Anime & Manga > Dragon Ball
Ricorda la storia  |      
Autore: FannyHarris    11/03/2012    2 recensioni
E se Mirai Trunks, prima del suo viaggio ne abbia fatto uno nel regno dei morti? Leggete e scoprite che esperienza ha vissuto :)
Genere: Drammatico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Trunks
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Dance of death

Voglio raccontarvi una storia, tremenda a tal punto da farvi ghiacciare le ossa.

Una notte passeggiavo, sempre se così si può dire, nei pressi di un bosco sul pendio di una collina. Era l’unico posto rimasto ancora intatto: infatti, dall’alto, riuscivo a scorgere casette, palazzi, grattacieli, auto e persino gente innocente bruciare, avvolti tutti in grandi lingue di fuoco scarlatte. A breve della Terra non sarebbe rimasto più nulla, e io, invece, vi domanderete, cosa facevo? Passeggiavo.  Ma non lo facevo per passare il tempo o scampare alla tremenda furia omicida, presto scoprirete il perché.

Erravo senza una meta precisa e lasciavo che i miei occhi beneficiassero della sfolgorante luce della spettacolare luna piena, presente quella sera; quasi fosse una testimone di ciò che di lì a poco mi sarebbe successo. 

Guardavo fisso le stelle, brillanti e così piccole, sparse in un’immensa distesa tetra e oscura; ignaro di una presenza così vicina a me, la quale osservava attentamente ogni mio più piccolo movimento.

Una lieve brezza mi accarezzò il collo nudo, procurandomi un orribile brivido di terrore. Avevo paura; tremavo e mi guardavo intorno, alla ricerca di un qualcuno o qualcosa che mi rassicurasse. Invece no, successe tutto il contrario. Alzai lo sguardo, cercando il conforto della luna, e invece vidi solo nero. Le tenebre mi avvolsero e sentii che non avevo più via di fuga.

In quel momento percepii un movimento provenire dai pini circostanti, l’istante dopo qualcosa mi afferrò e per le ginocchia, facendomi cadere. Ero in trappola.  Capii che gli arbusti circondavano velocemente tutti i miei muscoli, stringendomi in una morsa letale e trascinandomi con forza verso un posto a me sconosciuto. Chiusi gli occhi e attesi. Mi ricordai le parole della sibilla. “Quello è un luogo maledetto. Non ti assicuro che troverai quel che cerchi.” Era inutile urlare e dimenarmi, mi accorsi immediatamente che, così facendo, la presa diveniva ancor più violenta, tanto da lacerare i primi strati della pelle.

Sentii che stavo precipitando nel vuoto, in un posto dannato in eterno. 

Dopo una lunga caduta, toccai terra e gli arbusti allentarono la loro presa, lasciandomi libero. Avevo paura di aprire gli occhi, non sicuro di ciò che mi attendeva. Restai alcuni minuti in piedi, in guardia e con lo sguardo chino.

Presi coraggio.

Tante piccole lingue di fuoco sparse qua e là illuminavano il posto, che pareva non aver fine. Era buio, costellato da tante lucine rosse, della tonalità intensa del sangue. Quello nelle mie vene, credo, si fosse ghiacciato a quella vista. Ero ancora nello stesso posto di prima.

Quando i miei occhi azzurri iniziarono ad abituarsi a quella luce, cominciai a distinguere tante sagome, parevano esseri umani. La cosa che mi terrorizzò era il fatto che non possedevano una pelle.

Vidi vene, arterie, bulbi oculari, fegati, cuori … ovunque, intorno a me. Percepii che si stavano avvicinando a me. Provai a correre, ma, nel giro di qualche secondo, fui circondato.

Ebbi un moto di disgusto quando mi accorsi che c’era gente che conoscevo, avevano i crani spaccati e ridotti a brandelli; tutt’ora tremo al solo pensiero. Dai gesti delle loro mani intesi che mi stavano invitando a fare qualcosa, ma non compresi cosa. Però qualcosa mi colpì: nessuno di loro si era avvicinato al punto di sfiorarmi.

Una fitta al cuore mi fece trasalire.

Riuscii a distinguere la muscolosa figura di Gohan, il mio maestro fra tutti loro. Provai ad avvicinarmi a lui, ma ad ogni mio passo in avanti, tutti gli altri arretravano. Mi guardai intorno e poco più distante fui capace di distinguere una figura, un uomo per l’esattezza, seduto su una roccia. Se ne stava a braccia conserte, aveva gli occhi neri e profondi, dai quali traspariva severità mista a malinconia. Era l’unico a stare lì da solo, chiuso in se stesso. Un impulso che nemmeno io saprei definire mi spinse a muovermi verso quell’anima. Questa, diversamente dalle altre, non si mosse e non mi degnò di uno sguardo.

Devo ammettere che sentii qualcosa di familiare quando fui vicino. In quel momento qualcosa mi afferrò per i polsi e mi fece voltare, era qualcosa coperto da una tunica nera e, con mio sommo rammarico, scoprii che era qualcosa di scheletrico. “Vieni con noi.”Disse in un sussurro. Poco dopo mi lasciò un braccio e con l’arto mi mostrò una cosa particolare che avveniva dietro di lui. “Vieni.” Ripeté  severo. Aveva una voce metallica se non ricordo male. Mi sospinse e mi fece attraversare una barriera interamente divorata dalle fiamme.

Avevo paura, paura di morire. Pensai a mia madre, che mi aveva pregato di non andare lì perché non avrei mai potuto incontrare mio padre. Ahimè, aveva ragione.

Superai la barriera e, con grande sbigottimento, notai che non mi ero fatto nulla, nemmeno una bruciatura.

Alzai lo sguardo dai miei vestiti e davanti a me vidi le anime accingersi in una specie di ballo. Erano tutti in cerchio, un cerchio fatto di fuoco però. Per terra notai dei simboli particolari:

Dance of death.

Non capii che dicessero e che significassero. Una voce di donna mi distrasse dal mio intento di decifrazione. “Unisciti a noi. O morirai.”

Il tempo pareva essersi bloccato, ero terrorizzato, ma una parte di me voleva andare, lo stesso. Contro ogni ragione. Ero scalzo, e camminai sui carboni ardenti, stupendomi di nuovo per il fatto che le fiamme ardenti non bruciassero la mia pelle.  Entrai nel cerchio che le anime disegnavano, io ero proprio nel mezzo. Una forte luce mi colpì, cancellando quasi tutti di me. Sentii come una forza superiore avventarsi su di me, avida di prendersi la mia anima. Non mi crederete ma, prima che la mia anima, forse, ancora non so dirlo, fosse prelevata, volsi lo sguardo in direzione di quella che se ne stava ancora seduta su un masso, triste, severa e solitaria. Capii che era mio padre.

Non ci fu tempo di dire nulla che avvertii la mia anima staccarsi dalle membra con forza, anche se io non percepii dolore. Ero come in uno stato di trance. Ah, se solo qualcuno avesse avuto la possibilità di testimoniare ciò che mi accadeva, purtroppo anche la luna mi aveva abbandonato.

Sì, ho ballato, mi sono agitato e ho cantato con loro, in un unico canto di morte.

Lessi i loro sguardi, non c’era nient’altro che morte e dolore, erano iniettati di sangue. Erano tutti morti e contemporaneamente vivi, erano ascesi dalla viscere dell’inferno. Non esisteva il paradiso nel mio mondo, tutti destinati a bruciare nelle vampate dell’inferno.

Mentre il mio corpo esanime, ballava nel cerchio dei morti e cantava con quelle figure infernali, il mio spirito, in quel momento libero e privo di catene che lo unissero alle spoglia, rideva e si beffeggiava di me. Non appena venne il tempo, una campana suonò, facendo bloccare tutti di scatto. La mia anima tornò a legarsi al mio corpo. Non sapevo nemmeno se fossi vivo o morto, ero semplicemente in bilico fra la vita e la morte. Un passo falso e sarei bruciato, un passo giusto e mi sarei salvato.

Però quella volta fui io a iniziare le danze e tutti, compresa quella anima solitaria si unirono a me, disegnando di nuovo un cerchio, ma non mi sfuggì un importante particolare.

Erano tutti impegnati, quello era il modo per tornare nel mondo dei vivi, non come uomini comuni, bensì come demoni. Io ero la loro unica via di salvezza. Un canto di diffuse rapido e riecheggiò sinistro. L’attenzione era lontana da me.

Una scritta si marchiò a fuoco sulla parete: Friend and foe will meet again, those who died because of men hate.

Capii che quello era il momento perfetto per fuggire, non avrei più avuto altra possibilità. Erano tutti concentrati sulle scritte che apparivano e scorrevano rapide sulla parete, quando all’improvviso si voltarono e mi osservarono con occhi assenti, in procinto di fermarmi.

Corsi come l’inferno, veloce come il vento; non avevo altra possibilità. “Ora o mai più.” Urlai con le lacrime agli occhi. Mi portai un dito per cancellarle dal mio volto, ma scoprii che piangevo sangue. Decisi che non era quello il momento, così continuai la mia corsa sfrenata, senza guardarmi indietro; una cosa non osai. Non osai alzare lo sguardo e vedere cosa avevo dinnanzi.

 

Tutt’oggi mi domando cosa li spinse a lasciarmi andare … forse, mi concedetti, capirono che ero l’unico che avrebbe salvato i loro cari ancora vivi e li avrebbe resi liberi. Ricordo di mio padre. Non sono sicuro, ma sento che era lui.

Non ho mai raccontato a nessuno questa storia, solo a mia madre, la quale non mi ha creduto, dicendomi che è solo un sogno … spero solo che voi possiate credermi.

 

Angolo autrice:

So che non ha senso xD Ma boh, l’idea mi piaceva tantissimo xD Avviso che ho preso molto spunto da una bellissima canzone degli Iron Maiden (Dance of death) con le giuste modifiche. Ho tradotto da sola la canzone e l’ho arricchita con particolari inventati da me, come le scritte. La dedico a LadyInDark  che ha recensito tante mie storie. Non so ma mi ha fatto pensare a te xD

Baci,

Fanny.

 

   
 
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Dragon Ball / Vai alla pagina dell'autore: FannyHarris