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Autore: Noni    11/03/2012    2 recensioni
'Alec, io e quel tipo...'
'Non me ne frega un cazzo di quel tipo!', lo interruppe Alec bruscamente. 'Se non fosse lui sarebbe qualcun altro, e io sono stufo!'
'Alec, io amo solo te, lo sai. Tutto quello che faccio con gli altri non ha nessuna importanza... Poi torno sempre da te, no? Qualcosa vorrà dire.'
'Sì, vuol dire che ti piace vedere come a causa tua perdo un po' di ragione ogni giorno che passa. Non vedi come mi hai ridotto? Prima di conoscerti ero l'uomo più pacato e tranquillo che si possa immaginare. Guardami ora: non faccio che bere, sono sempre in collera, la notte non chiudo occhio, e sono diventato la barzelletta della città perché non riesco a tenere il mio ragazzo aspirante sifilitico lontano dai pantaloni degli altri uomini.
Le ho provate tutte: ho cercato di farti ragionare, ti ho pregato, ti ho minacciato, mi sono consumato le mani a furia di suonartele, ma niente, da quell'orecchio sembri non sentirci. Se mi fossi messo in casa un cane a quest'ora con la metà dello sforzo sarei riuscito a insegnargli a usare la stanza da bagno e a tirare la catenella!'
Genere: Commedia, Dark, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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'Beh, abbiamo trovato il modo di finire in bellezza anche questa serata, no?', disse Andrew allegramente.
Alec lo guardò malevolo. 'Abbi almeno il buon gusto di stare zitto', lo ammonì, e bevve tutto d'un fiato quello che era rimasto dell'abbondante whisky che si era versato poco prima.
'Ce l'hai ancora con me, vero?', chiese Andrew sedendosi sul letto. 'Ti ho già chiesto scusa più di una volta, mi sembra.'
'Tu non hai una grande considerazione di me, vero, Andrew?', replicò l'uomo. 'Cosa sono per te? Uno squilibrato che monta su tutte le furie per un'inezia? Uno che puoi rabbonire quando ti pare con le tue scuse e i tuoi pentimenti da due soldi?'
'Questo non è vero. Lo sai che ti stimo tantissimo. Però devi ammettere che hai l'abitudine di trasformare ogni sciocchezza in una tragedia. Ma a me va bene così, lo giuro. Ormai ci ho fatto l'abitudine. E' per te che mi preoccupo: tutti questi accessi di rabbia non possono farti bene.'
Alec non credeva alle proprie orecchie. 'Quindi, se ho capito bene, saresti tu la vittima, qui. E hai anche la nobiltà d'animo di sopportarmi e preoccuparti per me! Questa è grossa. Andrew, sei così convincente quando cerchi di rigirare i discorsi a tuo favore che quasi quasi cominci a convincere anche me.
Ma io ho raggiunto il limite della sopportazione, sappilo. Stasera mi hai umiliato per l'ultima volta. Almeno un tempo aspettavi che non fossi nei paraggi prima di farti le tresche...'
'Non mi stavo facendo nessuna tresca.', precisò Andrew.
'Diciamo piuttosto che non hai fatto in tempo perché ti ho interrotto.'
'Non stavamo facendo nulla di male, Alec. Stavamo solo scherzando.'
'Bello scherzo, Andrew, davvero bello. Appartarti con quel cretino del fratello di Jennifer... Divertentissimo. Quello ti stava mettendo le mani ovunque e tu glielo lasciavi fare, altro che scherzo. E gira voce che non vi siate limitati solo a quello.'
'E questo chi te l'ha detto? Chi è che mette in giro queste calunnie?', ribatté Andrew piccato.
'Risparmiami le sceneggiate, per favore. Ti conosco, e so benissimo quello che succede alle mie spalle. E anche se non ti conoscessi c'è chi mi tiene persino più informato di quanto vorrei.'
'Certo, i tuoi amici ficcanaso, con a capo proprio la cara Jennifer.'
'La cara Jennifer', disse Alec imitando il tono stizzito di Andrew, 'dopo la scenata di questa sera non ci inviterà neanche al suo funerale, e io non la biasimo.'
'Sai che perdita. Le sue feste sono il massimo della noia.'
'La prossima volta ti porterò a un'orgia, sicuramente sarà più in linea con la tua idea di divertimento.'
'Va bene, insultami pure quanto ti pare. Ma tu, allora?', fece Andrew puntandogli il dito contro.
'Io... cosa?'
'Credi di esserti comportato come si deve? Mi cogli sul fatto con un altro - per dirla alla tua maniera - e cosa fai? Mi assesti un paio di ceffoni, mi trascini via e l'altro la passa liscia. Che uomo sei?'
'Ho smesso da tempo di picchiare tutti gli uomini che ti si avvicinano, se è questo che intendi. Primo perché non mi fa sentire per niente meglio, secondo perché la reputazione di manesco che mi sono fatto finora è più che sufficiente e terzo perché non è giusto prendersela con loro. La colpa è sempre tua.
Vedi, un tempo credevo che tu fossi solo uno che non si lascia scappare nessuna occasione. Invece sei tu a crearle, le occasioni. Sei tu ad incoraggiare, a far capire che ci stai.'
'Cosa vorresti dire?', chiese Andrew perplesso.
'Quello che ho detto. Guarda il fratello di Jennifer. Non è certo il tipo che ti trascinerebbe in una stanza buia, ti strapperebbe i vestiti di dosso e ti prenderebbe con la forza. Sei tu che lo hai provocato.'
'Alec, io e quel tipo...'
'Non me ne frega un cazzo di quel tipo!', lo interruppe Alec bruscamente. 'Se non fosse lui sarebbe qualcun altro, e io sono stufo!'
'Alec, io amo solo te, lo sai. Tutto quello che faccio con gli altri non ha nessuna importanza... Poi torno sempre da te, no? Qualcosa vorrà dire.'
'Sì, vuol dire che ti piace vedere come a causa tua perdo un po' di ragione ogni giorno che passa. Non vedi come mi hai ridotto? Prima di conoscerti ero l'uomo più pacato e tranquillo che si possa immaginare. Guardami ora: non faccio che bere, sono sempre in collera, la notte non chiudo occhio, e sono diventato la barzelletta della città perché non riesco a tenere il mio ragazzo aspirante sifilitico lontano dai pantaloni degli altri uomini.
Le ho provate tutte: ho cercato di farti ragionare, ti ho pregato, ti ho minacciato, mi sono consumato le mani a furia di suonartele, ma niente, da quell'orecchio sembri non sentirci. Se mi fossi messo in casa un cane a quest'ora con la metà dello sforzo sarei riuscito a insegnargli a usare la stanza da bagno e a tirare la catenella!
Potessi almeno capire perché lo fai... Ti ho mai fatto mancare qualcosa, a letto? Non ti ho sempre assecondato in tutto, non ho esaudito qualunque tua richiesta, anche le più strane?'
'Alec, amore, non è colpa tua. Anzi, ti dirò di più, non c'è volta che, dopo, non pensi: 'Questo tipo non vale neanche la metà di Alec.'
Dovresti vedere la cosa sotto un altro punto di vista. In fondo ogni uomo con cui vado a letto non fa che ricordarmi quanto tu sia straordinario sotto ogni punto di vista.'
'Cos'è, dovrei sentirmi lusingato? Vuoi la mia benedizione? Ma sì, se le cose stanno così continua pure. Anzi, perché non cominci a portarteli nel nostro letto, i tuoi amanti? Io dormirò sul divano mentre tu ti fai rinfrescare la memoria su quanto mi ami.'
Andrew sembrava prestare la massima attenzione ad ogni singola parola, ma la sua era un'attenzione fiacca, tipica di qualcuno costretto ad ascoltare lo stesso discorso per l'ennesima volta, e che non vede l'ora che questo giunga al termine.
La cosa non sfuggì ad Alec, e aumentò, se possibile, la sua irritazione.
'Ora ascoltami bene', tuonò. 'D'ora in poi la musica dovrà cambiare. Ti devi mettere in testa una buona volta che io non sono uno di quei molluschi con i quali te la fai di solito, che per un pompino ti perdonerebbero qualunque cosa.
Non voglio più vederti incoraggiare gli uomini che ti ronzano intorno, e sarà meglio per te che i miei 'amici ficcanaso' in futuro non abbiano più nulla da riferirmi sul tuo conto. E non voglio più vederti uscire di casa vestito in questa maniera.'
'Cos'hanno che non va i miei abiti?', domandò Andrew con sincero stupore.
'Niente. A parte il fatto che dicono 'faccio marchette'. Il che è ironico, dal momento che, notoriamente, tu ti concedi sempre a titolo gratuito.
Ma non temere, il tuo sedere ormai gode di una fama tale che puoi anche smettere di metterlo in mostra e indossare finalmente un paio di pantaloni della misura giusta.'
'Va bene, amore. Tutto quello che vuoi.', disse Andrew sorridendogli dolcemente.
'Sì, ci credo proprio', sospirò Alec sedendosi accanto al ragazzo. 'Con te è tutto un 'va bene, tesoro', 'certo, tesoro', 'come vuoi tu, tesoro'. E poi, puntualmente, ricominci a fare di testa tua.'
Andrew lo cinse con un braccio e lo baciò sulla bocca. 'Amo solo te, non scherzo', sussurrò.
'Il sesso non risolve nulla, Andrew. Passo la metà del tempo a picchiarti e l'altra metà a scoparti, non è normale. Io non posso farcela, ho bisogno di un po' di tranquillità, mentre a te serve un uomo grosso come un armadio che ti faccia gli occhi neri e poi ti monti senza tanti complimenti, oppure...'
Il resto della frase gli morì in gola quando Andrew premette di nuove le proprie labbra sulle. Allora Alec spinse il ragazzo al centro del letto e si sdraiò su di lui. A vederlo mordersi il labbro inferiore per l'impazienza, con il desiderio che gli balenava negli occhi, si sentì ribollire il sangue. D'un tratto si ricordò perché da anni accettava di vivere in quella maniera, e ogni animosità divenne un ricordo. Almeno per il momento.


Il dramma quotidiano di Alec consisteva nella sua cronica incapacità di tradurre in pratica la fermezza che dimostrava a parole. Poteva infuriarsi con Andrew al punto di desiderare di distruggerlo, si sentiva capace di portargli rancore per giorni interi, ma se il ragazzo manifestava anche solo vagamente il desiderio di fare l'amore Alec scattava sull'attenti a qualunque ora del giorno e della notte.
Del resto, quel ragazzo non gli dava che grattacapi. Con che coraggio negarsi gli unici momenti in cui lui gli apparteneva in tutto e per tutto? Normalmente era viziato e insensibile, ma tra le lenzuola diventata dolce e arrendevole, e lo faceva sentire estremamente potente, lo colpiva nella sua vanità di maschio.
Ma il fatto che Andrew sentisse il bisogno di portarsi a letto qualunque uomo vagamente attraente che gli capitasse a tiro lo faceva sentire inadeguato, ed era inconcepibile che un tipo come lui, che era sempre stato sicuro di sé, ora agonizzasse tra i complessi.
Ormai era diventato un chiodo fisso. Probabilmente era tormentandosi in quella maniera che molti uomini finivano col ritrovarsi impotenti.
E dire che un tempo andava pazzo per quel ragazzino spudorato e impertinente che si portava dietro una reputazione terrificante, il genere di reputazione che faceva venir voglia di avvicinarlo per verificare se fosse fondata o meno.
Già a vederlo prometteva grandi cose, con i suoi lineamenti eleganti, il suo sguardo accattivante, il suo corpo snello e ben costruito, e soprattutto quel modo di fare sensuale e provocante che i suoi coetanei potevano solo sforzarsi di imitare con esiti grotteschi.
Alec si era sentito molto orgoglioso di sé per essere riuscito a portarlo a letto in meno di un'ora, ma poi scoprì che, volendo, sarebbe stato possibile riuscirci nella metà del tempo. Ma era comunque bello avere qualcuno con cui fare sesso senza dover prima passare per estenuati corteggiamenti; il ragazzo era un'eccellente passatempo, e Alec progettava di divertirsi finché ne avesse avuta voglia. Poi, il giorno in cui se ne fosse stancato, e lui presto o tardi si stancava di tutto e di tutti, non lo avrebbe più cercato e tanti saluti. Erano queste le gioie del sesso senza coinvolgimenti.
Ma erano passati quasi cinque anni, non si era ancora stancato e, tristemente, era più coinvolto che mai mentre Andrew andava avanti imperterrito col suo stile di vita indecente, regalandogli solo dolore e materiale di prima mano col quale contribuire alla già ricca anedottistica sul suo conto, ad esempio la sua passione per i modi brutali e le percosse che lo portava a mettere in mano ad Alec la cinghia dei pantaloni nel bel mezzo di un amplesso e a supplicarlo di sferzarlo senza pietà.
Ecco perché i ceffoni che gli venivano somministrati per rimetterlo in riga non sortivano nessun effetto: avevano finito per rientrare nel quadro dei suoi particolari gusti sessuali. Punendolo si finiva semplicemente col fare il suo gioco.


Era da tempo ormai che Alec rifletteva su quella situazione ormai invivibile. Forse era stato eccessivamente precipitoso nel dare tutta la colpa ad Andrew.
Certo, il suo comportamento era inqualificabile, ma anche se si fosse condotto come la più virtuosa delle creature ci sarebbe sempre stato qualcuno a insidiarlo, dal momento che il suo non era un aspetto che potesse passare inosservato.
E così lo capì: la causa della sua infelicità era la bellezza di Andrew, l'irresistibile e intossicante mezzo che gli permetteva di avere qualunque uomo. Ma ora che c'era arrivato cosa avrebbe potuto fare? Poteva lasciar fare al tempo, e aspettare che questa bellezza sfiorisse, ma c'era il fondato rischio di finire nella tomba molto prima che accadesse: aveva conosciuto i genitori del ragazzo, ed erano due magnifici cinquantenni in grado di dare dei punti a molti trentenni. Quindi, se la genetica non era un'opinione, Andrew aveva davanti a sé ancora due o tre decenni di splendore fisico.
No, doveva proprio farsi venire in mente una soluzione più sbrigativa.
Quando poco prima aveva detto ad Andrew di essere stufo questi non l'aveva preso sul serio. Tanto meglio. Che continuasse pure a vederlo come un innamorato isterico che ama fare scenate ma che alla fine lo riaccoglie sempre tra le sue braccia. Una volta che avesse deciso come muoversi avrebbe avuto dalla sua il fattore sorpresa.


Alle prime luci di un assolato mattino primaverile Alec si alzò dal letto e si vestì con tutta calma. Anche quella notte aveva dormito pochissimo.
Si recò nella stanza da bagno, aprì l'armadietto sopra il lavandino ed estrasse il rasoio.
Andrew dormiva ancora. In posizione supina, a invadere, come di consueto, il lato del letto che non gli spettava.
Alec, che da tempo si era ammalato d'insonnia a forza di soffrire per amore, segretamente lo detestava per la sua capacità di abbandonarsi a sonni profondi mentre lui passava le notti a rigirarsi tra le coperte, ritenendosi fortunato se al mattino era riuscito a mettere insieme un'ora scarsa di sonno. Ecco perché regalargli un brusco risveglio sarebbe stato doppiamente dolce.
Studiò per qualche istante il viso che aveva imparato a odiare. Non era semplicemente bello, era un miracolo di armonia, simmetria e proporzioni. Ma non era il momento di lasciarsi andare alle contemplazioni e ai vezzeggiativi.
Appoggiò delicatamente la lama sullo zigomo, in linea con il centro dell'occhio, e la fece penetrare nella carne morbida.
Andrew si sveglio all'istante. Nel tentativo di sottrarsi all'inaspettata aggressione piegò con violenza la testa all'indietro assecondando senza volerlo il verso della lama e accompagnandola fino alla mandibola.
Si portò immediatamente le mani al volto.
'Cosa cazzo mi ha fatto?', gridò saltando in piedi.
'Ho sistemato il tuo bel faccino.', rispose Alec, e cominciò a pulire la lama sporca di sangue sfregandola sulle lenzuola. Non sarebbe potuto essere più calmo.
Lo specchio restituì ad Andrew l'immagine del suo viso sfigurato. Pesanti gocce di sangue cominciarono a cadere sul pavimento.
'Perché lo hai fatto? Perché?', urlò, più spaventato che arrabbiato, mentre cercava qualcosa per arginare la copiosa emorragia. Era pallidissimo. Evidentemente la cosa che più lo sconvolgeva, per il momento, era la vista del sangue. Alle conseguenze estetiche avrebbe pensato più tardi.
Alec approfittò dello smarrimento del ragazzo per togliere il disturbo. Non aveva che da prendere con sé le chiavi dell'auto.
Le grida di Andrew lo accompagnarono sino al portone. Lo sentì chiamare disperatamente la servitù, troppo fuori di sé per ricordare che sia la cameriera che il maggiordomo erano stati gratificati a sorpresa con una settimana di vacanza.

Alec non rincasò che il mattino successivo. Aveva avuto tutto il tempo per riflettere sull'unico aspetto non contemplato dal suo piano: le conseguenze delle sue azioni.
Quella serpe velenosa di Andrew era andato dritto dritto a denunciarlo, ci avrebbe scommesso.
Chissà qual era la pena prevista per uno sfregio? Era direttamente proporzionale alla bellezza del volto deturpato? Allora sì che sarebbero stati guai.
Ma l'interrogativo che più gli stava a cuore era un altro: era riuscito nel suo intento? Tutto si era svolto così in fretta che ora, a freddo, gli sorgevano mille dubbi. Forse all'ultimo momento non aveva avuto il coraggio di affondare la lama a sufficienza, e Andrew si sarebbe ritrovato con un graffio o poco più.
Ma decise di essere ottimista, e di confidare nella fortuna del principiante. Forse con un po' di fortuna era riuscito persino a colpire un nervo, o a recidere qualche muscolo facciale. Sarebbe stato il massimo.
In tal caso il resto non aveva nessuna importanza. Si sarebbe fatto anche l'ergastolo sapendo che Andrew non aveva più nemmeno il coraggio di mostrarsi in pubblico e restava rintanato a consumarsi nella sua frustrazione sessuale perché nessuno lo trovava più attraente.
Forse oltre la porta c'era la polizia che lo aspettava per assicurarlo alla legge. Il pensiero in un certo senso lo eccitava: si sentiva nel giusto, ma la legge lo avrebbe punito, e nonostante questo andava incontro al suo destino da vero uomo. Ormai era totalmente immedesimato nel ruolo di vittima sacrificale sull'altare della crudeltà di Andrew.
Non poté fare a meno di provare un po' di delusione quando si rese conto che non c'era nemmeno uno straccio di poliziotto ad aspettarlo. Invece fu Andrew a corrergli incontro e a gettargli le braccia al collo. Aveva una specie di grosso cerotto sulla guancia ferita.
'Alec, amore, dov'eri? Sono stato così in pena!'
'Io... Ho dormito in albergo.', rispose Alec, colto di sorpresa.
'Avevo paura che non saresti più tornato, sai?'
Alec notò che il ragazzo articolava le parole soprattutto sul lato incolume del viso, e nonostante fosse evidente che gli costasse parecchia fatica e dolore parlava a ruota libera e appariva vagamente su di giri.
'Andrew, hai ricominciato a prendere la morfina, per caso?' gli chiese guardandolo severamente.
'Cosa? Cristo, no! Certo che no, sono solo felice di vederti.', si schernì Andrew, e lo abbracciò nuovamente come se stesse accogliendo qualcuno tornato dal fronte.
Alec si divincolò. 'Come hai fatto con...?', gli chiese indicando il cerotto.
'Con cosa? Ah, sì, giusto. Ricordi David, quella specie di medico col quale mi vedevo quando ci siamo conosciuti?'
Alec assunse un'espressione pensosa. 'Andrew, quando ci siamo conosciuti tu non frequentavi un medico. Ti vedevi con un impiegato di banca, un certo Vincent.',lo corresse.
'Davvero? Forse questo David l'ho conosciuto prima. O dopo. Comunque quando ieri mattina sono tornato in me ho pensato subito di rivolgermi a lui. Credevo che fosse ancora arrabbiato per come l'avevo mollato, invece è stato molto disponibile, e mi ha ricucito alla perfezione. Vuoi vedere?'
'N-no, grazie. E... non ti ha fatto nessuna domanda?', chiese Alec, sempre più esterefatto.
'Certo che sì. Pensa che ha anche insistito perché ti denunciassi. Ti rendi conto? Io denunciare te! Non me lo ricordavo così tonto, quel David', e Andrew rise, compatibilmente con l'espressività che i punti gli concedevano. 'Poi però quando gli ho raccontato quante te ne ho fatte passare è stato subito molto solidale con te, e ha detto che al posto tuo il rasoio l'avrebbe usato per aprirmi la gola da parte a parte. E ha ragione, avresti dovuto farlo. Alec, ti ho fatto soffrire tantissimo in tutti questi anni, vero?'
'Beh, in effetti...', replicò Alec con un filo di voce.
'Ma voglio rimediare. Sono stato così stupido, avevo accanto un uomo meraviglioso e non me ne rendevo conto. Lo capisco solo ora, e forse è troppo tardi, magari tu sei qui solo per darmi il benservito. E ne avresti tutte le ragioni, non ho fatto altro che ferirti.
So di non essere degno di te, e che tu ti meriti di meglio, ma se non hai già deciso di mandarmi al diavolo forse potremmo ricominciare come si deve. Che ne dici, Alec? Puoi riprendermi con te nonostante tutto il male che ti ho fatto?'
D'un tratto la voce di Andrew si era fatta incerta, come se temesse la risposta. Sembrava un bambino spaventato in cerca di rassicurazioni.
Alec sentì il cuore spezzarsi. Non c'era niente che non avrebbe fatto per far sì che smettesse di guardarlo con quegli occhi supplichevoli. Era chiaro che Andrew non aveva bisogno di far leva sulla carne per irretirlo.
'Certo, Andrew. Io non potrei vivere senza di te.', rispose infine.
'Anche se potrei riportare una brutta cicatrice?'
'Questo David ti ha detto che ti rimarrà una cicatrice? Voglio dire... E' sicuro?'
'E' molto probabile, la ferita era parecchio profonda. Sarà un problema?'
'Assolutamente no, io ti amerei anche se fossi completamente sfigurato, Andrew.',
'Oh, grazie, grazie!', esclamò Andrew tornando a stringerlo a a baciarlo. 'Giuro che non te ne pentirai! Sarò un santo, ti renderò felice. D'ora in poi sarà tutto perfetto.'


Qualche settimana dopo Andrew sfoggiava una vistosa cicatrice da poco di buono che stonava molto sul suo viso pulito e delicato.
Ma il cambiamento più profondo non era avvenuto nel suo aspetto, bensì nel suo spirito, e da un giorno all'altro Alec passò dall'essere poco più che un giocattolo ad essere il centro dell'esistenza del ragazzo.
Ogni mattina Andrew prese l'abitudine di svegliarsi di buon'ora e, tolto il vassoio della colazione di mano alla cameriera, svegliava dolcemente Alec (che ormai era completamente guarito dalla sua insonnia). Poi gli restava accanto e lo guardava mangiare, in silenzio, parlando solo se interpellato, e non c'era più traccia della sua solita petulanza.
Durante la giornata lo spiava compiere le azioni più banali, come se tutto quello che lo riguardava fosse importantissimo e degno di nota. Lo cercava con lo sguardo se si trovavano in una stanza affollata, e soprattutto non si interessava più agli altri uomini.
Tuttavia a volte Alec trovava imbarazzante la devozione che Andrew gli tributava, specie quando si manifestava in presenza d'altri. Pazienza, ci avrebbe fatto l'abitudine.
Cambiarono anche le loro abitudini sessuali. Facevano l'amore come, quando e se voleva Alec, e Andrew, avendo da farsi perdonare diversi anni di egoismo, spontaneamente metteva da parte le proprie esigenze per dedicarsi esclusivamente alle voglie e al piacere del suo uomo.
Alec scoprì così che possedere qualcuno cerebralmente era molto più appagante che possederlo solo fisicamente. Anzi, ora che il sesso non rappresentava più la sua unica possibilità di sentirsi potente si prese spesso persino il lusso di elargirlo come se fosse un favore.
Intanto il totale riserbo della coppia nello spiegare la comparsa dello sfregio favorì il diffondersi delle più svariate leggende che ben presto rimpiazzarono i racconti sulle prodezze erotiche di Andrew.
Secondo alcuni il ragazzo aveva cominciato a farsela con qualche balordo, probabilmente un italoamericano, che non vedeva di buon occhio le sue numeroso 'amicizie' maschili.
Per altri la cicatrice era un regalo di qualcuno al quale Andrew aveva rubato l'amante e che non l'aveva presa molto sportivamente.
Ma la tesi che suscitava più ilarità in quanti la sentivano era quella secondo la quale Alec, esasperato dalle continue infedeltà di Andrew, avrebbe perso la testa e avrebbe infierito in quella maniera sul volto del giovane. Una storia che aveva dell'incredibile.
Tutti sapevano che Alec era un uomo di buona famiglia, educato nelle migliori scuole. Certo, ogni tanto anche lui si alzava col piede sbagliato, e del resto Andrew avrebbe fatto saltare i nervi anche al Dalai Lama, ma nel complesso era un uomo gentile e dai modi affabili.
E poi negli ultimi tempi Andrew sembrava esserne così innamorato, non faceva che pendere dalle sue labbra e guardarlo con occhi adoranti.
Ma su un punto tutti concordavano: comunque stessero le cose, lo sfregio non aveva minimamente intaccato il suo fascino, anzi, a detta di molti gli aveva conferito un che di tragico e mascolino che piaceva molto anche agli uomini che sino a quel momento non l'avevano degnato di uno sguardo trovandolo di una bellezza troppo ordinaria e priva di personalità.
C'era da non crederci, senza volerlo Alec aveva reso il fascino di Andrew ancora più popolare. Poteva fallire più miseramente di così?
Ma lo scopo non era forse frenare l'esuberanza sessuale di Andrew? E da questo punto di vista le cose erano andate addirittura oltre le più rosee aspettative: Andrew era praticamente il suo schiavo.
Nonostante ciò la consapevolezza che l'altro fosse ancora appetibile bastò a gettare un'orribile ombra sul suo paradiso.
Decise di affrontare l'argomento una sera a cena.
'Andrew, succede qualcosa di strano.', esordì rigirando con la forchetta quello che aveva nel piatto, senza decidersi ad ingoiare un boccone.
'Cosa, amore?'
'Hai un bellissimo aspetto. Sei stupendo.'
'Grazie. Anche tu lo sei, Alec.'
'No, un attimo... Non è un complimento. O meglio, non solo. Hai notato che tutti non fanno che guardarti? Anche ieri sera, al ristorante... Come sei entrato tutti si sono voltati.'
'Beh, con questa cicatrice...'
'No, non per quello. Erano tutti sguardi ammirati. Ormai lo so quando qualcuno ti guarda con desiderio.'
Andrew corrugò la fronte con aria pensosa. 'Non me ne sono proprio accorto, amore. Ha importanza?'
'Non lo so... Vedi, una donna con uno sfregio simile verrebbe compatita da tutti, e siccome tu hai i lineamenti delicati come quelli di una ragazza credevo che per te sarebbe stato lo stesso... Non che io lo voglia, sia chiaro. Solo che... E' curioso.'
'A me non importa come mi vede la gente, Alec, mi interessi solo tu. Io ti piaccio sempre?'
'Io ti adoro.'
'Allora cosa ce ne frega del resto?'
Alec aveva l'impressione che ormai Andrew non aprisse bocca se non per pronunciare frasi meravigliose. Era valsa la pena di farsi venire i dubbi solo per sentirlo parlare in quei termini.
'Hai ragione. Chi se ne frega?', concluse soddisfatto, e cominciò finalmente a mangiare con appetito, anche se ormai la sua cena era completamente fredda.



Ines sedeva alla scrivania nel silenzio della sua stanza e si rigirava la penna tra le dita sottili pensando a un buon inizio per la lettera da scrivere al suo Bob.
L'ultima volta che si erano visti avevano finalmente fissato la data del matrimonio. Avrebbero dovuto aspettare ancora un anno perché Bob non poteva ancora permettersi una cerimonia che rendesse orgogliose le loro rispettive famiglie, ma Ines si sentiva lo stesso al colmo della gioia. Aspettare potendo contare i mesi e intravedendo il traguardo era tutt'altra cosa.
Intanto però Bob avrebbe voluto che lei aspettasse sotto il tetto paterno. Non vedeva di buon occhio che le donne lavorassero, e peggio ancora se lo facevano fuori casa.
Ines, però, che dietro un aspetto esile e fragile nascondeva un temperamento determinato, insistette tanto che alla fine strappò il permesso di mantenere il posto di lavoro finché i preparativi per le nozze non fosse entrati nel vivo. In fondo non succedeva tutti i giorni di entrare a servizio in una casa rispettabile, dove si veniva ben retribuiti e trattati con tutti i riguardi.
Il suo padrone, il signor Alec, era un giovane uomo molto colto, distinto e stimato, aveva modi sofisticati e vestiva sempre in maniera ricercata. Ines rubava con gli occhi le sue scelte in fatto di abbigliamento, e programmava di trarne ispirazione per rifare il guardaroba di Bob, che era un ragazzo molto attraente, ma un po' trasandato nel vestire. Ne avrebbe fatto un gentiluomo da fare invidia a quelle paesanotte delle sue amiche.
Quando tornava a casa la ragazza aveva tonnellate di cose da raccontare, e intratteneva i suoi familiari e i suoi amici con appassionanti resoconti sulla sua vita in città, sulle feste eleganti che il sig. Alec offriva e sulla bella gente che vi prendeva parte.
Ma certi dettagli preferiva tenerli per sé. I suoi genitori, che nella vita avevano conosciuto solo la realtà del loro piccolo paese certe cose non avrebbero proprio potuto capirle.
Persino lei, che da anni lavorava in città come cameriera e credeva di averne viste di tutti i colori, in principio era rimasta sconcertata da quello che succedeva in quella casa.
Tanto per cominciare il sig. Alec viveva con un ragazzo, il sig. Andrew, e dormivano nello stesso letto. E non perché non ne avessero altri.
Ma ben presto la cosa le apparì normale e di gran lunga più morale dell'abitudine dei suoi vecchi padroni di metterle le mani addosso ogni volta che le loro mogli si voltavano.
Quello che continuava a stupirla, però, era il fatto che due persone che avevano tutto per essere felici - bellezza, denaro, cultura eccetera - passassero il tempo a litigare furiosamente. Una volta aveva perfino visto il sig. Alec schiaffeggiare il sig. Andrew davanti a tutti i loro ospiti. Non seppe mai il perché, ma doveva esserci sotto un motivo più che serio perché il sig. Alec reagisse in quella maniera. E comunque il sig. Andrew sembrò non farci caso più di tanto, e poco dopo si comportava già come se nulla fosse successo.
Secondo Ines il problema era che quei due non avevano nulla da fare dalla mattina alla sera. I suoi genitori, che si spaccavano la schiena tutto il giorno, la sera non avevano la forza neanche di dirsi 'buonanotte', altro che mettersi a litigare.
A dire il vero ricordava anche un periodo in cui la coppia sembrava filare d'amore e d'accordo, come i protagonisti dei romanzetti alla melassa che leggeva sua sorella. Fu un periodo che coincise più o meno con il misterioso incidente a seguito del quale il sig. Andrew riportò quella brutta cicatrice.
Probabilmente il sig. Alec provava così tanta compassione per quanto era successo al ragazzo che proprio non ce la faceva a trattarlo duramente.
Comunque la tregua non durò molto, e gli scontri ripresero più violenti di prima. Ines li sentiva litigare persino in quel momento. Davvero un peccato.
Intanto aveva finito di scrivere la lettera. Nemmeno mezza pagina, perché Bob non amava leggere e lei non amava scrivere. Loro le cose preferivano dirsele a viva voce.
Andò allo specchiò, spazzolò con cura i riccioli biondi che le incorniciavano il visetto minuto e si coricò. Dedicò gli ultimi pensieri della giornata al suo futuro, che immaginava radioso. Sempre che a forza di dormire insieme lei e Bob non fossero destinati a finire come il sig. Alec e il sig. Andrew.
  
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