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Autore: Dayne    09/03/2012    4 recensioni
Ho immaginato che Sirius Black avesse una compagna. Non mi piaceva l'idea che fosse sempre rimasto solo. La storia, però, parte, per così dire, dalla fine: Sirius è morto nella battaglia del Ministero e la sua compagna è rimasta sola. La storia, nella sua origine, faceva parte di una serie più lunga, che partiva dall'epoca dei Malandrini. Non è detto che, piano piano, anche gli altri capitoli...
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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L’ultima stella.
 
La donna camminava rapida, rasente ai muri delle case. La nebbia di novembre l’avvolgeva e il buio della notte sembrava proteggerla. Avvolta nel lungo mantello cercava di tenere a bada i battiti del suo cuore. Non si faceva illusioni: quella nebbia era ostile, la cingeva in un assedio senza speranze. Era la nebbia dei dissennatori e sembrava sussurrarle che presto “loro” l’avrebbero raggiunta. Non aveva prospettive, era un’ottima strega, ma lui non ne avrebbe mandato uno solo, contro sei o sette mangiamorte non avrebbe avuto alcuna possibilità.
Non aveva paura di morire, era già morta da mesi: da quando Sirius, il padre di sua figlia, era caduto al Ministero, durante il duello contro Bellatrix Lestrange.
Se era andata avanti fino ad allora era solo per la piccola Elisabeth. La bimba era nata ad ottobre ed ora, probabilmente, dormiva serena nella culla, a casa dei nonni. L’aveva messa lei nel lettino, l’aveva baciata a lungo, come per dirle addio. Elisabeth avrebbe conosciuto sua madre solo attraverso i racconti dei nonni e le fotografie.
I nonni le avrebbero anche spiegato che suo padre era stato un eroe, ingiustamente imprigionato per un delitto che non aveva mai commesso, morto in un’epica battaglia al Ministero per difendere Harry Potter, il Ragazzo Sopravvissuto, colui che avrebbe distrutto il Male.
Sì, sua figlia sarebbe stata orgogliosa dei suoi genitori!
Annabelle, questo era il nome della donna, sentì le lacrime scorrerle sulle guance e la fronte bruciarle, come se avesse la febbre.
“Non ora, ti prego, non ora” mormorò. Non doveva cedere al dolore, lì, in mezzo alla strada. Doveva andare avanti, prendere tempo e forze, doveva riuscire ad affrontarli con lo stesso coraggio e disprezzo che aveva avuto il suo compagno.
“Sirius, aiutami!”
Scivolò, come un fantasma, lungo la Cranley Place e, giunta all’incrocio con Onslow Square, svoltò.
La chiesa di St. Pauls Anglican Fellowship le apparve all’improvviso, con i contorni un po’ indefiniti, a causa della nebbia.
Annabelle salì rapida i gradini e spinse la porta. Malgrado l’ora tarda era ancora aperta.
La donna si sedette ad uno dei banchi e rimase immobile, con lo sguardo fisso davanti a sé.
Padre George, il pastore, la vide entrare.
Sorpreso, fece per muoversi verso lei, era tardi, doveva chiudere, bisognava dirglielo.
 Non seppe neanche lui se furono lo sguardo, o quel cappuccio che le era scivolato dalla testa e mostrava, ora, un volto bellissimo, aristocratico, incorniciato da lucenti capelli neri, trattenuti da un’elegante crocchia, o la collana...
Sì, quella collana di perle, un modello antico, che ornava l’appena accennata scollatura di un abito blu.
Tutto, in quella donna, sembrava “fuori tempo”. Improvvisamente gli venne in mente una riproduzione di un dipinto del ‘600... no, della metà del ‘500. Chi era la dama?
Ma certo, Anna Boleyn! La seconda moglie del re Enrico VIII, quella morta decapitata...
Padre George ebbe un brivido. Poi si riscosse; che idiozia, non era certo un fantasma! Stava anche pregando, o, almeno, sembrava, visto che muoveva le labbra e mormorava qualcosa.
Decise di chiederle se avesse bisogno d’aiuto: sembrava sconvolta.
Con passo sicuro si diresse verso la donna.
“Posso esserle utile?” chiese sfoderando un sorriso che, per la verità, gli riuscì un po’ tirato.
Annabelle si riscosse, come se fosse uscita da un sogno, e alzò su di lui lo sguardo.
Due occhi color smeraldo, splendidi, profondi e colmi di dolore.
“Padre, sto morendo.”
L’uomo si agitò
“Si sente male? Chiamo aiuto?” Già muoveva le braccia pronto a sorreggerla.
Lei sollevò la mano appena, per fermarlo.
“Non sono malata, stanno per uccidermi” Il tono era dolce, quasi rassegnato.
“Chiamo la polizia!”
“No, è troppo tardi, sono già qui. Voglio solo sapere una cosa: cosa c’è più avanti? Cosa c’è dopo il velo?”
Padre George sentì la gola seccarsi, intanto cominciava a guardare la porta.
Quel “sono qui” non gli era piaciuto per niente.
“Chiamo la polizia!” ripeté, come se la cosa potesse farlo uscire da un incubo in cui era precipitato. Si allontanò di qualche passo e, nello stesso momento, la donna si alzò, lo guardò con un triste sorriso “Non lo sapete nemmeno voi, vero?”
“Ma no, aspetti, dove va?” Ora stava gridando, anche se non era dignitoso farlo in chiesa.
Annabelle era già alla porta e cercava di prendere, da sotto il mantello, qualcosa.
“Dio, una pistola!” pensò padre George.
Ma non era una pistola, era una specie di bacchetta, lunga circa una decina di pollici, forse qualcosa di più.
“Si fermi, in nome del...”
Annabelle era già uscita.
La nebbia si era sollevata, la donna alzò gli occhi al cielo e guardò le stelle, che ora erano visibili.
Cercò la costellazione d’Orione e, poi, spostò lo sguardo sulla stessa linea fino ad incontrare quella del Cane.
Sorrise.
 Li sentì arrivare, erano in cerchio, tutti attorno a lei. Non si era sbagliata, Colui che non...anzi Voldemort, ora poteva dirne il nome, ne aveva mandati sette.
“Annabelle Howard, siamo giunti alla fine della corsa!” disse una voce d’uomo, con tono di scherno.
Lei era ancora sulla gradinata, fece un inchino ed allargò le braccia.
“Non stavo correndo, piuttosto siete voi che correte come cani dietro il vostro padrone!”
Dal gruppo si levò una sorta di ringhio, Annabelle sollevò la bacchetta e, con un filo di voce mormorò
“Sirius”
“Sono qui, amore mio!” Camminava verso lei, con quel passo elegante che l’aveva sempre affascinata, sul volto un ampio sorriso.
“Avada Kedavra!”
Annabelle non vide nemmeno il lampo di luce verde.
Padre George la trovò distesa sui gradini, con gli occhi ancora volti verso il cielo.
Seguì lo sguardo e vide la Costellazione del Cane.
La stella Sirius sembrava più splendente del solito, quella notte.
 

 
 
  
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