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Autore: Eterocromia    05/03/2012    0 recensioni
Shou Amane si ritrova ad innamorarsi di un ragazzo mai visto prima, lontano da lui chilometri e chilometri, innamorato della sua poesia.
Yukito Seiji gli da sette giorni per conquistarlo.
Due anime diverse, destinate ad incontrarsi.
Genere: Fluff, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ny sida 1

[ Seven Days ]




First day // morning.


Monday a.m.
月曜



私はあなたが好きで、私は本当に、一日私はあなたが私にな
I like you, I really do, one day I will make you mine
Scrisse con minuta precisione sul foglio bianco rubato dal quaderno universitario, delineando i caratteri con estrema cura. Teneva il foglio fermo sulla valigetta, impedendo così di scuoterlo troppo; gli sbalzi impercettibili del treno mattutino gli avrebbero causato dei piccoli errori insignificanti. Fuori dal finestrino, il sole era avvolto ancora nelle nuvole invernali, coronando l’aria di un grigio immerso nell’azzurro; pochi dei suoi flebili raggi arrivavano agli occhi orientali –nonostante fossero azzurri- di Shou Amane, impossibilitati ad avanzare per colpa della fitta barriera di gente quotidiana stagliata lì, indaffarata nei suoi pensieri angosciosi ed ascoltando –con conseguente espressione di nervosismo costante- il ritardo inaspettato causato dalla neve.
In quel treno per Shinjuku, ogni mattina alle 7.21, Shou Amane si sedeva, infagottato nella divisa blu, a sua volta coperta dal trench beige con la fodera in pellicciotto, per iniziare una nuova giornata.
Non c’era giorno in cui nessuno notasse i due piercing che gli delimitavano in modo circolare il labbro inferiore e i suoi capelli rossi; gli occhi azzurri potevano essere passabili, ma i piercing e i capelli rossi no.
Ma lui, a 19 anni, non se ne importava più di tanto. Teneva stretta la sua cartellina e, in una mano, il suo prezioso Foma rossiccio.
Sorrise pacatamente, lasciando che una piccola superficie di rosa gli adornasse le guance.
Intascò il bigliettino sul quale aveva terminato di scrivere la frase e fissò intensamente il telefonino; in quel piccolo aggeggio rosso era contenuto un segreto che gli teneva in ostaggio il cuore.
Sul display esterno, una piccola striscia rettangolare, si stagliava una serie di caratteri che imperlava l’importanza di quel lunedì 3 gennaio.

Γ1
First day


Portò il cellulare all’altezza del petto, socchiudendo gli occhi. Il piccolo delfino-campanellino attaccato al cellulare come phonestrap gli ricadeva lucente sul palmo chiaro, attirando su di sé l’utopica luce di quel Giappone appena sveglio, e già indaffarato per dare il massimo.
In quel treno, ognuno aveva i suoi pensieri e la sua vita da svolgere, un ritmo di vita costante. Se il cuore di Shou non fosse stato indaffarato ad amare, come tutte le mattine -escludendo gli ultimi 3 mesi- si sarebbe soffermato su ogni persona nel suo campo visivo, per provare ad immaginare la loro vita.
Con il volto leggermente inclinato e baciato a strisce da quel sole lontano, Shou aspettò, in silenzio.
In quegli ultimi 3 mesi erano successe un’infinità di cose, così tante che la mente del rosso si rifiutava di elencare in un ordine logico degno di uno studente universitario del suo calibro.
Era tutto iniziato dalla sua passione per la letteratura; una passione non comune tra i giovani come lui, ma che coltivava sin da studente delle elementari. Seppur nei primi mesi di università era stato concentrato nello studio a tal punto da dimenticare il mondo circostante –e diventando così come le quotidiane vite che viaggiavano sul suo stesso treno, in attesa di iniziare una nuova giornata- era riuscito a trovare del tempo per dedicarsi alla letteratura.
Uscendo per una volta dalla sua coperta fatta di libri scaraventati in modo irregolare, per curiosità si era diretto al pc e aveva cercato un gruppo di letterati, o, perlomeno, di appassionati come lui.
Dopo poche ricerche, era riuscito ad introdursi in una chat.
Una chat online solo di notte, adatta a gente come lui.
夜明け
“Daybreak’s bell”
Le persone lì erano amichevoli, molto probabilmente le uniche persone di mentalità aperta che Shou avesse mai incontrato nella sua vita; si era trovato subito bene, a parlare senza paura di ciò che lui più amava, sotto il nickname di , Luna D’Inverno.
La notte stava attento a non farsi scoprire dai suoi genitori, limitando al massimo il rumore dei tasti del portatile; spesso si ritrovava ad essere baciato solamente dalla luce del computer, impallidendolo ancora di più. Questa continua routine lo aveva portato a fargli germogliare su quella pelle anemica impalpabile delle sottili occhiaie, che non giovavano di certo alla sua vita da studente universitario di medicina.
Una persona in particolare l’aveva colpito, attirando la sua attenzione come un magnete.
, letteralmente, Canto d’Autunno.
Se lo ricordava bene, che era il titolo di una poesia di Baudalaire; e tra tutti i letterati nel Daybreak’s bell i suoi modi di fare l’avevano colpito nel profondo, scuotendo in lui una sensazione che mai gli era capitata di rigettare nelle sue opere.
Canto d’Autunno, che successivamente gli rivelò di chiamarsi Yukito Seiji, aveva un carattere particolare: poteva essere talvolta distante, talvolta vicino. Era questo quello che aveva attratto Shou: il disprezzo tra le parole di Yukito che svaniva come neve fresca al sole.
Impressionato dal cuore che gli batteva ogni volta che incontrava il nickname, gli aveva chiesto timidamente se avessero potuto contattarsi privatamente. Al contrario di quanto il rosso si aspettasse, l’altro ricambiò con un pizzico di entusiasmo, rispondendogli che era curioso di intraprendere un’amicizia con uno come lui, che gli era risultato interessante.
Gli era risultato...interessante?
Shou gli diede immediatamente il suo numero di cellulare, incespicando tra le righe della casella di posta elettronica tanti ringraziamenti confusi che facevano di lui un giapponese di tutto punto. Alle tre del mattino se n’era andato a dormire contento, tremando dalla felicità. Aveva affondato il capo rosso nel cuscino ridendo, e si era addormentato fantasticando su come poteva essere Yukito, se per caso si era innamorato.
Com’erano i suoi capelli, i suoi occhi, le sue labbra; quanti anni aveva? Successivamente avrebbe scoperto che di anni ne aveva 16, ma ne dimostrava almeno 19 se non di più.
Dopo un paio di mesi passati ad inviarsi messaggi per tutto il giorno, a scoprire lentamente l’animo dell’altro, Shou aveva scoperto di essersi innamorato.
Innamorato di una persona che non aveva mai visto, situata nella lontana Akita, innamorato del suo pensiero, delle sue parole, della sua voce che aveva avuto l’opportunità di sentire un’unica volta.
Dopo averne preso piena consapevolezza, Shou si era messo l’anima in pace.
Come avrebbe mai potuto una persona inverosimilmente bella come Yukito innamorarsi di uno come lui?
Quella domenica notte, arrotolato nelle coperte del futon, si era raggomitolato su sé stesso, stringendo l’apparecchio tra le mani. Aveva gli occhi lucidi e il battito a mille, e nei suoi occhi ghiacciati si leggeva chiaramente l’esitazione, la paura del rifiuto.
L’aveva scritto velocemente, senza badare a fronzoli o altro. Nella maniera più spontanea possibile, si era ritrovato a scrivere “Yukito, penso di essermi innamorato di te.” Con le lacrime che gli rigavano il volto, scivolandogli sui tasti argento del telefono; una reazione che lui stesso non sapeva spiegare, nello stesso momento in cui affondava il volto nel cuscino per ovattare i singhiozzi troppo forti.
Accartocciato su sé stesso come un foglio bruciato, aveva aspettato a lungo la risposta piangendo come un bambino, e come un bambino aveva a lungo fissato la risposta che ora gli bruciava la retina, lo rendeva impotente e gli faceva spuntare un sorriso senza significato sulle labbra.
Una risposta intrisa dell’animo impenetrabile dell’altro.
Ti do una settimana per conquistarmi, da domani.
Buonanotte.”

Quella notte Shou non era riuscito ad addormentarsi, con la speranza che gli bruciava tra i polmoni come una ferita fresca a contatto col sole.
Il treno si fermò, e riaprì gli occhi quando avvertì il sole oscurarsi a tratti per via delle persone perennemente in movimento, ora impegnate a scendere.
Con le gemme ghiacciate socchiuse tra le palpebre, si alzò prendendo la valigetta e si affrettò anche lui ad uscire dal vagone.
La neve scendeva veloce, accumulandosi silenziosamente sulle guance di Shou, illuse che quelle guance anemiche fossero altra neve macchiata di labbra rosse.
Una vampata di vento lo colse all’improvviso, scompigliandogli i capelli rossi. Fu costretto a cercare riparo sotto il primo porticato, ma nel bel mezzo dell’azione si trovò a bloccarsi in mezzo a quella tempesta di neve; il telefonino aveva vibrato.
Ignorando la neve che ormai gli imperlava i capelli, Shou sorrise, fissando il messaggio puntuale come tutte le mattine. Sorrise, contro quella Shinjuku grigia e impaziente, piena di gente impegnata unicamente a dare il loro meglio.
おはようございま, Shou-chan.”
E, senza che lui se ne potesse accorgere, quel piccolo foglietto scribacchiato all’inizio del suo primo giorno scivolò dalla sua tasca, violentemente scaraventato via dal vento.
S’incamminò incurante verso la Tokyo Medical University con la speranza tra le dita, lasciandosi unicamente bagnare dalla neve che tanto gli portava alla mente il suo Yukito.

 

  
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