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Autore: Melanto    05/03/2012    4 recensioni
Nella lunga notte di Vizima, divorata dal fuoco, i martiri delle opposte fazioni si ritrovano faccia a faccia: Siegfried, Yaevinn e Geralt.
Tratto dalla storia: "Negli occhi azzurri di Siegfried si riflettono le fiamme di Vizima.
Nelle narici pizzica il fumo e nella bocca il sapore acre dell’incertezza e della convinzione che ci sia qualcosa di sbagliato."
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Nota Iniziale SPOILEROSA: era da moltissimo tempo che volevo scrivere questa storia perché Siegfried è sempre stato uno dei miei pg preferiti in “The Witcher – il videogame” e perché ho sempre odiato il palese OOC in cui gli sviluppatori l’hanno mandato se si sceglieva di combattere al fianco degli Scoia’tael. °-°
Posso comprendere il fattore scelte/conseguenze, ma trasformarmi un personaggio integerrimo e giusto come Sieg, in uno spietato e razzista non mi ha trovato affatto concorde.
Scelsi di combattere al fianco di Yaevinn non per la simpatia verso l’elfo (che è pieno di spocchia! XD), quanto per l’ideale di lotta-al-razzismo degli scoiattoli (mi sembrava coerente col pg di Geralt, che oltre a essere un witcher, e quindi non del tutto ‘umano’, è palesemente un uomo votato alla difesa dei più deboli. Un supereroe senza mantellino e molto più figo! XD). Non scelsi l’Ordine perché erano un gruppo di buzzurri esagitati e fanatici di cui si salvava solo Sieg.
Ma quando mi sono trovata proprio lui, davanti, nella fase dell’epilogo, e mi son vista costretta a ucciderlo, ci son rimasta così male che non potevo accettarlo. ç_ç
Per questo mi ero sempre ripromessa che avrei voluto scriverci su qualcosa, come un bel ‘What… if?’ e salvare la sua caratterizzazione XDDDD *ride*

L’occasione buona per farlo mi si è presentata quando Artemis Hide ha indetto un bel contestino sul forum di EFP dal titolo: “330 – il peso delle parole” in cui bisognava scrivere tre drabble organizzate come prima-combattimento-post, e visto che era accettato il fandom di Gegè, mi ci son fiondata a pesce XD.
Purtroppo, però, mi sono resa conto che mi era impossibile condensare il tutto in sole tre drabble (T_T), però almeno sono riuscita a scriverla :3
Non è venuta proprio come avrei voluto, tuttavia non mi dispiace fino in fondo. :333 (è così strano che io scriva roba 'seria' su Gegè, di solito mi lancio sempre in storie più ironicomico e leggere XDDD)

T_T cmq, voglio piangere perché purtroppo ho dovuto interrompere TW2 a causa della potenza insufficiente del mio pc e voi non potete capire che sofferenza sia averlo e non poterlo giocare *piange a dirotto*

Ok, XD smetto di rompere!
La storia è strutturata come due doubledrabble – con pov diversi – e una shot finale.
Buona lettura!

 

Nel nome della Rosa

 

Negli occhi azzurri di Siegfried si riflettono le fiamme di Vizima.
Nelle narici pizzica il fumo e nella bocca il sapore acre dell’incertezza e della convinzione che ci sia qualcosa di sbagliato.
Le strade gli sembrano diverse, anche se le ha attraversate decine e decine di volte; in lungo e in largo attraverso il Quartiere dei Mercanti, l’Ospedale Lebioda fino all’ingresso del Quartiere dei Non-Umani.
Adesso non riconosce più nessuno di quei luoghi mentre vengono divorati dall’incendio più devastante di cui ha memoria. Ed è proprio lì, nel fuoco che divampa, nella gente che fugge, che gli piove addosso quel senso di ‘perdita’ che non riesce a capire o forse non vuole, per paura di non saperlo affrontare né accettare.
Poi, le grida di un soldato e il tintinnare delle lame che vengono sguainate spezzano i suoi pensieri.
«Scoiattoli!»
Si volta: la strada pullula di ribelli.
Gli archi tesi, le spade in pugno.
Ora, negli occhi azzurri di Siegfried si riflette il nero dei capelli di Yaevinn.
Per quanto tempo lo ha cercato? Deve essere un segno, se adesso gli è davanti.
Fissandone lo sguardo comprende che il momento è arrivato: chi vivrà e chi morrà lo deciderà l’acciaio.
«Spade dell’Ordine!»

Umani.
A Yaevinn basta poco per sentire la bile divorargli lo stomaco.
Umani e cappe rosse, poi, è la combinazione letale. Per questo, quando le scorge tra le fiamme, proprio sulla sua strada, non ci pensa nemmeno e fa partire la carica.
Acciaio. Acciaio e scintille nel fuoco di Vizima. Danzano come le anime dei suoi fratelli caduti in quegli anni di persecuzioni. Danzano come la sua spada che cozza contro quella dell’avversario così diverso da lui per razza e colori, ma testardo allo stesso modo. Lo sente da come cala gli affondi, da come digrigna i denti. È bravo.
Per un attimo, Yaevinn si chiede se quell’uomo sia consapevole di ciò che sta facendo e del perché stia lottando, perché nei suoi occhi non vede il livore e il disgusto che troppe volte ha scorto negli sguardi dei nemici.
Ma non è quello il tempo né il luogo per le parole; ne ha sprecate fin troppe contro l’ottusità umana. Così, anche se ha stretto un patto con Re Foltest, abbassandosi al suo livello in cambio di briciole di libertà, fino a che le cappe rosse avranno la sfortuna di capitargli davanti, lui le sventrerà senza rimorso alcuno. Mai.

Una terza spada interrompe la danza. Cala nel mezzo, conficcandosi al suolo.
Solo allora, Siegfried si accorge che il campo di battaglia pullula di cadaveri e in piedi sono rimasti solo lui e lo scoiattolo, assieme al nuovo venuto.
«Non intrometterti, Gwynbleidd!» L’elfo è infastidito, ma chi gli risponde lo è anche di più.
«Ho abbracciato la causa, ma non sono il tuo cane. Non darmi ordini, Yaevinn.» Geralt gli si fa di fianco. «Non dovresti essere ancora qui. Foltest è stato chiaro, mi sembra.»
L’elfo non replica, anche se vorrebbe. È consapevole del patto e non verrà meno alla parola data, lui. Guarda fisso la cappa rossa e rinfodera l’arma, voltando loro le spalle. «Sei ancora troppo umano, witcher.» Sono le sue ultime parole, l’attimo dopo è già scomparso tra le fiamme che hanno saturato l’aria, rendendola rovente.
Geralt lo ignora estraendo la spada d’acciaio dal terreno, ma non la ripone. La sua espressione dura non cambia quando la rivolge a Siegfried.
«Avevo sentito ti fossi alleato agli scoiattoli, dunque è vero» dice quest’ultimo, sollevando il mento con piglio altezzoso. «Non c’era motivo di fermare il tuo compagno, avreste potuto attaccarmi anche insieme. O hai agito per un tornaconto personale, mastro witcher?»
«La guerra ti ha fatto divenire uno sputasentenze? Non è degno di te, Denesle.»
Siegfried accusa il colpo. Le labbra sono piegate in una smorfia contrariata e gli occhi azzurri spostati al suolo.
Sa bene che quelle parole non gli appartengono. Come non gli appartiene combattere quella che è stata la gente che aveva giurato di servire né incendiare la città che aveva deciso di difendere.
Soprattutto, non è degno di lui voler combattere i mostri con altri mostri.
Le creature di Aldersberg sono… oltre un ghoul, oltre un drowner, oltre un morto affogato. Se è stato convinto che Vetala fosse un mostro, ora la sua certezza vacilla con così tanta forza da essere sul punto di crollare.
Ed è questo che teme: il crollo delle certezze, degli ideali. Gli stessi che suo padre gli ha insegnato fin da bambino e di cui va orgoglioso. Adesso stanno iniziando a bruciare, come Vizima. Diventano cenere che soffoca il rosso della sua cappa sotto un velo grigio.
«Oppure le tue parole di protezione e fedeltà valgono così poco da cambiare assieme al vento? Quanto valore c’è in tutto questo? Quanto onore? Aldersberg ti sta manovrando per i suoi comodi e glielo lasci fare. Possibile che non te ne sia accorto?» Geralt mantiene una freddezza e un distacco tali da fargli invidia. «Io ho combattuto al tuo fianco e nell’uomo che vedo adesso non c’è traccia del Siegfried de Denesle che ho conosciuto. Lui capiva la differenza tra il bene e il male e non si sarebbe fatto usare in questo modo. Se poi sei solo un omino di latta che vuole il suo avversario per combattere al ruggito di uno stupido incitamento, allora accomodati: quell'avversario sarò io.» L’acciaio del witcher brilla nell’aria riflettendo la luce delle fiamme con eleganza.
Siegfried non reagisce, la lama è bassa.
I giorni tutti uguali che ha vissuto fino a quel momento tornano alla mente con la piacevolezza d’un ricordo lontano e ingannevole al contempo. Lo accarezzano e gli sussurrano la verità.
‘Quanto onore?’ gli ha chiesto Geralt.
Nessuno.
E la sensazione di perdita trova un senso: non c’è onore in quello che sta facendo e i mostri che avrebbe dovuto combattere sono gli stessi che ora camminano al suo fianco e chiama ‘compagni’. Il mostro è lui, che ha piegato il proprio concetto di giustizia per seguire ciecamente gli ordini di Aldersberg senza vedere lo sbaglio.
A quella mancata reazione, Geralt abbassa la lama, puntandola al suolo. Non la rinfodera perché dovrà affrontare ancora altri soldati prima di trovarsi di fronte al vero responsabile di quel disastro, ma Siegfried non sarà tra questi. Yaevinn lo guarderebbe con sufficienza e sospetto chiedendogli da che parte sta, ma lui non cataloga i nemici in base alla fazione né agisce a testa bassa e con i paraocchi.
«Fai la cosa giusta, Denesle, tu sai qual è e non è questa.»
La conversazione è finita e Geralt gli volta le spalle. Siegfried solleva lo sguardo nel momento in cui il witcher è già lontano, scortato lungo il cammino dalle fiamme di una guerra nata dall’odio e dalla brama. E il male è rosso come i petali della rosa che gli ardono sul petto.
Non c’è onore nemmeno nel combattere contro un amico.
Rimasto solo, il suo sguardo cerca la cosa giusta da fare nell’incendio che lo circonda e s’innalza nella notte più lunga di Vizima. Lassù, oltre il fumo, il cielo è ancora blu, ricolmo di stelle.
E dire che la cappa che avrebbe sempre voluto vestire era bianca(1).
Con un gesto lento e gli occhi al cielo, Siegfried si spoglia di quel rosso marcescente, di quell’ideale fasullo che nel fuoco non ha né progresso né futuro, ma solo l’oblio. Lo lascia cadere al suolo, dove la cenere di Vizima seppellirà il passato per rinascere ancora, però il cammino è lungo e lui, che è un monaco e un cavaliere, lo sa.
È questa la cosa giusta. Chiudere un capitolo, cominciarne un altro e tornare a combattere per ciò in cui crede davvero.
Con la spada in pugno, Siegfried abbandona il campo, in cerca della sua strada nelle vie di quella città che brucia nel nome della Rosa.

 


[1]: prima che l’Ordine della Rosa Fiammeggiante divenisse tale, si chiamava Ordine della Rosa Bianca e il colore delle loro cappe era, appunto, bianco. Il padre di Sieg, Eyck de Denesle, ha vestito la cappa bianca. :3
Piccola nota: nel Capitolo III del gioco, girano anche strane voci che Sieggy sia figlio illegittimo di quel culo di Aldersberg (ma io non credo, Sieg è troppo intelligente e puccio XD).
Ah, e le creature di Alderberg sono veramente dei mostri brutti e puzzoni. °-° Dei colossoni enormi, ammassi carne pieni di muscoli.


 

Fine

Nota Finale SPOILEROSA: nel finale di The Witcher c’erano 3 opzioni

- Combattere con gli Scoia’tael e quindi scontrarsi con Sieg
- Combattere con l’Ordine e quindi scontrarsi con Yaevinn
- Essere neutrale e quindi combattere contro tutti e due  (XD)

Se si sceglie di combattere al fianco dell’Ordine, alla fine di tutto Sieg viene insignito del titolo di Capo dell’Ordine della Rosa Fiammeggiante (*-* il che trovo sia perfettamente in linea col pg e poi, volete mettere? Sieggino a capo della baracca *-*! \O/ e lo si incontrerà anche in TW2 *O*)

 

   
 
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