Serie TV > Glee
Ricorda la storia  |      
Autore: Daicchan    10/03/2012    0 recensioni
Piccola shot familiare e natalizia.
Al volante, aveva gettato un’occhiata veloce alla sua bambina, avvolta in un cappotto di cashmire regalatole dallo zio Kurt –ignaro che al di sotto di quel lussuoso copricapo alla moda, Barbra soleva indossare maglioncini e gonne che sembravano presagire gli stessi gusti della madre.-
Rachel aveva sorriso con tenerezza, nel vedere sua figlia fremere dal nervosismo, dalla paura di esibirsi, in un atteggiamento senz’altro più vicino a quello del padre, che della madre.
Genere: Commedia, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Finn Hudson, Kurt Hummel, Rachel Berry | Coppie: Blaine/Kurt
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

NDA: SCRITTA PRIMA DELL'APPARIZIONE DEI GENITORI DI RACHEL NEL TELEFILM, QUINDI TRALASCIATE LE DIFFERENZE FISICHE/COMPORTAMENTALI.

 

Barbra aveva solo sei anni, quando sua madre venne a conoscenza della condanna che incombeva su di lei.

E Rachel non avrebbe mai potuto immaginarsi che una  tale disgrazia capitasse proprio al suo piccolo angelo, a quella bambina pallida ed esile sempre sorridente e piena di vita, che niente sembrava avere ereditato del suo caratteraccio.

Era successo durante la recita di Natale, a scuola.

Lei stessa aveva accompagnato Barbra con la macchina, Finn le avrebbe raggiunto dopo il turno di lavoro.

Al volante, aveva gettato un’occhiata veloce alla sua bambina, avvolta in un cappotto di cashmire regalatole dallo zio Kurt –ignaro che al di sotto di quel lussuoso copricapo alla moda, Barbra soleva indossare maglioncini e gonne che sembravano presagire gli stessi gusti della madre.-

Rachel aveva sorriso con tenerezza, nel vedere sua figlia fremere dal nervosismo, dalla paura di esibirsi, in un atteggiamento senz’altro più vicino a quello del padre, che della madre.

Ma avrebbe fatto un figurone, ne era certa, anche se non si era mai esibita prima d’ora, era evidente che Barbra avesse ereditato la voce forte e cristallina della madre.

Le diede un buffetto sulla guancia, e la bambina si voltò verso di lei, abbozzando un sorriso.

Niente sembrava preannunciare la catastrofe contro cui andavano incontro.

 

Un’ora dopo, Rachel sedeva accanto a Finn tra il pubblico, ed attendeva con impazienza che il bambino dai capelli rossi sul palco finisse la sua strofa: dopo di lui, le avevano detto che sarebbe stato il turno di Barbra.

Ciò che era davvero bello in quelle recite scolastiche, o brutto, a secondo il punto di vista di alcuni –e di Rachel-, era il fatto che ogni studente, a prescindere dalle sue abilità canore, aveva il diritto ad una o più strofe, aveva la possibilità di esibirsi sorridente dinnanzi ai propri genitori, per renderli orgogliosi, felici.

 

<< Ecco Barbra. >> le aveva sussurrato Finn, quasi commosso.

La piccola era avanzata verso il microfono, buffissima nel suo costume da pastorella.

Aveva chiuso gli occhi, aveva avuto un piccolo tremolio, e il colore aveva abbandonato il suo visino chiaro e dalle fattezze delicate, quello che Rachel non si sarebbe mai stancato di guardare, quello che le ricordava così tanto Finn.

Era accaduto in quello stesso istante.

Barbra aveva deglutito, aperto la bocca, ed iniziato a cantare.

Amplificata dal microfono, la sua voce si era diffusa per la sala, facendo rimanere molti a bocca aperta.

Era stato in quel momento che Rachel Berry, trentacinquenne cittadina di New York ed aspirante celebrità di Broadway, si era resa conto di avere una figlia stonata come una campana.

 

 

 

Figli: Questione di DNA

 

 

<< Per favore, ditemi che è solo un incubo! >>

<< Rachel, ti prego, calmati. >>

Stanchi ed esasperati, Finn e Kurt sedevano sul divano insieme ad una Rachel abbandonata tra i cuscini con aria teatralmente –ed esageratamente- afflitta.

<< Kurt, tu non l’hai sentita, sei arrivato solo al secondo atto! >>

Finn si portò una dito alla bocca, intimandole il silenzio: << Fa’ piano, o Barbra ti sentirà. >>

<< E’ davvero così terribile? >> chiese intanto Kurt, rivolgendosi più che altro al fratello: la tendenza all’esagerazione di Rachel gli era ormai nota da tempo, e non sarebbe stato sorprendente scoprire che la donna riteneva stonata la figlia solo perchè non era dotata di un’estensione vocale degna di Broadway. Tuttavia, l’espressione che Finn gli mostrò di rimando fu a dir poco scoraggiante.

<< Basta! >> esclamò Rachel ad un tratto, alzandosi di scatto dal divano << la colpa è mia che non l’ho sottoposta ai dovuti insegnamenti. Vado ad iscriverla subito ad una scuola di canto. >> annunciò, l’aria decisa e solenne << Barbra, tesoro, dove sei? >>

La vocina giunse dal salotto là accanto: << Sto guardando la partita con nonno Burt! >>

<< No! >> gemette Rachel, portandosi una mano alla fronte e ricadendo con melodrammaticità sul divano << Come farò? Stonata ed appassionata di football, proprio come suo padre! >>

<< … Grazie? >>

Kurt fece spallucce: << Figli: questione di DNA. >>

<< Finn, ti supplico, dimmi che Carole non è impedita a ballare come te, o Barbra non potrà sperare nemmeno in un futuro da ballerina! >>

Mentre Finn piombava in un baratro di auto commiserazione, e Kurt non sapeva se considerarsi sconvolto o divertito dall’evidente instabilità mentale della cognata, nonché amica di vecchia data, Carole fece il suo ingresso dalla cucina, con addosso un grembiule e tra le mani un piatto ricolmo di dolcetti fumanti, accompagnata da Leroy.

<< Qualcuno mi ha chiamata? >> domandò con un sorriso, poggiando il vassoio sul tavolino al centro della stanza.

<< No, non preoccuparti. >> disse Rachel con cordialità, liquidando in fretta la questione. Carole fece spallucce, mentre si rivolgeva al figliastro: << Kurt, non so come sono riuscita a non divorare tutto l’impasto. Davvero, la tua ricetta è fantastica. >>

<< E’ la ricetta di Kurt? >> domandò Finn con entusiasmo, buttandosi di slancio verso il vassoio, l’acquolina in bocca.

<< Tesoro, non esagerare. >> lo ammonì Rachel, ricordando il doloroso mal di stomaco che era toccato al marito l’ultima volta che si era avventato senza riguardo su un piatto ideato da Kurt.

Intanto, Burt giunse dal salotto, seguito a ruota dalla nipote, tirando in su le braccia per stiracchiarsi la schiena. << Ah, mai vista un’amichevole così noiosa… Oh, guarda, avevo proprio voglia di uno spuntino. >>

Kurt gli rivolse un’occhiataccia: << Il colesterolo, papà. >>

<< Papà, non li finire tutti! >> gridò intanto la piccola, avventandosi contro Finn, di spalle ed inginocchiato sul tappeto di fronte al tavolino. L’uomo, preso alla sprovvista, cadde a terra sui gomiti, con la figlia sulla schiena, poi, ridendo, si voltò, prendendo la bambina per i fianchi e sollevandola sopra di lui. Per fortuna era leggera e piccolina, proprio come la madre.

<< Non puoi mangiare i biscotti della nonna, o diventerai grassa! >>

<< Se tu sei un ciccione, allora posso esserlo anch’io! >> si lamentò Barbra, tra le risate sue e di tutti gli altri.

Qualcuno suonò al campanello, e Leroy, il più vicino, andò ad aprire la porta.

<< Oh, ben tornati! >>

<< Ecco l’oca! >> annunciò Hiram, sbattendogli quasi in faccia un sacchetto puzzolente, dal cui Leroy si ritrasse disgustato. << Voglio proprio vedere cosa ne farà uscire fuori Kurt. >>

<< Non si preoccupi, signore. >> esclamò Blaine, spuntando alle spalle del padre di Rachel, entrando in casa e lasciando sull’uscio le scarpe sporche di neve. Gli venne subito in mente la ricetta che il compagno aveva testato giusto due settimane prima. << Gliel’assicuro, l’oca in agrodolce di Kurt è ottima! >>

Sul divano, leggermente piegata in avanti, e le mani sulle ginocchia, Rachel sorrise, guardando sua figlia e suo marito giocare assieme.

Le decorazioni natalizie pendevano per tutto il salone, con ghirlande appese ai muri, il vischio sul cornicione della porta  e lo sfavillante albero di natale ad un angolo della stanza.

I colori caldi dell’arredamento, il tepore del riscaldamento e il profumino dei biscotti e delle pietanze in cucina preparati da Kurt e Carole per la cena, rallegravano l’atmosfera e le conferivano un tocco di calore che Rachel, adesso, circondata dalla sua famiglia, poteva percepire ed assaporare con tutta sé stessa.

Forse, il fatto che Barbra non sapesse cantare non era poi così importante.

<< Oh, Blaine, sei una frana! Come hai fatto a scordarti dello zabaione? >>

Un sospiro da parte del diretto interessato: << Kurt, tesoro, è proprio necessario? Sono appena rientrato. >>

<< Io devo cucinare, non vorrai mica scomodare i nostri ospiti, no? >> sibilò l’altro, guardandolo di sottecchi.

<< No, ma… >>

<< Non possiamo di certo festeggiare Natale senza Eggnog, giusto? >>

<< …No, direi di no. >> con un sospiro, Blaine prese il cappotto dall’attaccapanni all’ingresso, aggiungendo poi, ad alta voce: << Sarò pure un avvocato, ma ogni volta che mi guardi in quel modo mi sento sotto accusa come il peggiore dei criminali. >>

I presenti non poterono lasciarsi sfuggire una risatina, mentre Kurt salutò il compagno con un sorriso e l’aria serafica. << Bravo, caro, ci vediamo dopo! >>

<< Zio Blaine, aspetta! Vengo anch’io! >> trillò Barbra, catapultandosi verso di lui.

<< Ricordati il cappello! >> le urlò dietro Rachel, timorosa che con tutta quella neve la piccola potesse beccarsi un raffreddore proprio per le feste. La bambina afferrò un berretto di lana, se lo infilò in testa e, dopo aver indossato il cappotto, seguì lo zio fuori dall’abitazione.

Kurt osservò con soddisfazione la piccola sparire aldilà della porta, ed accennò un sorriso soddisfatto: << Già, il cappotto che le ho regalato è un vero capolavoro. >>

 

 

Qualche minuto più tardi, Rachel e Kurt stavano trafficando in cucina, in vista del pranzo di Natale.

Certo, magari lei poteva non essere una maga della gastronomia come l’amico, ma dato che lui e Blaine avevano messo a disposizione la casa, non le sembrava il caso di starsene con le mani in mano, soprattutto considerando che in fondo se la cavava abbastanza bene, ai fornelli.

Mentre tagliava i peperoni, Kurt le rivolse un sorriso: << Allora, superato il trauma? >>

Rachel fece spallucce.

<< E’ stato un po’ uno shock, ma va bene così. >> disse poi, con un sospiro.

L’altro si limitò ad una risatina, ma rimase in silenzio.  

L’aria della stanza era piacevolmente satura dell’odore delle spezie e dei dolci appena sfornati; questo, più le note di un CD di Celine Dion che uscivano ad un volume non troppo alto dal piccolo stereo poggiato sul tavolo da cucina, creava un’atmosfera di confidenza, relax ed amichevole cameratismo.

Forse spinto dall’intimità che sembrava suggerire l’ambiente, Kurt confessò ciò che teneva nascosto da un bel po’, tutto d’un colpo: << Pensavo di proporre a Blaine di adottare un bambino. >>

Rachel, che si stava rinfrescando con un bicchiere d’acqua, quasi rischiò di sputarne il contenuto in faccia all’amico.

<< Dici sul serio? >> domandò, e si ritrovò persino a sorridere, essendo piacevolmente colpita dalla notizia. << Da quando ci stai pensando? >>

<< Quasi due mesi, ormai. >>

La donna, a quel punto, piegò la testa di lato, e lo squadrò con aria interrogativa, e perplessa.

<< Come mai? Sai quanto me che Blaine impazzirebbe di gioia solo all’idea. >>

Kurt sospirò, chiuse gli occhi, abbandonò il mestolo sul piano della cucina e si lasciò cadere su una sedia là accanto. << E’ che… >> iniziò, incerto << Vedo te, Finn, e Barbra, vedo come vi si illuminano gli occhi quando la guardate, l’amore che vi si legge in faccia… >> chinò lo sguardo << Mi rendo conto che non c’è niente di più bello nell’essere padre, e tuttavia mi chiedo: sarò in grado di amare in questo modo un figlio che non è sangue del mio sangue? >>

<< Oh, Kurt… >> Rachel si chinò su di lui, piegandosi sulle ginocchia ed accarezzandogli la spalla con dolcezza << Certo, certo che sì. Con i bambini, con i figli, funziona sempre così. Prendi me, per esempio: uno dei miei papà non ha nemmeno una traccia di sangue in comune con me, ma mi vogliono entrambi bene allo stesso modo. Perché sono persone fantastiche, e lo sei anche tu. Sei un ragazzo dolcissimo, quando non ti comporti da primadonna. >>

Kurt inarcò un sopracciglio: << Grazie mille, Rachel. Anche se considerando da quale pulpito viene la predica, non riesco proprio ad offendermi. >>

La donna scosse la testa, quasi divertita.

<< Quello che voglio dire, >> continuò, alzando lo sguardo verso l’amico << E’ che sei una persona straordinaria, Kurt, e piena d’amore da offrire al prossimo. Quindi, buttati. >> aggiunse poi, con un sorriso a trentadue denti << Barbra non aspetta altro che un cugino o una cuginetta con cui giocare. >>

L’altro sorrise, guardando l’amica con gratitudine. << Grazie, Rachel. Ci penserò. >> disse, alzandosi dalla sedia e spolverandosi distrattamente il grembiule con le mani. << Anzi, >> aggiunse, ad un tratto, << Penso proprio che ne parlerò con Blaine. >>

 

 

Barbra e Blaine tornarono con un bel po’ di ritardo, senza avvisare.

Kurt stava quasi per spazientirsi, quando si era sentito il rumore di una chiave inserita nella serratura, e la porta si era aperta, rivelando i due ritardatari.

Non ci volle molto tempo prima che i presenti si rendessero conto che la bambina teneva in braccio un gattino bianco, a cui non cessava di rivolgere occhiate apprensive.

<< E questo? >> domandò Rachel, stupita, avvicinandosi alla figlia. Barbra stringeva a sé il micino con aria protettiva. << L’ha trovato zio Blaine, vicino alla pizzeria del vecchio Luigi. >>

<< Tesoro, il signor Luigi ha solo quarantatre anni. >> la corresse amorevolmente la madre, mentre le accarezzava il capo con affetto. Intanto, tutti gli altri si erano voltati con aria interrogativa verso Blaine che, per tutta risposta, alzò le spalle con aria mortificata.

<< Era stato abbandonato in uno scatolone di cartone, e miagolava per il freddo e per la fame. >> spiegò, quasi a giustificarsi. Finn si avvicinò lentamente, affacciandosi dalle spalle della moglie per osservare, guardingo, l’animale: << E’ pericoloso? >> chiese per precauzione, timoroso. Aveva sempre avuto un certo terrore per i gatti.

<< Dolcezza, è solo un cucciolo. >> sospirò Carole, guardando con dolcezza il gattino bianco che faceva le fusa tra le braccia della nipote. Questa, incoraggiato dal successo che stava ottenendo il suo nuovo amico, sfoggiò uno dei suoi gran sorrisi terribilmente simili a quelli della madre: << Mamma, possiamo tenerlo? >>

Rachel si voltò interrogativa verso il marito, che scosse con energia il capo, in senso di diniego.

Lei tornò a guardare la figlia, sorridendo: << Certo, tesoro. >>

Mentre Barbra esultava e gli altri ridevano, Finn si lasciò andare in un gran sospiro, scuotendo la testa con aria stanca: << Ma il mio parere vale qualcosa, in questa famiglia? >>

 

 

 

Qualche ora e boccone dopo, l’intera famiglia Berry/ Hudson/ Hummel/ Anderson, si ritrovava riunita in salone.

Leroy, Hiram e Carole sedevano sul divano con Blaine – in fondo, anche i genitori di Rachel avevano iniziato ad affezionarsi a quel ragazzo-, domandandogli del suo lavoro, mentre Burt e la nipote ridevano nel vedere il gatto bianco frusciarsi ostinatamente sulla gamba di un Finn paralizzato dalla paura su una poltrona.

Avevano chiamato quel cucciolo dal pelo candido Ollie, come Ollie Matson, ormai defunta leggenda del football americano.

Rachel e Kurt, invece, sedevano al pianoforte, suonando ed intonando un pezzo derivato da un musical teatrale. Le loro voci, dopo tanti anni di pratica, s’armonizzavano alla perfezione, in un delicato susseguirsi di note alte e basse, di strofe delicate, mai troppo veloci.

Era una melodia languida, melanconica, dotata di una commovente dolcezza.

Avevano acceso le luci dell’albero di Natale, piccole stelle che spiccavano nel meraviglioso intrecciarsi di ghirlande e perline.

Poi Blaine si avvicinò al piano, attaccando con una più ritmata “Jingle Bells”.

Rachel rise, ed iniziò a cantare insieme a lui, e ben presto si unirono la voce da controtenore di Kurt e quella baritonale ed ormai poco allenata di Finn. E poi quella dolce di Carole, quella divertita di Hiram e Leroy, il vocione di Burt e la voce teneramente e straordinariamente stonata della piccola Barbra.

Mentre cantava, Rachel sentì il cuore colmarsi di orgoglio, gioia e soddisfazione, e non perché la sua voce spiccava tra tutte per bellezza ed abilità, ma a causa di quella visione dall’inestimabile valore.

Quella era la sua famiglia, quella che si era creata con amore ed affetto. E ne era fiera e felice.

Nell’arco di pochi attimi, Finn si buttò in un balletto improvvisato, trascinando con sé la figlia.

I due si esibirono con la stessa ed adorabile goffaggine, e Rachel sorrise, rise con gioia ed affetto.

“ Figli, questione di DNA” .

Erano state queste, le parole di Kurt.

E cavoli,  se aveva ragione.

  
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Glee / Vai alla pagina dell'autore: Daicchan