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Autore: Ranessa    07/10/2006    3 recensioni
Perchè tutti credevano che sarei stato un Serpeverde. Davvero tutti.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Lucius Malfoy, Peter Minus
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Nota: Oggi è il compleanno di una persona davvero molto speciale.
Questo è il mio umile regalo per lei.
Buon compleanno mia adorata Musa!



[ If you can't beat them ]

Fatti coraggio quando ti senti solo
Non farti buttare giù
E' inutile che te ne stia seduto tutto solo
Aspettando che qualcuno ti chiami
Oh, non verrà nessuno a bussare alla porta
Non scappare a nasconderti
Anche se ti fa soffrire
Così ho detto
Dà tanto bene quanto ne ricevi
Se non puoi batterli, unisciti a loro
Devi farlo
Perchè ti farà sentire bene
Se non puoi batterli, unisciti a loro
Non aiuterai mai te stesso
Sì, andiamo, forza, muoviti
Ehi, sicuramente ti sentirai meglio

"If you can't beat them" (Se non puoi batterli), Queen



«Che cosa potevo fare? Il Signore Oscuro... non avete idea... possiede armi che non immaginate...»
[Harry Potter e il Prigioniero di Azkaban, pagina 317, righe dalla ottava alla nona]



Doveva ammettere che, in un certo qual modo, Peter Minus gli era sempre piaciuto.
Il suo essere privo di qualsivoglia spessore morale. La sua totale mancanza di carattere ed autostima. Quel suo prostrarsi ai piedi del prossimo nel tentativo di salvaguardare per quanto possibile la sua misera esistenza.
Peter Minus non poneva fastidiose ed ingombranti domande. Lui non pensava e non agiva a meno che non fossi tu a chiedergli di farlo. Peter Minus subiva, implorandoti come fossi stato il suo Dio. Peter Minus, Codaliscia, era quel genere di persona che camminandoti al fianco ogni giorno ti faceva ricordare quanto tu, al contrario di lui, fossi superiore e regale, immensamente potente nei suoi confronti. E da che mondo è mondo gli uomini, tutti indiscriminatamente, hanno sempre apprezzato questo genere di sensazioni.
Per questo Lucius Malfoy, mentre sedeva comodamente su di un divano color crema in uno degli innumerevoli salotti del suo maniero di campagna, era costretto ad ammettere che quel piccolo ometto balbettante in piedi di fronte a lui, in un certo qual modo, gli piaceva.
«Prego» allungò elegantemente un braccio nell'aria fresca della stanza, invitando il suo ospite ad accomodarsi. Minus, visibilmente nervoso, prese posto sulla poltrona alle sue spalle, stringendo tra le mani i lembi della ridicola giacca gessata a due code che indossava.
«Suppongo che Tiger e Goyle ti abbiano informato della natura del mio invito quando si sono recati a casa tua» Lucius Malfoy sorrise amabilmente, servendosi un bicchiere di liquore ambrato dal tavolino che separava le sue gambe da quelle dell'ospite.
Peter Minus si limitò ad annuire.
In quella stanza ancora non aveva pronunciato una sola parola.

+ + + + + + + + + +

Mia moglie accavalla le gambe nervosamente.
Ha insistito per poter partecipare anche lei a questa ufficiosa riunione di famiglia ed ora siede rigida, osservando a turno ognuno di noi con il suo sguardo chiaro. Disegna complicati arabeschi sul ginocchio destro con la punta delle dita e deglutisce.
«Io davvero non capisco come facciate!» Rabastan scatta in piedi, cercando tra le pieghe della veste il pacchetto di sigarette al mentolo del quale usufruisce esclusivamente quando è molto agitato. «State lì seduti come tanti cadaveri caldi ad attendere impassibili e pigri il colpo di grazia! Dovremmo fare qualcosa invece...»
«Calmati» lo esorta seccamente Rodolphus, porgendogli il suo accendino d'argento, quello che Rabastan stesso gli ha regalato, perchè possa dar vita alla sottile sigaretta bianca che ha estratto dal pacchetto consunto.
«L'ultima cosa di cui abbiamo bisogno è farci prendere dal panico» rincara Regulus, in un atteggiamento che gli si addice ben poco, pronunciando parole che lo fanno sembrare più ipocrita di quanto in realtà non sia. Tamburella con le dita sul tavolo al quale è seduto, senza nemmeno sollevare lo sguardo dal lucido ripiano di legno.
«Sei patetico» commenta acida Bellatrix, senza darci modo di comprendere se si riferisca al cugino o al cognato.
«Cosa?»
Mia moglie distende le gambe pronunciando le sue prime parole.
«Cosa dovremmo fare invece?»
La osservo, i suoi lineamenti fini e gli occhi fissi su Rabastan.
Ed ora si odono solo i nostri respiri.

«L'Oscuro non è soddisfatto di noi» constato distrattamente, impegnato a pensare a quel che dirò dopo.
«E allora perchè non ce lo dice?» Rodolphus si lancia in uno dei suoi commenti suicidi, di quelli che pronuncia spesso ultimamente. «Perchè non ci spiega Lui cosa dovremmo fare per compiacerlo?»
Ha occhiaie profonde e labbra secche, una camicia leggera modellata dalle sue ossa sporgenti. Strofina la mano sinistra ingiallita dalla nicotina sui pantaloni. Tormenta con i denti le unghie dell'altra.
Mi domando da quanto non beva.
«Non fare l'idiota» sbotta suo fratello. «Ormai dovresti sapere come funzionano le cose...»
«Siete solo dei codardi, tutti voi» commenta pacatamente Bellatrix, indicandoci con un ampio gesto del braccio. Sembra calma, ma le sue narici quasi fremono, come fosse un animale selvatico e potesse percepire il sentore acido della nostra paura nell'aria troppo densa della stanza. «Non c'è nulla di cui dovremmo preoccuparci».
Anche lei ne ha.
Glielo si legge negli occhi, nei capelli raccolti disordinatamente, lo smalto viola consumato che ricopre a sprazzi le sue unghie.
«Già» riprende Rabastan, che evidentemente non la conosce abbastanza bene per riconoscere tutti questi piccoli, significativi particolari. «Forse dovrei scoparmelo anch'io per sentirmi protetta e favorita» imitando poco efficacemente la sua voce le si avvicina ancheggiando per scimmiottarla, riuscendo a prendere in giro unicamente l'immagine sbiadita di se stesso che è diventato ultimamente.
Faccio per alzarmi ed evitare che accada, ma Rodolphus è troppo rapido e gli salta addosso.
«No!» ordina tremante Narcissa. È pallida, e mi guarda per invitarmi ad intervenire.
Il naso di Rabastan sanguina mentre morde con ferocia il braccio di suo fratello. Rodolphus raccoglie la sigaretta al mentolo dal pavimento e gliela spegne sul collo: l'urlo di dolore di Rabastan copre appena la breve risata sguaiata e isterica di Regulus.
Ci voltiamo tutti a guardarlo, io ancora seduto sul divano, Bellatrix e Narcissa e loro due, fratelli avvinghiati sul marmo freddo, immobili.
Regulus ha smesso di tamburellare le dita sul tavolo.
Sta piangendo.

+ + + + + + + + + +

Perchè tutti credevano che sarei stato un Serpeverde.
Davvero tutti.
E ogni tanto mi chiedo come mai i miei genitori per primi pensassero che avrei trascorso sette anni della mia vita in uno sporco ed umido sotterraneo, che raramente sarei stato baciato dalla luce del sole ed avrei camminato per i corridoi della mia scuola con la gente che si scansava al mio passaggio, ma non per timore... Così è stato strano quando il Cappello ha detto Grifondoro e gli applausi si sono levati dalla tavolata rosso-oro ed hanno decretato che sarei stato leale e coraggioso, buono ed invidiabile; hanno detto che non sarei stato un serpente, che non avrei strisciato e sibilato.
E non avrei tradito.


Bussano ripetutamente, colpi secchi e rumorosi.
Sono probabilmente l'unico mago al mondo a non avere un camino in casa, costretto ad alzarmi, andare alla porta e aprirla come un qualunque babbano.
Attraverso la stanza, superando vestiti, libri e paccottiglia di varia natura sparsi sul pavimento. Il mio monolocale ha le finestre rotte.
E il parquet marcio.
Lo capisco quando poso la mano sulla maniglia e la sento più fredda del solito sotto le dita.
Ho uno spiacevole presentimento, ma non faccio in tempo a trasformarmi e trovare un rifugio: la porta si spalanca violentemente e mi colpisce in pieno volto.
Cado per terra, raggomitolandomi e prendendo il naso tra le mani.
Sanguina.
Mi rialzo a fatica, aggrappandomi pesantemente al bracciolo del divano consumato dalle unghie del gatto. Il mio gatto, .
Patetico.
Alzo lo sguardo giusto in tempo per osservare Tiger e Goyle superare il piccolo tavolo al quale consumo i miei pasti per iniziare ad esplorare con aria fintamente curiosa l'ambiente.
«Posticino accogliente» commenta uno; devo ammettere che, ancora, non sono in grado di distinguerli l'uno dall'altro in tempi brevi.
«Sì, ma potrebbe essere migliorato» ribatte il secondo ed io mi domando chi sia riuscito a fargli imparare a memoria queste due squallide battute, povera anima pia.
Quando infine se ne vanno gli scaffali, le sedie, le poche mensole in legno, tutto, tutto è a terra. Il vino che avevo è finito. I vetri delle finestre ancor più malandati.
Mi lasciano a riflettere.
Un occhio gonfio e viola a tener compagnia al naso.

+ + + + + + + + + +

Mi alzo facendo leva sulle ginocchia con le braccia e attraverso la stanza.
Tendo una mano a Rabastan e lo aiuto ad alzarsi.
Rodolphus striscia ansimando verso una delle ampie porte-finestre e vi si appoggia con la schiena, rimanendo seduto sul pavimento. Prende il pacchetto di sigarette che tiene nella tasca dei jeans e attende che suo fratello gli restituisca l'accendino lanciandolo in aria per accendersene una.
Osserva il serpente d'argento che si attorciglia sinuoso intorno al piccolo oggetto babbano.
Il suo occhio sinistro si sta gonfiando.
«Le nostre ultime missioni non sono andate a buon fine» dico tornando al mio posto. «Abbiamo bisogno di una nuova fonte di informazioni: ormai è palese che Rookwood non sia più sufficiente».
«Cosa proponi?» mi domanda Rabastan andando a sedere in maniera provocatoria vicino a Bellatrix che lo osserva divertita e infuriata al contempo, soddisfatta dalla repentina reazione di suo marito.
«L'Ordine» rispondo in tono grave, senza esitazioni. «Abbiamo bisogno di qualcuno che riferisca direttamente dall'Ordine della Fenice».
Mi volto per cercare sostegno negli occhi di mia moglie.
Narcissa ha lasciato la sua poltrona affianco al camino acceso. Ha raggiunto Rodolphus ancora abbandonato a terra e adesso gli porge un bicchiere di whisky.
Lui tossisce sbuffando il fumo della sigaretta.
Si stanno guardando.

+ + + + + + + + + +

«Eppure, dopo quasi un anno Codaliscia, ancora non sei stato particolarmente d'aiuto alla nostra causa».
«Ma... ma mio Signore!» Peter Minus si inchinò profondamente. «Io, io ho fornito numerose e preziose informazioni! Dall'Ordine, mio Signore, direttamente dall'Ordine!»
Il cerchio di Mangiamorte riunito intorno a lui si aprì lentamente per permettere al Signore Oscuro di raggiungerlo e superarlo, incombendo alle sue spalle.
Il suo servo. Inginocchiato a terra.
L'ambiente ristretto della Sala Circolare era al solito freddo, pregno di un'atmosfera lugubre ed irreale.
Qui è morto Regulus Black, pensava Minus, e rabbrividiva e pregava.
E stringeva i pugni.
«Numerose, certo, ma preziose Codaliscia?» Voldemort rise, portando una mano lattea a posarsi leggera sul suo capo.
«No, no mio Signore, aspetta! Io... Sirius Black...»
«Tu o Sirius Black, Codaliscia?» Voldemort voltò repentinamente la testa, dandogli però ancora le spalle.
«Black. Lui è venuto da me, qualche giorno fa: non vuole più essere il Custode Segreto dei Potter, lui... lui pensa che non sarebbe sicuro per Lily e James e mi ha chiesto di... prendere segretamente il suo posto».
L'aveva fatto.
Si era salvato.
I lineamenti affilati di Lord Voldemort si rilassarono impercettibilmente. Sorrise.

Non avrei strisciato e sibilato.
E non avrei tradito.

Gliel
'aveva detto.

+ + + + + + + + + +

«Devi aiutarmi Malfoy...»
«Perchè diavolo sei venuto qui?» mi scrollo la sua mano lurida dal braccio e mi allontano rapidamente da lui.
Nella stanza quasi completamente oscura si compiono strani giochi d'ombra.
Mi indispettisco nel notare quanto la sua presenza mi inquieti.
«Perchè hai un debito con me» ribatte Minus con una determinazione che non gli avevo mai visto negli occhi né udito nella voce. «Mi devi qualcosa».
«Non direi affatto, Codaliscia» mi avvicino alla finestra per posare delicatamente una mano sui vetri e osservare la pioggia, le nuvole grigie. Rido, della mia risata fredda e sgarbata. «Da quando ti sarei debitore?»
«Da quando mi hai reso ciò che sono» replica glaciale avanzando verso di me e scoprendo con ferocia l'avambraccio sinistro, strappando quasi la manica della sua sudicia veste di seconda mano.
Mi mostra il Marchio Nero nella fievole luce delle candele.

+ + + + + + + + + +

«Spero vivamente che i miei amici non siano stati sgarbati».
Lucius Malfoy invitò il suo ospite a prendere un sorso del liquore che lui stesso gli aveva preparato con un cenno della mano.
«N-no» rispose balbettante Peter Minus, le labbra e i denti stretti sul bordo del bicchiere, un verso sgradevole e gorgogliante a fuoriuscire dalla sua gola mentre beveva con riluttanza l'amaro liquido ambrato.
Il collo corto e tozzo.
L'occhio sinistro gonfio e nero.
«Cosa pensi, allora, della proposta che ti è stata fatta?» domandò amabilmente il padrone di casa, sorridendo anche con gli occhi.
Quel piccolo ometto debole e codardo era il suo lasciapassare.
«Credo che... che se ne possa discutere».
Erano una soluzione i suoi occhietti stretti ed impauriti.
Per questo Lucius Malfoy era costretto ad ammettere che, in un certo qual modo, Peter Minus gli piaceva.

+ + + + + + + + + +

«Che mi aiuti a salvarli, ecco cosa voglio».
«Temo che il destino dei Potter sia ormai segnato, Minus. Ma il tuo patetico tentativo rimane ugualmente commovente o quasi».
I suoi occhietti acquosi si assottigliano per la rabbia, ma la sua determinazione e la parvenza di coraggio sembrano già svaniti.
«Non è giusto» biascica sommessamente, impacciato dai suoi grandi denti da roditore. «Sono i miei migliori amici. Il loro bambino...» e si abbandona senza forze sul divano, sussultando spaventato quando un tuono squarcia la pesante cappa di silenzio che ci avvolge.
Si tormenta le mani, percorre con le unghie gialle il mento glabro.
«No, non è giusto» concordo, stupito dal mio stesso commento. «Ma non sono stato io a condannarli» concludo crudelmente, aspettandomi che abbassi lo sguardo in imbarazzo. Che scuota il capo sconsolato. Mi dia ragione silenziosamente, riscaldandomi almeno un po'.
«Non è vero!» grida invece alzandosi, stringendo a pugno le dita sino a far sbiancare le nocche. «Non è stata colpa mia, l'Oscuro mi ha costretto, se non avessi parlato...»
«L'Oscuro ti ha costretto?!» urlo io di rimando, furibondo. Lascio la finestra e attraverso la stanza rovesciando tavoli e sedie. «Vieni qui, chiedendomi di mettere in pericolo la mia vita per salvare persone che detesto, rischiando la tua stessa vita!»
«Io farei qualsiasi cosa per loro!»
«Allora perchè adesso? Tu li hai condannati Codaliscia! Perchè ora? Se sei disposto a fare qualunque cosa per loro perchè non hai taciuto prima? Perchè non ti sei fatto ammazzare alla Torre piuttosto che rivelare il loro nascondiglio? Sei un codardo Minus, solo uno sporco vigliacco! Perchè non hai rifiutato un anno fa, qui, in questa stessa stanza? Perchè non hai fatto qualsiasi cosa per loro un anno fa? Perchè ora? Vieni qui» ripeto riprendendo fiato rumorosamente. «sperando di poter lenire i tuoi sensi di colpa e convincerti di essere chi in realtà non sei mai stato né mai sarai, sperando che io ti aiuti a farlo» raccolgo da terra una delle sedie e mi ci lascio cadere stancamente. «Un ratto, Peter» una nota stonata il suo nome sulle mie labbra. «E io dovrei firmare la mia condanna a morte per permetterti di mentire spudoratamente a te stesso. Per un ratto. Solamente un ratto».
Sbuffo in una piccola risata isterica e mi volto a guardarlo.
È ancora in piedi, mi fissa tremando.
«E tu Malfoy?» mi sputa in faccia. «Tu? Codardo e vigliacco, come me».
Si dirige verso il camino, strascicando i piedi sulla moquette scura.
«Anche io ho una famiglia, come i tuoi amici» abbasso lo sguardo, osservo una minuscola macchia chiara sui miei pantaloni eleganti. «Una moglie e un figlio. È solo per loro, capisci?».
Mi faccio ribrezzo.
E la mia vigliaccheria mi disgusta.
«Solo per loro».
Sento le fiamme scoppiettare più alte alle mie spalle, il rumore della polvere volante che si fa scintille e so che se ne è andato.
«Un figlio» ripeto.
Sto piangendo.

+ + + + + + + + + +

Perchè tutti credevano che sarei stato un Serpeverde.
Davvero tutti.
E ogni tanto mi chiedo come mai i miei genitori per primi pensassero che avrei trascorso sette anni della mia vita in uno sporco ed umido sotterraneo, che raramente sarei stato baciato dalla luce del sole ed avrei camminato per i corridoi della mia scuola con la gente che si scansava al mio passaggio, ma non per timore... Così è stato strano quando il Cappello ha detto Grifondoro e gli applausi si sono levati dalla tavolata rosso-oro ed hanno decretato che sarei stato leale e coraggioso, buono ed invidiabile; hanno detto che non sarei stato un serpente, che non avrei strisciato e sibilato.
E non avrei tradito.

   
 
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