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Autore: Inheritance    12/03/2012    3 recensioni
Baby-Klaine per la Klaine week *_* Enjoy!
Dal testo:
"-M-mi chiamo Blaine…Blaine Anderson.
-Io sono Kurt Hummel. E un giorno sarò famoso.
Gli occhi di Kurt si illuminarono a quell’idea e l’altro sorrise raggiante.
-E io sarò il tuo più grande fan! "
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Coppie: Blaine/Kurt
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Blaine calciò con il piede un sassolino che volò  circa a tre o forse quattro metri di distanza.

Per quanto ricordasse, non esisteva un singolo 16 Marzo in tutta la sua vita in cui non si era trovato con i suoi genitori e suo fratello al cimitero, a trovare il caro bisnonno William.

In realtà non è che avesse poi molto da ricordare, aveva compiuto 6 anni da pochi mesi e questo bisnonno non lo aveva neppure mai visto.

Tra l’altro non sembrava fosse una così bella persona. Cioè, suo padre parlava di lui come di un uomo d’onore e un buon padre di famiglia, cose delle quali Blaine stentava perfino a capire il senso, ma suo fratello, Cooper , gli raccontava di come non gli avesse mai comprato un regalo di compleanno e di come si divertisse a rimproverarlo per la sua scarsa abilità nel gioco degli scacchi, senza apparentemente rendersi conto di parlare con un bambino.

  E così Blaine non era mai triste quando andava al cimitero e guardava quella piccola foto in bianco e nero di un uomo che sembrava solo troppo arrabbiato.

Somigliava tanto al suo papà, questo lo aveva notato subito, più per l’espressione che per il volto. Aveva, nella foto, la stessa faccia che suo padre aveva quando la sera diceva a lui e Coop di spegnere le luci e smettere di chiacchierare.

A volte Blaine aveva paura del suo papà, ma del bisnonno no, perchè lui non poteva urlargli contro, questo Cooper glielo aveva spiegato bene.
E così si trovava una volta all’anno davanti a quella pietra grigia fissando con gli occhi vuoti quella foto, mentre cercava di capire perché il suo papà, sempre così forte, piangesse.


Quel giorno, però, Richard e Lily (*) Anderson si erano attardati in una piccola stanzetta all’interno del cimitero per andare a trovare tanti parenti che Blaine nemmeno credeva fosse possibile avere. 
Era una di quelle salette appartenenti alle famiglie importanti, che possono  così riunire i propri antenati nello stesso luogo dopo la morte. Quando il vecchio William era morto la stanzetta era al completo, avevano detto, e quindi lui aveva ricevuto una lapide normale, come tutte le altre. 
I coniugi si erano fermati a salutare tutti i parenti per chissà quale ricorrenza che non avevano voluto spiegare ai due bambini e avevano permesso loro di girare liberi per un po’, con l’avvertimento di non allontanarsi troppo.

Così Blaine e Cooper si erano ritrovati a giocare per il prato, correndo instancabilmente come solo due bambini avrebbero potuto fare.
In quel momento stavano giocando a nascondino. Una versione tutta loro del gioco, in cui il più piccolo si nascondeva e cercava di trarre in agguato il fratello con i dispetti più strampalati prima di farsi trovare.

Il bambino stava gironzolando fra le lapidi in cerca di qualche sassolino da tirare per mandare il più grande nella direzione opposta a quella in cui si trovava il suo nascondiglio.
Era un trucco che gli avevano insegnato dei bambini a scuola e che lui si era ripromesso di provare una volta capitata l’occasione.

Raccolse un ultimo sassolino da terra da aggiungere al bel mucchio che aveva accumulato nella sua t-shirt ripiegata a formare una specie di marsupio, ma quando alzò la testa vide qualcosa che lo incuriosì molto.

Un bambino stava in piedi davanti a una tomba con le mani unite sul petto, mentre ad occhi chiusi canticchiava una lenta filastrocca.
Blaine si avvicinò quel poco che bastava per vedere sulle guance del bimbo, poco più alto di lui, due grandi lacrimoni.

Si chiese perché era lì tutto solo, ma non voleva disturbarlo e poi la sua voce era così bella, anche mentre piangeva, e il suo volto luccicava sotto il sole e per un momento pensò che quel ragazzino dai capelli un po’ scompigliati, ma comunque perfetti, fosse la creatura più straordinaria che avesse mai visto. Più bella persino dei principi delle fiabe che Coop gli leggeva ogni tanto prima di farlo addormentare.

D’un tratto il piccolo aprì gli occhi e spostò lo sguardo su Blaine, che rimase paralizzato dall’emozione. Davanti a lui si erano aperti due occhi che avevano il colore del cielo, ma in qualche modo ancora più speciale. Erano lucidi per il pianto e lui avrebbe solo voluto asciugarli con le sue manine, ma non sapeva se poteva avvicinarsi.

L’altro lo guardava in silenzio, così disse piano:

-Ciao.

Quello fece un piccolo sorriso, ma Blaine non riuscì a vedere i suoi denti, poi rispose.

-Ciao.

La voce era bassissima e senza neanche accorgersene il più basso si era avvicinato per poterla sentire meglio, per poterla sentire di nuovo come prima, mentre cantava quella filastrocca.

-Cosa…uhm…cosa cantavi prima?

Il bambino abbassò lo sguardo, poi lo portò sulla lapide davanti a sé.

-Quella…quella è la mia mamma- disse indicando la piccola foto a colori di una donna molto bella, con gli occhi del suo stesso colore. – Lei cantava questa canzone per me quando non volevo dormire. Così il mio papà dice che adesso posso essere io a cantarla per lei, per…sai, per farla dormire bene.

Blaine sorrise.

-Sono sicuro che dorme come un angioletto, perché …beh…perché sei taaanto bravo.

Quello sorrise ancora e poi si avvicinò a lui.

-Pecché sei qui?

-Oh..io sono con il mio fratellone, stavamo giocando perché la mamma e il papà sono andati a salutare la mia famijia.

A Blaine, così piccolo, sembrò molto stupido ripetere quella frase che i suoi genitori gli avevano detto più volte. Aveva più senso, quando erano loro a dirgliela. Si poteva chiamare famiglia qualcuno che neanche si conosceva?

Il bambino non rispose.

-Tu…tu sei  solo?

-No, ma il mio papà è andato a prendere i fiori per la mamma, li aveva lasciati nella macchina. Io jelo avevo detto di prenderli!-  Aggiunse rivolto più alla foto che a Blaine, come a volersi scusare con la madre per il ritardo del genitore.

Il più piccolo rise appena, poi però vide che gli occhi dell’altro si erano fatti di nuovo lucidi.

-Ti manca tanto la tua mamma?

Il biondino sorrise un po’ lasciando vagare lo sguardo sulle lettere incise nella pietra che, probabilmente, al contrario di Blaine aveva già imparato a leggere.
Allungò una manina per sfiorarne alcune e Blaine pensò che la sua pelle fosse bianca come la neve con cui lui e Coop erano soliti giocare l’inverno. Era così bello e delicato da sembrare una di quelle statuine di porcellana a cui sua mamma teneva tanto, quelle che chiudeva in una vetrina prima di strillare loro che in casa non si giocava a palla perché potevano romperle.

In quel momento l’unica cosa che il bimbo riusciva a pensare era che non avrebbe mai voluto vedere l’altro rompersi, anche se sembrava così fragile.

-Sì, mi manca tantissimo, ma non lo dico mai a papà perché non vojo che pensa che non mi piace stare con lui. Lui mi vuole tanto bene e anche io gli vojo bene.

-Mi dippiace per la tua mamma, ma penso che il tuo papà sia fortunatissimo!

Il bambino lo guardò confuso e lui abbassò lo sguardo imbarazzato.

-Beh perché…perché tu ji vuoi bene e puoi cantare per lui quando vuole e mi piace come canti. Vorrei poterti stare a sentire sempre anche io, come…come il tuo papà, ecco.

L’altro rise.
Blaine sentì il cuoricino battere fortissimo e decise in quel momento che, dopo la sua voce, la risata di quel bambino fosse la cosa più dolce che avesse mai sentito.

-Quando….quando ero taaaanto piccolo, mamma diceva che potevo diventare un cantante, se volevo. Che potevo diventare qualunque cosa. Però a me piace quello. Il cantante, dico. Mi piace da impazzire.

Blaine sorrise e si avvicinò un poco.

-Sarai il cantante più bravissimissimo del mondo. Io me ne intendo, sai?

L’altro rise di nuovo.

-Allora io ti credo. Perché non vieni a vedermi quando….quando sarò su un palco grande grande?

-Sì! Però mi devi promettere che te lo ricordi di me così mi puoi fare la firma e io la posso portare qui dalla tua mamma e ji faccio vedere che sei famoso!

-Ooooook, ma mi devi dire il tuo nome.

Blaine arrossì.

-M-mi chiamo Blaine…Blaine Anderson.

-Io sono Kurt Hummel. E un giorno sarò famoso.

Gli occhi di Kurt si illuminarono a quell’idea e l’altro sorrise raggiante.

-E io sarò il tuo più grande fan!

Risero insieme, prima di sentire una voce che chiamava il nome di Blaine non molto lontano da lì.

-Oh! Questo è il mio fratellone, mi ero scordato di lui- rise e continuò – Io devo andare, Kurt. Però te la posso chiedere una cosa?

-Certo.

Disse l’altro, sorridendo appena.

-Me lo prometti che non piangi più? Quelli famosi non piangono mai perché sennò nelle foto vengono brutti.   Anche se….

L’altro rimase fermo in attesa.

-….anche se tu secondo me sei bello comunque.

Si sorrisero prima che Blaine si girasse e se ne andasse, correndo per raggiungere Cooper e chiedergli scusa per essersi allontanato.

 
…………………………………………………………………………………………………..


 
Il sipario si chiuse sulla figura statuaria immobile al centro del palco, ancora in posa con un braccio alzato sopra la testa e gli occhi lucidi.

Gli applausi rimbombarono in tutto il teatro così forti da far tremare le pareti e Blaine pensò che tutto sarebbe potuto crollare e non se ne sarebbe neppure accorto. Aveva gli occhi ancora fissi in quel punto dove l’uomo era scomparso dietro le pesanti tende rosse, quando queste ultime si riaprirono e una cascata di applausi più potenti di quelli di prima invase le sue orecchie.

Il protagonista dello spettacolo si trovava al centro del palco affiancato dal resto dei personaggi e alcune personalità importanti quali il produttore e i vari sponsor, ma quello, gli applausi, le grida, la gloria, l’emozione, le lacrime, tutto quello era solo per lui.

Con le mani tremanti prese il microfono in mano e iniziò a presentare tutti gli attori che avevano preso parte allo spettacolo, dalle comparse ai personaggi principali, per poi passare ai ringraziamenti .

Il cuore di Blaine perse un battito quando alla fine l’uomo dai grandi occhi blu scintillanti fece pochi passi in avanti rispetto al resto del cast e fermò lo sguardo su di lui.

-….E infine, i miei ringraziamenti più sentiti vanno alla persona che mi ha supportato in tutto questo tempo, che da sempre mi è stata accanto, che fin da quando ero solo un bambino mi ha aperto gli occhi sul sogno più grande che io abbia mai inseguito, la persona che mi ha accompagnato in ogni avversità e si è impegnata con me nell’avventura più bella della mia vita, il nostro matrimonio. Grazie, Blaine. Grazie, amore mio.

Dette queste parole lanciò una rosa in mezzo al pubblico, all’altezza della poltrona su cui Blaine si era lasciato cadere travolto dalle troppe emozioni. Con mano tremante riuscì ad afferrare il fiore e a stringerselo al petto, lanciando un bacio immaginario all’uomo sul palco, prima di notare appeso allo stelo un biglietto argentato ripiegato su se stesso.

Lo avvicinò al volto e lesse.

Al centro del bigliettino, in una grafia elegante e a grandi caratteri c’era la firma di Kurt. Più in basso, una dedica.

“A Blaine Anderson, il mio più grande fan. “
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
(*)= Parlando chiaramente, non ricordo se sono mai stati citati nel telefilm, ma in più di una ff ho notato come nomi dei genitori Richard e Lily, fatto sta che mi piacevano e ho deciso di riutilizzarli J Se chi ha “coniato” i nomi dei coniugi Anderson è contrario, me lo faccia sapere e provvederò a cambiarli.
 

 
 
 
Nda.
Boh….La Klaine week su di me ha un effetto sconsiderato *_*

Li amo, li amo, li amo, li amo, li amo. Non posso farci nulla. Sono la perfezione. Ecco :’)

Spero vi piaccia ;) 


Amo il nostro fandom, tanto per chiarire. E ancora di più le Klainers. xD  

Baci.     -Her- 
  
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