grazie per aver deciso di leggere questa mia umile fanfic! ^^

Mi è venuta in mente per caso, mentre leggevo gli ultimi capitoli di Pandora Hearts. Il rapporto che lega Jack a Lacie mi è sempre piaciuto, perciò ho voluto tentare di analizzarlo ed approfondirlo.

Voi che dite, ci sono riuscita almeno un po’?

Fatemelo sapere, aspetto con ansia i vostri pareri!

Ah, a proposito, ho citato due canzoni nella mia storia: la prima è “We found love” di Rihanna. Appena l’ho sentita, ho immediatamente collegato le sue parole alla relazione di Jack e Lacie. Ascoltatela, ne vale davvero la pena: è vivace e malinconica al tempo stesso. Mentre quella che canta Lacie è “Somewhere” dei Within Temptation. Inutile dire che è la mia canzone preferita! Quindi, se volete, ascoltatela e non ve ne pentirete.  

Con questo ho finito, a presto!! ^^

 

Moni =)

   
 
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