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Autore: Thomas    15/04/2004    5 recensioni
Questa ff presenta un piccolo momento della vita di Kurinin come genitore. Può risultare magari un po' troppo dolce, ma nel suo piccolo penso che abbia qualcosa da insegnare.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Agli occhi di una bambina

 

 

 

Agli occhi di una bambina

   

 

 

 

Grandi occhi neri fissavano i miei; grandi abbastanza da occupare la metà del suo viso, erano molto più espressivi di tutti gli altri occhi che avevo potuto vedere nel corso della mia vita. Avevano ereditato la bellezza di quelli della madre, bordati da lunghe ciglia perfette e scintillanti di fascino, ma anche l’innocenza e l’espressione altruista che mi sono proprie.

Ed è proprio questo che lei è. Una minuscola, perfetta combinazione di me e di mia moglie, le caratteristiche migliori sue e mie riunite in nostra figlia. Lei un giorno sarebbe diventata più di quanto sua madre ed io avremmo potuto sognare di diventare, perché in quei suoi meravigliosi occhi vi era uno spirito che aveva il potere di realizzare qualunque cosa. Lei era giovane, forse troppo giovane per mostrare già una differenza, ma potevo già vedere la forza e il potenziale sfavillare dentro di lei.

I suoi occhi si rivolsero veloci a terra e si attaccarono alle fessure del marciapiede e ai fili d’erba di un verde intenso che ne sbucavano. Le sue labbra sulla sua boccuccia imbronciata si strinsero in un’espressione confusa. Indicò un filo d’erba col suo dito paffuto con evidente eccitazione e diede uno strattone alla mia mano per segnalarmi che dovevo accovacciarmi accanto a lei per esaminare il marciapiede.

“Co-ssi-nne-lla.” mi informò, facendo cadere delicatamente l’insetto dal filo d’erba nel palmo della sua mano. Esso dapprima si dimenò spaventato, sbattendo brevemente le sue ali rosse prima di giacere immobile sulla sua mano sudaticcia. Un sorriso radioso si dipinse sul suo faccino rotondo mentre osservava in estasi il piccolo insetto, protendendo la mano verso di me affinché potessi vedere.

Io sorrisi in risposta alla sua espressione felice e delicatamente la presi da terra e la tenni in braccio, mettendomi in marcia verso la nostra destinazione di oggi: il parco giochi. “Hai, Marron-chan. Una coccinella.”

Sua madre aveva ritenuto che sarebbe stato meglio se oggi non l’avessimo accompagnata a fare shopping. Marron non era esattamente pronta per camminare un’intera giornata dentro un centro commerciale a guardare sua madre provarsi dei vestiti. Sebbene lei tenga molto a nostra figlia, Juuhachi si lascia prendere dalla febbre dello shopping e molto probabilmente ad un certo punto dimenticherebbe la presenza della piccolina. Per quel che mi riguarda, anch’io preferisco non accompagnare mia moglie a fare compere, sebbene mi piaccia enormemente vederla sfilare nei suoi abiti nuovi. Ci ha spinti fuori della porta questa mattina con un bacio sulla guancia di Marron e una pacca affettuosa sui miei capelli da poco ricresciuti. Non più di questo, ma neanche meno. Juuhachi non è una donna molto affettuosa, che lasci trasparire le sue emozioni, sebbene alle volte mi sorprenda con atteggiamenti che non sono da lei. A dire il vero, la sto ancora scoprendo, perché nasconde gran parte di sé dietro quella barriera inespressiva. So per certo che c’è più in lei di un meraviglioso volto; dietro il suo squisito bell’aspetto vi è un cuore che è altrettanto attraente. Quando apparve per la prima volta nella mia vita, non potevo certo credere che fossi io che lei voleva. Dopo tutto, non sono l’uomo più bello del mondo --- chiunque potrebbe vederlo. Il più delle volte, mi sento come se avessi vinto la lotteria. Non scambierei mia moglie per nulla al mondo, ma talvolta mi chiedo se non sia cieca.

Mentre ci avviciniamo al parco giochi Marron inizia a dimenarsi fra le mie braccia, come se non fosse in grado di contenere la semplice eccitazione e gioia di rotolarsi nella polvere. La misi gentilmente a terra e la osservai camminare a passi incerti sulla sabbia, allungando le braccia in avanti come se fosse bramosa di abbracciarla. Mi accorsi, grazie alla mia più-che-acuta vista, che la coccinella era ancora prigioniera nella sua mano grassoccia, che lei stava attenta a non stringere troppo. Si lasciò cadere seduta nella sabbia dorata, creando una nuvoletta di polvere e aprì il palmo della mano, posando la coccinella nella sabbia con la cura e la gentilezza di cui solo un bambino sa essere capace. La coccinella vagò in tondo per questo nuovo vasto deserto solo per un momento prima che Marron la coprisse con un secchio, proteggendola dal sole e impedendole la fuga. Poi voltò le spalle all’insetto e iniziò a giocare con la sabbia, spalandola diligentemente con delle piccole tazzine da tè con cui aveva giocato prima un’altra bambina. La proprietaria del servizio da tè si voltò trovando Marron che vi giocava e scoppiò prontamente in lacrime, finché mia figlia restituì con dolcezza le tazzine da tè, con un tenero sorriso sulla sua faccia paffuta.

Potevo solo sperare che, come genitore, avessi instillato in lei questi valori. Il valore del condividere, di dare a qualcun altro senza aspettarsi nulla in cambio. Per anni, ho vissuto la mia vita da altruista, sempre aiutando chiunque potessi, per la bontà del mio cuore. E adesso, dopo che sono trascorsi tanti anni, ne ho ricevuto la ricompensa. La più deliziosa e bella donna dell’intero pianeta dorme accanto a me ogni notte, e mi ha dato questa bella e deliziosa figlioletta, che in questo momento, sta giocando a baucette con l’insetto sotto il secchiello.

La osservai sorridendo. Dei molti genitori nel parco, io ero il solo che stesse fissando la mia bambina con tale amore e adorazione. Non penso che qualcun altro qui si renda conto di quanto immensamente preziosi siano i loro bambini. Leggono libri o giornali, lanciando ogni tanto un’occhiata ai loro figli per assicurarsi che siano ancora lì, ma non sembrano apprezzare la loro dolce innocenza. Come invidio quei genitori. Non riesco a guardare Marron senza che il mio cuore si sciolga e provi il desiderio di abbracciarla tanto finché le braccia non mi facciano male. Anche adesso, con le sue codine di traverso sulla testa, che ricadono in fiocchi di rosa intenso, con dei capelli ribelli che le cadono nei grandi occhi. La sua piccola bocca si dispone in una soddisfatta maschera di gioia mentre spala la sabbia, facendola scivolare attraverso le sue dita pienotte in una pioggia di scintille dorate. Con grande attenzione, alzò una mano piena di sabbia e la versò sul suo capo, formando una piccola duna di sabbia fra i fiocchetti rosa nei suoi capelli.

Mi alzai in fretta dalla mia panchina lì vicino e mi rivolsi a lei agitando il dito, spiegandole che riempirsi la testa di sabbia era no-no. Lei mi fece cenno di prenderla in braccio e io l’accontentai con piacere, prendendola su in una bracciata di sabbia e risolini. Accigliandomi leggermente, spazzolai la sommità della sua testa, cercando di liberarla dalle tracce di sabbia nei suoi capelli dorati e lei strillò con gioia, pensando che la stessi stuzzicando. La cullai nel mio braccio e lei strinse la mia spalla e il mio collo con le sue minuscole manine in modo che il mio cuore si liquefece in una pozzanghera sdolcinata nel centro del mio petto. Iniziammo ad allontanarci dal parco giochi quando, con insistenza, lei iniziò a dare strattoni alla mia maglietta e potei vedere le lacrime iniziare a sgorgare dai suoi grandi occhi.

“Co-ssi-nne-lla! Co-ssi-nne-lla!” gridò lei, indicando dietro di noi il secchiello capovolto sulla sabbia dove era ancora intrappolata la coccinella. Mi voltai indietro e la rimisi sulla sabbia, gentilmente, e lei rovesciò il secchiello e raccolse la coccinella nelle sue piccole mani, sorridendo nel vedere la coccinella procedere incerta su di esse. La osservò con occhi spalancati, senza battere le palpebre, portando la sua faccia così vicina che se avesse inspirato troppo forte, l’avrebbe risucchiata dritta dentro la sua bocca.

I movimenti della coccinella erano adesso lenti e confusi; forse aveva avuto una giornata troppo movimentata. Tuttavia Marron sembrava così innamorata di quella coccinella, che pensai le avrebbe spezzato il cuore il lasciarla andare.

Potrei affermare dal suo dolce faccino che ha tutta l’intenzione di portare quella coccinella a casa e tenerla sotto il suo cuscino o qualcosa altrettanto folle. Ma se voglio insegnarle il valore della vita, delle cose viventi, allora devo cominciare adesso, con le cose più semplici. L’insetto chiaramente non sopravvivrebbe se lei lo tenesse. Piegai le mie ginocchia finché non mi fui abbassato alla sua altezza e mi sedetti sui miei talloni, tenendomi goffamente in equilibrio sulla sabbia.Voltai il suo mento affinché mi guardasse.

“Marron-chan. Dobbiamo lasciare libera la coccinella.” Dichiarai con solennità, desiderando con tutto il cuore che non mi fossi trovato a dover fare questo. Sarebbe impossibile per lei capirlo adesso. Non  sarebbe in grado adesso di comprendere perché stessi portando via da lei la sua nuova amica. Il valore della vita rimane ancora un enigma per lei.

Il suo volto si increspò leggermente, e fissò l’insetto, con ciocche di capelli chiari ricadenti nei suoi grandi occhi. “Perché?” domandò con una voce appena udibile, con le lacrime che iniziavano a formarsi agli angoli dei suoi occhi.

Riflettei per un momento.

“Marron, tu vuoi bene alla mamma, giusto?” le chiesi dopo essere arrivato alla soluzione perfetta. Lei annuì col capo con enfasi, e un debole sorriso toccò le sue labbra. “Saresti triste se qualcuno te la portasse via?”

“Hai.” Mormorò lei sommessamente, con dei lacrimoni che scendevano giù sulle sue guance rosate mentre fissava l’insetto, che tracciava percorsi confusi sul suo palmo.

Diedi delicatamente un colpetto alla coccinella nelle sue mani, ed essa sbatté leggermente le ali, ancora impaurita e confusa. “Vedi, anche questa coccinella è una mamma, proprio come la tu mamma. E scommetto che in questo momento, i suoi piccoli stanno piangendo perché sentono la sua mancanza.”

“Co-ssi-nne-lle bam-bi-ne?”

“Hai. E questa,” puntai il dito verso l’insetto, “è la loro mamma. Tu vuoi che le piccole coccinelle siano felici?”

Lei annuì ancora col capo e coraggiosamente si asciugò le lacrime dalle guance. “Hai.”

“Allora rimetti la coccinella nell’erba dove l’hai trovata, così può tornare dai suoi piccoli.” Comandai gentilmente, e le carezzai la testa affettuosamente.

Lei fece come le era stato detto, accovacciandosi con gli occhi al livello dell’erba e sussurrando un arrivederci alla coccinella mentre questa se la svignava tanto in fretta quanto glielo potevano permettere le sue gambette. L’espressione sul suo volto era tragica; dai suoi occhi zampillavano le lacrime e la sua bocca era contratta in un’espressione di dispiacere. Sapevo che per i più, sarebbe stato facile lasciare andare quell’insetto; dopo tutto, esso è solo un insetto. Tuttavia agli occhi di una bambina, è molto più di questo. Una coccinella può essere una compagna per la vita e un’amica con cui parlare, anche se non potrà mai rispondere. Sono situazioni come queste che rendono la vita così difficile per i bambini: lasciare andare.

Marron la salutò con la mano tristemente finché non poté più scorgere le sue ali rosso acceso, poi alzò lo sguardo verso di me, allungando le braccia per essere presa. La raccolsi di nuovi fra le mie braccia, e l’abbracciai stretta, lieto di avere una figlia così premurosa e intelligente. Sono veramente fortunato ad averla;  e fortunato allo stesso modo di avere sua madre. Sono le cose migliori della mia vita; le cose migliori che mi siano mai capitate nell’intero corso della mia semplice esistenza. E so, guardandola adesso, che non considererò mai questo dono come una cosa scontata, perché ci sono cose che sono troppo preziose e troppo speciali per poter essere sciupate.

 

Per contattare l’autrice: dbzchichi7@yahoo.com

sito dell’autrice: http://www.angelfire.com/wy/dragonballZ/

Traduzione di Thomas (giusetomo@libero.it)

 

  
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