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Autore: Nico    11/10/2006    20 recensioni
Quando il mondo come lo conoscevano si stà sgretolando c'è qualcosa di più potente della paura.....é la terza e ultima fanfiction che rivisita "leggermente" un episodio del sesto anno, legata alle precedenti da un filo comune. La voglia di amare.
Genere: Romantico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Ron/Hermione
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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Quello che resta (sequel di Paura o bugie?)

-*-*-*-

Mille volte mi sono affacciata a questa finestra e ho contemplato il lago scintillare alla luce del sole. E quante volte, durante l’autunno e l’inverno non riuscivo nemmeno a scorgerlo a causa della nebbia fitta che circondava il castello!

Ma sapevo che era sempre lì, così come il parco, la foresta, e la capanna di Hagrid. Tutto sempre uguale, fermo ad aspettare il mio ritorno a Hogwarts dopo le vacanze estive.

Questa è la mia casa. E’ stata lei a scegliermi quando sei anni fa mi è arrivata le lettera che mi comunicava il mio stato di strega, è stata lei a scegliere tutti noi. Per lei e per la vita che mi si prospettava ho praticamente abbandonato i miei genitori, accettando di vederli per pochi giorni all’anno….ma probabilmente ora dovrò lasciarla.

Lo farò per lei, però, per permetterle di continuare a vivere ed essere la casa di qualcun altro.

Oggi il lago è magnifico, il cielo terso si riflette sulla superficie e gli fa assumere una colorazione blu cobalto, e il suo brillare è talmente intenso che offusca la vista.

O sono le mie lacrime? Non lo so più, ormai, ne ho versate così tante che ora come ora mi risulta difficile accorgermi se sto ancora piangendo oppure no.

Solo pochi minuti fa, proprio sulla riva, i tritoni hanno reso l’ultimo omaggio a colui che ci ha fatto da padre, che ci ha protetti e fatti sentire al sicuro per tutti questi anni con la sua sola presenza.

Albus Silente se n’è andato, e ora riposa in quella tomba bianca che è anche troppo bella per essere il rifugio che cela la morte. Quest’anno è stato difficile per me, uno dei più duri della mia vita, e non solo perché Voldemort è tornato, o perché i Mangiamorte hanno ripreso la loro opera.

La cosa più dolorosa è stata vederlo con lei, e sapere che se non fossi stata così presuntuosa, stupida, e spaventata tutto sarebbe stato diverso.

Ho ripensato mille volte a quella sera a Grimmould Place, ai suoi baci e alle sue mani che mi toccavano…a come erano sinceri i suoi occhi quando mi ha detto che mi amava…e a come erano allo stesso modo sinceri quando ha detto che mi odiava, invece, per quello che gli avevo fatto. Per quello che avevo fatto a noi.

E allora ho detestato me stessa, e ho saputo di meritare ogni suo sguardo sprezzante, ogni parola pungente, ogni silenzio. Ma non erano le mie labbra che si posavano sulle sue, ne le mie mani che scorrevano tra i suoi capelli e che si stringevano attorno al suo collo. Non era la mia lingua che accarezzava la sua, ma quella di Lavanda Brown.

Sono stata una stupida. Per un momento ho pensato che invitarlo al party di Lumacorno fosse la soluzione, ho cercato di far leva su una sua debolezza, una di quelle che lo tormentano e per la quale so che prova vergogna di se stesso. La sua invidia nei confronti di Harry.

Mi vergogno di me per questo, perché forse vincerà questa battaglia, un giorno, ma non è ancora successo, lo so, e di certo il destino non lo favorisce.

Ma lo spero con tutto il cuore, perché Ron ha così tanto da dare agli altri, e potrebbe chiedere molto in cambio, ma non lo fa. Gli ho lanciato contro uno stormo di canarini inferociti, e per un breve, insignificante attimo, mi sono sentita soddisfatta e in diritto di farlo, perché quello che lui stava facendo non era semplicemente stare con un’altra ragazza. Era tradire i suoi sentimenti, calpestare se stesso per farmela pagare.

Adesso mi sembra che tutto quello che ho fatto, tutto quello che ho pensato e che mi pareva così importante non abbia più senso. Dopo l’avvelenamento dal quale è scampato grazie ad Harry ci siamo riavvicinati, ma è stato solo un piccolo passo di una lunga strada che mi sforzerò di percorrere, che lo forzerò a percorrere, se necessario, perché arrendermi non è una parola che conosco.

Devo preparare il mio baule, e ho mille cose da mettere a posto, mille pensieri che mi riempiono la testa e troppo poco tempo rimasto per dipanarli come meriterebbero.

Guardo il letto e penso che mi mancherà anche lui. E’ così soffice, accogliente….mi sdraierò solo un attimo, il tempo di ricordare che quando sarà tutto finito, voglio avere ancora una casa nella quale tornare.

-*-*-*-

Il funerale è finito, Ginny e Harry stanno parlando nel parco.

E’ un amore sfortunato, il loro. Ci sono troppe difficoltà, c’è troppa paura, è tutto troppo grande. Lui se ne andrà, e lei lo sa. Ma sa anche che la cosa giusta da fare è lasciarlo libero, permettergli di compiere quel destino che è stato scritto fin dal giorno in cui Tu Sai Chi gli ha lanciato contro quella maledizione, scegliendolo come suo eguale e come suo contrario.

La fenice ha dato solo due piume, le due facce della stessa medaglia

.

Ma Fanny oggi è volata via, il suo grido straziato ha riecheggiato in cielo finché non si è spento in lontananza, come se alla fine, con Silente, anche la speranza se ne fosse andata per sempre.

Ma come poteva restare? Le sue lacrime hanno il potere di guarire le ferite, ma quelle dei nostri cuori, ora, sono troppo profonde e troppo vere per potersi rimarginare.

Credo che anche le sue lo siano.

Ho questo groppo in gola che non vuole saperne di scendere, e in un certo senso, anche se è la cosa più assurda che possa attraversarmi la mente, di nuovo mi trovo ad invidiare Harry.

Lui può proteggere Ginny, può lasciarla a casa, al sicuro. Io non posso farlo, perché qualunque cosa accada lei ci sarà, in prima linea, al nostro fianco. Non ho nemmeno bisogno di domandarglielo, e non ho il coraggio di supplicarla.

La tenevo stretta tra le braccia poco fa, durante le esequie, e non potevo fare a meno di pensare che se non ci fosse stata lei nemmeno la presenza di tutta la mia famiglia….nemmeno la presenza di Harry mi avrebbe impedito di fuggire, di correre a perdifiato il più lontano possibile, e di illudermi che se mi fossi rintanato in una caverna, come aveva fatto Sirius durante il quarto anno, nascosto nelle vicinanze di Hogsmeade, tutto quel dolore forse non mi avrebbe raggiunto, mi avrebbe lasciato in pace.

Era così esile tra le mie braccia che temevo di stringerla troppo forte, ma lasciarla andare sarebbe stato come dare un calcio all’unica cosa che mi è rimasta e che mi fa sentire umano.

L’ amore che provo.

L’ho perdonata tanto tempo fa per quello che ha fatto, e so che ogni volta che baciavo Lavanda non erano sue le labbra che sentivo, e non era suo il profumo che respiravo.

Ma credo di aver voluto che soffrisse, almeno per un po’. Credo che il dolore che leggevo nei suoi occhi fosse una sorta di riscatto per me, una rivincita che avevo tutto il diritto di prendermi.

Ora so che non è così, e che il male che stavo facendo a lei lo infliggevo anche a me stesso, se possibile più forte, più tagliente. Salire le scale che portano alla torre di Grifondoro, mormorare alla signora grassa la parola d’ordine….tutto questo è quello che ho sempre fatto, ed è quello che fra poco più di un giorno cesserà di esistere per me.

Guardo il quadro prima di attraversare il buco, e anche lei ha gli occhi rossi e gonfi di pianto, mi fa cenno con la mano ma non dice una parola.

Chissà se l’immagine di Silente è già in una delle cornici vuote nel suo ufficio, tra i tanti altri quadri degli ex presidi di Hogwarts. Lo spero, mi aiuta ad illudermi che non sia un distacco definitivo.

Non riesco nemmeno a pensare a come si senta Harry in questo momento.

Silente era più di un padre per lui, più di un maestro. Più di qualunque cosa sia mai stata per tutti noi, ad eccezione di Hagrid, forse.

Dalla sala comune mi affaccio a una delle ampie finestre, quella che dà sulla sua capanna, e lo vedo lì seduto, con i gomiti appoggiati sulle ginocchia e il viso nascosto nelle sue mani enormi.

Non posso dimenticare che impressione mi ha fatto vederlo l’altra notte trasportare dentro il corpo senza vita, tra le sue braccia pareva minuto come quello di un bambino, e nulla era rimasto in quel fagotto abbandonato del mago potente che era.

Ma credo che oltre al dolore di averlo perduto, questa non sia la cosa più importante. Quello che conta è il coraggio che ha trasmesso a tutti noi, e la forza di lottare fino all’ultimo per essere liberi e per poter finalmente vivere la vita che meritiamo.

Quello che Scrimgeour ha detto a Harry è la verità, ma non vale solo per lui. Siamo tutti, nessuno escluso, uomini di Silente.

La sala comune è vuota, allora salgo le scale del dormitorio delle ragazze. Non temo di trovare qualcuno, la scuola è deserta ormai, tutti gli studenti se ne sono andati. Solo noi siamo rimasti, ma ancora per poco. E tutto è così grande ora, così freddo e vuoto che mi sembra di non riconoscere più nulla.

La porta della stanza è socchiusa, e mi basta dare una rapida occhiata all’interno per vederla sdraiata sul letto, addormentata. Forse non ho il diritto di entrare e disturbarla proprio quando è riuscita a trovare un attimo di pace, almeno nel sonno. Ma è raggomitolata su un fianco, e anche nella calura della giornata estiva mi sembra quasi che abbia freddo.

Mi siedo accanto a lei e le scosto dal viso una ciocca di capelli che è sfuggita dalla coda. Respira lentamente, ed è così bella che mi toglie il fiato.

“Perdonami”, mormoro, accarezzandole la guancia col dorso della mano. “Perdonami”.

Non voglio cedere, lotto contro questa sensazione che mi assale prepotente ogni volta che penso al futuro, ma ho paura. Non voglio che le accada niente di male, voglio che rimanga viva, e stia bene, e possa avere una casa, una famiglia, dei figli.

Nessuno di noi può sapere se avrà mai tutte queste cose, ma vorrei lei potesse, perché anche i nostri bambini sarebbero meravigliosi.

Nostri. Che strano, non posso fare a meno di vedere me al suo fianco, quando forse ho tirato troppo la corda….o forse non l’ho mai tirata abbastanza, chi lo sa.

Mi sdraio dietro di lei e la circondo con le braccia, scaldandole la schiena con il mio corpo. Non so quello che spero. Vorrei che non si svegliasse, e che continuasse a dormire ignara di tutto quello che sta accadendo e di quello che c’è dentro di me. E allora? Cosa ci faccio qui, abbracciato a lei rischiando di fare proprio quello?

Cerco di muovermi, di alzarmi e andarmene in silenzio come sono venuto, illudendomi di avere fatto una cosa buona.

E’ lei che si gira e mi abbraccia a sua volta, premendo il viso contro il mio petto.

Rimango immobile, di pietra, e il cuore sta per balzarmi dal petto. Ma sono convinto che stia ancora dormendo. Finché non sento la sua voce. “Ron, ti prego. Non te ne andare”.

Resto, e la stringo più forte. So che non me ne andrò mai da lei, qualunque cosa accada.

-*-*-*-

E’ il calore del suo corpo che mi ha svegliata, o forse in realtà non ho mai dormito. Ero solo a metà tra veglia e sogni, ma non ho bisogno di sognare, adesso. Voglio abbracciarlo e farlo restare con me, perché tutto mi sembra meno scuro quando i suoi capelli di fiamma illuminano la mia giornata.

“Ron, non te ne andare”, sussurro contro il suo petto, e sento le sue braccia stringersi attorno a me, e le sue gambe lunghe attorcigliarsi alle mie.

“Rimarrò tutto il tempo che vuoi”, risponde, e io vorrei dirgli che quello che voglio è che resti per sempre. Ma rimango in silenzio perché il calore delle sue braccia mi basta, e spero che i miei gesti parlino per me perché sento che la voce tremerebbe, e non voglio che lui pensi che ci sia insicurezza in quello che sto facendo.

Alzo lo sguardo e incontro i suoi occhi. Sono della stessa tonalità del lago, e sono felice perché so che ovunque vada, quando avrò lui davanti, anche un po’ di Hogwarts verrà con me.

Gli passo le dita tra i capelli e gli sorrido. “Mi sei mancato”.

Lui chiude gli occhi e respira profondamente. “Anche tu mi sei mancata, Hermione, non sai quanto”, dice.

“Non volevo che accadesse tutto questo tra noi, mi dispiace tanto. So che è tutta colpa mia”, mormoro.

Lui non risponde, ma cosa potrebbe dirmi? Forse che ho ragione, che la colpa è in effetti mia, e che lui mi ha perdonata lo stesso. Ma non mi aspetto le sue parole, lui riesce sempre a stupirmi. “Sei tu che devi perdonarmi invece. Perché quello che ho tentato di fare per tutto quest’anno è stato odiarti, ripetendomi continuamente quanto falsa e ipocrita tu fossi stata, quanta poca stima tu meritassi. Ma non è vero, e l’unico risultato che ho ottenuto è stato infangare e tradire i sentimenti che provo per te e che non sono mai cambiati. L’unica cosa che ho fatto è stata calpestare me stesso non dando importanza alla cosa più bella che un uomo possa provare. A quello che ci rende diversi da quello che Voldemort è…l’amore, Hermione.”

Sento che sto per piangere, sento che anche se tutto il mondo così come lo conosco sta per cambiare Ron rimarrà sempre l’unico punto fermo della mia vita. In modi diversi, certo, ma lui ed Harry sono tutto quello che ho, tutto quello di cui ho bisogno.

Gli accarezzo il viso, e non è più un ragazzo quello che sto guardando. E’ un uomo, e la tristezza in fondo ai suoi occhi lo dimostra. Appoggio le labbra sulle sue, e il bacio che ci scambiamo, dopo così tanto tempo, è una boccata d’ossigeno che mi riempie i polmoni dandomi la sensazione di respirare di nuovo dopo aver vissuto in apnea.

Non mi basta, e sento che anche per lui non è sufficiente. Dischiudo la bocca, e approfondisco il bacio perché ho bisogno di convincermi che quello che sta succedendo è vero, e che anche se tutto attorno a noi sembra perdere la sua forma, quello che siamo resta, e come acqua riusciamo ad adattarci al nuovo contenitore che sarà la nostra vita da oggi in poi.

Faccio scorrere le dita tra i suoi capelli e sento le sue mani infilarsi sotto la mia maglia e slacciare il reggiseno. Le dita lunghe sulla mia schiena sono una sensazione che ricordavo bene, anche dopo averla provata una sola volta, una sensazione che mi è mancata. Mi fa voltare, e coprendomi col suo corpo continua a baciarmi sulle labbra, sul viso, poi sul collo, come se la sua fosse una corsa contro il tempo.

Sono riuscita a sfilargli la maglia ed accarezzargli il petto, più definito rispetto all’anno passato, e con qualche pelo in più. Provo una strana frenesia io stessa quando mi divarica le ginocchia e si sistema in mezzo alle mie gambe. Indossiamo entrambi i jeans, ma il contatto con il suo corpo è elettrizzante.

La mia testa è leggera, e mi sento come un grande nervo scoperto pronto a reagire ad ogni minima stimolazione. Non mi sono nemmeno accorta che mi ha sollevato la maglia, ma quando sento la sua bocca calda sul mio seno sussulto, e credo che un gemito di piacere sia uscito dalla mia gola, ma non ne sono affatto sicura.

Tutto quello che so è che lui è con me, e che mentre la sua lingua danza attorno al mio capezzolo lo sento mormorare il mio nome, quasi incredulo lui stesso.

Muovo il bacino contro il suo e chiudo le gambe attorno alla sua vita, e quello che sento dimostra chiaramente il suo stato di eccitazione, non c’è alcun bisogno che lo veda.

Riesco ad infilare le mani nei suoi pantaloni e le sue natiche ferme mi riempiono i palmi. Voglio premerlo ancora di più contro di me, voglio sentirlo, essere certa che a questo punto non c’è nulla che ci potrà far fare passi indietro sulla strada che abbiamo percorso.

Forse è stato meglio che le cose siano andate in questo modo. Forse non è stata solo sofferenze e rabbia quella che ci ha tenuti lontani. Forse non eravamo pronti, e non eravamo consapevoli di quello che significhiamo l’uno per l’altra come lo siamo adesso.

Perché quello che ora so non lo immaginavo l’anno scorso.

So che alzarmi la mattina e pensare che quello che vedrò di li a poco sarà il suo viso sorridente è quello che mi aiuterà ad andare avanti in questa guerra che è alle porte, e so che il suo braccio sarà il gancio a cui mi aggrapperò ogni volta che sentirò le gambe cedere, e il terreno mancare sotto i piedi.

Voglio essere lo stesso per lui, e farlo sentire importante e sicuro di se come non lo è mai stato nella sua vita.

La sua bocca si stacca dal mio seno e torna a baciarmi le labbra, gentilmente, con leggerezza, finché le sue braccia non mi circondano di nuovo e rotoliamo di lato, di nuovo avvinghiati come all’inizio.

Ho l’orecchio appoggiato contro il suo petto e sento il cuore battere veloce e il suo respiro affannoso. Ma il suo viso è immerso tra i miei capelli, appena sopra la mia spalla, e lo sento inspirare profondamente e rilassarsi un poco.

“Profumi di buono”, dice.

Io sorrido e gli bacio leggermente il petto. “Anche tu”, rispondo. E’ il suo odore, mi sembra di conoscerlo da una vita, ma ora è anche un po’ mio.

“Dobbiamo fermarci qui, vero?”, sospira.

Vorrei che la mia risposta fosse differente, ma non può esserlo, non ora. “Si, credo di si”, mormoro.

Vorrei fare l’amore con lui, e so che anche lui lo vorrebbe, ma non è la cosa giusta da fare, non è il momento giusto.

“Abbiamo appena perso una persona troppo importante per noi, mi sembrerebbe come se…”. Come è accaduto altre volte finisce lui la frase per me.

“Come se fosse un premio di consolazione?”

E’ strano sentirglielo dire, e capire ancora una volta che l’intesa che c’è fra noi non ha nulla a che vedere con la semplice amicizia. “Si, come un premio di consolazione. E invece non voglio che sia così. Deve essere speciale, meraviglioso….indimenticabile”, mormoro.

Lui scuote il capo e mi accarezza i capelli. “Sarebbe comunque indimenticabile per me”, dice. “Ma hai ragione, quando succederà voglio che siamo solo noi due e quello che proviamo l’uno per l’altra, senza fantasmi nel mezzo. E anche se oggi abbiamo perso Silente l’averti ritrovata l’ha resa una giornata degna di essere ricordata”.

Non c’è regalo più grosso che Ron per me, non c’è suono più bello delle sue parole sussurrate nel mio orecchio e che mi suonano come un’assoluta verità.

Ma qual'è la mia, di verità? Tutto quello che è stato rimane, quello che gli ho tolto sarà sempre una voragine che lui ha riempito col suo amore e la sua comprensione, ma che non per questo è meno vera e meno dolorosa per me che l’ho creata.

Voglio trovare il modo di rimediare, di restituirgli almeno in parte quello che gli appartiene. Ci sono state strappate troppe cose, e tante ci verranno tolte in futuro, ma dare è tutto quello che voglio fare per lui.

Per sempre. E forse posso farlo…. forse c’è un modo.

Mi divincolo gentilmente dal suo abbraccio e mi siedo sul letto risistemandomi reggiseno e maglia. “Cosa fai?”, mi chiede, perplesso. Mi alzo e gli tendo la mano per aiutarlo a tirarsi su a sua volta. “Vieni con me, dobbiamo andare in un posto”.

E’ perplesso, ma si riveste e mi segue senza fiatare fuori dalla sala comune e poi giù per le scale deserte, fino al corridoio in cui si trova il gargoyle, l’accesso all’ufficio di Silente.

Mi guarda stupito. “Perché siamo qui?”

Non voglio dirglielo, ancora, preferisco aspettare che veda con i suoi occhi. Gli stringo la mano e pronuncio la parola d’ordine che solo il giorno prima ho per caso sentito dire alla professoressa McGranitt. “Scarafaggi a grappolo!”, e immediatamente la statua si anima ruotando su se stessa e facendo comparire la scala.

Muovo un passo e sento resistenza in Ron, ma mi basta insistere un po’ e mi segue.

E’ strano aprire quella porta e sapere che lui non sarà lì dentro, intento a riflettere su imperscrutabili misteri, ad accarezzare Fanny, parlare con i ritratti o semplicemente sgranocchiare qualche caramella tuttigusti più uno.

Una specie di peso allo stomaco mi assale quando socchiudo la porta e mi appare il trespolo della fenice, inesorabilmente e desolatamente vuoto.

Mi volto verso Ron, e i suoi occhi sono lucidi. “Vieni”, sussurro gentilmente, “Andiamo”.

Muoviamo qualche passo all’interno e tutti i delicati oggetti in movimento, tintinnanti e sbuffanti, sono sempre lì, come se nulla fosse accaduto. Ma un’esclamazione soffocata mi sfugge, e mi copro la bocca con la mano per paura di parlare troppo forte e disturbarlo. “Ron!”

Ma anche lui l’ha già visto, e ora le lacrime che prima erano solo un accenno di lucidità nelle pozze blu dei suoi occhi scendono a rigargli il volto. “Sembra in pace, non ti pare?”, mormora.

Guardo Silente che dorme beato nella sua cornice, e la barba lunga e argentata si alza e si abbassa al ritmo del suo respiro. So che è una stupidaggine, ma è come se un peso mi fosse stato tolto dalle spalle.

So che non è davvero lui quello che rumoreggia nel quadro, ma per ora, anche solo per un momento, mi sembra abbastanza. Non so quanto siamo rimasti a contemplarlo, ma voglio fare quello che ho in mente, per Ron, e anche per me stessa. Allora gli lascio la mano e apro le ante dell’armadio che sta di fianco alla porta, e il bacile di pietra appare ai nostri occhi, proprio come Harry ce l’aveva descritto.

“Il pensatoio”, balbetta Ron, e lo vedo ancora più confuso.

Vortici argentei turbinano ancora lì dentro, i pensieri di Silente, forse anche il ricordo di Lumacorno così importante per tutti noi. Ma non sono questi che mi interessano ora. E’ qualcosa di mio….qualcosa che devo rendere di nuovo nostro per riparare al grave torto che gli ho fatto.

Estraggo la mia bacchetta dalla tasca dei pantaloni e la punto dritta alla mia tempia. La allontano lentamente e un sottile filamento d’argento sembra uscirmi direttamente dalla testa, per poi ricadere turbinante nel bacile.

Guardo Ron, e ora so che ha compreso. Mi prende la mano, ma io glie la lascio immediatamente. “No. Voglio che tu vada da solo e che riviva l’esperienza solo coi tuoi occhi, attraverso i miei ricordi ma senza la mia presenza”.

Credo che capisca che il mio unico desiderio è restituirgli tutto nella maniera più genuina possibile. Non sarà mai perfetto, lo so bene, perché non sarà mai il suo, ma è quanto di meglio posso fare.

“Va bene”, dice, e cala il viso sul bacile.

-*-*-*-

Harry aveva pienamente ragione, sbirciare dentro i ricordi di qualcun altro che galleggiano nel pensatoio è come essere risucchiati in un vortice e precipitare, precipitare sempre più in fondo, finché la caduta finisce bruscamente in un mondo proprio simile al tuo, se conosci il luogo, ma non esattamente uguale, a meno che la memoria non sia particolarmente recente.

Mi trovo nel parco, vedo la capanna di Hagrid ma non è come me la ricordo. Le zucche dell’orto sono grandi, qui, mentre nella realtà sono ancora piccole e verdi. La foresta è solo un po’ meno rigogliosa, ma per il resto è tutto esattamente identico, ma buio profondo.

Aguzzo gli occhi e mi vedo, lì fermo, nascosto dietro un grosso albero.

E’ la sensazione più strana che abbia mai provato sapere di essere stato in un luogo, di avere fatto e detto delle cose e non averne il benché minimo sentore. Continuo a guardare il me stesso di due anni fa ma poi, seguendo il suo sguardo, i miei occhi si spostano un po’ più avanti, oltre il prato, al limitare della foresta.

Sono Hermione, col suo bellissimo vestito color pervinca che rifletteva i raggi della luna e Viktor Krum. Lui le tiene le mani, e mi pare che le parli dolcemente, e che lei arrossisca.

So che è stupido, so che tra loro non ci sarà mai nulla, ma provo un moto di gelosia improvviso. Non voglio nemmeno pensare a come si sia sentito il me stesso di allora. Ma forse lo sto per scoprire, perché si sta avvicinando a loro due, proprio quando il viso di Krum è così vicino a quello di Hermione da poterla quasi baciare.

Mi avvicino anche io, non possono vedermi e sono curioso di sapere quello che le ho detto…quello che è accaduto per far si che ci baciassimo proprio quella sera.

Sono le parole di lei che sento per prime. “Hai detto che mi cercavi? Perché?”

“Perché non ti abbiamo più vista in sala e Harry mi ha chiesto di venirti a cercare. Non è sicuro uscire da sola con uno di Durmstrang”

Vedo gli occhi di Hermione che si riempiono di lacrime, e penso che sono uno stupido insensibile. Penso che in fondo non abbia avuto tutti i torti.

“Harry ti ha mandato a cercarmi, uh? Bèh, allora vai a dirgli che mi hai trovata e che il ragazzo di Durmstrang non mi ha torto un capello”

“Hermione, non ti puoi fidare di Krum! E’ un avversario di Herry nel torneo, potrebbe voler usarti per avvantaggiarsi su di lui!”

“Certo, perché è questo tutto ciò che un ragazzo può volere da me, giusto Ron?”

“No, non volevo dire questo, lo sai, ma è rischioso uscire di notte così, da sola!”

“Non ero sola, c’era Viktor con me, se non te ne fossi accorto!”

“Non lo conosci nemmeno! Come fai a fidarti di lui! A farti toccare da lui!”

L’ho detto…sono geloso marcio, ma anche un gran bastardo. Il me stesso di due anni fa è stato un grandissimo bastardo. La vedo muovere le labbra e non capisco quello che dice, ma poi vedo lui…cioè, me….insomma, mi muovo verso di lei e anch’io pronuncio piano alcune parole, le sento appena anche se sono al massimo ad un metro di distanza.

“E io non….io non lo sopporto….non sopporto che ti tocchi”

Lei pronuncia il mio nome, e un attimo dopo la sto baciando, e le mie mani scorrono affamate lungo i suoi fianchi assaporando per la prima volta la sensazione del suo corpo sotto la mie dita.

So che non è come viverlo, però, in un certo senso quello che la tocca, che la bacia e l’accarezza come fosse un gioiello non sono io, non quello che sono oggi. E per un solo breve istante provo rancore verso di lei.

Ma è un attimo, perché so che la amo, e tutto quello che è successo mi ha fatto capire che il risentimento è inutile, che vivere i sentimenti finché ce n’è l’opportunità è il regalo più bello che possiamo fare a noi stessi.

All’improvviso mi raddrizzo e mi allontano da lei di qualche passo.

“Io….mi dispiace Hermione…non….non volevo…”

Guardo i miei occhi, e i suoi. Sono terrorizzato da quello che è successo, e lei è impietrita dalla mia reazione.

“No, idiota! Certo che volevi baciarla!”, grido a me stesso. Ma è tutto inutile, la mia voce non può raggiungerli in alcun modo.

Vedo Hermione che estrae la bacchetta e come uno stupido spero che questa volta non scagli l’incantesimo, oppure che manchi il bersaglio. Ma so che mi colpirà, e ora posso capirla un po’ più di prima.

“Oblivion!”, grida, e io rimango come impietrito.

La vedo piangere, e vorrei dirle che non fa niente, che tutto si sistemerà, ma sarebbe una bugia, anche se potessi farlo. Perché tutto quello che è successo tra noi….Lavanda, i canarini, il silenzio, la finta indifferenza….tutto è partito da lì, e nessuno potrà mai cambiarlo.

Mi sento risucchiare di nuovo nel vortice che mi ha portato nei pensieri di Hermione, e in pochi secondi sono di nuovo nello studio di Silente, al suo fianco.

Mi da una mano a rimanere in piedi perché sto per perdere l’equilibrio, ma il suo braccio mi sostiene. “Allora? Sei riuscito a vedere qualcosa?”, mi chiede, ansiosa.

Vedo nei suoi occhi la voglia di sapere che in qualche modo è riuscita a restituirmi il mio ricordo, e dopo quello cui ho assistito, dopo tutto quello che ci siamo detti prima, in camera, non posso fare a meno di abbracciarla e stringerla forte a me.

“Ho visto, e avevi ragione. Mi sono comportato da vero idiota”.

Anche lei mi sta abbracciando, ma poi si allontana quel tanto che basta per vedermi bene in faccia. “No, qualunque cosa tu abbia fatto….non avevo ragione, Ron, e mi dispiace. Toglierti un tuo ricordo è stato come toglierti una parte di te stesso. Ho usato quell’incantesimo in modo terribile, quasi come una maledizione…… l’oblio. Mi dispiace tanto”.

Le sorrido, sono felice e allo stesso tempo ho paura. Di mille cose.

Ho paura che la guerra cominci, ho paura che i miei cari moriranno, che i miei amici moriranno. Ho paura che non ci sarà mai più una Hogwarts nella quale tornare, e ho paura che i miei figli non nasceranno mai e non vedranno mai quanto è bello il mondo.

Ma c’è una cosa di cui non ho paura, adesso, ed è questo ciò che mi distingue dal ragazzo che ho visto nel ricordo di Hermione. Non ho paura di dare retta al mio cuore, e non ho paura di fidarmi di lei.

Prendo il suo viso tra le mani e la bacio, sperando di riuscire a mettere in quel gesto tutto quello che provo. E la sento fremere tra le mie braccia mentre tutto l’ardore e il trasporto di prima torna in piena forza e si concentra nel cavallo dei miei pantaloni.

“Ok, siamo sempre nell’ufficio del preside, non mi sento a mio agio”, mugugno, continuando a baciarla sul collo.

Lei sorride e si tira indietro. L’occhio mi è caduto sul ritratto di Silente e per una frazione di secondo ho avuto la netta sensazione che sorridesse compiaciuto….ma ora sembra di nuovo profondamente addormentato, come tutti gli altri presidi, del resto.

“Andiamo dagli altri?”

Lei annuisce, ma poi mi prende la mano e la stringe al petto. “Ron……siamo soli, adesso, vero? Solo noi tre…. io, te e Harry……è tutto quello che ci resta?”

Le stringo la mano, e le sorrido col primo vero sorriso da non so nemmeno quanto tempo. Perché ora so una cosa. Finché avrò loro non sarò mai solo.

“Perché stai ridendo?”, mi domanda.

“Perché penso che il tre sia un numero fortunato”

FINE

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Bene, se siete arrivati a leggere quello che state leggendo forse non siete rimasti così delusi di questa mia specie di "trilogia", e se è così la cosa non può altro che rendermi tanto felice.

E siccome anche i più spavaldi, sotto sotto, hanno bisogno di qualche rassicurazione mi farebbe tanto, ma tanto piacere se mi diceste quello che pensate, molto sinceramente.

Ringrazio quindi tutti quelli che mi lasceranno un piccolo commento, e anche tutti quelli che hanno avuto la pazienza di leggere. Grazie a tutti.

  
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