E’ la mia
prima fic che non fa parte di Harry
Potter.
L’ho inserita
nel mio ciclo delle ninna nanne infrante.
Perché? Perché mi
ha cullato in una triste notte senza sonno.
E’ difficile da mandare via l’amaro.
Quello che ti resta in bocca.
E tu continui, continui a bere acqua cristallina.
E così non fai altro che ravvivare il sapore pungente.
Eppure
alcuni sopravvivono. Ma a che prezzo?
Come il sangue che non si ferma, e
continua imperterrito ad uscire dalla ferita che prima si stava rimarginando,
ma che si è riaperta perché non hai aspettato abbastanza.
Hai forzato la situazione.
E magari qualcuno ha infilato il coltello nella piaga.
Eppure
alcuni sopravvivono. Ma a che prezzo?
Cosa centra? Doppi sensi.
Metafore. Sinonimi.
Chiamali come vuoi.
Ma la vita è cruda.
Cruda e sanguinolenta.
La puoi sanare.
Puoi renderla migliore.
Ma se è marcia dentro pian piano la volontà ti abbandona.
Ti lascia, per soffiare in altri cuori.
Puoi sempre rassegnarti a te stessa.
Ma la rassegnazione a volte gioca brutti scherzi.
Eppure
alcuni sopravvivono. Ma a che prezzo?
Non si scherza con la morte. E’ un
gioco pericoloso.
Neanche la fortuna ci gioca.
I rischi sono alti.
Eppure alcuni si salvano.
Si salvano…anche se in pochi…
Eppure
alcuni sopravvivono. Ma a che prezzo?
Ci vuole coraggio dicono…peccato che
chi lo dica una cosa del genere non l’ha mai provata.
Ci vuole il nulla.
L’annientamento.
La tua anima deve essersi consumata.
Ci vuole il buio totale davanti ai tuoi
occhi.
Il diavolo nella mente.
Il sordo silenzio nelle tue orecchie.
Ci vuole il vuoto sotto i tuoi piedi.
Ci vuole una patina intorno al tuo
corpo.
Ci vuole l’arresto del tuo cuore.
Eppure
alcuni sopravvivono. Ma a che prezzo?
Bisogna essere al limite
per giocare con la morte.
Bisogna essere o troppo consapevoli o
troppo ingenui.
Bisogna aver azzardato troppo o non
aver azzardato nulla.
Eppure
alcuni sopravvivono. Ma a che prezzo?
Al prezzo della vergogna.
Dell’umiliazione.
Della consapevolezza che non sei capace di gestire ne la vita ne la morte.
Che la vita è un piccolo filo che tesse
una tela, che tu non sai se sarà lunga o corta.
Sarà il sarto a decidere quando
tagliare il filo.
E allora la tua tela sarà alla sua fine.
Penso
che l’unica cosa che si possa fare sia usare la tela
per fare un bel vestito.
Ho scritto questo testo un anno fa. Non ero molto felice.
Neanche oggi sto molto bene, non in senso fisico, ma psicologico.
Non che sia pazza (come no!! N.d.lettori) solo che sono molto giù…vabbè, capita. Comunque mi è tornato in mente ed ho deciso di inserirlo nella mia raccolta delle ninna-nanne infrante. Spero che vi piaccia, c’è anche la morale.