Storie originali > Nonsense
Ricorda la storia  |      
Autore: BBambi    12/03/2012    0 recensioni
Ma poi tu che ne sai della mia vita?
A pensarci potrei raccontarti di me cose meravigliose, potrei prenderti per mano e condurti in uno strano mondo fantastico, fatto di abiti dal profumo di caramella e alberi di zucchero filato, ed io essere il re o la regina dei miei sudditi, che sono per metà gummy bears e per metà falchi predatori.
Ma forse ti annoierei, perché di favole chissà quante te ne hanno raccontate da bambino.
E chissà quante ne senti tutti i giorni in questo pazzo pazzo mondo in cui viviamo per davvero.
Allora facciamo così, immaginami tu.
Genere: Azione, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Per una volta interverrò al principio, infondo una premessina per quest’assurdità che ho prodotto ci vuole....
Ammetto che tutto ciò che ho scritto probabilmente non ha senso, ma mi è venuto in mente questo pazzo esperimento e mi sono detta “perché no?”...
Tutto è realmente partito dalla domanda "Chi c'è al di là dello schermo"? Io per prima, come molti qui, amo tenere per me la mia identità...mi fa sentire più sicura, più libera di esprimermi senza imbarazzo...ma credo che sia un pò il motivo per cui tutti iniziamo a scrivere storie su internet coperti da un nickname....beh...da questo spunto ho tratto questa storia completamente nonsense!
Adoro esplorare nuovi orizzonti della scrittura, a prescindere dai risultati....
Spero di tenervi un pò di piacevole compagnia.
I commenti sono sempre ben accetti
Saluti
BB

 



?il punto interrogativo
 


Ti dirò, mi piace aprire questa pagina bianca e iniziare a scrivere.
Mi piace farlo solo quando ho qualcosa da dire, quando le emozioni vogliono uscire, perché, proprio come dice Flaubert, "[…]io scrivo per il solo piacere di scrivere, per me solo, senza alcun secondo fine di denaro o di pubblicità. Nella mia povera vita, così piatta e tranquilla, le frasi sono delle avventure, e io non raccolgo altri fiori che le metafore".
Esattamente.
Ma tu poi che ne sai della mia vita?
Forse è proprio per questo che mi piace qui.
Aprire lo schermo del portatile, connettermi ad internet dalla mia camera, digitare “efp” e ritrovarmi qui, davanti a te, davanti a tutti.
Mettermi così in mostra e allo stesso tempo essere invisibie.
Per te sono BBambi, o Billibù, o Principessasullaluna o Chipiùnehapiùnemetta, ma alla fine potrei essere chiunque.
E’ proprio per questo che mi piace.
Qui non devi essere nessuno.
Potrei essere il tuo vicino di casa, che ti saluta la mattina quando vai a scuola o a lavoro.
Potrei essere il tuo insospettabile compagno di banco, che non hai neppure mai visto con un libro aperto tra le mani (mani che piuttosto utilizza per giocare alla PSP).
O meglio, potrei essere tua madre, che ti prega di non disturbarla perché deve fare i conti, mentre in realtà è impegnata a completare l’ultimo capitolo del suo racconto, più porno, che romantico.
A pensarci potrei raccontarti di me cose meravigliose, potrei prenderti per mano e condurti in uno strano mondo fantastico, fatto di abiti dal profumo di caramella e alberi di zucchero filato, ed io essere il re o la regina dei miei sudditi, che sono per metà gummy bears e per metà falchi predatori.
Ma forse ti annoierei, perché di favole chissà quante te ne hanno raccontate da bambino.
E chissà quante ne senti tutti i giorni in questo pazzo pazzo mondo in cui viviamo per davvero.
Allora facciamo così, immaginami tu.
Potresti immaginare che io sia una donna.
Ma di belle donne ne vediamo anche troppe, alla tv, nelle riviste, nei manifesti delle pubblicità e quindi non penso che tu voglia una storia di una Belen Rodriguez a cui si spacca il tacco di una scarpetta lungo la scalinata del palco di Sanremo e di un Corona che gliela rimpiazza con una di cristallo.
Allora facciamo che io sia un uomo, un uomo giovane, sulla trentina.
Se io dovessi immaginarmi nella mia testa sarei un ragazzo alto, dal fisico rilassato.
Non grasso intendiamoci, diciamo che sono un ragazzo senza troppe pretese, che si accontenta del suo fisico allenato dal divano e dallo zapping.
Avrei poi i capelli mori e gli occhi verdi, ma non di un verde smeraldo, più di quel verde che tende al giallo.
Quello dell’erba seccata dal sole, quello dell’acqua delle paludi e delle squame delle lucertole.
Ecco un verde così.
Bene ora immaginami in piedi, in un luogo che ancora non conosci.
Le pareti sono tutte bianche e dal soffitto pendono alcuni cartelloni che pubblicizzano le offerte del mese.
Le luci al neon danno un’aria asettica all’ambiente, mentre il chiacchiericcio delle persone mi distrae.
Dalla grande porta automatica continua ad entrare gente, mentre sul lato ovest alcuni commessi aprono una piccola porticina che conduce fuori, in una viuzza sul retro, dove scaricano i cartoni da imballaggio nei bidoni.  
I carrelli sferragliano, spinti ogni tanto da qualche bambino che si diverte a farci le corse, inseguito da genitori apprensivi.
Le vecchie signore stazionano ad ogni scaffale, aggiustandosi gli occhiali sul naso, studiando le etichette di ogni prodotto e comprando alla fine sempre quello più caro, perché più caro è più buono, mentre i mariti sono già ad aspettarle impazienti alle casse, se non nelle vetture lasciate avviate.
Le guardo trotterellare placide, con la lista della spesa in mano, che non rispetteranno mai perché compreranno molto molto di più.
Rimbalzano dal banco frigo ai surgelati, poi alle bibite e infine imboccano l’ultima corsia chele porta alla meta, il rullo trasportatore.
Passano davanti all’ufficio del direttore, quello dove ci sono tutti i documenti, i computer e la cassaforte, posizionano il carrello proprio davanti al lungo nastro e iniziano a deporre pezzo per pezzo la propria spesa.
I giovani invece corrono tra le corsie del supermercato, prendono quello che gli serve e scappano alla cassa, spiando frettolosamente l’orologio e maledicendo il cliente prima di loro che ovviamente ha un carrello così pieno di roba che sembra Natale.
Ma in realtà fa caldo e  anche se non siamo ancora minimamente a Ferragosto si suda.
Io sono proprio alla cassa, ovviamente non seduto al registratore, ma dall’altra parte, pronto per pagare.
Il commesso mi sorride, ormai ci conosciamo, vengo qui da qualche mese, forse gli piaccio anche un po’.
O magari sono io che fraintendo quella sua parlata un po’ femminea e i suoi sguardi un po’ troppo eloquenti.
Il ragazzo passa il codice a barre di ogni prodotto sulla fotocellula e mi perdo a guardare la porta scorrevole che si apre e si chiude, mentre la melodia di “bi-bip” continua a suonare, eseguita dall’improbabile mio amico col cartellino affisso al taschino della polo rossa.
La sinfonia si arresta e si attiva la stampa dello scontrino, che mi riporta bruscamente alla realtà.
“Sono venti euro e quaranta” cinguetta il giovane, agitandosi sulla sedia.
Infilo la mano nella tasca dei jeans, quella dietro, coperta dalla t-shirt forse qualche taglia troppo grande, e nello stesso istante la vecchia col carrello stracolmo - che ho sorpassato per un soffio nella corsia che porta  alla cassa - grida.
Un uomo la spinge contro gli espositori dei dolciumi e mi si avvicina.
Il volto coperto da una sorta di calzamaglia, gli abiti neri anonimi e una pistola stretta nella mano destra tremante.
L’individuo punta la canna prima contro di me che lo guardo sbalordito, poi contro il mio spasimante alla cassa che si paralizza.
“Dammi tutti i soldi dell’incasso” grida il ladro con una voce venata di ansietà “Avanti, sbrigati” agita l’arma.
In una frazione di secondo porto la mano dalla tasca alla fondina, legata in vita e nascosta dalla maglia extralarge.
Brandisco la pistola e la punto contro il ladro “Mani in alto, polizia!” gli dico con voce sicura, portando anche la mano sinistra sul calcio.
Lui vacilla per un attimo, poi riacquista sicurezza e punta la sua arma contro di me.
“Buttala a terra o sparo” gli intimo “Non ho paura di usarla!”
Il commesso sembra essersi liquefatto sulla sedia, e il suo respiro è affannato, mentre io e il rapinatore ci fronteggiamo minacciosamente.
Guardo attentamente l’uomo davanti a me.
Il foro del suo revolver guarda dritto la mia fronte, mentre da sotto la calzamaglia intravedo un’espressione corrugata, più incerta che inquietante.
Avvicino il dito al grilletto e non gli do il tempo di realizzare.
“Se la metti così…” lascio cadere la frase a metà.
Un forte boato echeggia e rimbalza contro i muri nivei, mentre come i tasselli di un domino di carne, i clienti si buttano a terra, coprendosi la testa con le mani.
Le pupille del giovane cassiere si dilatano ancora di più, prima che lui sparisca sotto la cassa, riparandosi le orecchie.
Io mi lancio verso la pistola del ladro, che ha lasciato cadere a pochi passi da me per lo spavento.
La recupero agilmente prima di prestare attenzione al delinquente, tutto intento a tastarsi convulsivamente prima la testa, poi il petto, alla ricerca di quel foro che non troverà mai.
“E’a salve!” gli dico impugnando la sua arma, che invece è carica di veri proiettili mortali.
L’uomo alza le mani e si lascia cadere sulle ginocchia.
In poco tempo sono accerchiato dai clienti e il commesso mi si lancia addosso lacrimante di gioia.
Ora lascia che il brusio e il vociare del supermercato vengano ingoiati da un quieto silenzio.
Prova ad immaginarmi in una cucina, illuminata da tiepidi raggi mattutini, in una città lontana da quella del supermercato dove mi hai visto prima.
Immaginami alto, atletico, con una zazzera di capelli biondi e un paio di occhi color nocciola.
Sono seduto ad un tavolo di legno, laccato di bianco, sorseggiando una tazza di caffè fumante e leggendo un quotidiano.
La stanza è silenziosa e posso gustarmi la lettura, mentre candide volute di vapore si levano dalla tazza.
Vicino al caffè, sul tavolo, una parrucca mora e un contenitore per lenti colorate.
Il giornale è quello della città dove si trova il supermercato e in prima pagina due articoli favolosi tutti per me.
Il titolo di testa è tutto un programma: Sventata rapina al Supermarket, svaligiato poi nella notte da ignoti.
Sotto i grandi caratteri neri, la foto di un ragazzo moro robustello, accanto un piccolo trafiletto, in stampatello corsivo.
“M.H.,  giovane poliziotto fuori sede, oggi si è guadagnato il titolo di eroe, sventando una rapina al Super Maket. Peccato che lo stesso negozio sia stato violato nella notte da professionisti che non hanno lasciato tracce”.
Lancio ancora una breve occhiata alla foto e penso che non mi rende proprio giustizia.
Accanto alla parrucca, il naso finto, il resto del trucco facciale e l’imbottitura sembrano i superstiti di una guerra, sparsi e mutilati come si ritrovano.
Sull’immacolato piano cottura  una borsa gonfia aperta, dalla quale fanno capolino alcune banconote.
E pensare che uno stupido delinquentello stava per rovinarmi il colpo.
Ho passato i due mesi precedenti a studiare tutti gli ingressi e le uscite, i sistemi di sicurezza e il personale del negozio.
Mi sono persino camuffato ogni volta in quel modo assurdo per non farmi riconoscere da nessuno.
Prendo un pugno di pezzi da cinquanta e li conto compiaciuto.
Entrare è stato facile, prendere i soldi ed uscire ancora di più.
Un bel lavoretto pulito, proprio come piace a me.
Chissà che corte spietata mi farebbe  il commesso gay se mi vedesse ora, altro che occhiatine, se mi vedessi anche tu probabilmente saresti d’accordo con me.
Ma per te resto sempre un punto interrogativo dietro lo schermo di un pc, una faccia dai tratti indefiniti.
Un ladro, un poliziotto.
Un uomo grasso, un uomo sexy.
Una donna.
Chi lo sa.
Per ora mi accontento di restare un punto interrogativo con un bel po’ di soldi.

 




  
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Nonsense / Vai alla pagina dell'autore: BBambi