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Autore: Selenina    12/03/2012    2 recensioni
Penso che in fondo questa sia la nostra peggiore paura: svegliarci un mattino e scoprire che non solo abbiamo scordato di togliere il the dal fuoco o abbiamo lasciato la boccetta dell’inchiostro che uso per illustrare le mie monografie aperta a seccarne il contenuto, ma ci siamo dimenticati anche di come tutto sia cominciato.
Per alcune delle nostre avventure il Dottore ha scritto pagine dettagliate ma ci sono momenti che sento di dover descrivere di mio pugno. Ci sono alcuni dettagli che sicuramente John avrà dimenticato o parti intere del racconto che avrà deciso di omettere.
Poi ci sono le storie che non ha raccontato e la nostra prima vacanza insieme è una di queste.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Promemoria

L’inverno nel Sussex è incredibilmente rigido, lungo e tedioso.
Il Dottore dice che con la vecchiaia divento insopportabile, io mi rendo conto del tempo che abbiamo speso insieme e mi chiedo perché non mi abbia piantato in asso una decina di anni fa.
Watson non è cambiato di una virgola se non per il bianco brillante che si è sostituito al biondo delle sue tempie, io mi sento invecchiato di secoli nonostante la mia salute sia minacciata solo da un lieve male alle ossa nei mesi più umidi.
La tranquillità ha preso il posto dell’avventura e lo studio della filosofia e l’apicoltura hanno preso il posto delle pericolose vicende che ci hanno resi noti alla stampa e all’opinione pubblica londinese.
Nonostante tutto, la tranquillità è il giusto coronamento dalla nostra convivenza: ogni mattina ho la calma necessaria per notare come le rughe attorno agli occhi blu di John siano più evidenti e i suoi capelli sembrino più slavati, infine mi rallegro pensando che stiamo invecchiando insieme.
I taccuini di Watson sono allineati su una mensola della libreria, i più privati in un baule e io mi sto godendo il tempo necessario a scrivere alcune delle vicende del passato che temo un giorno di poter dimenticare.
Penso che in fondo questa sia la nostra peggiore paura: svegliarci un mattino e scoprire che non solo abbiamo scordato di togliere il the dal fuoco o abbiamo lasciato la boccetta dell’inchiostro che uso per illustrare le mie monografie aperta a seccarne il contenuto, ma ci siamo dimenticati anche di come tutto sia cominciato.
Per alcune delle nostre avventure il Dottore ha scritto pagine dettagliate ma ci sono momenti che sento di dover descrivere di mio pugno. Ci sono alcuni dettagli che sicuramente John avrà dimenticato o parti intere del racconto che avrà deciso di omettere.
Poi ci sono le storie che non ha raccontato e la nostra prima vacanza insieme è una di queste.

 
Seduto immobile sulla sabbia bianca della spiaggia di Brighton, con l’umore più scontroso che si potesse immaginare, osservavo John Watson sdraiato al mio fianco in maniche di camicia, i pantaloni arrotolati a scoprire i piedi nudi e le caviglie e l’espressione più stomachevolmente felice che avessi mai visto dipinta sul viso di un uomo.
Come un distinto gentiluomo vittoriano potesse all’occasione diventare poco più di un dodicenne esagitato alla sola vista del mare mi era ancora un meccanismo oscuro eppure Watson ne era un esempio calzante.
Sapevo della sua smodata passione per la neve ma non avrei certo mai immaginato che si sarebbe rivelato un passionale amante anche del mare e delle spiagge, così diametralmente opposte al clima associato alle nevicate invernali che scendevano fitte su Londra. Avrei potuto dedurre dettagli del suo passato da questi particolari apparentemente insignificanti ma non mi interessava trarre dalla quella bizzarra situazione nient’altro se non la vista deliziosa dei suoi occhi improvvisamente accesi e ilari oltre il limite della decenza.
Se una volontà divina avesse mai desiderato creare una creatura dell’estate probabilmente si sarebbe limitata a dare origine al Dottore: stava rilassato senza nessun segno evidente di fastidio per il sole cocente che lo cucinava da circa un’ora e senza apparente traccia di traspirazione da parte del suo corpo perfettamente a suo agio sotto i raggi bollenti delle due del pomeriggio. La sua pelle aveva già assunto quella affascinante e delicata sfumatura mielosa che io non sarei riuscito ad eguagliare neppure vivendo sotto il sole di un paese tropicale per una vita intera. Il suo viso straordinariamente fresco (quasi infantile, per dirla tutta) si era riempito di lentiggini color caffè e i ciuffi biondi sulle tempie si erano schiariti fino quasi al bianco, donandogli un buffo aspetto fanciullesco smentito dalle spalle larghe e dai baffi chiari (un mistero come riuscissero a non risultare ridicoli su di lui).
La sua abitudine di passeggiare ad Hide Park con il viso rivolto al sole come un rettile che cercasse di catturare più calore possibile mi aveva certo già rivelato il piacere che traeva dal caldo delle stagioni più miti e la sua altissima tolleranza alle alte temperature, lascito silenzioso dell’Afganistan, ma non avrei mai immaginato che la vacanza potesse risultare per lui liberatoria fino a questo punto.
Quanto a me posso dire che il solo atto di pensarmi in relazione all’afa dell’estate mi faceva venire brividi di puro disgusto perciò, quando avevo preso la decisione di partire per Brighton e mi ero interrogato sul motivo di quella scelta, una sola ragione era parsa convincente a giustificare il mio autolesionismo: John Hamish Watson, che parlava del mare in toni entusiastici oltre ogni immaginazione.
Sentendosi probabilmente osservato, Watson si voltò a cercare il mio viso con un sorriso insopportabilmente deliziato a incurvargli le labbra, spento all’istante dalla vista del mio aspetto a dir poco pietoso.
“Holmes, i tuoi occhi!” si levò a sedere repentinamente, schermandomi il viso con le mani in un gesto protettivo che inaspettatamente non trovai irritante.
“Cos’hanno i miei occhi?” cantilenai, la voce fiacca. Mi sembrava l’ultimo dei miei problemi, dato che sentivo il viso in fiamme e la camicia incollata alla schiena da un fastidioso velo di sudore tiepido.
“Sono di un colore preoccupante.” concluse, accarezzandomi la guancia brevemente e alzandosi con una forza aggraziata a dir poco sorprendente (a volte riusciva a ignorare la sua gamba con stupefacente noncuranza) per poi prendermi la mano.
Mi tirò in piedi e mi accarezzò il fianco con tenerezza, spingendomi a seguirlo verso la casa oltre lo steccato bianco che divideva la spiaggia dalla strada. Il piccolo cottage che avevamo affittato per passarci solo una manciata di giorni era di un brillante color latte e menta scrostato dalla salsedine fin quasi al legno chiaro delle pareti esterne ed era a poco più di cinquanta metri dal bagnasciuga, separato solo da una staccionata imbiancata di fresco e da un modesto muretto di mattoni sbiancati dal sale.
“Andiamo al buio, mio caro. Se posso essere sincero il tuo intero corpo è di un colore preoccupante.” aggrottò la fronte abbronzata e poggiò un palmo fresco sulla mia, bollente. Le sue dita e il suo intero corpo odoravano di sabbia e polvere, tanto che avrei scommesso che le sue tasche nel fossero piene.
“Me la caverò da solo, vai a goderti il sole.” lo liquidai con un gesto della mano.
Sapevo quanto aveva desiderato questo tempo lontano da Londra, perso fra la scogliera e le case bianche, il mare azzurro e i cespugli profumati, nell’assurda banalità di un contesto che giudicavo a dir poco noioso.
Ventiquattr’ore lontano dalla città e già la mia impazienza si stava facendo insopportabile e il mio umore più cupo, una settimana era a dir poco una prospettiva annichilente. Mi pentii di non aver portato con me l’astuccio con la siringa e la boccetta di cocaina, poi mi sentii vagamente a disagio per aver pensato alla droga mentre Watson era con me: gli avevo promesso che in sua presenza non l’avrei più neppure nominata, figuriamoci toccata o iniettata.
“Ti salirà la febbre se non mi occupo di te e ci rovinerai la vacanza.” sussurrò in tono carezzevole, spingendo la porta che non avevamo sentito il bisogno di chiudere a chiave tanto eravamo distanti dal villaggio.
L’ombra nella casa era fresca e un brivido di sollievo mi attraversò dolcemente la schiena, intercettato dalle dita del Dottore appoggiate al mio fianco. Ridacchiò brevemente nell’ombra intercettando lo specchio all’entrata lasciando che mi ci guardassi. Deglutii ripetutamente cercando di ricacciare sul fondo della mia gola il gemito di sconforto che era la diretta conseguenza dell’apprendere la mia penosa condizione: qualsiasi lembo di pelle scoperta dai miei vestiti aveva assunto un preoccupante tono scarlatto a coprire il naturale pallore latteo della mia cute chiara e gli occhi iniettati di sangue contrastavano con le iridi incolori. Devo dire che, se Watson non fosse stato un medico in grado di giudicare la gravità della situazione, si sarebbe certamente risparmiato la risatina che aveva soffocato vedendomi allo specchio.
“Guardati Holmes: avresti dovuto dirmi che non volevi venire a passeggiare con me sulla spiaggia.” mi prese il viso fra le mani e leccò la mia bocca con tenerezza. Il solo avvicinarsi delle sue labbra aveva intercettato per un istante molto lungo tutta la mia attenzione e lo schiudersi lento della sua bocca aveva arrestato per un attimo il lavorio incessante della mia mente, costringendolo ad un ignorabile ronzio di sottofondo.
“Non sei fatto per il sole.” sussurrò, accarezzandomi i capelli madidi. Per quando mi sforzassi di riprendere il filo del pensiero che avevo così prontamente inseguito fino ad un istante prima la riuscita dell’operazione mi sembrava un’impresa impossibile, le dita calde di John mi fecero infine desistere.
“Ma tu si.” mormorai, le dita a scompigliargli i capelli chiarissimi. I suoi colori si erano adattati dolcemente a quelli della costa, dal petrolio maroso dei suoi occhi blu al color sabbia che aveva assunto la sua pelle mielata. Scavai intensamente nel fondo delle sue iridi disarmanti rendendomi improvvisamente conto di aver smesso semplicemente di pensare, anche il debole ronzio si era acquietato lasciandomi nel vuoto e nel silenzio.
“Hai gli occhi più belli che abbia mai visto. Chiudili, non riesco a pensare.” glielo dissi con tono scocciato, non senza un po’ di rammarico per non aver costruito la frase in modo che sembrasse più un rimprovero che un complimento. L’amore è la più grande debolezza della mente umana, questo l’avevo sempre saputo, eppure sembrava non dovesse più importare granché delle mie conoscenze da sei mesi a quella parte
“Non sono così straordinari. Non direi, no.” rispose, sollevandosi sulle punte per baciarmi le palpebre chiuse una per una. Quando le risollevai la luce, per quanto tenue, ferì le mie pupille per un istante e Watson mi sfiorò l’angolo della palpebra con il pollice, carezzando le ciglia scure.
“Occhi freddi come il gelido vento scozzese*. Suppongo di poter dire che guardarti è come essere a casa mia.” sorrise, le dita sulle mie guance febbricitanti. Ebbi la decenza di non arrossire ma deglutii a vuoto con sorprendente silenziosità per far scomparire il groppo in fondo alla mia gola.
“Penso sia un insieme di collegamenti mentali con i nostri ricordi a determinare l’affetto per le persone che amiamo. Guarda i tuoi occhi per esempio, perdonami perché sto per impiegare  i miei metodi su di te John ma lo farò solo questa volta, sono dello stesso blu scuro del mare delle coste francesi. Eravamo soliti passare le estati della nostra infanzia in una casa di parenti in Provenza, io e mio fratello Mycroft. Avevano la spiaggia a pochi passi dalla grande villa e, sinceramente, ricordo la pacifica solitudine di quel periodo passato a curiosare per la tenuta come uno dei ricordi migliori della mia infanzia. Suppongo non fosse facile avere a che fare con me, un bambino troppo perspicace che non sapeva dosare le proprie maniere nei confronti della collettività, e risultavo spesso inopportuno e a conoscenza di segreti pericolosi per la tranquillità della famiglia. Stare solo era illuminante e il silenzio e le onde che si infrangevano con ritmo costante erano i soli suoni che riempivano e chetavano la mia mente laboriosa.
Non mi è mai piaciuto il sole, a cinque anni la mia pelle sapeva diventare molto peggio di così per un’esposizione molto più breve alla luce del primo pomeriggio, ma il mare è sempre stato una compagnia piacevole.
Ora sono cambiate molte cose: i parenti francesi sono morti, la salsedine ha scrostato l’intonaco della casa dei miei ricordi e ho infine imparato a fingere di essere una persona cortese per compiacere i miei clienti. Poi c’è casa nostra a Londra dove la Francia, l’infanzia, la vecchia villa e il viso di mia madre si fanno ricordi sempre più lontani.
Infine ci sono i tuoi occhi, che hanno il colore del mare profondo e della costa rocciosa, e la capacità singolare di farmi sentire al posto opportuno nel momento giusto ogni volta che li guardo. Non ho mai conosciuto il concetto di casa, non ho mai desiderato appartenere a nessun luogo eppure il concetto di appartenenza a te si impone come una costante.” terminai, aspettando che dicesse che aveva perso il filo del monologo. L’unica cosa che fece fu sbattere le ciglia umide e sorridermi, una buffa smorfia commossa che gli illuminò gli occhi e mi spinse a desiderare di baciarlo per il resto della giornata.
“Non devi dire queste cose.” mugugnò sulla mia bocca mentre mi baciava, le mie guance calde contro la sua bocca fresca e la lingua bollente a ustionarmi la pelle scottata della mascella.
“Non dici che sono sempre troppo formale?” chiesi, faticando a seguire il filo dei miei pensieri con le sue labbra contro la gola.
“Solitamente lo sei, si. Poi dici le cose tutte in una volta, dovresti dosarle così eviterei di commuovermi come una donnetta.” sorrise, gli occhi lucidi e la bocca rossa. Mi chinai su di lui per abbracciarlo, le mie braccia lunghe che lo avvolgevano fino a posarsi su tutta la schiena, mentre lui si alzava sulle punte per baciarmi la fronte.
“Grazie a Dio sei un uomo: se tu fossi mia moglie sarebbe a dir poco imbarazzante.” rise, dimenticando che il nostro bacio era illegale e il nostro rapporto punibile con la prigione. Quanto coraggio e quanta stoltezza riuscivo a vedere nei suoi occhi giovani!
“Ti amo, Sherlock Holmes.” sussurrò e feci fatica a respirare per un attimo. Nessuno di noi due lo diceva mai, restava un verbo nascosto fra le righe di mio adorato amico e mio caro compagno in modo che nessuno a parte noi potesse sentirlo. Avevamo tacitamente promesso a noi stessi che ci saremmo tenuti al sicuro da quella frase per il resto dei giorni passati insieme eppure decisi di lanciare la promessa alle ortiche.
“Ti amo, John Hamish Watson.” sussurrai. In fede mia, non vidi mai sguardo più felice di quello che Watson mi rivolse nella penombra. Immaginai facilmente quando dovessimo risultare palesi nei nostri sentimenti nell’intimità dell’ingresso di quella casa che, dopo la nostra vacanza, non avremmo più visitato ma non realizzai mia quanto lo saremmo stati anche fuori da quelle stanze, infine ritornati ad indagare a Londa. Penso che per la maggior parte del tempo Lestrade abbia fatto finta di non vedere l’ammirazione e l’attrazione che scorreva nel nostro sguardo, come penso abbiano finto molte altre persone inclusa Mrs Hudson. Gli unici che non si posero lo scrupolo di quella recita furono Mycroft, che aveva compreso probabilmente da molto più tempo di me cosa sarebbe successo, e il professor Moriarty, che seppe sfruttare la situazione a suo vantaggio.
Noi, dal canto nostro, spendevamo il nostro tempo e le nostre energie a coprirci le spalle a vicenda e, se non ci riuscivamo a dovere, a medicarci a l’uno con l’altro le ferite. La morte o la separazione non erano opzioni contemplabili.
Poi arrivò Mary Morstan e io scelsi le cascate di Reichemback.

*le origini del Dottore mi sono ignote ma Doyle era scozzese perciò ecco perchè la scozia :)
nda: potevamo evitarci tutto questo inutile spreco di lettere? certo che si, non porta da nessuna parte. Holmes sembra una dodicenne? probabilmente. Non c'è una ragione per tutto questo se non che volevo descrivere con minuzia le lentiggini di Watson perchè nella mia testa ha la classica pelle inglese che si riempie di efelidi e perchè volevo che si dichiarassero il reciproco ammmmore <3

Pace e felicità a tutto il mondo, se vi va di dirmi che ne pensate di quest'affare sarei molto felice :) Selene.

  
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