Let me fix your heart
Una
sistemata ai capelli, una spruzzatina di profumo e un'aggiustata al
papillon; Blaine Anderson era pronto per il suo primo giorno.
Uscì
dal bagno e tornò in camera per prendere la borsa, passando
davanti
a uno specchio. Blaine gettò un'occhiata veloce al suo
riflesso e
passò avanti. Poi, ripensandoci, tornò davanti
alla superficie
riflettente. Lo sguardo gli cadde sul papillon a pois. Eh no caro, si
disse. Questo è tremendamente da gay.
Blaine guardò con
rammarico il suo farfallino preferito, per poi sospirare e
toglierselo con un gesto, sconfitto. Doveva assolutamente evitare
qualsiasi cosa potesse anche solo attirare una battuta pericolosa; in
effetti, guardandosi meglio nello specchio, anche i capelli
impomatati potevano costituire un problema. No, un cambiamento alla
volta. Già togliersi il papillon era qualcosa che ancora non
riusciva ad accettare, non poteva aggiungere anche quello.
Blaine fece un sospiro e si arrese a un esame completo del suo aspetto, cercando di ricordare quello che i suoi vecchi compagni definivano “tremendamente da gay”: i farfallini, prima di tutto, poi i chili di gel nei capelli, la camminata col culo stretto...
Blaine si accigliò e provò a camminare con le gambe larghe come un camionista. Smise subito, sentendosi estremamente stupido, e decise che per quel primo giorno poteva andare anche togliere solo il farfallino.
Prese
la borsa e uscì, scese le scale, gridò un
“io vado” alla casa
vuota e raggiunse nel garage la sua costosa auto nero metallizzata.
Nonostante lui avesse di gran lunga preferito una moto, non si poteva
lamentare. Mise in moto e, in retromarcia, uscì dal garage
per poi
arrivare nel vialetto.
Accese la radio e si avviò verso la
scuola.
La sua nuova, temibile scuola.
Dopo essere stato costretto a lasciare il suo vecchio liceo, il signor Anderson, il padre di Blaine, aveva insistito per iscriverlo in un istituto privato, ma Blaine l'aveva pregato di lasciarlo andare in un'altra scuola pubblica. Il ragazzo odiava quegli ambienti dove tutti erano perfetti e dove non poteva fare altro che sentirsi costantemente in trappola e controllato. Il signor Anderson, non particolarmente interessato alla fine del figlio e solleticato dall'idea di risparmiarsi una costosissima scuola privata, aveva infine accettato. Aveva però messo in chiaro che “non avrebbe tollerato una storia come quella capitata in passato”, e che quindi Blaine doveva darsi una regolata.
E Blaine se la diede. Lui e la sua famiglia si erano trasferiti a Lima, dove nessuno lo conosceva e dove avrebbe potuto ricominciare una nuova vita.
Per quanto odiasse rinnegare quello che era, aveva deciso che non avrebbe più sofferto come in passato, anche a costo di dover uscire con delle ragazze. Doveva quindi evitare come la peste qualunque atteggiamento, qualunque cosa che potesse portare qualcuno ad affermare che fosse gay.
Quella era stata una delle decisioni più difficili della sua vita; lui era sempre stato fiero di quello che era, ma dopo quello che era successo aveva cominciato a pensare che forse in lui c'era davvero qualcosa di sbagliato. Blaine scosse la testa, per cacciare quei pensieri. Dopotutto, doveva solo fingere per un ultimo anno, dopodiché se ne sarebbe andato a New York e avrebbe vissuto come -e con chi- gli pareva.
Preso dai suoi pensieri, sbagliò strada non poche volte e arrivò a scuola appena prima l'inizio delle lezioni. Si fece dare in fretta il programma e cercò disperatamente l'aula della sua prima lezione, inglese. Nei corridoi non c'era quasi nessuno, e Blaine non aveva la più pallida idea di dove andare.
-Scusa!- disse, col fiatone, fermando una ragazza bruna, -scusami, potresti dirmi dov'è l'aula del professor Murphie?-
La ragazza si girò appena, continuando a camminare. Blaine la inseguì. -Ci sto proprio andando. Muoviti, siamo in super ritardo!-
L'aula era praticamente dall'altra parte del mondo, e il passo della ragazza era davvero troppo sostenuto; Blaine si ritrovò davanti alla porta a corto di fiato.
La ragazza entrò, constatò che il professore non era ancora arrivato e si rilassò notevolmente, quindi si girò verso Blaine.
-Ciao,
scusami se sono stata un po' brusca ma questo professore è
un
puntualomane...-
Blaine sorrise. -Non fa niente, anzi, ti
ringrazio.-
La ragazza gli porse la mano. -Comunque, io sono
Rachel, Rachel Berry.-
-Blaine-
-Piacere, Blaine. Non mi sembra
di averti mai visto qui.-
-Mi sono appena trasferito- disse
Blaine. Il professore era entrato e i due ragazzi si erano diretti
verso le file vicino alla finestra. Rachel si impossessò di
una
sedia e posò la borsa sopra il tavolo. Blaine
esitò.
-Puoi
sederti- disse la ragazza con un sorriso. Blaine annuì
riconoscente.
-Allora, da dove vieni?-
-Westerville-
-E
perché hai deciso di trasferirti in questo concentrato di
banalità?-
A Blaine sfuggì un sorriso. -Beh, anche la gente
comune ha bisogno di vedere una star di tanto in tanto, e mi sono
sentito in dovere di far loro questo piccolo favore.-
Rachel lo
guardò scettica. -Non ne hanno bisogno, dolcezza, ci sono
già io
che brillo più della penna di Brittany.-
Blaine capì che si
riferiva alla penna della ragazza bionda seduta davanti a loro, che
aveva una pallina sul tappo a forma di stella, ricoperta di
brillantini e che si illuminava a intermittenza. Scoppiò a
ridere, e
Rachel si unì brevemente.
Quando
la campana suonò Rachel si alzò subito e Blaine
rimase solo. Passò
il resto della giornata ad annaspare cercando le aule giuste. Nessuno
gli aveva rivolto più la parola. Da un lato era un bene,
dall'altro
stava cominciando ad essere deprimente, soprattutto perché i
primi
anni di liceo, prima che i bulli cominciassero a tormentarlo, era
stato abbastanza popolare. Ma ancora c'era tempo, non doveva
preoccuparsi. Tuttavia fu sollevato di rivedere Rachel alla fine
della giornata, durante storia. Anche lei sembrava contenta, e si
sedette accanto a lui. Parlarono un po' del più e del meno e
quando
la lezione terminò si diressero insieme al parcheggio.
Aveva
cominciato a piovigginare.
-Oh no!- si lamentò Rachel, facendo
una smorfia esagerata e mettendosi la borsa sulla testa nel tentativo
di proteggersi, - non ho l'ombrello! Mi si rovinerà la
piega!-
-Ce
l'ho io!- disse Blaine, trafficando con le cinghie della sua borsa.
-Aspetta... ecco!-
Aprì l'ombrello blu e vi si riparò sotto
insieme a Rachel.
-Grazie- disse lei, -ti dispiacerebbe
accompagnarmi fino all'entrata? Mi aspettano lì-
-Certo che no-
disse Blaine. -Muoviamoci però, sta cominciando a piovere
forte.-
Mentre si avviavano, passarono davanti al campo di
football. I giocatori avevano interrotto gli allenamenti per via
della pioggia e alcuni di loro si erano tolti la maglietta e il casco
per frustarsi scherzosamente tra di loro.
Rachel si arrestò di
colpo per guardarli e anche Blaine fu costretto a fermarsi suo
malgrado. Insomma, era interessante vedere tutti quei pettorali
bagnati dalla pioggia, ma aveva deciso di evitare tutti i
comportamenti che potevano essere etichettati e di sicuro sbavare sui
musculi dei giocatori era una di quelle cose da evitare.
-Rachel,
per favore, possiamo andare? Sto congelando-
Blaine notò che la
ragazza stava guardando un particolare giocatore, alto come una
cattedrale, che in quel momento stava sistemando una ciocca dietro
l'orecchio di una cheerleader bionda. Rachel si riscosse.
-Sì,
sì, andiamo. Muoviti, Blaine, se mi viene il mal di gola la
mia vita
è finita.-
Blaine alzò gli occhi al cielo e cercò di starle
dietro per coprirla con l'ombrello. Arrivati all'ingresso Blaine vide
un fuoristrada bianco fermo ldall'altra parte della strada, in
attesa.
-E' quello- disse Rachel indicando il fuoristrada. -Cose
da pazzi, non viene neanche a prendermi con un ombrello.
Probabilmente non vuole bagnarsi. Che faccia tosta!-
Blaine pensò
che si riferisse a chi stava al volante. -Non preoccuparti, ti
accompagno io.-
Detto questo attraversarono e Blaine scortò
Rachel fino alla portiera del passeggero. Rachel l'aprì ed
entrò,
per poi rivolgersi a Blaine.
-Grazie mille. A domani!-. E gli
stampò un energico bacio sulla guancia.
Uno sbuffo sonoro
provenne dal lato del guidatore. Blaine si chinò un po' per
poterlo
vedere in faccia, ma quello si girò e mise in moto.
Poté solo
vedere il profilo di un ragazzo e una chioma castana perfettamente
acconciata, e nient'altrol.
Ah si, anche un dito medio alzato
nella sua direzione. Blaine si allontanò velocemente.
-A domani.-
disse a Rachel, che non si era accorta di nulla. Lei sorrise e chiuse
la portiera.
Blaine si diresse nuovamente verso il parcheggio
della scuola, sotto la pioggia, per recuperare la sua, di auto. Era
rimasto indispettito dall'atteggiamento del guidatore accanto a
Rachel e non capiva il motivo del suo gesto. Si girò verso
il
fuoristrada bianco e vide al suo interno Rachel sporsi per dare un
bacio all'altro ragazzo.
Ma certo, si disse Blaine. Probabilmente
quello è il suo ragazzo e si è ingelosito quando
lei mi ha baciato
sulla guancia. Blaine scosse la testa, e tornò alla sua
macchina.
*
La settimana passò quasi tranquillamente. Blaine si accorse che anche lì -come ovunque, d'altronde- c'erano alcuni giocatori di football che si divertivano a tormentare i più deboli o chiunque considerassero “sfigato”. Aveva deciso di stargli alla larga, quando un giorno per sbaglio urtò uno di loro per i corridoi (probabilmente, data la bassa statura di Blaine, quel colosso neanche l'aveva notato) e quello si era rovesciato addosso il caffè. Furente e dolorante per il contatto con il caffè bollente, aveva dato uno spintone a Blaine che finì malamente per terra.
-Ehi, guarda dove vai, signorino “mi-metto-la-maglietta-dentro-ai-pantaloni”!-
Blaine si era rialzato ed era corso via. Bene, di togliersi la maglietta dai pantaloni era fuori discussione; faceva terribilmente stile trasandato. Ma non poteva permettersi neanche un solo accenno di bullismo, perché, come ben sapeva, le cose ci mettevano poco a degenerare.
Aveva
bisogno di protezione. Lo sguardo di Blaine cadde sul poster che
sponsorizzava la squadra di football, e sorrise.
Perfetto.
Venne
preso come kicker, con gioia di Blaine. La coach non sembrava molto
convinta, ma Blaine sapeva essere molto persuasivo e riuscì
ad
ottenere il suo posto in squadra, cercando di non offendersi troppo
all'ipotesi che la coach potesse ritenerlo troppo basso anche per il
ruolo di kicker. Nella squadra c'erano dei ragazzi simpatici, e
Blaine prese a frequentarli.
-Ehi,
Blaine!-
Il ragazzo si voltò e vide che Rachel correva nella sua
direzione. Le lezioni quel giorno erano terminate e lui stava
riponendo le sue cose nell'armadietto.
-Rachel- la salutò,
sorridendo.
-Scusami, dopo quella volta non ho avuto più modo di
ripescarti... sei diventato impegnato, eh?-
Blaine capì il
riferimento all'ammissione in squadra e fece un sorriso stanco.
-Non
penso durerà molto. Abbiamo fatto solo tre allenamenti e
già non ce
la faccio più. A me piace lo sport, solo che lo trovo
più
divertente quando gli altri sudano e io sono spaparanzato sul
divano-
Rachel rise. -Ma allora, perché sei entrato?-. Senza
aspettare risposta, riprese a parlare. -Senti, ho visto che sei
diventato amico con Finn Hudson...-
Finn era il quaterback della
squadra di football, il ragazzo che Rachel si era mangiata
letteralmente con gli occhi quel giorno sotto la pioggia. Blaine fece
un sorrisetto.
-Mi sembrava strano che mi tornassi a rivolgere la
parola dopo una settimana solo per il piacere di sentire la mia
voce...-
Le guance di Rachel si infiammarono. -Non è per quello!
A me non interessa!-
In quel momento una ragazza bruna ispanica
con la divisa da cheerleader passò accanto a loro.
-Muoviti,
naso-da-pellicano, Schuester ci voleva in aula dieci minuti
fa-
-Grazie Santana, arrivo!-
Rachel si rivolse a Blaine. -Devo
proprio andare, il Glee Club è un branco di animali famelici
pronti
a rubarsi tutti i miei pezzi non appena giro lo sguardo. Ci vediamo
domani?-
-A domani- assicurò Blaine. Rachel sorrise e si
affrettò
a seguire la cheerleader ispanica.
Blaine era uscito dal parcheggio della scuola e stava percorrendo la strada principale, quando decise di fermarsi in un bar e prendere qualcosa. Si fece confezionare una brioche e qualche ciambella, con l'intenzione di consumarle nel pomeriggio, quando la sua attenzione fu catturata da un grido soffocato proveniente da dietro il bar. Blaine raggiunse la fonte del rumore e si ritrovò in una stretta stradina dove era parcheggiata alla buona una grossa auto bianca. Il cofano era alzato e qualcuno c'era chinato sopra, praticamente infilato dentro.
Lo sguardo di Blaine cadde sul didietro che sporgeva, fasciato da dei pantaloni bianchi. Imbarazzato, fece un colpo di tosse per richiamare l'attenzione. L'altro sobbalzò e sbatté la testa contro il cofano aperto, gettando un lamento identico a quello di prima.
-Tutto bene?- chiese Blaine.
L'altro
si girò, massaggiandosi la testa, e a Blaine
mancò il fiato. Era un
giovane abbastanza alto, con dei pantaloni bianchi particolarmente
aderenti infilati in degli stivali scuri e una maglietta a maniche
corte grigia. Blaine si costrinse a togliere lo sguardo dal suo corpo
e lo fissò sul suo volto, rimanendo doppiamente senza fiato
alla
vista di due occhi azzurri come il mare.
Il ragazzo lo guardò
male. -Cosa vuoi? Mi hai fatto quasi spaccare la testa-
-Mi
dispiace. Pensavo ti servisse una mano-
-A meno che tu non sappia
riparare questo affare, cosa che dubito tu possa fare, non mi servi-
Blaine
lo fissò risentito. Poteva essere bello quanto gli pareva,
ma la
gentilezza non era il suo forte. Nonostante in effetti non se ne
intendesse granché, provava un enorme desiderio di fargli
vedere che
si sbagliava, quindi senza pensarci troppo si avvicinò
all'auto e
cominciò a studiare il problema, cercando di non farsi
mettere in
soggezione. Ora che era accanto a lui Blaine poteva appurare che il
tipo era almeno dieci centimetri buoni più alto, ma sembrava
fossero
venti. Blaine cercò di raddrizzarsi il più
possibile.
Fortunatamente il problema della macchina non era
niente di complicato.
-Vedi, qui si è bruciato questo pezzo. Ora dovrei poter fare qualcosa, vediamo...-
Sperava davvero che tutto funzionasse; voleva dimostrare a quel tipo che si sbagliava a giudicarlo un incapace e nello stesso tempo voleva fare bella figura.
-Ecco, prova a mettere in moto.-
Il
tipo in pantaloni bianchi sollevò un sopracciglio, scettico.
Poi si
mise alla guida e mise in moto. Un rombo soffuso indicò che
la
macchina partiva.
Blaine si strofinò soddisfatto le mani per
ripulirle e chiuse il cofano.
Il ragazzo non si era mosso dal suo
posto, anzi aveva chiuso la portiera e si stava allacciando la
cintura. Blaine si affacciò al finestrino in punta di piedi,
per
quanto era alto il fuoristrada.
-Non vorrei essere presuntuoso, ma
potresti almeno ringraziare.-
Il tizio lo fissò con i suoi occhi
azzurri che mandarono in confusione Blaine.
-Non te l'ho chiesto
io di aiutarmi-
Detto questo, ingranò e partì, lasciando Blaine
a bocca aperta con una espressione poco sveglia sul viso, dovuta sia
all'atteggiamento del ragazzo sia ai suoi incantevoli occhi.
*
-Sono
nei guai-
Blaine e Rachel si stavano dirigendo insieme verso
l'aula di storia, quel lunedì.
-E perché mai?- chiese
Blaine.
Rachel sbuffò. -Matematica. Non l'ho mai capita e
continuo a non farlo. Il problema è che la nuova
professoressa
sembra avermi preso di mira, e ho bisogno di voti perfetti per
entrare al college! Il mio futuro verrà rovinato per degli
stupidi
numeri!-
Blaine la guardò divertito, dandole delle pacche sulla
spalla mentre lei continuava a disperarsi drammaticamente. -Su,su.
Non è così grave.-
-Lo è invece!-. Rachel tirò su col naso,
poi gli gettò un'occhiata.
-No- disse Blaine, fermo. -Non se ne
parla nemmeno.-
-Ti prego!-
-No.-
-Ti prego, ti prego, ti
prego, ti prego, ti prego, ti prego...
-Per l'amor di Dio
Rachel spegniti!- disse Blaine tappandosi le orecchie e ridendo.
Rachel continuò a saltellargli attorno strillando e
pregandolo e
Blaine fu costretto a cedere.
-D'accordo, d'accordo. Ti
darò ripetizioni.-
-Evviva!- strillò Rachel. -Allora ci vediamo
da me oggi alle quattro e mezza?-
-Va bene-
-Sei la mia
salvezza. E senti...- Rachel sorrise. -Mi chiedevo se ti andava... di
uscire, un giorno di questi.-
-Ho già detto che te le do le
ripetizioni...-
-Non per studiare. Un appuntamento, ecco-
A
Blaine cadde quasi la mascella, ma cercò di riprendersi in
fretta.
-E il tuo ragazzo? Quello della macchina?-
-Quello non è il mio
ragazzo.- rise Rachel, -è il mio fratellastro. Allora?-
Blaine
non sapeva come dirle che non era esattamente il suo tipo. Ma neanche
lontanamente.
-Rachel!-
Una ragazza bionda salvò Blaine
attirando l'attenzione di Rachel e immergendola in una discussione su
chissà cosa. Blaine cercò di svignarsela
silenziosamente, ma finì
dritto contro Noah “Puck” Puckerman e altri
componenti della
squadra di football.
-Abbiamo sentito, furbacchione,- disse Puck,
mettendogli un braccio attorno alle spalle, -la Berry eh? Bel
bocconcino, per essere uno arrivato solo da una settimana!-
E gli
diede un pugno giocoso sul bicipite. Anche gli altri, passando,
fecero lo stesso, per congratularsi con lui. La mente di Blaine
ragionava veloce. Certo, dal voler solo nascondere il fatto di essere
gay a uscire con una ragazza ne correva, ma in quel modo avrebbe per
sempre stroncato qualsiasi possibile diceria sul suo conto. E quello
più la sua ammissione nella squadra dovevano riuscire a
tenerlo
lontano dai guai per tutto l'anno, che in effetti era lo scopo di
Blaine.
Certo che però uscire con una ragazza...
Blaine aveva
deciso. Raggiunse nuovamente Rachel, che aveva finito di parlare, e
riprese il discorso.
-Certo che possiamo uscire. Mi piacerebbe davvero.-
Note
dell'autrice: Bene, eccomi qui. Questo è un inizio
insolitamente
lungo anche per i miei gusti, ma dividerlo non mi sembrava il caso!
Ho ideato la storia per farla concludere a non più di una
decina
(forse dodici) capitoli. Anche se chi lo sa, potrei farmi prendere la
mano, cosa che succede abbastanza spesso!
Se la storia vi
incuriosisce o interessa, per favore lasciate un commento. Mi fa
sempre tanto piacere sapere cosa ne pensate!
See you soon.
Nel
prossimo capitolo, un interessante incontro a casa Berry.