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Autore: shikamarta    07/03/2012    1 recensioni
papà,ormai ho combinato un macello. Ma forse è meglio così.Forse io e Teddy siamo troppo diversi, non siamo fatti per stare insieme, siamo troppo distanti...forse...
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Teddy Lupin, Victorie Weasley | Coppie: Teddy/Victorie
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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FIGLIO DI NESSUNO
 
“Forse non è vero amore 
Se dico che tu mi sei la cosa più cara;
Amore è il fatto che tu sei per me
Il coltello col quale frugo dentro me stesso.”
 
Stava rigirando quel pezzo di carta, nelle mani, ormai da diversi minuti, le sue forse per il momento non le permettevano altro.
All’inizio non era neanche riuscita a leggerlo, gli occhi colmi di lacrime e la mente offuscata dal dolore non glielo avevano permesso. Poi, quando finalmente ce l’aveva fatta non ne aveva capito il senso.
Cosa diavolo aveva voluto dirle il suo fidanzato?
Oh, adesso che ci pensava meglio, il suo ex-fidanzato.
Probabilmente non aveva avuto il coraggio di parlare, e come ormai temeva, non aveva avuto il coraggio di lasciarla di persona.
A quel pensiero una nuova ondata di lacrime e disperazione la travolsero in pieno.
Teddy era fatto così, impulsivo, poco riflessivo e non ci aveva pensato due volte prima di lasciarla in un modo tanto misero!
Ma dopo tutti quegli anni uno stupido biglietto con sopra un’altrettanto stupida poesia non era certo ciò che si meritava. Non dopo avergli donato tutta se stessa.
E, certo, le sue amiche avevano tentato di metterla in guardia, di avvertirla che quello strano ragazzo dai capelli blu, rossi, verdi o rosa che fossero (era bastato anche solo questo particolare a convincerle) non avrebbe portato niente di buono all’interno della sua vita, in fin dei conti, perfetta.
E nonostante lei non avesse dato retta alle loro parole, prive fino a quel momento di fondamento, loro non lo avevano mai accettato in pieno, e non avevano certo perso occasione per ribadirle il concetto, anche di fronte al povero ragazzo.
Lei, dal canto suo, lo aveva sempre difeso a spada tratta. Ma solo ora si rendeva conto che, forse, non aveva fatto altro se non rinnegare la dura realtà.
Lei era ad un livello nettamente superiore, era una donna bella, intelligente, una strega di grande talento che avrebbe fatto grandi cose nella sua vita.
Lei era la figlia maggiore di Bill Weasley e Fleur Delacour, la prima di una nuova stirpe di Weasley!
Invece lui era solo un ragazzino ribelle e volubile, un figlio…di nessuno.
 
 
 
Figlio di nessuno.
Quelle prole rimbombavano ancora nella sua testa, e facevano male come se un bolide l’avesse colpito dritto in faccia.
Per la barba di Merlino!
Figlio di nessuno!
Così aveva osato appellarlo quella sfacciata.
Se fosse stato totalmente lucido avrebbe capito che quelle parole non appartenevano a Victoire , bensì a quelle ochette delle sue amiche.
Ma sentendo quell’espressione non aveva più capito niente, e aveva mandato a quel paese la donna che amava senza troppi complimenti e senza curarsi delle lacrime che le rigavano il viso scolorito.
Era scappato via, era l’unica cosa che gli era venuta in mente. Per qualche secondo aveva pensato di rifugiarsi a casa Potter, ma immediatamente aveva cambiato idea. Loro non avrebbero capito.
Si era diretto, quindi, alla casa che condivideva con sua nonna Andromeda. 
Dopo la lunga corsa le idee si erano un po’ schiarite. Gli era quasi venuta voglia di tornare indietro, di abbracciare forte Vic e asciugarle le lacrime.
Ma poi aveva visto la foto. L’unica foto all’interno di quella stanza in cui non era presente anche Victoire.
La stessa foto che guardava prima di andare a dormire e non appena schiudeva gli occhi la mattina. La foto con cui parlava quando qualcosa lo turbava o lo rendeva felice, e che fissava per interminabili minuti senza capirne il perché.
La sola foto che lo ritraeva con i suoi genitori.
A quella vista aveva digrignato i denti, divenuti delle lunghe zanne per l’agitazione e per la rabbia. Aveva scritto in fretta su di uno stropicciato pezzo di carta una frase babbana che aveva letto da qualche parte, e glielo aveva spedito.
Ed ora era li, steso sul suo letto, con la foto ancora stretta nelle mani. Non riusciva a staccare lo sguardo dal viso stanco e pieno di cicatrici di suo padre, e dallo sguardo raggiante incorniciato dalla chioma rosea di sua madre che lo cullava tra le sue esili braccia.
Sorrise al pensiero del giorno in cui era nato, glielo aveva raccontato Harry, al terrore di suo padre nel pensare che suo figlio fosse come lui, un mostro.
E il suo sorriso si fece ancora più largo ripensando con quanta fierezza aveva scoperto che il suo patronus era un lupo.
Scostò gli occhi dalla foto. I ricordi erano lontani, ma facevano ancora male.   
Il pensiero gli volò immediatamente al biglietto che aveva scritto e spedito qualche ora prima.
Si cruciò mentalmente innumerevoli volte.
Che idiota era stato. Solo ora, però, se ne rendeva conto.
Cosa aveva pensato di dirle con quella poesia?
Voleva lasciarla?
Voleva farla star male?
Voleva, forse, farle capire cosa provava?
Perché era proprio così che si sentiva quando stavano insieme . lei lo portava a porsi delle domande che da solo non si sarebbe mai posto. E poi lo costringeva a trovare dentro di se le risposte, una ricerca dolorosa ma essenziale, ormai lo sapeva bene, ma la cosa gli faceva male ugualmente.
Lei era il riflesso di ciò che lui non era. Bella, brillante, pacata e riflessiva e con alle spalle una famiglia, più che numerosa, che l’amava e la proteggeva.
Lei non sapeva minimante cosa volesse significare essere un figlio di nessuno.
 
 
Figlio di nessuno.
Si pentì immediatamente di ciò che aveva pensato.
Come subito si era pentita di aver pronunciato quelle stesse parole alla persona per lei più importante. Lei non credeva affatto a ciò che aveva detto, ma in quel momento le era sembrata la cosa più ovvia da dire. E non appena si era resa conto che decisamente non lo era, il danno era già fatto. I capelli di Teddy era diventati di fuoco come il suo volto, le sue parole e i suoi sguardi si erano fatti taglienti ed era corso via.
A lei non era restato che piangere sul late versato. 
Molto lentamente si era costretta a tirare in dietro le lacrime e a dirigersi a casa.
Li la aveva accolta molto calorosamente la madre, che con il suo solito accento francese le aveva domandato come mai Ted non fosse loro ospite quella sera.
A quelle parole la ragazza era scoppiata nuovamente a piangere ed era corsa a nascondersi in camera sua.
Dalla porta del salotto fece capolino la faccia corrucciata di Bill, ma la moglie si era limitata a scuotere la testa . Neanche lei ne sapeva molto.
Vic era ancora stesa sul suo letto con gli occhi gonfi per il pianto quando qualcuno bussò alla sua porta.
La ragazza non fece cenno alcuno, e come se il suo silenzio fosse stato un invito ad entrare, la porta si spalancò lasciando entrare un accigliato Bill, nessuna porta  poteva essergli chiusa in casa sua, amava ripetere ai suoi figli o a sua moglie quando questi cercavano un po’ di privacy.
Alla sua vista Vic strinse la mano in cui ancora teneva il biglietto come per proteggerlo.
Bill accostò la porta alle sue spalle e andò a sedersi sul letto della figlia che si scostò leggermente. Lui le si avvicinò e tentò di scostare alcuni ciuffi biondi dalla faccia della figlia, che le erano rimasti incollati a causa delle lacrime. Ma lei lo respinse con fare seccato.
Bill sospirò rassegnato.
“Sei proprio uguale a tua madre! Comunque, piccola mia, qualsiasi cosa sia successa io sono qui per te. E se solo Teddy ha osato fare qualcosa per ferirti puoi scommettere che i capelli di quel ragazzo rimarranno bianchi per un bel po’!”
A quelle parole sentì le lacrime riaffiorare per la quinta o sesta volta in quella giornata.
Si buttò al collo del padre come non faceva ormai da diverso tempo, e pianse le poche lacrime che le erano rimaste .
“Oh, papà! Sono un’idiota…”
Riuscì a mormorare prima che una lunga serie di singhiozzi le impedisse di proferire altro.
“Tesoro mio, qualsiasi cosa sia successo, o qualsiasi cosa tu abbia fatto, c’è ancora tempo per porvi rimedio. Non lo sai che puoi fare qualsiasi cosa tu voglia? Eppure mi pare di avertelo detto diverse volte!” 
Dicendo questo, Bill, le sfiorò il naso arrossato con la punta dell’indice, e le non poté fare altro che sorridergli di rimando.
“Papà, ormai ho combinato un macello. Ma, forse, è meglio così. Forse io e Teddy siamo toppo diversi, non siamo fatti per stare insieme, siamo troppo distanti…forse…”
La porta si aprì nuovamente lasciando entrare l’esile figura di Fleur che sorreggeva un vassoio sul quale erano poggiate due tazze fumanti colme di un liquido ambrato. Si accostò ai due, e diede ad ognuno la sua tazza di the e un bacio sulla fronte.
Suggerì all’orecchio del marito di lasciare sola la loro bambina, per farla riposare.
L’uomo si alzò e, seguendo il consiglio della moglie le cinse saldamente la vita e si avviò alla porta insieme a lei.
Victoire ,ormai sola, soffiò sul suo the bollente ripensando a sua madre e a suo padre: lui un avventuriero coraggioso e caparbio, lei la donna più bella, ed anche la più arrogante, che avesse mai conosciuto.
Così diversi eppure tanto simili nei sentimenti che provavano l’uno per l’altra, e per i loro figli.
Posò il the sul suo comodino, non riusciva a berlo.
Decise di fare un giro per la casa, anche solo per ridare n po’ di sensibilità ai suoi arti. Uscì silenziosamente dalla sua camera, la porta di sua sorella era chiusa, probabilmente era al telefono con loro cugina Rose ad organizzare qualche stramba protesta. Il fratello era appena tornato a casa, e le sorrise amabilmente passandole accanto.
Scese al piano di sotto, senza una meta ben precisa, e vide la madre accoccolata sul divano intenta a sfogliare “il settimanale delle streghe”. Bill andò a sedersi accanto a lei, e tentò in tutti i modi di attirare l’attenzione della moglie su di se. 
A quella scena Vic trattenne a stento una risata.
La madre, scollando finalmente gli occhi dalla sua rivista, iniziò a baciare l’uomo che le stava al fianco, percorrendo con le sottili dita le brutali cicatrici che ricoprivano il volto del marito.
Victoire sentì una fitta allo stomaco.
Così diversi, eppure si amavano così tanto.
Una sola domanda le affiorò alla mente: lei sarebbe mai stata capace di amare tanto una persona?Non attese una risposta, ma si diresse immediatamente alla porta d’ingresso e la fece sbattere alle sue spalle con un clangore tale da far rinvenire Bill e Fleur dal loro, piccolo, momento d’intimità.
 
 
Tutte le altre foto in quella stanza erano con lei. E tutte gli facevano ricordare un momento piacevole passato insieme. Perché non si scattavano foto anche nei momenti bui. In quei momenti tristi e infelici durante i quali non vorresti altro se non morire?
E pensandoci bene, in quel omento si sentiva proprio così.
Scosse la testa, come a voler cacciare quegli inutili pensieri,e s ritrovò a fissare una foto in cui aveva appena otto anni, e Vic sei. Ne combinavano di tutti i colori, e non era di certo un eufemismo! Un giorno giocando con la bacchetta che Ron aveva lasciato , come suo solito, incustodita, avevano tinto i capelli a tutti. Per essere come quelli di Teddy, si era giustificata lei.
Ricordava tutte le volte che avevano giocato a nascondino nella Tana, facendo spaventare tutti, persino la nonna Molly! 
Guardando altre foto ricordò il triste  giorno in cui Vic lo aveva trovato rannicchiato in un angolo del giardino a piangere tutto solo.
Alla vista della bambina lui aveva tirato indietro le lacrime tentando di darsi un contegno. Ma Vic non era una sciocca, neanche allora. Aveva subito intuito che qualcosa non andava. Si era seduta al suo fianco e aveva cominciato a piangere e strillare senza alcun ritegno ( d’altronde aveva appena dieci anni!) , lei non poteva essere felice se non lo era anche Teddy.
Poi, quando lui era ormai al terzo anno ad Hogwarts, la considerava una specie di palla al piede. Una ragazzina viziata che tentava di imitarlo e stare sempre con lui.
In seguito lei era cresciuta, in tutto e per tutto, ed era diventata la ragazza più bella dell’intera scuola. Era circondata di amiche e, soprattutto, di aitanti corteggiatori, la maggior parte dei quali più belli e in gamba di lui.
Era stato in quei momenti che aveva quasi temuto di perderla. Ma poi, un bel giorno, lei lo aveva baciato, e i suoi capelli si erano tinti di rosa!
Successivamente lei lo aveva presentato alla famiglia, che lo conosceva già abbastanza bene, come suo fidanzato ufficiale, e tutti ne erano stati contenti, persino Fleur! 
Poi c’era stata la loro prima volta, la loro prima vacanza insieme, e la prima volta che avevano parlato di un ipotetico futuro, l’uno accanto all’altra.
Pensando a quegli avvenimenti che avevano costellato la sua intera esistenza, la sua bocca si allargò in un sorriso sereno e adorabile. Se James lo avesse visto in quel momento non avrebbe riconosciuto in  lui suo cugino.
Ma ad un tratto il sorriso scomparve con la stessa velocità con cui era spuntato, lasciando posto ad un’espressione sconcertata accompagnata da una strana sensazione alla bocca dello stomaco.
Non poteva credere che a causa di quel pomeriggio rischiasse di perdere un’intera vita. 
Saltò immediatamente in piedi, prese la porta e si diresse all’uscita.
Si fermò improvvisamente al centro del corridoio, e tornò di fretta in camera sua, come se si fosse dimenticato qualcosa di essenziale. Prese la foto che ancora giaceva sul suo letto disfatto, la guardò a lungo e poi la ripose sul suo comodino. Riprese la corsa che aveva interrotto poco prima, ma questa volta una figura gli sbarrava la strada. Andromeda aveva abbandonato il suo lavoro a maglia per controllare cosa provocava tutto quel chiasso.
Lui la oltrepassò magistralmente, imprimendo un breve bacio sulla sua pelle scabra.
In men che non si dica si ritrovò in strada , faceva un freddo cane ma lui aveva dimenticato il cappotto per la fretta. Non vi era tempo per tornarlo a prendere, doveva correre da lei, scusarsi e porre rimedio ai suoi sbagli.
Non importava che ci fossero stati giorni come quello, come non importava che ce ne fossero altri ancora peggio. Lui si circondava di foto felici perché erano quelli i momenti importanti. I momenti sui quali avrebbe costruito il suo futuro. Il loro futuro.
 
Stava pensando questo quando giunto ad un incrociò si arrestò immediatamente. Dall’altra parte della strada, persa in un mare di gente, una donna bionda che, come lui aveva scordato il cappotto per la fretta, tentava di riscaldarsi sfregandosi velocemente le braccia, mentre, i languidi occhi azzurri passavano da un volto all’altro freneticamente. E lei veniva sballotto ata di qua e di la dalla gente, che di fretta, non si curava minimamente di lei. A quella vista, tanto dolce quanto buffa, Ted scoppiò a ridere. Una risata squillante e inconfondibile, che non appena giunse alle orecchie della bionda la fece voltare di scatto, e i suoi occhi, stremati dalla ricerca, trovarono un po’ di sollievo fermandosi in quelli di lui. Rimasero per qualche secondo a fissarsi, ognuno al proprio posto senza sapere bene che mossa fare. Poi lui le si avvicinò lentamente, e quando le fu abbastanza vicino la strinse forte a se, senza ricevere alcuna resistenza da parte sua, e tentò di riscaldarla come meglio poteva. Quando si distaccò dolcemente, il volto sorpreso e arrossato a causa del freddo e del pianto, lo fece di nuovo ridere. Lei di rimando lo prese a pugni sul petto, trattenendo a stento una risatina isterica. Ted l’attirò a se, premendo le labbra sulle sue. Quando tentò di stringerle le mani si accorse che nel pugno chiuso teneva ancora il biglietto che le aveva, stupidamente, spedito quel pomeriggio. Alla vista della causa dei suoi mali viso di Vic si rabbuiò. Teddy prese il biglietto nella sua mano, e lo stinse forte. Quando riaprì il palmo vi erano solo dei piccoli pezzi bruciacchiati che, vennero trasportati lontano dal vento . I suoi capelli erano diventati lillà, e questa volta toccò alla sua ragazza ridere di gusto. Ma prima che lui potesse protestare lo attirò a se, baciandolo con foga. I passanti li scansavano bofonchiando qualche insulto e guardandoli con disprezzo; i bambini li additavano e scoppiavano a ridere vedendo il volto delle loro madri tingersi di rosso. Ma i due troppo attenti l’uno all’altra, non si accorsero di niente. Ne delle parole di troppo, delle risatine sconce, dei fischi e degli applausi. E non si accorsero nemmeno del filo rosso che li stava unendo inesorabilmente.





Questa è la prima fan-fic in assoluto che scrivo! Mi sento abbastanza impacciata, ma spero solo che la storia possa piacervi ( e che non vi accorgiate degli errori, che sicuramente, avrò fatto xD) grazie per averla letta!
  
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