LA BALLATA DELLA LUNA STANCA
Amavi la luna, ragazzo indifeso,
quel pallido sole del cielo regina.
Parlavi esitante a quel globo sospeso,
nel cuore la brama d’averla vicina.
Nel cielo il mutabile, bianco sorriso
guidava il torpore nei sogni più lieti.
E nell’oppressione di un sonno reciso
Scorgevi la forma tra gli alberi cheti.
Lei sola sembrava capirti realmente,
scostante bagliore a far cenno d’intesa.
Fredda è la luce sul corpo rovente,
ghiacciate moine che incerta soppesa.
Uscisti una sera non visto, piccino,
l’amore di madre volevi cercare
quel piccolo sole nel cielo, il lumino
che solo là in alto riuscivi a trovare.
Brillava quel globo di luce infinita:
lontano, indistinto, il pianto dei lupi.
La pena del corpo e del senno lenita,
scrollava dal cuore i pensieri più cupi.
Nell’ombra acquattata ti stava a guardare
nascosta tra i rami, la bestia schifosa
e mentre la madre tu stavi a bramare
il figlio ti tolse una cosa preziosa.
Urlasti alla luna il tuo pianto solenne,
artigli strapparono il fino tessuto.
Lei invece sereno distacco mantenne,
nel cielo il suo bianco sorriso zannuto.
Ed ecco che adesso tu pure sei figlio
del bianco bagliore d’argento splendente.
Dal cielo si leva affettuoso bisbiglio
che adesso per te non significa niente.