Per un secondo, ogni sofferenza si placò, per lasciare spazio a un quieto silenzio. L'Inferno stesso sembrò fermare il suo eterno respiro per un solo, singolo attimo: l'aere tenebroso si rischiarò fino a mostrare un solitario barlume di luce. A Vergil si sarebbe fermato il cuore, se ancora ne avesse avuto uno: la sua preghiera era stata ascoltata anche in un luogo come quello, dove la speranza era la prima a morire.
Per la prima volta dopo un'infinità di tempo, una felicità senza fine colmò l'anima dell'Angelo Nero, tanto da dipingere una sincera espressione di confusione sui volti degli Arcidiavoli a guardia della bolgia: come poteva tanta forza, tanta vita, emanare da un dannato? Era una cosa impossibile, l'Inferno non conosce gioia, solo dolore e disperazione.
Eppure, quell'anima che tanto incuteva soggezione alle anime vicine risplendeva di un'energia mai vista laggiù, paragonabile solo alla luce di diecimila lanterne.
"Possibile che una preghiera possa davvero essere udita anche quaggiù?" pensò Vergil, recidendo il legame mentale e spirituale con la sua spada. L'incantesimo aveva avuto luogo: il suo ricordo era venuto al mondo, come un bambino appena nato.
- Cos’hai, tu? - disse un Arcidemone dalle corna fiammeggianti, punzecchiandolo con una lungo tridente. L’Angelo sopportò l’umiliazione, lo guardò e si preparò a fare quello che aspettava da tanto tempo: gridare la propria speranza, così che anche il Demonio in persona potesse sentirlo.
- La mia famiglia sta venendo a prendermi. -