Anime & Manga > Full Metal Alchemist
Ricorda la storia  |       
Autore: My Pride    12/03/2012    3 recensioni
~ Raccolta di dieci one-shot/flash fiction un po' assurda e sentimentale incentrata sulla coppia Roy/Ed ♥
» 10. It's the story of my life ~ Special Chapter ~ Hearts Burst Into Fire
Chiusi gli occhi umidi, annuendo soltanto. E la sua presa diventò più salda, più protettiva.
Stretto e piangente ad un uomo che non fosse ‘To-san o ‘Ka-san, capii che i miglior amici erano quelli che ti erano vicini al cuore anche senza saperlo.
[ Partecipante alla challenge indetta dalla community Think Fluff ]
Genere: Generale, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti | Coppie: Roy/Ed
Note: Lime, Raccolta, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
   >>
- Questa storia fa parte della serie 'Shattered Skies ~ Stand by Me'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Try again, Roy Titolo: Try again, Roy
Autore: My Pride
Fandom: FullMetal Alchemist
Tipologia: One-shot
[ 3150 parole [info]fiumidiparole ]
Personaggi: Roy Mustang, Edward Elric, Cedric Berk, Jason Mustang
Tabella/Prompt: Animali › 02. Coniglio
Genere: Generale, Sentimentale, Fluff
Rating: Giallo / Arancione
Avvertimenti: 
Shounen ai ; What if?


FULLMETAL ALCHEMIST © 2002Hiromu Arakawa/SQUARE ENIX. All Rights Reserved.

    Un piacevole dormiveglia si era impossessato di me, quella mattina.
    Ero adagiato fra i cuscini, con una voglia d’alzarmi pari allo zero. La sera addietro ero praticamente crollato addormentato fra le braccia del mio compagno, dopo un’estenuante lotta su chi avrebbe dovuto comandare quel gioco a cui avevamo dato poi vita. Alla fine ci eravamo ritrovati chi sopra chi sotto, cambiando anche i ruoli senza nemmeno accorgercene pienamente. E adesso ne pagavo le conseguenze. Ero stanco e assonnato, con in dosso nient’altro che me stesso e il lenzuolo a coprirmi mentre un leggero e piacevole venticello entrava dalla finestra socchiusa.
    Quasi inconsciamente andai a strofinarmi l’occhio cieco, lasciando poi ricadere la mano sul materasso con un piccolo sbuffo. Mi girai su un fianco, infischiandomene delle coperte che erano scivolate un po’ via, allungando un braccio per far vagare a tentoni la mano, alla ricerca della mia benda. Non trovandola lasciai perdere, aprendo di poco l’occhio destro. Vedevo tutto sfocato, come sempre. Sbadigliai sonoramente aspettando che la mia vista si abituasse, voltandomi frattanto nella direzione del mio compagno, con l’intenzione d’abbracciarlo. Peccato, però, che trovai solo il materasso. Sbuffai ancora, tornando a chiudere l’occhio con fare sconsolato. Avevo quasi sperato in una bella mattinata movimentata quanto la sera prima, e invece probabilmente si trovava già in cucina o in un altro punto di casa a fare chissà cosa. Anche di giovedì mattina, con tanto che avevamo tre o quattro giorni di ferie pagate, trovava sempre un pretesto per svignarsela. E il che era strano, visto che il primo pigrone era lui. Forse il tutto si poteva benissimo spiegare dalla presenza di due piccole pesti in casa.
    Lasciai perdere e abbandonai i miei pensieri, affondando il viso nel cuscino mentre mi stendevo a pancia in giù sul materasso, nascosto solo da un lembo del lenzuolo. Potevo permettermi altri cinque minuti, in fondo. Quasi fui colto da un’altra ondata di sonno che in un primo momento decisi di ignorare. Ma poi mi riaddormentai, e anche saporitamente. Mi accorsi di averlo fatto solo quando sentii un movimento ben poco silenzioso nella stanza che mi fece risvegliare ancora una volta. Alzai ancora assonnato e infastidito il viso, sentendo i capelli incollati alla fronte sul lato che avevo schiacciato contro il cuscino. In un primo momento pensai che fosse Edward e che stesse prendendo un qualche vestito dall’armadio, data l’altezza della figura. Ma quando la misi meglio a fuoco, notando poi l’avvicinarsi d’un’altra, mi trattenni dallo spalancare la bocca dallo stupore ed inveire contro di loro. Ormai era diventata un’abitudine per quel ragazzo stabilirsi a casa nostra. Come minimo, una settimana sì e una no. Non vedevo l’ora che si iscrivessero entrambi a quella benedetta Accademia Militare. In fondo mancava soltanto... un anno? Era una vita.
    «Che diavolo cercate nel mio armadio, voi due?» sbottai con voce ancora impastata dal sonno, vedendoli sussultare appena. Un sorriso spavaldo si disegnò, però, sulle labbra di uno dei due quando si voltarono in simultanea, ognuno con una camicia sottobraccio. Ora che li guardavo meglio, sembravano tutti in ghingheri. Forse un po’ troppo in ghingheri, per un semplice giovedì. E poi... da quando Jason era così alto? Lo ricordavo più basso. Sbattei la palpebra perplesso, vedendo l’altro idiota sorridere a sua volta.
    «Ben svegliato, Signor Mustang», mi salutò Cedric, ma sentii risuonare una nota quasi ironica e furba nel tono della sua voce. Quei due non me la raccontavano giusta. Ne stavano sicuramente architettando una delle loro di prima mattina.
    «‘Giorno, ‘Ka-san», fece a sua volta Jason, ridacchiando un po’.
    Aye, ne stavano pensando una delle loro. Cercai di pensare positivo - per quanto risultasse impossibile - mentre mi strofinavo ancora una volta l’occhio, tirandomi su il lenzuolo per coprirmi alla bell’e meglio mentre nascondevo anche la cicatrice con la frangetta, spostandomela un po’ su quel lato. Ancora non mi andava che si vedesse. Eravamo a fine agosto ormai ed era passato un bel po’ da quando era successo, però dovevo ancora farci meglio i conti. Già era tanto se toglievo la benda di notte. Decidendo di non pensarci oltre, li guardai, osservando il loro vestiario. Indossavano entrambi un pantalone per le grandi occasioni di colore nero, con tanto d’un paio di scarpe classiche del medesimo colore. Jason si era persino ravvivato i capelli all’indietro, fermandoli con del gel. Combinato a quel modo, ricordava vagamente me un paio d’anni prima. Beh... forse un po’ di più, d’un paio d’anni prima. «Allora, volete spiegarmi che cercate?» domandai nuovamente, attendendo una risposta. 
    Si guardarono fra loro, come a chiedere conferma negli occhi dell’altro. Poi scrollarono le spalle
in simultanea, e fu Jason a parlare. «Ci servivano due camicie», rispose semplicemente, come se quello spiegasse tutto. Invece non spiegava un bel niente. In primis, erano in camera nostra a scavare nel mio armadio. Come seconda cosa, invece, il resto della stanza non era poi così presentabile. E nemmeno io, bisognava aggiungere.  
    «Di camicie ne hai, Jaz», gli tenni presente in tono ironico, cercando con la coda dell’occhio i miei boxer e la mia benda, rimpiangendo però di non poter tenere quei due sotto controllo per far questo in tranquillità. Mi toccò difatti distogliere di poco lo sguardo, non trovando purtroppo ciò che cercavo. L’intimo probabilmente era stato raccattato da Ed e messo a lavare. Ma la benda non la trovavo da nessuna parte. Sentii quei due tossicchiare, e li vidi, quando mi voltai, richiudere l’armadio senza aver però posato le mie camicie. Le mie preferite, tra l’altro. Quelle che indossavo per le grandi occasioni. «Con quelle non andate da nessuna parte», feci, indicandole. 
    Le osservarono a loro volta, con espressioni sorprese. Strano, perché avrei dovuto esserlo io. «La prego, Signor Mustang, ci servono solo per questa volta», attaccò Cedric, assumendo quel cipiglio supplicante che era solito usare quel degenerato di mio figlio.
    Subito si aggiunse una seconda vocina, angelica come non mai.  «Dai, ‘Ka-san, vogliamo fare bella figura», rincarò la dose Jason, sbattendo le ciglia graziosamente. Quei due mi preoccupavano sempre di più. Bella figura con chi? 
    Incrociai le braccia al petto, squadrandoli, non prima di essermi ancora una volta sistemato le lenzuola sulle parti basse. Non mi andava di ritrovarmi di nuovo nudo davanti a quei due idioti. «Spiegatemi a che vi servono e forse ve le faccio indossare», misi a condizione.
Si guardarono ancora una volta, come se stessero valutando la mia proposta. Poi, sistemandosi meglio la camicia sottobraccio, Jason si grattò la testa, quasi pensoso. «Ieri sera abbiamo adocchiato due ragazze», cominciò. E solo da quelle parole già prevedevo guai. Tanti guai, avrei osato dire.  
    «Solo che sono due tipe fru fru, non so se ha presente», riprese per lui il discorso Cedric, facendo un eloquente gesto con la mano sinistra, roteando quindi il polso. Oh, eccome se avevo presente donne simili. Tutte snob e chic, buone per una scopata ma non per starci insieme a vita. Se eri ricco, riuscivi a mantenerle. Se avevi uno stipendio un po’ agiato, alla fine restavi a culo in aria. Ti spennavano e adieu.
    Scossi la testa e tornai sdraiato, liquidandoli con un gesto della mano. «Lasciatele stare due tipe così», li istruii, sbadigliando. «Meglio perderle che trovarle».
    «...disse l’uomo che ne frequenta un altro», ironizzò Jason, guadagnandoci da me un’occhiataccia quando alzai di poco il viso. Sebbene non vedesse nulla di strano nella relazione che avevamo io e Edward, non condivideva a pieno le nostre scelte e i nostri gusti, per metterla su quel piano. E forse non gli avrei dato torto, se fossi stato l’uomo di... beh, di quasi vent’anni prima.
    «Andate fuori, se non volete che vi abbrustolisca», li minacciai, riuscendo solo a farli ridere un po’. Non serviva più a niente usare quella tattica. Tanto sapevano che aprivo il fuoco solo in presenza di Maes.
    «Ah, Signor Mustang», mi richiamò la voce di Cedric, e a malapena li vidi che avevano rimesso a posto le mie camice e si erano diretti alla porta per andare ciondolando altrove. Probabilmente li avevo convinti a lasciar perdere. Però, stavolta, gli vidi reggere qualcosa di familiare. Quella non era la mia... «L’abbiamo trovata accanto alla porta», riprese, sventolando come se nulla fosse la benda prima di lanciarmela verso il letto. «Insieme a quelli». Indicò Jason, che indicava a sua volta qualcos’altro. E stavolta mi ritrovai ad arrossire violentemente. Non tanto per i boxer raggomitolati sul pavimento. Ma più per quello che era in bella mostra sopra di essi, abbandonato lì senza pudore. Io ancora mi domandavo come avessero fatto a finire laggiù, figurarsi.
    «E la prossima volta vi consiglio un luogo più appartato o di comprare per noi degli appositi tappi per le orecchie», continuò a sua volta Jason, stringendosi nelle spalle tranquillamente. «Sentivamo tutto identico e preciso».
    Se ero arrossito, adesso ero sicuro che il colore del mio viso tendesse al violaceo. Quei due grandissimi...! «Fuori di qui!» tuonai, ormai livido per la vergogna. Eseguirono sì il mio ordine, ma ridendo come due matti. Persino dal corridoio riuscivo ancora a sentirli. Non era poi una cosa così allettante, quella che ero appena venuto a sapere. Tra me e Edward, la sera addietro, gridolini e ansiti si erano sprecati. E ci eravamo dimenticati che la camera di Jason non distava poi tanto dalla nostra. Che razza di situazione...
    Sconsolato, mi infilai nuovamente la benda, scansando via la frangetta prima di liberarmi anche delle lenzuola e poggiare i piedi oltre il materasso. Scavai nel cassetto alla ricerca di un paio di boxer puliti, infilandomeli svelto. Una volta alla soglia, poi, rimasi lì impalato, indeciso se incamminarmi in corridoio solo con quelli indosso o meno. Gettai appena uno sguardo al groviglio che stava lì accumulato, storcendo un po’ il viso in una smorfia tutt’altro che contenta. Avrei dovuto pensarci la sera prima, o forse avrei dovuto pensarci adesso. Ma poi me ne infischiai, dirigendomi in cucina. E per mia fortuna, vi trovai solo Edward a trafficare con i fornelli. Aleggiava un buon profumo di caffè.
    Probabilmente avvertendo la mia presenza si girò, regalandomi uno di quei sorrisi strafottenti che tanto amavo. «Alla buon’ora», sghignazzò, prendendo due tazzine. «Pensavo dormissi tutto il giorno».
    Borbottai tra me e me senza dar peso alla sua nota ironica, avvicinandomi per togliergli la tazza ormai riempita dalle mani. «Quei due?» chiesi in risposta, sorseggiando piano il mio caffé dopo aver soffiato. Si poggiò contro il lavandino soffiando a sua volta, alzando il viso verso di me. 
    «Appena usciti», mi informò, bevendo anche lui un sorso. «Sembravano parecchio divertiti».
    «E ci credo», feci sarcastico, allontanando la tazza dalle labbra.
    «C’è il tuo zampino, per caso?» mi domandò velatamente divertito, sollevando appena un angolo della bocca in un sorriso derisorio. 
    «Il tuo, direi», quasi sbottai. «Hai dimenticato di gettare un palloncino».
    Inarcò finemente un sopracciglio, assumendo un’aria pensosa. Distolse poi lo sguardo altrove come se si stesse concentrando, accarezzandosi le labbra con la punta delle dita della mano libera mentre quella d’acciaio reggeva la tazza di caffè. Scoppiò a ridere d’un tratto, quasi rischiando di rovesciarselo addosso.
    «Guarda che io non ci trovo nulla da ridere...» borbottai ancora, come a volerglielo tenere presente. Ma ci guadagnai soltanto un’altra sonora risata e una bella pacca su una spalla. Così forte che quasi cadde anche a me il caffè, con il rischio d’un bagno fuori programma.
    «Ehi, io li gonfio e tu li butti no?» sghignazzò di rimando, cercando di finire di bere senza ridere. E fu un’impresa abbastanza ardua, visto che ogni volta che mi lanciava un’occhiata si ritrovava a dar vita ad un nuovo sbuffo d’ilarità. Decisi di non badargli oltre prendendo il pacco di biscotti dalla credenza, andando ad accomodarmi. Trovai solo quelli mezzi rotti che come suo solito Jason non mangiava. Era un vizio che gli era rimasto, quello. Voleva solo i biscotti sani, lui. Consumai la mia colazione in silenzio, seguendo solo di tanto in tanto con la coda dell’occhio i movimenti di Edward, affaccendato per la cucina mentre sghignazzava ancora un po’. E rideva anche quando cercava d’intavolare un discorso. Era davvero un caso perso. Sparì solo per poco andando in corridoio, comparendo con l’oggetto della sua ilarità subito dopo. Lo tenne ben in alto per farmelo osservare, facendomi poi una linguaccia prima di sbarazzarsene. Lo odiavo, quando faceva così.
    «Eliminata la prova del delitto, oh mio Generale», mi prese in giro, avvicinandosi al tavolo della cucina per farmi scansare un po’, in modo da potersi sedere a cavalcioni sulle mie gambe. E con il misero indumento che indossavo, non potevo nascondere nulla se fosse stato richiesto. Mugolai un po’ quando mi sfiorò i capezzoli con i pollici, pressando apposta quello d’acciaio per farmi penetrare a fondo il freddo nella pelle. Quel piccolo...
    Si chinò poi un po’ verso di me, alitandomi nell’orecchio. «Ti dirò la verità, quei cosi sono scomodi», sussurrò, ridacchiando un po’, spostandosi con lentezza estenuante verso il viso. «Preferisco non avere restrizioni». Mi sfiorò la cicatrice al fianco e baciò la benda, forse aspettando una mia reazione. E quest’ultima non tardò ad arrivare, lasciandomi sfuggire un piccolo mugolio. «Allora, Generale?» mi chiese, e non resistetti.
    Mi ritrovai ad alzarmi in piedi sentendo appena una piccola esclamazione sorpresa, chino poi su di lui disteso sul tavolo della cucina. Il pacco di biscotti era caduto a terra, e solo per miracolo non era successa la stessa cosa anche alla tazzina di caffè, in bilico.  «Se li trovi scomodi vorrà dire che ci daremo al sesso selvaggio», feci in risposta, ricevendo una piccola occhiataccia indispettita da quelle iridi dorate.
    Mi gettò però le braccia al collo, assumendo un’aria di superiorità. «Non esagerare, adesso», mi ammonì, in tono severo. «Non mi sono scordato dell’ultima volta».
Vacillai un po’, a quelle parole, quasi abbandonando la voglia, ma annuii piano. Quella era una cosa che era meglio non ripetere. «Aye scusami, parlavo a sproposito», mormorai, sentendo l’attimo di complicità sfumare. Ma lui riaccese la passione attirandomi a sé, consumando quel bacio insieme all’ossigeno. Mi poggiò un dito sulle labbra, scuotendo di poco la testa. 
    «Non aggiungere altro e datti da fare», liquidò la questione, tornando a cingermi il collo con le braccia per attirarmi ancora una volta verso di lui. Mentre le labbra lottavano mi sistemai meglio fra le sue gambe, che aveva ora aperto poggiando i piedi sul bordo del tavolo per sorreggere il proprio peso. Una mia mano vagò a sciogliergli l’alta coda, lasciando che i capelli si spargessero come tanti raggi dorati sulla superficie legnosa. Mugugnò il suo disappunto mentre mi spingevo di più verso di lui, in modo di avvicinare maggiormente le nostre intimità, una più vogliosa dell’altra. Un rivoletto di saliva gli colò all’angolo della bocca quando ci separammo, e quasi mi parve inarcare la schiena quando intensificai il contatto, sentendolo gemere.  Le sue mani artigliarono la mia schiena nuda, e la sinistra affondò le unghie.
    «Muoviti invece di farmi impazzire, brutto stronzo!» esclamò fuori di sé. Oh aye, ora sì che era pronto. Stavo quasi per ribattere che ecco due schiamazzi familiari sul pianerottolo, prima che si sentisse lo scatto della serratura e il loro vociare nel corridoio. Entrarono in cucina trovandoci così, eroticamente distesi su quel tavolo. Dapprima perplessi, alla fine spalancarono la bocca. Non tanto per come ci avevano trovati. Ma forse per altro. 
    «Ma che schifo, non anche in cucina!» esclamò difatti Jason, storcendo il viso in una smorfia. «Ma siete peggio dei conigli, voi due!»
    Proprio un bell'animale, aveva scelto. Quasi glielo avrei fatto notare, se non fossi stato impegnato -Come Edward, d’altronde- a darmi un’aria composta e sistemata una volta tornato nella giusta posizione. 
    «Ne ho viste di coppie con una passione inesauribile, ma voi le battete tutte», trovò il lusso di dire Cedric, anche lui forse un tantino sulle sue. «I miei complimenti».
    Non sapevo se fosse detto con sarcasmo o meno. O addirittura una presa in giro. Ma non volli indagare. «Filate a mettervi qualcosa per la casa», ribatté il mio compagno, visibilmente innervosito. «Non vi voglio a tavola con i vestiti che usate per uscire». Indicò la soglia con il dito d’acciaio, imponendogli di muoversi. Stranamente non se lo fecero ripetere, sparendo di gran carriera in corridoio. Si notava parecchio che era incazzato, allora. Le sue iridi dorate si appuntarono su di me, prima che traesse un sospiro. «Beh, meglio adesso che dopo», ironizzò, dirigendosi nuovamente ai fornelli. «Pensa invece se fossero arrivati mentre eri già andato in buca».
    In realtà non ci volevo assolutamente pensare. Non era poi il massimo farsi beccare da quei due con la tipica espressione del piacere in volto. «Prima o poi cambierò le serrature», feci in risposta, promettendolo più a me stesso che a lui.
    Gli scappò una risatina mentre riempiva la pentola d’acqua. «E’ cresciuto scassinatore grazie a te, credo servirà a poco», volle screditarmi, mettendola poi sul fuoco. «Ma come si dice, meglio prevenire che curare».
    «Lui è un male incurabile», feci sarcastico, facendolo ridere ancora un po’. Lo aiutai a cucinare infischiandomene se fossi solo in mutande, sentendo vagamente le chiacchiere di Jason e Cedric provenire dal salotto dove probabilmente si erano rifugiati per confabulare tra loro come al solito. Quando fu pronto li chiamammo, e ci misero un po’ per accomodarsi. Restii dal farlo, probabilmente, dopo la scena che avevano visto. Però mangiammo in tranquillità, anche se poi dovemmo subirci ancora una volta le loro battute sui conigli e sulla loro riproduzione. Ci toccava, secondo loro. E lasciai correre anche per tutto il resto della giornata, avendo pace solo la sera. Quelle due pesti ci avevano dato un taglio, finalmente.
    Mi stavo adesso apprestando a prendere dei vestiti per farmi una doccia rinfrescante, ma quando entrai in bagno lo trovai già occupato. A quanto sembrava Edward mi aveva preceduto, però sorrisi con soddisfazione. Potevo rifarmi, magari. «Ed?» lo chiamai non curante, non ottenendo risposta. Già stava cominciando a stuzzicarmi, bene. La cosa si prospettava parecchio interessante.
    Mi avviai quindi tranquillo al lavandino cominciando a togliermi la benda, guardando appena dallo specchio la tenda della doccia. Sorrisi ancora un po’, concentrandomi poi sul mio occhio. «Che ne diresti di riprendere quel nostro discorsetto interrotto?» continuai, tamponandomi un po’ le cicatrici al viso con dell’acqua calda per ammorbidirle. Anche quest’operazione era meglio eseguirla prima d’ogni cosa. «Però stasera comando io», imposi subito, liberandomi della canotta che avevo indossato durante il pomeriggio. Edward ormai era diventato bravissimo, nulla da dire. Ma seguire i suoi ritmi, spesso, era davvero estenuante.  «E invece del solito missionario potremmo provare altro.» continuai distrattamente, pronto a liberarmi anche dei boxer per seguirlo sotto la doccia e cominciare lì i preliminari. Ma mi bloccai quando lo vidi sulla soglia del bagno, a sbattere perplesso le palpebre.
    «Con chi parlavi?» mi chiese, stranito. E io lo ero più di lui. Guardai la tenda della doccia, dietro la quale l’acqua era ancora aperta. Se Edward era davanti a me... chi c’era lì sotto?
    Nemmeno il tempo di dirlo che la capoccia in questione sbucò dal tendaggio della doccia, con le guance un po’ arrossate ma tranquillo. E quando vidi il volto di Cedric spalancai la bocca per lo stupore. Ancor più quando, ironico, disse, «Sono lusingato, Signor Mustang, ma io ho altre tendenze»
.






_Note inconcludenti dell'autrice
Erano secoli che non postavo qualcosa in questa sezione che comprendesse la coppia Roy/Ed
Questa storia in verità è un bel po' vecchiotta, solo che l'ho trovata ripulendo il pc - cosa non si trova su questo ridicolo pezzo di plastica e circuiti! - e, spinta da un'insana nostalgia provocatami anche a causa delle role con la nipotola, ho deciso di cogliere la palla al balzo e di postare questa vecchissima storia.
Si può benissimo notare, infatti, la presenza di una o due personcine che i vecchi lettori - sappiate che vi mando un saluto grande come il mondo - hanno imparato a conoscere bene negli scorsi anni. Sto parlando di Jason e Ced, i quali mi mancavano un casino, lo ammetto. Anzi, mi mancava tremendamente il fandom, e non mi ero resa conto di quanto potesse mancarmi fino a questo momento.
Ecco, sto anche cominciando a straparlare, si vede che sono piuttosto emozionata... comunque sia, questa raccolta sarà composta da dieci piccoli capitoli, e spero tantissimo che l'amore per il Roy/Ed vi spinga a seguirla.
Commenti e critiche sono ben accetti.
Alla prossima. ♥


Messaggio No Profit
Dona l'8% del tuo tempo alla causa pro-recensioni.
Farai felici milioni di scrittori.
  
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Full Metal Alchemist / Vai alla pagina dell'autore: My Pride