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Autore: Hyorangejuice    09/03/2012    4 recensioni
Jonghyun sbuffò e guardò verso il bancone, Minho stava preparando una vaschetta di gelato, la signora sembrava essere piuttosto indecisa e il ragazzo sembrava sul punto di lanciarle la vaschetta di gelato sulla testa. Jonghyun rise e Kibum si voltò a guardare che cosa stesse succedendo. Non appena intercettò la scena con un sopracciglio alzato e un sorriso che diceva ‘Te lo avevo detto’ si voltò verso Jonghyun.
“Kibum smettila non ho una cotta per Choi Minho”
Genere: Fluff, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jonghyun, Key, Minho
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'La disperazione e le sue spiacevoli conseguenze'
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Salve a tutti...
allora sì, alla fine è successo ho scritto una JongHo, me tapina ho rotto la Jongkey un'altra volta...
comunque questa cosa è dovuta alla totale demenza che si sprigiona dall'unione mia e del mio fido computer che
ha portato alla cancellazione pressochè totale del capitolo nuovo di Shall I try Kiss you e a
una conseguente disperazione dilagante e alla fine a questa 'cosa'...
Doveva essere un cosa breve, 6 pagine...sono diventate 18 e...bho...
spero di riuscire ad aggironare presto, intanto vi lascio a questa cosa...
probabilmente ci sarà un piccolo sequel (perchè MoCo voleva il rating rosso, ma non è venuto)
e niente è da un po' che non scrivo Lime, spero di non aver fatto una cavolata...
buona lettura!






10.




Kim Jonghyun sedeva annoiato sulle scale del Seven/Eleven dove lavorava sua sorella con un ghiacciolo in mano. Ai suoi piedi c’era la sua chitarra accuratamente riposta nella sua custodia. Si chiamava Holly, la sua chitarra, ma non lo aveva mai detto a nessuno, dare nomi ad oggetti inanimati era il modo giusto per buttare ai porci una reputazione e Jonghyun teneva alla sua o, almeno, a quello che ne era rimasto.

Stava aspettando che il turno di Songdam finisse per tornare a casa insieme, anche se si stava decisamente stancando di aspettare.
Si mise la chitarra in spalla, gettò via il ghiacciolo ormai quasi del tutto sciolto e rientrò nel supermercato iniziando a girare tra gli scaffali cercando qualcosa che lo intrattenesse per i rimanenti quindici minuti.
Sospirando si diresse infine verso lo scaffale delle riviste.
Stava sfogliando una rivista di giardinaggio per principianti, pensando che gli sarebbe piaciuto provare a coltivare un giardino per nessuna ragione in particolare a parte la noia assoluta che provava in quel momento.

“No, non mi calmo” sibilò una voce femminile alle spalle di Jonghyun.


Jonghyun si voltò, ma non vide nessuno.


“Ne ho abbastanza di questa situazione!” continuò e Jonghyun immaginò che la voce provenisse dall’altra parte degli scaffali.


“Mi sembrava che i patti fossero stati chiari fin dall‘inizio” rispose una voce maschile che Jonghyun avrebbe giurato su Holly di aver già sentito da qualche parte.


Il rumore dello schiaffo arrivò poco dopo e fu seguito dal rumore di un paio di tacchi che si allontanavano verso l’uscita.

Incapace di reprimere la curiosità, Jonghyun rimise a posto la rivista e si sbrigò a girare l’angolo dello scaffale cercando di sembrare un normale cliente.
Quando però voltò l’angolo Jonghyun si ritrovò a fissare con gli occhi spalancati spalle larghe e i capelli corvini e si ricordò dove avesse già sentito quella voce.
Prima che potesse riprendersi e fingere di interessarsi alle caramelle mille gusti che aveva di fronte la voce di sua sorella lo chiamò dall’uscita.

“Jonghyun-ah! Kim Jonghyun! Muoviti!”


Fu in quel momento che Choi Minho si voltò incrociando lo sguardo ancora incredulo di Jonghyun e imprecò.



9.



Fragola, lampone, cioccolato, vaniglia, melone, Bubble Gum, melone, uva, pera, mela e la lista avrebbe potuto continuare all’infinito e mentre Minho fissava il listino prezzi della gelateria cercando di memorizzare almeno un quinto di quello che c’era scritto in tempo per la ressa delle due si domandò per la centesima volta che cosa lo avesse spinto ad accettare quel lavoro in gelateria. Poi ricordò il volto implorante di Jinki e si ricordò come mai. Lee Jinki in quel momento, molto probabilmente, aveva la schiena curva su uno scavo archeologico in Mongolia e tutto per merito della bontà di Choi Minho.

“Choi!” lo chiamò il suo sunbae dall’altro capo del bancone.


Si sbrigò ad avvicinarsi dopo aver riposto sotto la cassa il cartoncino del listino prezzi.


“Sistema i coni, poi vai nel retro e prendi due scatoloni di coppette medie e  sistemale sui ripiani”


Minho iniziò a tirare fuori i coni dalla scatola riponendoli uno incastrato nell’altro dentro in quell’infernale trespolo sopra il bancone. Mentre impilava la seconda colonna di coni iniziò a fare l’elenco delle cose che avrebbe preferito fare piuttosto che trovarsi lì.


1. Ascoltare sua sorella parlare della sua ultima cotta.

2. Seguire i corsi estivi di ‘macro-industry-qualcosa’ che suo padre gli aveva caldamente raccomandato.

3. Prendere…


“Vorrei un frappé al cioccolato”


Choi Minho alzò gli occhi e vide Kim Jonghyun con le mani in tasca dondolarsi svogliatamente avanti e indietro di fronte alla vetrina dei gelati  con un enorme sorriso stampato in faccia.


“Piccolo, medio o grande” chiese finendo di sistemare i coni.


“Medio” rispose Jonghyun sfiorandosi i capelli dietro l’orecchio.


Minho prese una pallina di gelato al cioccolato, una di fiordilatte e mise tutto nel frullatore insieme ad un po’ di latte. Mentre il frullatore faceva il suo dovere Minho si ritrovò a fissare il vuoto mentre Kim Jonghyun non gli toglieva gli occhi di dosso.


“Smettila di fissarmi” intimò Minho ottenendo in cambio solo un sorriso falsamente imbarazzato.



8.5


“Jonghyun”

“Kibum”


“Perché siamo qui?”


Jonghyun prese un altro cucchiaio di gelato cercando una risposta adatta alla domanda di Kibum. Il suo sguardo inevitabilmente cadde su Minho che stava impilando la terza pallina di gelato su un cono gigante.


“Te lo dico io, ti sei preso una cotta per il gelataio”


“Sta zitto Kibum, qui fanno il gelato migliore, Minho non c‘entra niente”


Kibum sbuffò. “Kim Jonghyun, devo ripeterti per l‘ennesima volta tutti i motivi per cui avere una cotta - non negare Kim Jonghyun- per Choi Minho è del tutto sconsigliabile per te?”


“No… io… Kibum…”


“Uno, e mi sembra il punto principale, Choi Minho è etero, talmente etero da sembrare gay, ma pur sempre etero” disse Kibum alzando il dito indice. Jonghyun sbuffò poggiando il mento sul palmo della mano preparandosi all’ennesimo monologo di Kim Kibum.


“Due, come se il primo non fosse già stato abbastanza convincente, se il fatto che tu, Kim Jonghyun, hai una cotta per Choi Minho, il capitando della squadra di calcio nonché ragazzo più popolare con ambo i sessi nel nostro istituto - e tutto questo è così cliché che mi viene da piangere - si venisse a sapere la tua vita a scuola sarebbe ro-vi-na-ta, capisci?” disse alzando il medio.


Jonghyun tentò di aprire bocca per fermare Kibum, o almeno dirgli di parlare piano ma questi continuò imperterrito.


“Tre, nel caso tu gli rivelassi i tuoi sentimenti e, conoscendoti, se non blocchiamo questa cosa alla radice, lo farai, perché sei ancora convinto che l’amore prevalga e un sacco di cavolate del genere, quando arriverà il suo rifiuto diventerai un‘ingestibile gomitolo di depressione e auto-distruttività emotiva con cui io dovrò avere a che fare” alzando anche l’anulare e poi riprendendo a mangiare il suo gelato.


Jonghyun prese un profondo respiro. “Hai finito?”


“Sai benissimo che potrei continuare, ma mi fermo qui perché tanto so già che è completamente inutile, la tua necessità di suicidarti emotivamente è troppo forte”


Jonghyun sbuffò e guardò verso il bancone, Minho stava preparando una vaschetta di gelato, la signora sembrava essere piuttosto indecisa e il ragazzo sembrava sul punto di lanciarle la vaschetta di gelato sulla testa. Jonghyun rise e Kibum si voltò a guardare che cosa stesse succedendo. Non appena intercettò la scena con un sopracciglio alzato e un sorriso che diceva ‘Te l’avevo detto’  si voltò verso Jonghyun.


“Kibum smettila non ho una cotta per Choi Minho”


“Come ti pare, ma il primo passo per superare un problema è ammettere che il problema esiste”


Jognhyun si avventò sul suo gelato prima di arrendersi all’impulso di rovesciarlo sulla maglietta nuova di Kibum.

Lui NON aveva una cotta per Choi Minho.
Tornò a guardare verso il bancone, quasi più per abitudine che altro e, proprio in quel momento Choi Minho si voltò nella sua direzione e il loro sguardi si incrociarono.
Jonghyun rischiò di strozzarsi con il gelato mentre il suo cuore accelerò come se avesse appena corso i cento metri.
Ok, forse aveva una cotta per Choi Minho, ma non poteva poi essere così grave, no?




8.


“Un frappé al cioccolato, per favore” disse Jonghyun alzandosi sulle punte e poi ricadendo sui talloni, le mani calate nelle tasche dei jeans slavati.

Minho lo squadrò da capo a piedi e poi iniziò a preparare il frappé, medio, come al solito.


“Insomma, come va il lavoro? Faticoso?” domandò Jonghyun tentando di fare conversazione.


Minho scosse le spalle. “Niente di che, a parte la ressa del tardo pomeriggio”


Jonghyun annuì distrattamente e si mise a leggere tutte le etichette dei gelati per evitare di sentirsi ulteriormente in imbarazzo per il totale fallimento del suo tentativo di fare conversazione con la sua cotta estiva. Sì, ormai lo aveva ammesso a se stesso, ma mai e poi mai a Kibum.


“Ecco…” inziò, mentre Minho gli porgeva il suo frullato e Jonghyun gli passava una banconota. “Quel giorno al supermercato, io di solito non origlio le conversazioni altrui…” Jonghyun si fermò e dallo sguardo duro e teso di Minho avrebbe voluto mordersi la lingua fino a sanguinare.


“Quindi?” Minho lo guardò dritto negli occhi e Jonghyun avrebbe giurato che Minho fosse preoccupato.


“Niente, solo…” continuò, ma si fermò quando una ragazza arrivò al bancone trascinandosi dietro il suo ragazzo e pretendendo un sundae con tutti i gusti e la granella, tanta granella.


Minho lo guardò indietreggiare verso la porta e sembrò quasi che volesse fermarlo. Jonghyun lo salutò agitando la mano e, mordendo la cannuccia del suo frappé corse fuori sperando che un meteorite lo prendesse in testa.



7.


Jonghyun era seduto a gambe incrociate su una panchina nel parco vicino casa, cercando di scrivere qualcosa di decente per il club di musica, quando alzò gli occhi e da lontano vide una figura familiare avvicinarsi.
Tornò con lo sguardo sul suo quaderno, iniziando nervosamente a scarabocchiare parole a caso fingendosi impegnato e pregando in tutte le lingue che conosceva che Choi Minho non lo riconoscesse e continuasse a…

“Kim Jonghyun?”


Jonghyun alzò gli occhi e cercò di sorridere. “Ciao” disse chiudendo il suo quaderno e iniziando a torturare l’angolo superiore della copertina. Minho probabilmente si era reso conto del suo nervosismo e non fece niente per rendergli le cose più facili.

Fece qualche passo verso Jonghyun e poi si fermò a guardarlo, o meglio a fissarlo.

“Yah! Choi Minho non ti hanno detto che non si fissa la gente?” esplose Jonghyun dopo un paio di minuti.


Minho spostò appena la testa di lato e un sorriso saccente gli si dipinse in volto “E a te non hanno detto che non si origliano le conversazioni altrui?”


Minho si sedette sulla panchina e iniziò a giocare con i lacci della sua giacca a vento. Jonghyun, dalla sua estremità della panchina, continuò a torturare la copertina del suo quaderno aspettando che Minho dicesse qualcosa, perché era evidente che avesse qualcosa da dire.


“Quella volta al supermercato” Minho iniziò fissando un punto lontano di fronte a sé “che cosa hai sentito di preciso?”


Jonghyun spalancò gli occhi e si voltò verso Minho che ora teneva i pugni stretti sulle ginocchia, evidentemente teso.


“Io non ho sentito molto, davvero, solo dallo schiaffo” rispose indicando la guancia di Minho che, improvvisamente sembrò sollevato.


Jonghyun a quel punto immaginò che Minho si sarebbe alzato e avrebbe ricominciato a correre, magari dopo un saluto impacciato, lasciandolo da solo su quella panchina come se nulla fosse successo, invece dopo qualche minuto di silenzio Minho si schiarì la voce.


“Noi frequentiamo la stessa scuola, no? Io ho sentito parlare di te”


Jonghyun deglutì e cercò di sorridere, stavolta era il suo turno di essere a disagio, ma di certo lo mascherava meglio di Minho, almeno era quello che sperava. Si voltò a guardare Minho che sembrava sul punto di dire qualcosa, ma poi si limitò a scuotere la testa alzandosi, ma alla fine si limitò a mormorare qualcosa di simile ad un ‘ci vediamo’ e Jonghyun probabilmente disse qualcosa come ‘sicuro’ o ‘gelateria’, non ne era sicuro.

Però cercò di fissarsi bene in mente la schiena di Minho che si allontanava.


6.5


“E ti è sembrato strano?” chiese Kibum seduto sul suo enorme letto matrimoniale con le gambe tirate al petto.


Jonghyun annuì. “Voglio dire, conosci Minho, no?”


“No, Jonghyun non conosco Minho e, mi dispiace essere io a darti questa notizia, ma neanche tu lo conosci”


“Sai che cosa voglio dire”


Kibum sbuffò. “Ti riferisci al fatto che manca il suo solito abituale sorriso a trentadue denti e la sua solita aria da principe sempre felice? Sì, ho capito di cosa parli, quello che mi sfugge è perché dovrebbe interessarti”


Jonghyun fece un giro completo sulla sedia verde da scrivania di Kibum fissando un punto fisso sul soffitto, aspettando che Kibum concludesse da solo.


“A meno che…”


“Lo ammetto, ma vorrei pregarti, sempre che la tua infinita bontà te lo permetta, di non prendermi in giro per questo”


Kibum sembrò pensarci, valutando i pro e i contro, poi scosse le spalle. “Come ti pare, ma io te lo avevo detto”


Jonghyun prese un enorme respiro e lo trattenne più che potè.





6.


“Un frappé al cioccolato?” chiese Minho sorridendo, stranamente, appena Jonghyun ebbe raggiunto il bancone.


Jonghyun sorrise a sua volta, un sorriso ampio e sincero. “Sono così prevedibile?”


Minho sorrise di nuovo e Jonghyun si infilò le mani nelle tasche dei Jeans giusto per non rimanere immobile mentre la sua cotta estiva sembrava voler iniziare ad avere un rapporto civile.

Mentre il frullatore faceva il suo dovere Minho si voltò, e Jonghyun davvero si domandò se fosse arrivato Natale, perché Minho stava ancora sorridendo.

“Avuto una bella giornata?”  domandò sfiorandosi nervosamente i capelli dietro l’orecchio.


“Più o meno” rispose Minho. “Senti, io vorrei scusarmi per come mi sono comportato nelle ultime due settimane”


Jonghyun corrucciò le sopracciglia sporgendosi verso il bancone.


“Io davvero… Sono stato stupido e vorrei  scusarmi, hai da fare più tardi?”


Jonghyun spalancò gli occhi e scosse la testa.


“Io stacco fra mezz‘ora se non ti scoccia aspettare possiamo fare un giro, non lo so, quello che vuoi”


“Non è assolutamente un problema” rispose Jonghyun, forse troppo alla svelta.


Minho sorrise e Jonghyun bevve un sorso del suo frappé per evitare di sorridere come un bambino a cui hanno appena regalato un negozio di caramelle.


“Vado a sedermi là” disse indicando un tavolo poco lontano dal bancone.


Appena fu seduto tirò fuori il suo cellulare dalla tasca dei jeans e scrisse un messaggio a Kibum.


Minho mi ha chiesto di uscire.


Dopo qualche minuto passato a fissare lo sfondo del suo cellulare, una foto di Roo, il suo cane, con un carinissimo giocattolo in bocca, arrivò la risposta di Kibum.


Definisci “mi ha chiesto di uscire”


Jonghyun sbuffò e si sbrigò a rispondere.


Mi ha chiesto scusa per essersi comportato in maniera scortese nelle ultime settimane e mi ha chiesto se mi andava di aspettare la fine del suo turno per fare e, qui cito, “un giro, non lo so quello che vuoi”


Quando arrivò la risposta di Kibum, Jonghyun aveva già finito il suo frullato e Minho gli aveva fatto cenno di aspettarlo fuori mentre andava a cambiarsi nel retro.


Cerca di non scodinzolare troppo.





5.


Minho era capitano della squadra di calcio. Minho aveva buoni voti. Minho aveva molti amici. Minho aveva una famiglia unita. Minho aveva tutto quello che si potesse desiderare a diciassette anni tranne la libertà di essere qualcosa di diverso dall’alunno impeccabile perché avrebbe significato perdere tutto.

Jonghyun d’altro canto non aveva di questi problemi, era “solo Jonghyun”. Jonghyun che flirtava spudoratamente, che cantava smielate canzoni d’amore, Jonghyun che aveva rimesso in sesto il club di musica con un sorriso, tanto era bastato a far aderire almeno una ventina di ragazzine del primo anno, Jonghyun che sedeva sempre con quel tale Kim Kibum.
Camminando sulla riva del fiume Han insieme a Minho, Jonghyun si mise a pensare a tutte queste cose e anche al fatto che quello sarebbe stato il suo ultimo anno al liceo e che probabilmente fino a pochi mesi prima il pensiero non lo avrebbe sollevato più di tanto.

“Ho sentito parlare di te a scuola negli ultimi mesi” disse Minho, dopo qualche minuto di silenzio, e Jonghyun si voltò alla sua destra, verso Minho che teneva gli occhi fissi sulla strada le mani affondate nei jeans.


“Ti riferisci ai pettegolezzi?” chiese Jonghyun, si era quasi aspettato una cosa del genere, prima o poi Minho avrebbe dovuto chiedere, era la norma.


Minho annuì e puntò gli occhi dritto davanti a sé, rifiutandosi di guardare Jonghyun.


“Non ti dà fastidio?”


Jonghyun ci pensò su, poi scosse le spalle. “Non mi interessa. Che siano bugie o che sia la verità, in entrambi i casi non c‘è molto da fare, la gente crede a quello che vuole credere”


Minho annuì mormorando qualcosa che Jonghyun non riuscì a cogliere. “E nel tuo caso è una bugia o è la verità?”


Jonghyun rise e si avvicinò al ciglio della strada, dove l’erba iniziava a crescere. “Ti va di scendere?” domandò indicando il fiume e, senza aspettare, iniziò a scendere lungo l’argine fermandosi a pochi metri dal fiume.

Sentì i passi di Minho alle sue spalle, ma non si voltò.
Ci fu un momento di silenzio prima che Jonghyun si sedesse e facesse cenno a Minho di fare lo stesso.

“La scuola fa schifo, non è vero?” disse Jonghyun con un sorriso appena accennato. “La prima volta che ho sentito bisbigliare il mio nome passando nei corridoi c‘era Kibum con me, mi ha trascinato via con aria indignata sparando una valanga di cazzate su quanto la gente fosse idiota.”


Jonghyun si cinse le ginocchia con le braccia. “Sentiamo, che cosa hai sentito tu?”


Minho raccolse un filo d’erba e se lo rigirò fra pollice e indice. “Tu e Kibum state insieme?” domandò poi, incerto.


Jonghyun a quel punto scoppiò a ridere, una risata liberatoria, che partiva dalle labbra, su fino agli occhi, che gli fece venire le lacrime agli occhi e i crampi allo stomaco e Minho non potè non ridere a sua volta.

Una volta calmatosi, Jonghyun si lasciò cadere all’indietro e prese un respiro.

“Ok, quella non è proprio una bugia, io e Kibum ci abbiamo provato, ma è stata una catastrofe epica” disse e Minho si lasciò scappare una leggera risata. “Quindi no, non sto con Kibum, ma no, non dico di no all‘altra sponda” aggiunse.


Rimasero per un po’ in silenzio a fissare il cielo, finché Jonghyun non si schiarì la voce e si decise a chiedere. “Posso chiederti di quella volta al supermercato?” cercò di sembrare naturale, come se non volesse davvero saperlo.


Minho chiuse gli occhi e allungò le braccia sopra la testa. “Anche lei frequenta la nostra scuola, il mio stesso anno e mi ha chiesto di uscire, io le ho detto di no, ma lei ha trovato un modo per convincermi a farlo comunque”


“Wow, non deve essere stato bello”


Minho annuì e prese un filo d’erba tra le dita. Il sole stava cominciando a tramontare.



4.5


“Quindi avete guardato il tramonto come nel peggior shounen di tutti i tempi?”

Jonghyun sbuffò gettando nella cesta dei panni sporchi i jeans che aveva indossato tutto il giorno per infilarsi un paio di comodi pantaloncini da basket.


“E avete anche dato calci alle lattine vuote?”


“Kibum” disse Jonghyun con tono di rimprovero gettandosi sul suo letto vicino a Kibum.


“Oppure avete giocato a chi faceva fare più rimbalzi sull‘acqua ad un sasso?”


“Kibum, smettila, sul serio, non è divertente”


“Hai ragione, è tutto così tragicamente scontato che non fa neanche ridere”


Jonghyun sospirò e Kibum si sbrigò a trovare un argomento più interessante della sua cotta ‘tragicamente scontata’.





4.



“Venerdì ho gli allenamenti” disse Minho mentre versava il frappé nel bicchiere. “Panna?” chiese distrattamente e Jonghyun aprì bocca per protestare, ma Minho si sbrigò ad aggiungere “Offre la casa”

“In tal caso non posso rifiutare”


Minho sorrise soddisfatto e mise un enorme ricciolo di panna sul frappé di Jonghyun, aggiunse un cucchiaio e la cannuccia e lo porse a Jonghyun che ringraziò con un sorriso idiota sulle labbra.


“Comunque, venerdì ho gli allenamenti, finisco verso le nove, ti va di andare da qualche parte dopo?”


Jonghyun cercò di ricordare come sì dicesse “Sì” nella sua lingua madre, ma dovette accontentarsi di annuire vigorosamente.


Minho mi ha chiesto di uscire. Di nuovo.


Scrisse a Kibum non appena fu uscito dalla gelateria. Cinque minuti dopo il suo cellulare squillò e uno scettico Kibum domandò spiegazioni.




3.5



Kibum stava in piedi di fronte all’armadio spalancato di Jonghyun con le mani sui fianchi e la fronte corrucciata, mentre Jonghyun ancora in accappatoio sedeva sul bordo del suo letto totalmente scoraggiato. Aveva provato a spiegare a Kibum che era perfettamente in grado di scegliersi i vestiti, ma Kibum gli si era presentato alla porta due ore prima dell’appuntamento con Minho e lo aveva spinto sotto la doccia, obbligandolo a iniziare a prepararsi con troppo anticipo per i suoi standard.


“Kibum-ah, per favore…”


“Sta zitto Jonghyun, se questa è l‘unica occasione che avrai per combinare qualcosa con il Principe Ranocchio non permetterò che tu la rovini. Ci tengo alla mia salute mentale”


Jonghyun si lasciò cadere sul letto e prese un profondo respiro.


“Kibum, Minho è etero, molto etero. Non…”


“Vedremo quanto sarà etero dopo averti visto dentro questi, muoviti a vestirti” disse lanciandogli un paio di skinny neri.





3.



Jonghyun non amava l’alcol, non gli piaceva il sapore dolciastro dei drink, né il la sensazione di aver ingoiato un fiammifero acceso che ti davano gli shot o del soju. Non era neanche un tipo da vino, non riusciva ad apprezzarne il sapore che, comunque, neanche gli piaceva.
Quindi quando la cameriera gli aveva chiesto che cosa avrebbe voluto ordinare aveva risposto “Una birra, grazie”.
Minho non era ancora arrivato e, invece di aspettarlo fuori Jonghyun aveva deciso di entrare e occupare uno dei tavolini prima che arrivasse la ressa. Era stato Minho a chiedergli di cambiare programma e incontrarlo in quel locale, scusandosi e aggiungendo che, probabilmente, alcuni dei suoi compagni di squadra si sarebbero aggregati.
Nonostante una punta di delusione lo avesse colpito Jonghyun aveva risposto  che no, non c’era nessun problema, era normale, era giusto, era comprensibile.
E si era ritrovato stretto su una panca di legno di una discoteca tra un esagitato biondo che, davvero, avrebbe dovuto smettere di colpire Jonghyun nelle costole con i gomiti ogni volta che si muoveva, e Minho e, anche con tutta la buona volontà del mondo, Jonghyun non avrebbe potuto non essere almeno un po’ nervoso e cosciente della sua vicinanza.

“Scusa per questi due, ma quando gli ho detto che sarei uscito hanno insistito per venire” gridò Minho, cercando di sovrastare la musica, forse un po’ troppo vicino all’orecchio di Jonghyun e, forse, solo forse, si sarebbe anche potuto risparmiare quella stretta sulla sua coscia per attirare la sua attenzione.


“Non fa niente” gridò Jonghyun agitando la mano per enfatizzare il concetto e cercando di non pensare al fatto che la mano di Minho era ancora sulla sua coscia e che era allo stesso tempo troppo vicina e troppo lontana al cavallo dei suoi pantaloni e al fatto che Minho indossasse una canottiera e che la sua pelle sembrasse avere una temperatura di quaranta gradi e a quanto avrebbe voluto baciare Minho fino a rimanere senza fiato.


Minho sembrò… dispiaciuto? No, doveva essere colpa della quarta birra che teneva tra le mani.


Qualche secondo di imbarazzante silenzio dopo Minho ritirò la mano dalla coscia di Jonghyun e Jonghyun potè tornare a respirare di nuovo, concentrandosi solo sulla sensazione di freddo che provava proprio nel punto in cui, fino a poco prima, era posata la mano di Minho.

Solo un attimo però, perché la mano di Minho scivolò di nuovo sulla sua coscia dando una leggera stretta e Jonghyun si domandò se a Minho sarebbe dispiaciuto se Jonghyun avesse abusato di lui in un angolo buio della sala, perché davvero Minho gli stava strappando il controllo dalle dita pezzettino per pezzettino.

“Ti va di ballare?” gridò indicando la pista con la mano che non stava attentando alla sanità mentale di Jonghyun, il quale mentalmente malediva l’adolescenza e gli ormoni in fermento.

E gli occhi di Minho che brillavano di qualcosa di simile alla malizia infantile di chi sta per combinarne una grossa.
E le mani di Minho, tutte e due, quella che molestava la sua coscia e quella che lo invitava a gettarsi in una centrifuga di corpi in cui, di certo si sarebbero ritrovati troppo vicini perché Jonghyun riuscisse a non fare una cavolata, un’enorme cavolata.
Però Jonghyun annuì lo stesso, Minho lo prese per il polso e Jonghyun si lasciò trascinare.
Si infilarono tra il sudore e l’esaltazione generale, scivolando tra la gente fino al centro della pista, dove finalmente Minho smise di trascinare Jonghyun e iniziò a ballare, sempre che quello si potesse definire ballare.
Jonghyun si ritrovò schiacciato contro Minho che lanciò le braccia in aria  e iniziò a muovere i fianchi a tempo di musica, Jonghyun vide le sue labbra muoversi, gridare qualcosa, ma la musica inghiottì tutto e Jonghyun decise che qualsiasi cosa fosse non era importante quando sul viso di Minho c’era quel sorriso.
Gridò e si lasciò andare.
La musica correva forte e Jonghyun iniziò a sentire delle goccioline di sudore correre lungo la schiena e l’alcol iniziò a dargli alla testa, il mondo divenne un turbinio di colori dietro le sue palpebre chiuse e un paio di mani sottili si sistemarono sui suoi fianchi.
Aprì gli occhi e si trovò una ragazza eccessivamente bionda ed eccessivamente truccata che muoveva eccessivamente i fianchi e che, francamente non aiutava quel leggero senso di nausea che iniziava a sentire alla base dello stomaco.
Le sue mani piccole scivolarono su verso i pettorali, sfiorando le clavicole esposte dallo scollo della maglia, percorsero le vene del collo e, un attimo prima che si aggrappassero alle spalle di Jonghyun un altro paio di mani le fermarono spingendole lontano e, davvero, Jonghyun avrebbe voluto ringraziare il proprietario di quelle mani, ma iniziava a sentire la bocca impastata e non se la sentiva di parlare.
Quelle mani scesero, poi, lungo i suoi fianchi, fino ad andare a riposare sul suo ventre, sfiorando la pelle esposta dagli strappi, perché Kibum aveva sentito il dovere morale di mandarlo in giro con una maglietta che sembrava uscita da un trita carte, e facendo fremere Jonghyun che si ritrovò a muoversi all’unisono con un altro corpo, la schiena completamente premuta contro il petto dell’altro.
Gettò la testa all’indietro, e aprì gli occhi abbastanza da incontrare quelli di Minho, ma li richiuse subito, perché aveva visto più di quanto non avrebbe voluto.
Non aveva bisogno di altri incentivi.
Sentì i fianchi di Minho incollarsi ai suoi e iniziare a muoversi seguendo un ritmo che non aveva niente a che fare con quello della musica o con il ballo in generale.
Fece scorrere una mano tra i capelli di Minho e strinse quando sentì il respiro di Minho sfiorargli il collo iniziando a rendere (s)piacevolente stretti i suoi skinny neri, mentre le dita di Minho sfioravano ogni lembo di pelle esposta e suoi fianchi davano il ritmo al loro peccaminoso sfregarsi.
Quando Jonghyun sentì l’erezione di Minho sfiorare le sue natiche un sorriso compiaciuto gli si dipinse in volto. Aprì gli occhi abbastanza per incontrare quelli torbidi di Minho e, un attimo dopo,  quanto la posizione scomoda gli permetteva le loro labbra si sfiorarono e Jonghyun assaporò il sapore dolciastro della vodka alla frutta, quello salato del sudore e qualcosa di aspro che gli fece pensare Minho Minho Minho e nient’altro.
E domani avrebbe incolpato l’alcol e la musica e il profumo della pelle di Minho e, in autunno avrebbe incolpato l’estate e prima che l’inverno fosse tornato avrebbe dimenticato tutto, ma in quel momento lasciò che Minho lo voltasse e stringesse i sui fianchi fino a lasciare il segno, mentre lui faceva scorrere le mani tra suoi capelli stringendo come se da lì dipendesse la sua vita e si baciarono mentre i loro bacini continuavano a sfregarsi, sempre più veloce.
Jonghyun venne in uno dei cubicoli del bagno della discoteca. Venne mordendo la spalla di Minho che lo seguì poco dopo con un gemito rauco nell’incavo del collo di Jonghyun.
Quando aprì gli occhi la mattina dopo, Jonghyun era steso nel suo letto con indosso il suo pigiama e Kibum dormiva al suo fianco.


2.5


“Quindi lui ti ha chiamato?”


“Sì, Jonghyun. E io mi sono dovuto alzare alle tre e uscire dalla finestra della mia stanza per non svegliare i miei per venire a…”


“E non ti ha detto niente?” lo incalzò Jonghyun.


“Diciamo che quando ti ho infilato il pigiama ho più o meno capito che cosa era successo senza bisogno che nessuno mi spiegasse niente”


Jonghyun si arrotolò sotto le lenzuola blu con la ferma intenzione di non uscire da lì finché il mondo non avesse smesso di girare o Choi Minho avesse dimenticato la sua esistenza.


“Kim Jonghyun alzati” intimò Kibum e Jonghyun poteva vederlo con le mani sui fianchi e le labbra tirate in una linea sottile.


“No”


“Kim Jonghyun alzati. Ora”



2.


Quando Jonghyun entrò nella gelateria nel pomeriggio dietro il bancone c’era un ragazzo alto con un enorme sorriso che però non era Minho e Jonghyun sentì una sorta di leggera delusione nel dover chiedere direttamente un frappé al cioccolato.
Probabilmente quello doveva essere l’amico archeologo di Minho, quello che aveva sostituito, ricordava vagamente che Minho gliene aveva parlato, ma che Minho smettesse di lavorare in gelateria proprio dopo che era successo quello che era successo, era proprio una strana coincidenza.
Uscendo dalla gelateria con in mano il suo solito frullato, Jonghyun stava cercando di capire se questa strana coincidenza fosse da considerarsi l’ennesimo segno che avrebbe fatto meglio a lasciar perdere Minho o se il destino aveva deciso di risparmiagli un’umiliazione.

“Jonghyun-hyung!”


Jonghyun si voltò alla sua sinistra e vide Minho avvicinarsi. Valutò la possibilità di mettersi a correre, ma la sua mascolinità glielo impedì, quindi rimase sulla porta della gelateria ad aspettare che Minho lo raggiungesse.


“Hai da fare?” domandò Minho. “Dovrei parlarti”


Jonghyun scosse la testa e l’ombra di un sorriso passò sulle labbra di Minho.

Entrambi erano a disagio, evidentemente e dolorosamente a disagio, camminarono fino al parco in cui di solito Minho andava a correre e dove lui e Jonghyun si erano incontrati qualche giorno prima. Cercarono una panchina isolata dal solito via vai e si sedettero.
Fu Minho a interrompere il silenzio:

“Quella ragazza del supermercato…” iniziò e Jonghyun si voltò a guardarlo “per convincermi ad uscire con lei mi ha ricattato con delle foto” disse passandosi una mano nervosamente nei capelli.


“Foto?” domandò Jonghyun.


“Delle foto dove io baciavo il nostro ex-coach”


Jonghyun spalancò gli occhi e per poco non si versò il frappé sulle scarpe, si fermò a guardare Minho che sorrideva imbarazzato tentando di nascondere la tensione, ma le sue mani tremavano e sembrava sul punto di mettersi a correre fino alla fine del mondo, lontano da Jonghyun.


“Erano delle foto di un paio di anni fa e comunque non era successo niente dopo, lui era solo un assistente temporaneo e…”


“Stai parlando di Lee Donghae?” Jonghyun lo interruppe, incapace di chiudere la bocca per lo stupore.


“Sì, Lee Donghae, quella è stata l‘unica volta e non so neanche come abbia fatto ad avere le foto, comunque credo che pensasse di potermi far cambiare idea riguardo alle mie preferenze, ma quando si è accorta che non sarebbe successo… diciamo che non l‘ha presa bene” disse con sorriso amaro.


Jonghyun cercò di digerire la notizia come meglio potè anche se, sinceramente si sentiva un po’ tradito e a disagio. Guardare Minho era sempre stato come guardare uno di quei telefilm per teenager in cui i protagonisti lavorano sodo e ottengono sempre quello che vogliono e poi fare un giro dietro le quinte e vedere che di perfetto non c’è proprio nulla.

Jonghyun si sentiva in qualche modo tradito.
Spostò il frullato da una mano all’altra e poi ne bevve un sorso, giusto per guadagnare tempo e schiarirsi le idee prima di parlare.

“Comunque non capisco perché ti sei messo a fare il bastardo con me”


Minho nascose una leggera risata nella mano e si abbandonò sullo schienale della panchina. “Non lo so, ero spaventato. Voglio dire sono gay, la mia famiglia lo sa e mi vuole bene comunque, ma a scuola è diverso, la gente ti giudica ancora prima di averti mai rivolto la parola e una cosa del genere poteva mandare a puttane tutto quello per cui avevo lavorato e sinceramente questo mi spaventava”


“Mi stai dicendo che avevi paura che io andassi a dire in giro che sei gay?”


Minho rise e si coprì il viso con le mani. “Sono stato stupido lo so, ma quando sei arrivato alla gelateria con quel sorriso ho pensato che probabilmente mi stavi prendendo in giro, che avessi voluto farti una bella risata alle mie spalla”


“Yah! Choi Minho!” scattò Jonghyun dando un pizzicando l’avambraccio di Minho e costringendolo a guardarlo negli occhi “È questo quello che pensi di me!? Aish!”


“Hyung! Non ti conoscevo e non sapevo come reagire e diciamo che con quello  che si dice in giro sul tuo conto…”


Jonghyun era esterrefatto. “Nessuno ti ha mai detto che i pettegolezzi sono per il 75% cavolate inventate di sana pianta e per il 25% verità esagerate e distorte? È come il telefono senza fili!”


Minho rise di nuovo e Jonghyun si rilassò abbastanza da lasciarsi sfuggire un sorriso.


“E quindi, che cosa ti ha fatto cambiare idea?”


Minho corrucciò la fronte e si inumidì le labbra prima di assumere un‘espressione piuttosto sicura di sé che fece annodare lo stomaco di Jonghyun, che poggiò il frappé a terra per evitare che facesse una brutta fine.


“Diciamo che qualcuno mi ha dato una mano”


Jonghyun socchiuse le labbra e assottigliò gli occhi, poi una folgorazione. “Kibum” bisbigliò colpendosi la fronte con il palmo aperto. “Mio Dio, quanto devo vergognarmi da uno a dieci?” chiese poggiando i gomiti sulle ginocchia e nascondendo il volto tra le mani.


“Non ti preoccupare, hyung” lo confortò Minho mettendogli un braccio intorno alle spalle. “Non ha detto niente di eccessivo, mi ha solo dato la spinta necessaria a…” e evitò di continuare perché entrambi sapevano a che cosa si stesse riferendo.


In quel momento Jonghyun avrebbe davvero voluto gridare, chiamare Kibum, nascondersi nel suo armadio insieme a Holly e un pacchetto di M&Ms e cantare canzoni natalizie fino a dimenticare del tutto l’imbarazzo di quel momento.

Stava per alzarsi e andarsene quando sentì le labbra di Minho posarsi appena dietro il suo orecchio.

“Alla fine non è andata così male, no?” bisbigliò e Jonghyun sentì il respiro caldo di Minho sfiorargli l’orecchio facendolo rabbrividire.


Jonghyun si voltò verso Minho che sorrideva malizioso si sporse quanto bastava per rubare un bacio a fior di labbra di Minho, senza poi allontanarsi troppo. La mano di Minho che prima era posata sulla spalla di Jonghyun si insinuò fra i suoi capelli, giocando con le ciocche scure con cautela, come se stesse tacciando il terreno.

Nessuno dei due però riusciva a smettere di sorridere.
Quando finalmente Minho cedette e si baciarono di nuovo Jonghyun fece scivolare una mano sulla coscia di Minho e si voltò cercando di accomodarsi meglio in quel bacio al sapore di cioccolata.


1.


No, non era andata per niente male.


   
 
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