Fumetti/Cartoni americani > A tutto reality/Total Drama
Ricorda la storia  |      
Autore: Il Saggio Trentstiel    12/03/2012    12 recensioni
-Chica, quanto tempo...-
[...]
-Davvero molto, Cascamuerto: ti vedo... cambiato!- rispose malignamente, accennando a due lunghe cicatrici lucenti che risaltavano magnificamente sulla sua pelle scura...
No, quelli non erano pensieri da lei!
Insomma, due cicatrici sulle sue braccia muscolose, e...
No, di nuovo!

A Heather è stata affidata una missione, tutto sommato semplice: trovare un regalo di compleanno per la sorella.
Cosa accade però quando si mette in mezzo un "vecchio amico" dall'accento ispanico e dagli occhi verdi?
Heather dovrà far ricorso a tutta la sua caparbietà, mentre Alejandro... Dovrà sfoderare tutto il suo fascino!
Storia classificatasi prima all'"Alejandro-Heather Contest" indetto da Piratessa_ sul forum di EFP!
Prompt scelto: puzzle.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Alejandro, Heather
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

L'estate è una stagione che si presta alla commedia.
Perché?
Non lo so.
Ma lo è.
(Gustave Flaubert)

 

 

 

 

Giugno.
Un mese splendido.
Il sole splende tutti i giorni, le scuole e gli uffici chiudono i battenti, l'aria è permeata da sole due parole, ripetute senza interruzione specialmente dagli adolescenti: relax e vacanze.
Tutti fanno progetti, organizzano viaggi e gite, la mente ben sgombra da pensieri tristi e preoccupazioni.
Oh, certo, ovviamente c'è sempre la famosa eccezione che conferma l'altrettanto famosa regola.
-Stupido reality, stupido Chris, stupido Ezekiel...-
-Heather, tesoro, hai intenzione di continuare ancora per molto?-
A parlare fu una donna sulla quarantina: dei capelli neri come la notte incorniciavano il volto gentile, e su di esso spiccavano un sorriso amabile e due occhi leggermente a mandorla.
Due occhi in tutto e per tutto identici a quelli della figlia, effettivamente.
Heather si voltò verso la porta della sua stanza, smettendo di prendere a pugni il suo cuscino: non aveva sentito entrare la madre, troppo presa dalle sue monotone recriminazioni, e in quel momento non avrebbe avuto più senso reclamare la sua privacy.
La ragazza si accontentò di alzare gli occhi al cielo.
-... Stupido vulcano! Ho finito, contenta?- concluse acidamente, infierendo sul cuscino con un ultimo pugno.
Henrietta Wilson non poté che sospirare, abituata da diciassette anni a quella figlia così particolare.
Ma era giugno, mese spensierato, dunque perché limitarsi ad un blando sospiro rassegnato?
-Cara, pensa a qualcosa di bello! Siamo in estate, tutti i tuoi amici...-
Amici? Pensò sarcasticamente Heather.
-... Si divertono, organizzano viaggi e week-end al mare, c'è un tempo splendido...-
Mentre la madre continuava ad elencare gli innumerevoli (e discutibili) aspetti positivi dell'estate, Heather smise di ascoltarla.
Era inutile tentare di interromperla, quando si metteva in testa una cosa era praticamente impossibile farla smettere: ne sapeva qualcosa suo padre, costretto a presenziare in continuazione alle feste mondane alle quali Henrietta veniva invitata.
Certo, questo poteva essere considerato un punto a favore di sua madre, continuò a riflettere Heather: caparbia, calcolatrice, manipolatrice.
In effetti si somigliavano parecchio, gentilezza a parte: inutile dirlo, era Henrietta quella gentile delle due.
-... E tra qualche giorno sarà il compleanno di tua sorella!- concluse finalmente la donna, esibendo un sorriso soddisfatto.
Quest'ultima frase riaccese l'interesse di Heather, strappandola alle sue riflessioni e costringendola ad esibire un'espressione sarcastica: il che, parlando di Heather, più che una costrizione era un vero e proprio piacere.
-Scusa, e questo sarebbe un fattore positivo? Ma dico, stai cercando di tirarmi su di morale o di spingermi al suicidio?-
Henrietta, per la prima volta dall'inizio della discussione, si accigliò.
-Tua sorella stravede per te e non sarebbe affatto felice se potesse sentirti!-
Heather sbuffò ma scelse di non replicare: si passò una mano tra i capelli -ora di una lunghezza più accettabile- e si stese sul letto.
Fu nuovamente la madre ad infrangere il silenzio.
-Visto che non mi pare tu abbia qualcosa da fare...-
-No, mamma, non preparerò una cenetta speciale per papà.- la interruppe Heather -Sai ancora cucinare o sbaglio?-
Henrietta rise con leggerezza.
-Certo tesoro, ma volevo chiederti un'altra cosa!-
Heather si fece più attenta, quasi guardinga: non sapeva mai cosa aspettarsi da sua madre, dunque sarebbe stato meglio prepararsi a qualunque evenienza.
-Perché non vai al centro commerciale a comprare un regalino per tua sorella?-
La ragazza inarcò le sopracciglia e schiuse appena le labbra, ma lo sbuffo infastidito che premeva per uscire dalla sua bocca venne prontamente bloccato, mentre una domanda inopportuna le ingombrò la mente: perché no?
-Va bene. Tanto non ho nulla di meglio da fare, e...- lanciò una rapida occhiata all'orologio appeso alla parete -... Se comprerò un fumetto alla pulce mi ci vorrà al massimo mezz'ora.-
Henrietta sospirò e scosse la testa, cosa che irritò notevolmente Heather.
Non sopportava assolutamente di essere trattata con condiscendenza o, ancora peggio, di passare per stupida.
-Qualcosa non va?- domandò sgarbatamente, levandosi a sedere.
-Heather, vorresti davvero regalare un fumetto a tua sorella per il suo compleanno? Perché in tal caso mi sentirei libera di regalarti una penna colorata per il tuo compleanno!-
Un'espressione scocciata si dipinse sul volto di Heather che, per celarla alla madre, si alzò in piedi e cominciò a frugare nell'armadio alla ricerca del suo solito top scarlatto e di un paio di pantaloncini.
-Senza contare...- riprese Henrietta -... Che Holly vorrebbe un regalo particolare quest'anno.-
Heather riemerse dall'armadio stringendo degli shorts tra le mani.
-E cosa? Un pony arcobaleno, come a Natale?-
-Niente di difficile o inesistente, solo... Un puzzle.-
La ragazza, con il top infilato a metà, permise ad un'espressione sorpresa di intaccare la sua solita maschera di insofferenza.
-Un puzzle?- domandò retoricamente, mentre la madre annuiva.
-Sì, ovviamente non uno qualunque: vuole un puzzle molto carino, messo in commercio da poco ma facile da trovare!-
Il sorriso soddisfatto dipintosi sul volto di Henrietta riuscì nella difficile impresa di far rabbrividire Heather.
-Holly vuole il puzzle di “A Tutto Reality: Il Tour”.-

 

 

 

Il Toronto Eaton Centre può orgogliosamente fregiarsi del titolo di terzo centro commerciale più grande del Canada.
Con una superficie di 148.000 metri quadri, più di 250 negozi distribuiti su cinque piani ed una media di un milione di visitatori al giorno sembrerebbe il luogo ideale per un'adolescente con un'enorme quantità di tempo libero a sua disposizione.
Ecco, appunto, sembrerebbe.
Si dà il caso che per Heather Wilson quel giorno il centro commerciale non fosse il paradiso, bensì un luogo non dissimile dall'inferno o, perlomeno, dall'idea che lei stessa si era fatta dell'inferno.
Buffo, non è vero? Una ragazza algida e cinica come lei che si era lasciata andare a riflessioni esistenziali di tale portata!
Com'era l'inferno per Heather?
Sicuramente era affollato, caotico, promiscuo.
Poi era caldo, afoso, soffocante, un luogo dove ogni respiro è un'agonia.
Infine il personale inferno di Heather era privo di possibilità di fuga, un'eternità di dolore fisico e spirituale senza eguali.
Erano giorni che non si lasciava più andare a queste tutt'altro che liete digressioni mentali: esattamente da quando, con un urletto sconvolto, aveva realizzato quanto quel suo inferno assomigliasse al vulcano hawaiano sulla sommità del quale...
Basta! Aveva un compito ingrato da portare a termine, e quei pensieri non avrebbero fatto altro che ostacolarla!
Meglio muoversi e mettersi alla ricerca di quel cavolo di puzzle.
Tra l'altro, come mai non era a conoscenza dell'esistenza di quel gioco? Chris lo aveva lanciato sul mercato tenendo tutti loro all'oscuro, in modo da evitare fastidiose -per quanto opportune- richieste di percentuali?
Sì, sicuramente era andata così.
Si ripromise di fare una telefonata a quel pavone borioso per pretendere la sua parte, mentre davanti a lei compariva un'insegna nera con su scritto a lettere luminose “Toys toys toys”.
Le vetrine erano ricolme di costruzioni, enormi e soffici peluches, action figures... Insomma, di tutto ciò che ci si aspetterebbe di trovare in un negozio di giocattoli!
Heather alzò gli occhi al cielo e fece qualche passo in avanti: le porte scorrevoli del negozio si aprirono con un leggero ronzio, permettendo alla ragazza di entrare e di lanciare occhiate malevole a chiunque le si parasse davanti.
Bambini sovreccitati, madri e padri stremati, commesse frettolose, nessuno venne risparmiato dalle occhiatacce della mora.
Se solo gli occhi potessero uccidere... pensò con un pizzico di delusione la ragazza, oltrepassando un espositore carico di bambole dalle espressioni stucchevoli e pregando perché la fine di quella giornata giungesse rapidamente.
-Ha bisogno di una mano?- domandò una voce falsamente premurosa, giusto un paio di passi dietro di lei.
Heather si voltò lentamente, squadrando con evidente fastidio la commessa che la fissava in attesa di una risposta: era bassa, grassoccia e con degli orrendi occhiali da vista.
Buon Dio, se non fosse stata bionda sarebbe potuta essere la sorella gemella di Beth!
Sollevò appena gli angoli della bocca, rimangiandosi la rispostaccia che avrebbe tanto voluto dedicare a quell'impicciona in sovrappeso.
-No, stavo solo cercando il reparto dei puzzle.-
-Intende forse il reparto dei giochi di società?-
Heather annuì seccamente: ma chi era quella lì, Google?
-Quello. Si limiti ad indicarmelo, così potrà riprendere immediatamente il suo frustrante, sottopagato lavoro.-
La commessa spalancò la bocca, scandalizzata, ma indicò a Heather un reparto alla sua sinistra: senza più degnarla di uno sguardo, la mora si allontanò in quella direzione.
Il reparto dei giochi di società, come lo aveva chiamato la commessa, era fortunatamente meno affollato di quello principale, rendendolo di fatto leggermente più gradito a Heather.
Gli occhi a mandorla della giovane scrutavano attenti le dozzine di scatole colorate ammucchiate sui vari ripiani, senza però incontrare il tanto odiato marchio dell'altrettanto odiato reality show.
Roteò gli occhi e, rassegnandosi ad un'altra bella dose di bile, si avvicinò a passo di carica alla scrivania sulla quale spiccava un cartello con su scritto “Informazioni”: stava già tentando -con estrema difficoltà- di mettere insieme una domanda abbastanza gentile da rivolgere al ragazzo dietro tale scrivania, quando i suoi occhi incontrarono qualcosa che mai avrebbero voluto vedere.
O forse sì?
Un volto abbronzato, dei capelli scuri e all'apparenza perfetti, un naso a punta ed un pizzetto preciso al millimetro: il tutto era corredato da un paio di occhi verdi e penetranti e da un ghigno divertito.
Era un incubo, vero?
-Chica, quanto tempo...-
Quella voce... Da settimane non la sentiva più, se si escludevano gli orrendi ansiti metallici del robot in cui lui era stato rinchiuso per colpa sua.
Heather avvertì un brivido correrle lungo la spina dorsale, ma riacquistò immediatamente il controllo di sé.
-Davvero molto, Cascamuerto: ti vedo... Cambiato!- rispose malignamente, accennando a due lunghe cicatrici lucenti che risaltavano magnificamente sulla sua pelle scura...
No, quelli non erano pensieri da lei!
Insomma, due cicatrici sulle sue braccia muscolose, e...
No, di nuovo!
Alejandro sostituì il suo ghigno con un sorriso luminoso, strizzando maliziosamente l'occhio a Heather.
-Direi di sì, da quando sono uscito da quel maldido robot mi sono impegnato al massimo per rimettermi a nuovo!-
E c'è riuscito perfettamente, pensò Heather con un pizzico d'invidia: lei aveva dovuto aspettare mesi perché i suoi capelli ricrescessero!
-Come mai qui, chica? Ti facevo più tipa da abiti firmati e armi pericolose, per quanto l'accoppiata sia singolare!-
La ragazza gli lanciò un'occhiataccia.
-Esilarante, davvero! La mia presenza qui non è affar tuo, dunque... A mai più rivederci!-
Fece per voltargli le spalle, quando lo sguardo gli cadde sulla scatola che teneva tra le mani: rettangolare, di medie dimensioni, con su stampigliato
l'inconfondibile logo di...
-Oh, sì!- intervenne Alejandro, notando l'oggetto dell'interesse di Heather -E' uscito da poco e già va a ruba! Questa è l'ultima scatola rimasta in tutto il centro commerciale, pensa!-
Heather sbiancò rapidamente, assimilando appieno il significato dell'ultima frase di Alejandro.
L'ultima. Scatola. Rimasta.
Se fosse stata Gwen avrebbe cominciato ad inveire contro il karma ma, fortunatamente, lei non era quell'insulsa darkettona!
Lei era una stratega, una manipolatrice, e avrebbe fatto qualunque cosa per ottenere quel puzzle.
Ok, quasi qualunque cosa!
-Alejandro... Hai già pagato quel puzzle?-
L'ispanico sorrise, uno scintillio di divertimento negli occhi verde prato.
-Ancora no, perché?-
Domanda inutile, lui sapeva dove volesse andare a parare Heather!
Lo aveva chiamato Alejandro, evitando di utilizzare soprannomi o nomignoli irritanti, e tanto bastava ad insospettire -e, indubbiamente, a divertire- il ragazzo.
Heather inspirò profondamente, detestandosi per quanto stava per dire.
-Ecco... Potresti cedermela? Sono disposta a pagarti, ma ne ho urgente bisogno!-
Sapeva fingere bene, su questo non c'era alcun dubbio: lo sguardo implorante, le mani giunte, la voce falsamente gentile... Ci voleva però molto di più per ingannare una vecchia volpe come Alejandro!
-Sentiamo... Perché dovrei cederti questo prezioso puzzle?-
La mora rifletté velocemente.
-In nome della nostra vecchia alleanza, dei bei momenti passati assieme... Dei sentimenti che provavi per me...-
Spudorata ed insensibile, la ragazza! Forse però era per quello che piaceva tanto ad Alejandro!
L'ispanico sorrise amabilmente, rafforzando la presa sulla scatola.
-Alleanza? Bei momenti? Oh, forse parli di quando mi hai gettato giù da un vulcano? Sì, un bel momento davvero!-
Non c'era traccia di rabbia in quelle parole, ma i suoi occhi fino ad un attimo prima divertiti si incupirono per un paio di secondi, cosa che non sfuggì a Heather: bene, strategia fallita, meglio andarsene prima di calpestare ulteriormente il proprio orgoglio!
-Bene...- esordì irritata -... Tieniti pure quello stupido puzzle! Maledetto il giorno in cui le nostre strade si sono incrociate!-
Girò sui tacchi ma, di nuovo, qualcosa la bloccò: stavolta fu la mano di Alejandro attorno al suo braccio.
Brividi irragionevoli invasero il corpo di Heather, facendola sentire come se si fosse immersa in una vasca piena d'acqua gelata, nonostante la mano di Alejandro fosse calda, oltre che morbida...
-Espera, Heather! Avrei una proposta da farti.-
La ragazza si divincolò e, liberatasi dalla presa dell'altro, lo fissò sospettosa: quel sorriso non prometteva niente di buono...
-Non so per quale motivo tu voglia così ardentemente questo giochino, ma lo spirito cavalleresco dei Burromuerto ti verrà incontro.
Ovviamente...- aggiunse, mentre il suo sorriso si allargava -... Dovrai darmi qualcosa in cambio: sono un gentiluomo, ma non uno stupido.-
Heather non disse alcunché, ma il suo silenzio riottoso spinse Alejandro a proseguire.
-Mi piacerebbe, prima di cedertelo, vedere questo puzzle completo almeno una volta: ma sai, sono così tanti pezzi, e se ti serve così urgentemente non credo che potrò costruirlo da solo...-
Heather trattenne il fiato, pronta al peggio.
-Vorrei che tu venissi a casa mia e mi aiutassi a completare questo rompecabezas: poi, una volta concluso, sarà tutto tuo.-
Sorrise astutamente, mentre la mora sentiva una rabbia incontrollabile affiorare e rischiare di farla esplodere.
Quel pervertito, quel maiale impomatato, come osava anche solo pensare ad una cosa simile?
Credeva di spingerla a sentirsi in colpa, o a chiedergli scusa? E magari pensava anche che gli si sarebbe concessa?
Povero illuso.
Come si era ridotto per adescare una ragazza!
D'altronde cosa ci si poteva aspettare da Alejandro Cascamuerto?
Heather riacquistò la calma e si esibì in uno dei sorrisi più sardonici che potesse mettere insieme ma, mentre stava per mandare elegantemente al diavolo Alejandro, la sua mente venne occupata dall'immagine del volto irritato di sua madre, mentre nelle orecchie le riecheggiava la sua voce arrabbiata e petulante.
Prima ancora di rendersene conto, aveva risposto ad Alejandro.
Non come avrebbe voluto.
-Va bene.-
Alejandro si illuminò a quelle parole e sorrise compiaciuto: Heather non gli diede tuttavia il tempo di prendersi gioco di lei.
-Sia ben chiaro che lo faccio solo per la mia sanità mentale! E soprattutto...- proseguì, puntando un dito contro il ragazzo -... Non tentare di irretirmi o abusare di me!-
Aveva quasi gridato l'ultima parte, e un paio di avventori si erano girati a guardarla piuttosto interdetti: Alejandro, tuttavia, non sembrava turbato.
-Non preoccuparti, chica, sono finiti i tempi in cui avrei scalato vulcani o rinunciato ad un milione di dollari per te!-
Ancora una volta furono soltanto gli occhi di Alejandro a far intuire la rabbia che il giovane evidentemente covava ancora, seppur magnificamente dissimulata.
-Facciamo domani pomeriggio alle quattro? Tanto il mio indirizzo lo conosci.- riprese, con uno sconcertante ritorno alla normalità.
Non attese risposte ma levò una mano e si allontanò lentamente.
-Hasta mañana, Heather!-
La ragazza non rispose al saluto, preferendo mantenere un dignitoso silenzio ed una altrettanto dignitosa postura rigida e tesa.
Almeno finché non notò lo sguardo sognante della grassa commessa incontrata poco prima.
-Povera idiota...- borbottò astiosamente prima di uscire dal negozio a passo di carica e, ovviamente, a mani vuote, pronta a sorbirsi le lamentele della madre una volta rientrata a casa ma affatto pronta ad affrontare Alejandro il pomeriggio seguente.
-È solo strategia.- si ripeté come un mantra -È. Solo. Strategia.-

 

 

 

La mattinata successiva passò fin troppo rapidamente per i gusti di Heather.
In men che non si dica erano già le tre e mezza e, dopo un rapido saluto ai genitori (consistente in un neutro “Esco” borbottato già sull'uscio), la ragazza era per le vie di Toronto.
Camminava spedita, ricordando fin troppo bene dove abitasse Alejandro.
Non che le fosse mai importato qualcosa, ma settimane prima sua madre -sempre lei, mai che si facesse gli affari suoi!- l'aveva costretta a recarsi a casa Burromuerto per sincerarsi delle condizioni di Alejandro e per chiedere umilmente scusa ai suoi genitori.
Come Henrietta si fosse procurata quell'indirizzo rimaneva un mistero, ma Heather aveva dovuto sopportare l'umiliazione di scusarsi con qualcuno.
Doveva ammettere che Carmen Burromuerto era stata molto gentile con lei, non accusandola né additandola come traditrice, e anche Felipe Burromuerto -dopo qualche occhiataccia malcelata- si era dimostrato pacato e ragionevole.
Alejandro dormiva quel giorno, così come i giorni successivi in cui lei -ovviamente pungolata da sua madre- era tornata a fargli visita.
Per fortuna, pensò tra sé e sé, svoltando un angolo ed imboccando Castlefield Avenue, o avrei dovuto chiedere scusa anche a quel galletto ispanico.
Casa Burromuerto si trovava più o meno a metà della via: era una villetta di mattoni dotata di giardino come mille altre, con l'unico evidente elemento estraneo che sventolava pigramente nella brezza leggera; una bandiera argentina era infatti appesa accanto alla porta d'ingresso, le strisce bianche e azzurre luminose nel pomeriggio estivo.
Heather osservò distrattamente il vessillo ondeggiare lievemente, spostando poi la sua attenzione sulla porta di legno scuro: avrebbe dovuto bussare, o sarebbe stato meglio suonare il campanello?
Roteò gli occhi, tornando poi a concentrarsi sulla porta davanti a lei: sicuramente quell'idiota di Alejandro la stava aspettando pieno di soddisfazione, quindi sarebbe stato sufficiente bussare ed evitare di strombazzare ai quattro venti la sua presenza lì.
La ragazza levò una mano -che, nonostante tutto il nervosismo, non tremava minimamente- e bussò un paio di volte.
Dovette attendere solo qualche secondo, poi l'uscio si aprì ed apparve Alejandro: sorrideva e, una volta abbassato lo sguardo, Heather si accorse che non indossava alcuna maglietta.
Deglutì con discrezione ed ostentò un'espressione altera.
-Hola! Sei un po' in anticipo, Heather, ansiosa di rivedermi?- domandò con tono canzonatorio, spostandosi di lato e chiudendole la porta alle spalle.
Heather emise un versetto sarcastico.
-Ansiosa di terminare quanto prima questo strazio! E ti prego, mettiti addosso qualcosa, sei ridicolo!-
E sexy! aggiunse una vocina malevola dentro la sua mente, prontamente scacciata.
L'ispanico sorrise ed incrociò le braccia, lanciando un'occhiata divertita alla ragazza e soffermandosi un po' troppo su alcune parti di lei: Heather se ne accorse ed incrociò le braccia a sua volta, come a volersi difendere.
-Cosa c'è, stai pensando di aggredirmi?-
Alejandro scosse il capo.
-De ninguna manera! Mi stavo piuttosto chiedendo se non volessi toglierti la maglietta e mostrare al mondo il tuo corpo fabuloso...-
Heather sgranò gli occhi, sconvolta.
-Vatti a vestire, Burropuerco! E togliti certe idee dalla testa!-
Alejandro rise di cuore, sollevando le mani.
-Stavo solo scherzando, chica, sai bene che sono un gentiluomo. Mettiti comoda in salotto, arriverò tra poco.-
Uscì dal piccolo ingresso, diretto alla sua camera, e a Heather non rimase che accomodarsi su una delle comode sedie del salotto.
La stanza era pulita ed ordinata come la ricordava, con l'unica differenza nel massiccio tavolo di noce al centro esatto: dove prima c'erano un centrino bianco ed un grosso vaso di fiori, ora si trovava la grande scatola del puzzle.
Heather lanciò un'altra occhiata disgustata al logo del reality show, allungando poi una mano per sfiorare la scatola... E venendo fulminata da un pensiero improvviso.
Perché non prendere la scatola e fuggire? Come aveva fatto con il milione di dollari?
Sarebbe stato infinitamente più semplice e meno umiliante!
-Eccomi, chica!-
Heather sobbalzò e allontanò la mano dal puzzle come se si fosse scottata: se Alejandro aveva notato il gesto, non lo diede a vedere, limitandosi a sorridere alla ragazza ed accomodandosi sulla sedia di fronte a lei.
Aveva indossato una semplice canottiera azzurra e aveva deciso di legarsi i capelli in un codino sopra la testa, per evitare che gli solleticassero il collo: notò compiaciuto che, sebbene Heather stesse cercando in tutti i modi di guardarlo dritto in faccia, di tanto in tanto i suoi occhi color del ferro scivolavano sulle sue braccia e sul suo petto.
Decise di non commentare -tanto ne avrebbe avuto tutto il tempo, oh se lo avrebbe avuto!- ed avvicinò la scatola a sé, cominciando a togliere il coperchio: Heather lo osservava risentita, borbottando sommessamente.
-Se quello è vestirsi...-
Senza indugiare, Alejandro rovesciò il contenuto della scatola sul tavolo: decine, centinaia di piccoli pezzi di cartone colorato di diverse forme e dimensioni si sparsero sulla superficie liscia del mobile, sotto lo sguardo esterrefatto di Heather.
-Ma sei completamente idiota? Ci vorranno ore solo per sistemare questo caos!-
Alejandro scrollò le spalle, minimizzando.
-Non ci vorrà poi così tanto, e comunque...- aggiunse, ammiccando all'indirizzo di Heather -... È un'occasione per passare più tempo assieme, non credi?-
Heather alzò gli occhi al cielo e trattenne a fatica gli insulti che avrebbe tanto voluto urlare ad Alejandro, afferrando di malagrazia una manciata di tessere del puzzle e cominciando ad esaminarle: quasi immediatamente storse il naso, disgustata dall'immagine del volto di Ezekiel, e lanciò verso Alejandro quel tassello.
L'ispanico alzò appena lo sguardo, intento a raggruppare tutte le tessere di colore grigio chiaro e cominciando già ad unirne alcune: avvertendo su di sé lo sguardo di Heather, sospirò.
-Bisogna sempre partire dalle basi, in questo caso...- mostrò alla ragazza una delle tessere che stava ammassando -... Il pavimento dell'aeroporto da cui siamo partiti: te lo ricordi, es verdad?-
Heather annuì seccamente, tornando a concentrarsi sulla sua parte di puzzle.
Partire dalle basi... Era per quello che Alejandro era stato sconfitto, non era stato in grado di puntare più in alto!
La mora accennò un sorrisetto e prese una tessera grigio piombo, la prima di una lunga serie.
Il lavoro venne svolto in completo silenzio dai due giovani, tranne occasionali domande di Alejandro ed altrettanto occasionali monosillabi borbottati da Heather: alle sette in punto l'ispanico guardò l'orologio che aveva al polso e si stiracchiò.
-Diablo, sono già tre ore che lavoriamo!-
Heather unì tra loro altre due tessere, sospirò e fece per alzarsi.
-Bene, il mio lavoro qui è finito.-
-Per oggi.- replicò maliziosamente Alejandro -A meno che tu non voglia rimanere anche per cena e proseguire dopo...-
La mora gli lanciò un'occhiata assassina.
-Ritenta, ma tanto non sarai più fortunato!-
Ciò detto si allontanò di gran carriera dal salotto: Alejandro non parlò fin quando non udì la porta di casa aprirsi.
-Ricorda, Heather, domani alle quattro!-
L'ispanico poté giurare di aver sentito un “Vaffanculo” provenire dall'ingresso, ma sorrise astutamente.
-Vedremo chi sarà el màs fuerte!-

 

 

 

Se Heather aveva passato un'estate peggiore di quella, non lo ricordava.
Se Alejandro aveva passato un'estate migliore di quella, doveva ricredersi.
Ogni pomeriggio da una settimana i due si incontravano a casa Burromuerto per terminare quel puzzle che a tratti sembrava unirli, a tratti amplificava il divario tra loro.
Faceva riemergere ricordi a decine, anche quelli all'apparenza più inutili.
-Oh, guarda, la faccia di Courtney! Aveva proprio una bella cotta per me, eh?-
-Povera stupida... Infatuarsi di un tipo simile... Oh, c'è anche la tua faccia prima che venisse deturpata da Owen!-
Le conversazioni dei due si svolgevano ogni singolo giorno su questa falsariga: frecciatina, insulto, frecciatina di risposta, in un cerchio senza fine.
Alejandro però, da attento osservatore, non poté non accorgersi di come Heather sembrasse sempre più a suo agio ad ogni incontro: il primo giorno parlava a malapena, ma già dal secondo aveva cominciato a rispondere a tono alle sue provocazioni, attaccandolo a sua volta.
La cosa lo intrigava ed eccitava in egual misura: non c'era soddisfazione più grande di vedere lo sguardo avido di Heather vagare estatico sul suo corpo -sempre sapientemente esibito- per poi essere distolto in tutta fretta, magari accompagnato da una battutina salace.
Sembrava incredibile, ma quella gelida traditrice aveva ancora il suo cuore in pugno, e... Qualcosa gli diceva che anche lui aveva un certo ascendente su di lei.
Si riscosse dai suoi pensieri e, automaticamente, lo sguardo gli corse all'orologio: le quattro meno un quarto, Heather sarebbe giunta a breve.
Alejandro abbassò lo sguardo sul tavolo, dove campeggiava l'ormai quasi completo puzzle: mancavano giusto alcuni dettagli, un paio di volti, e poi quel gioco sarebbe finito, quasi sicuramente quello stesso giorno.
Doveva ammetterlo, avrebbe desiderato che l'intera esperienza durasse di più ma, se tutto fosse andato come aveva previsto, si sarebbe preso una bella rivincita su Heather!
Un forte bussare alla porta fece balzare in piedi l'ispanico.
-Ma guarda, parli del diavolo...- mormorò, avviandosi sorridente nell'ingresso.
Aprì la porta, trovandosi davanti un'irritata -ma sempre più hermosa- Heather il cui sguardo, come sempre, saettò all'altezza del suo petto per controllare se indossasse una maglietta.
E anche, in caso contrario, per bearsi della visione del suo corpo, di questo Alejandro era sicuro.
Heather increspò le labbra in un sorrisino beffardo.
-Oggi ti sei vestito decentemente, vedo. Festeggi il fatto che oggi termineremo questo dannato puzzle, e poi non ci vedremo mai più?-
L'ispanico scosse la testa divertito e si fece da parte per far entrare la ragazza.
Una volta ritrovatisi in salotto, dove durante l'ultima settimana avevano trascorso parecchie ore assieme, quasi in intimità, osservarono entrambi l'enorme puzzle: lo scalcinato aereo di Chris, le facce dei loro compagni d'avventura -sapientemente manipolati da entrambi-, tutti i ricordi possibili e immaginabili... C'era molto più di quel che sembrava in quelle tessere colorate.
Heather si sedette, cominciando immediatamente a confrontare gli ultimi pezzi rimasti: Alejandro, invece, era rimasto in piedi, a braccia conserte e con gli occhi puntati su di lei.
Dopo diversi, silenziosi minuti, Heather non poté più fingere di non essersi accorta del suo strano comportamento e levò lo sguardo.
-Beh?- lo apostrofò con una punta di fastidio.
Alejandro non rispose, accrescendo l'insofferenza di Heather ed incrementando il suo seppur lieve disagio.
-Allora? Vogliamo concludere questo strazio e tornare alle nostre solite vite?-
Non aggiunse “Che non prevedono l'ingerenza di uno nella vita dell'altro”, ritenendolo superfluo.
O magari non la pensava proprio così?
L'ispanico continuò a non manifestare alcuna emozione, limitandosi ad inarcare leggermente le sopracciglia: proprio mentre Heather stava per dire qualcosa di indubbiamente sgradevole per la terza volta, Alejandro parlò.
-Sai, chica... Credevo che durante uno di questi pomeriggi mi avresti chiesto scusa.-
La mora spalancò gli occhi, incerta su come comportarsi: scusarsi non era assolutamente nel suo stile, ma nonostante tutto... Avanti, lo aveva quasi ucciso, lo aveva deturpato e gli aveva sottratto un milione di dollari: forse Alejandro aveva un minimo di ragione...
Forse.
-Effettivamente...- riprese, posando le mani sul tavolo -... Sarebbe stato un gesto carino ed umile, ma tu non sei né l'una né l'altra!- concluse con un sorriso beffardo, un sorriso che fece venire voglia a Heather di tirargli una sedia.
-Poi mi sono reso conto di una cosa: che senso ha fare delle scuse a qualcuno, quando gli sono già state fatte?-
Heather rimase completamente interdetta: scuse? Lei? Ad Alejandro? L'ispanico si era forse bevuto il cervello?
Non voluto, un sospetto si insinuò nella sua mente, occupando sempre più spazio e permettendole soltanto di biascicare un confuso -Che cosa?-.
Il sorriso di Alejandro si fece più dolce, ma ancora beffardo e trionfante.
-Oh, non fare la finta tonta, Heather. Mia madre mi ha ovviamente raccontato delle tue visite quasi quotidiane, qualche settimana fa.-
-E allora?- domandò la ragazza, in un nuovo slancio di acidume -Sono stata obbligata da mia madre, cosa credi?-
Alejandro sospirò e si sedette: Heather, invece, rimase in piedi, anche se non si ricordava di quando si fosse alzata...
-Lo immaginavo. Ma non credo che tua madre ti abbia obbligata a chiedere scusa ad una persona addormentata... O che fingeva di esserlo...-
In quell'istante, il mondo franò addosso a Heather.
Quel dannatissimo imbroglione, quel bugiardo patentato, quel... Quel...
Ecco, non aveva neanche la forza per insultarlo decentemente!
Si passò una mano tra i capelli, riflettendo velocemente per trovare una giustificazione plausibile, ma ormai la frittata era fatta: il suo silenzio colpevole parlava al posto suo.
Alejandro era raggiante e, a quanto sembrava, non aveva ancora finito di infierire su Heather.
-Sai, è interessante che tu abbia tirato in causa tua madre. È una donna molto intelligente ed astuta, ora capisco da chi hai ripreso!-
Un momento... Alejandro conosceva sua madre?
Heather strinse gli occhi, ritrovando finalmente la parola.
-Stai per darmi un buon motivo per uccidervi entrambi?- sibilò, accrescendo l'ilarità dell'altro.
-Dipende dai punti di vista! Comunque... Qualche giorno fa mi ha telefonato, per sincerarsi che tu fossi effettivamente venuta a trovarmi e che mi avessi chiesto scusa: ovviamente entrambe le mie risposte sono state affermative.-
Heather avvertì un certo calore sulle guance e sperò intensamente di non stare arrossendo: sarebbe stato estremamente umiliante...
-Si è detta molto dispiaciuta per quanto era accaduto, e a quel punto...- Alejandro fece un sorriso di quelli che Heather definiva “pericolosi”, che preludevano a qualcosa di terribile -... È scattato il piano!-
Un'ombra di consapevolezza si fece strada sul volto sconvolto di Heather che, tuttavia, lasciò ad Alejandro l'onere di spiegarle per filo e per segno quello che supponeva.
-Tua madre mi ha confidato che ha sempre sperato che finissimo col fidanzarci, essendo io “Un ragazzo d'oro, come pochi se ne trovano al giorno d'oggi”.-
Heather si mise una mano sulla bocca: quelle parole non erano un'invenzione di Alejandro, erano davvero nello stile di sua madre!
La cosa però non la consolava affatto, anzi!
-Da bravo Golden Boy ho architettato una certa strategia, immediatamente apprezzata da tua madre, che cominciava con lo spedirti al centro commerciale alla ricerca di un puzzle... Beh, inesistente...-
-Immagino...- lo interruppe Heather, la voce vibrante di rabbia repressa -... Che tutto quello che è venuto dopo... Il ricatto, i pomeriggi a costruire questo maledetto puzzle... Che, tra parentesi, credo sia stato creato da te... Fosse stato calcolato, vero?-
Alejandro annuì ma non, come si aspettava Heather, sorridendo trionfante, bensì con un'espressione bonaria e -possibile?- vagamente colpevole...
Ciò non diminuiva affatto la sua irritazione per essere stata ingannata ed usata per chissà quale scopo, beninteso!
-Sono colpita, davvero. Non ti credevo così desideroso di vendicarti e così disperato da andare a chiedere aiuto a mia madre.-
Che verrà uccisa per questo, aggiunse mentalmente.
Alejandro intanto stava scuotendo lievemente il capo.
-No, chica, non desideroso di vendicarmi: desideroso di conquistarti.-
Heather doveva ammetterlo, per quanto si fosse mentalmente preparata a tutto, quello non se l'aspettava davvero!
Insomma, perfino lei si rendeva conto che innamorarsi di una persona che ti aveva rifiutato e quasi ucciso in mondovisione era troppo!
Come se avesse letto i suoi pensieri, Alejandro proseguì il discorso.
-Sì, è strano essere innamorati della propria torturatrice: qualcuno la definirebbe Sindrome di Stoccolma, ma io...- esitò un istante -... Preferisco considerarlo un sentimento genuino ed inarrestabile.-
Heather inspirò profondamente e, prima che potesse impedirlo -come se avesse potuto, poi...-, si ritrovò ad arrossire.
Stavolta il colore delle sue gote non sfuggì all'occhio attento di Alejandro: il ragazzo tornò a sorridere e le fece l'occhiolino.
-Sembra che tu sia rimasta senza parole, chica.-
Heather rimase in silenzio, rigirandosi tra le dita una tessera che ancora doveva essere assemblata al puzzle: su di essa era rappresentato il volto di Alejandro.
Il silenzio si dilatò tra i due, ma entrambi non sembravano avere fretta nell'infrangerlo.
Alejandro era rilassato dopo la sua confessione, e Heather... Beh, era molto indecisa: indecisa se spaccare la faccia o evirare quell'imbecille argentino!
Dopo qualche altro istante di silenzio completo, Heather esplose.
-Come hai osato sfruttarmi per soddisfare i tuoi... Desideri lascivi? Meschino, vigliacco, verme strisciante...-
L'elenco di ingiurie proseguì per un po', ma Alejandro non se ne diede cruccio: Heather era ancora più bella quando si arrabbiava così, e dietro quel comportamento recalcitrante ed odioso c'era sicuramente qualcosa di più.
Non sapeva come, ma qualcosa gliene dava l'assoluta certezza.
Heather aveva intanto terminato il suo rumoroso sfogo e stava già marciando verso la porta d'ingresso, quando la voce vellutata di Alejandro la bloccò.
-Ci vediamo domani alle quattro per terminare il puzzle?- la punzecchiò, ricevendo in risposta un altro paio di insulti ed un invito a gettarsi da un ponte: poi la porta si chiuse violentemente.
Alejandro sospirò, passandosi una mano tra i capelli: non era esattamente così che aveva previsto che potesse finire...
Abbassò lo sguardo sul tavolo ed il suo cuore mancò un battito: un sorriso soddisfatto gli si formò sul volto, mentre la sua mente realizzava che aveva appena trovato quel qualcosa che lo aveva rinfrancato riguardo i sentimenti di Heather...

 

 

 

Heather camminava così rapida che era giunta in breve sulla strada di casa sua.
Si fermò a riprendere fiato all'imbocco della via, sistemandosi i capelli e guardandosi attorno con circospezione.
Estrasse un foglio dalla tasca dei pantaloni e, rapidamente, lo rilesse.

 

From: chris.is.wonderful@gmail.com

To: heather.wilson@gmail.com

 

CARISSIMA Heather, la tua e-mail mi ha lasciato un po' perplesso.
Non ho mai deciso di produrre alcun puzzle di TDWT, per il semplice fatto che avreste poi preteso la vostra parte e non avevo voglia di combattere con gli avvocati di Courtney.
Devo ammettere però che è una buona idea...
Oh, a proposito dello show, avrei in mente di creare una nuova stagione, magari ambientata in Transilvania, dove...


Heather smise di leggere.
Con deliberata lentezza strappò in più pezzi il foglio, gettandolo poi in un cestino dei rifiuti lì accanto.
Sorrise tra sé e sé, incamminandosi nuovamente verso casa.
Davvero Alejandro credeva di averla gabbata con quello stratagemma del puzzle? Aveva scoperto l'inganno il giorno dopo il loro primo incontro!
Se si era finta sconvolta dalla rivelazione di Alejandro era stato solo per comprendere appieno alcuni retroscena ancora poco chiari, e poi...
Beh, poi era servito per scoprire qualcosa che le aveva fatto molto piacere.
Il ruolo di Henrietta Wilson in tutta la faccenda.
La rivelazione del coinvolgimento di sua madre era stata sconvolgente, ma perlomeno adesso avrebbe avuto una scusa per lamentarsi e renderle la vita impossibile!
Sicuramente non le aveva fatto né caldo né freddo la nuova confessione di Alejandro riguardo i suoi sentimenti.
Mentre pensava questo, la sua mano sfiorò un oggetto di piccole dimensioni riposto accuratamente nell'altra tasca dei pantaloni.
Una tessera di un puzzle, sui cui era riportato un volto affascinante, abbronzato e sorridente.
Anche Heather sorrise: forse, in fondo, quella seconda rivelazione non era stata poi così male.















Due paroline veloci, non vi annoierò, promesso!
Innanzitutto, altri doverosi ringraziamenti a ThePirateSDaughter, giudicia (?) del contest che mi ha visto vincitore, rapida e precisa con i suoi giudizi finali.
Poi, il titolo: ormai mi conoscete, dunque potete benissimo immaginare che sia ispirato da una canzone; nello specifico da "June afternoon", di Roxette.
Dulcis in fundo, una piccola curiosità.
Inizialmente questa storia doveva essere incentrata attorno alla misteriosa sparizione, ogni notte, dei pezzi del puzzle che Heather e Alejandro stavano costruendo (esattamente come Penelope che, per ingannare i Proci, disfava ogni sera la tela che stava tessendo): poi sono rinsavito, e mi sono detto "Ma davvero Heather cascherebbe in un trucchetto così stupido?".
Il risultato rivisto e corretto (secondo le osservazioni della giudicia) lo trovate qui ;)

   
 
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fumetti/Cartoni americani > A tutto reality/Total Drama / Vai alla pagina dell'autore: Il Saggio Trentstiel