Libri > Sherlock Holmes
Ricorda la storia  |      
Autore: Bethesda    07/03/2012    4 recensioni
Holmes e la sua dura misoginia si scontrano con la nota attrice Irene Adler, l'unica capace di far breccia nel detective. Ambientata nel periodo del racconto "L'ultima avventura" de "Le memorie di S.H."
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Gli occhi color dell’acciaio seguivano apparentemente senza interesse i movimenti della strada che si vedeva al di là di quella finestra al terzo piano di Charing Cross Road. La fine nebbia del mattino nascondeva le caviglie dei passanti ma sarebbe durato poco: presto i fumi delle industrie avrebbero invaso le vie e i polmoni dei londinesi, come ogni giorno, e quel leggero velo sarebbe potuto diventare una spessa coltre giallognola e maleodorante.
A quell’uomo però, una spalla appoggiata al muro per reggere il peso del proprio corpo, la nebbia sembrava non interessare. Osservava gli uomini che camminavano avvolti nei loro mantelli o impermeabili dirigersi al lavoro, i primi mercanti trascinare i propri carretti e giovani e vecchi lasciare un bordello di alta classe che prendeva buona parte del palazzo di fronte a quello in cui si trovava.
Un fruscio di vesti giunse alle sue orecchie ma non si voltò, continuando imperterrito a scrutare.
«Quello» iniziò improvvisamente, indicando con il lungo indice della mano sinistra un uomo guardingo, appena uscito da un portone di legno poco distante, «è un marinaio. Ha passato la notte con la moglie di un collega, un superiore.»
La figura gli si mise accanto, guardando anche lei fuori dalla finestra ma rimanendo nascosta dietro la tenda, impedendo che la vedessero dalla strada.
«Come fai a dirlo?»
Il rituale era sempre quello: nonostante non fosse la prima volta che lui usava le sue abilità e avesse spiegato più volte il proprio metodo, iniziò a snocciolare gli indizi che lo avevano portato a quella conclusione con la pazienza di un precettore stoico al proprio indisciplinato studente.
«Ieri sera, sempre da questa finestra,  ho visto che quel giovane ha aspettato nascosto dietro un angolo che un uomo uscisse da quella casa. Una volta che quello è andato via ha aspettato cinque minuti per assicurarsi che non tornasse indietro dopodiché si è avvicinato alla porta, trovandola socchiusa. Poco prima infatti la moglie dell’uomo che si era appena allontanato, accompagnandolo all’uscita, aveva evitato di chiuderla completamente. 
Il giovane si è infiltrato, chiudendosi la porta dietro e le tende dell’abitazione sono state tirate per evitare occhiate indiscrete.»
Un brivido di freddo, al quale l’uomo non diede peso, gli attraversò la pelle nuda.
«Questa mattina, esattamente due minuti fa, la donna ha dato un’occhiata fuori dalla finestra con apprensione. Poco dopo il giovane era in strada, avvolto nel cappotto e guardingo. Si è allontanato nella stessa direzione del marito, cioè verso la zona del fiume.»
«Ciò non spiega il perché affermi si tratti di un marinaio e che il marito dell’amante sia un suo superiore.»
«Indossavano entrambi gli stessi stivali. Quelli del giovane erano molto sporchi –si notava nonostante la distanza- mentre quelli del marito lustri. Inoltre quest’ultimo, sotto il cappotto, portava una giacca che indossano gli ufficiali della Lyra, piccola nave da crociera in questi giorni giù al porto. Gli stivali stessi, resistenti ma comodi e adatti quindi a ogni tipo di lavoro, fanno parte anch’essi dell’abbigliamento della nave. Ora, se il giovane fosse stato un ufficiale si sarebbe certamente presentato dalla sua amante vestito di tutto punto, pronto per il prossimo giorno lavorativo a stretto contatto con i passeggeri. Invece, lasciata la casa, aveva ancora i calzari lerci. Probabilmente lavora sottocoperta, in sala macchine, lontano dal superiore nonché marito della sua amante. La festa che ieri sera si è svolta sulla nave, richiamando l’attenzione della borghesia bene, richiedeva necessariamente che il “cornuto” si fermasse a bordo.»
«Sarebbe potuto tornare a festa finita.»
«Ma non è successo. Quindi o il giovane sapeva che si sarebbe protratta fino a tardi oppure voleva semplicemente rischiare.»
Finita la spiegazione lasciò che lo sguardo abbandonasse la strada per posarsi sulla persona che aveva intrattenuto con lui quella discussione.
Incontrò un corpo fragile e roseo avvolto da una leggera vestaglia bianca, impalpabile come la nebbia del mattino ancora pura. Il collo sinuoso era semi nascosto dai capelli lunghi ancora scompigliati e ciocche castane dolcemente ondulate incorniciavano un volto non giovanissimo ma pregno di una bellezza rara, mozzafiato. Gli occhi, un azzurro cielo tenue, cercavano quelli dell’uomo.
Allungò una mano, prendendo quella di lui e portandolo dolcemente a sé, lontano dagli sguardi indiscreti che avrebbero potuto penetrare la quiete di quella stanza attraverso la finestra.
Il fuoco scoppiettava ancora nel camino, flebile rispetto alla sera precedente e in procinto di spegnersi.
«Devi fuggire anche tu come quel ragazzo o posso trattenerti ancora un po’?»
«Il treno per Canterbury parte domani e io ho delle faccende della massima importanza da sbrigare.»
La donna sembrò inizialmente piccata per quella risposta ma presto sospirò, allungando le braccia verso il corpo flessuoso ma teso che cinse con dolcezza, affondando il volto nel petto quasi completamente glabro.
Era angosciato ma non voleva darlo a vedere.
Sapeva quanto lui odiasse mostrare le proprie emozioni e molti –praticamente tutti- lo ritenevano un uomo d’ingegno, geniale e logico, ma privo del peso che comportavano i sentimenti. Disumano.
«Sherlock…»
Alzò lo sguardo, scontandosi con quella muraglia impenetrabile che erano i suoi occhi e che la sera prima, inaspettatamente e dopo anni, l’avevano bloccata senza parole sulla soglia di casa.
Non si sarebbe mai aspettata di rivederlo, non dopo ciò che si erano detti l’ultima volta.
L’incontro avvenuto grazie alle paure dell’allora erede al trono di Boemia aveva fatto incrociare una prima volta le loro strade ma alla Sorte non sembrava abbastanza: due anni dopo, in un’improbabile piovosa serata di autunno, lei si era presentata alla sua porta. Non voleva aiuto, consulenze o altre richieste che venivano puntualmente fatte al detective. Un incontro informale, uno scambio alla pari fra l’uomo più ingegnoso d’Europa –se non del globo- e la donna che lo aveva ingannato con tanta maestria.
Holmes era noto per il suo distacco nei confronti del genere femminile che ignorava ma trattava con costume cavalleresco. Solo lei era qualcosa di più e lo aveva dimostrato.
Abbandonando elucubrazioni e pensieri logici aveva lasciato che l’istinto e l’attrazione che provava per quella donna gli offuscassero la mente, acciecandolo per poche ore immortali.
Sapevano entrambi che si sarebbe trattato di un episodio: lei era sposata con un uomo che affermava di amare e ormai abitava nel Continente mentre lui…lui era Sherlock Holmes. Di comune accordo, senza sentimentalismi, decisero che non si sarebbero più visti.
Fino al giorno prima.
Sapeva che lei aveva a Londra ancora un piccolo appartamento e che in quei giorni si sarebbe recata lì senza il marito, lontana dalla sua frenetica vita da attrice parigina.
Aveva lottato con sé stesso e credeva di essere riuscito a dominarsi quando capì che presto avrebbe dovuto lasciare Londra, forse per sempre.
Moriarty e i suoi uomini erano ormai alle sue calcagna, abili cecchini appostati in Baker street e spie ovunque. Sarebbe dovuto partire presto verso la Svizzera, esattamente il giorno dopo. Quella sera stessa sarebbe andato da Watson a informarlo del suo piano e lo avrebbe invitato a compiere con lui anche quell’avventura. Non avrebbe accennato ai suoi timori fondati, almeno non più del necessario: se quella si fosse rivelata come la sua ultima indagine allora le sarebbe andata incontro come ogni volta, se non con più volontà di giustizia. Quell’uomo andava eliminato.
La consapevolezza di averla vicino a sé e la possibilità di non vederla mai più neanche nei suoi sogni lo avevano spinto ad affrontare la notte infestata da ombre.
Pochi convenevoli, il rossore che imporporava le guance di lei. Era sempre bellissima.
Le aveva detto la verità ma non avendo il cuore di spiegare che presto avrebbe potuto leggere di lui in prima pagina, l’annuncio della dipartita del famoso Holmes, odiato nemico del crimine.
Era bastato poco perché lei gli si gettasse fra le braccia, dimentica del loro falso addio.
Quella mattina, dopo un notte passata a unire i loro corpi quasi con disperazione, Holmes si trovava a fare i conti con ciò che sarebbe accaduto da lì a poco.
Non aveva paura, sapeva cosa fare.
E anche se la morte del professore avesse comportato la sua ne sarebbe comunque valsa la pena.
Sentendo nuovamente bisbigliare il suo nome si abbassò un poco, permettendo alle sue labbra livide di incontrare i due petali di rosa della donna.
«…sei preoccupato?»
Sorrise, cingendole la vita e stringendola a sé senza dirle che quel contatto forse gli avrebbe permesso, una volta uscito di lì, di non tornare indietro e passare il resto della sua vita in quella stanza con lei, lontano dal crimine che serpeggiava fra i luridi vicoli del mondo.
Mentì.
«Calcolavo la prossima mossa del professore…ma comunque no, sono tranquillo.»
«Allora perché sei venuto da me?»
Rimase in silenzio.
Sentiva come se tutte le sue abilità analitiche e deduttive, di fronte a lei, andassero in frantumi.
«Irene…»
«So che cosa provi. Mi hai parlato di quel professore in un modo che non lascia scampo all’immaginazione: hai paura che non tornerai…»
«Non ho paura.»
«Ma sai che è così. Per questo hai voluto vedermi…»
Vide il pomo di Adamo di lui salire e scendere velocemente.
Irene si separò da lui, dirigendosi verso l’altro capo della stanza per rivestirsi.
Holmes la seguì, stringendo con dolcezza il polso fragile e facendola voltare. La baciò ancora.
«Questo è un vero addio.»
«E se sopravvivessi?»
«Allora dovrei muovermi nell’ombra: un’intera organizzazione criminale mi starebbe alle calcagna.»
Lasciò che continuasse a vestirsi, sistemandosi anche lui in modo che, una volta uscito di lì, avrebbe potuto raggiungere Baker Street travestito da vecchio libraio.
Irene lo fissò con occhio da intenditrice, offrendosi di aiutarlo per il trucco.
Quando fu pronto erano ormai le dieci di mattino e la città era già sveglia da un pezzo.
Era ora.
La donna lo osservò dare gli ultimi tocchi e si alzò dalla sedia dalla quale lo aveva osservato per un po’ di tempo: come avrebbe potuto il mondo fare  a meno di un uomo come lui?
«Devo andare.»
La porta era aperta, lui già pronto a uscire dalla casa e dalla vita di lei.
Prima che si calasse completamente nel personaggio, indossando la logora bombetta e il cappotto ricucito un’infinità di volte, si sollevò in punta di piedi per baciarlo, avvertendo il profumo di cerone che aveva caratterizzato la sua vita nei camerini.
La tristezza che le attanagliò le viscere per poco non la fece piangere ma non voleva mostrarsi debole, non davanti a lui.
«Cerca di sopravvivere.»
Lui dovette fuggire: non poteva rimanere un minuto di più. Non avrebbe più avuto la forza per andarsene.
Scese le scale, sistemò il travestimento e fu in strada.
Irene Adler, dal terzo piano del palazzo in mattoni rossi, fissava quella figura muoversi fra i passanti frettolosi.
«Ti prego, Sherlock…»




Salve a tutti! Grazie per aver letto la fan fic! E' stato un tentativo un po' eretico e lontano dal vero Holmes ma il suo rapport con Irene Adler mi ha sempre stuzzicata! Vi invito a commentare e vi ringrazio ancora per l'attenzione ^^
   
 
Leggi le 4 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Sherlock Holmes / Vai alla pagina dell'autore: Bethesda