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Autore: _Yzma_    12/03/2012    0 recensioni
"Erano stati una famiglia felice , avevano parlato spesso di partire tutti per l’Italia ma poi suo padre aveva avuto l’incidente e non aveva più potuto lavorare e così Sef e i suoi fratelli erano dovuti partire da soli"
L'ho scritta diverso tempo fa... è la breve storia di un ragazzo immigrato. Ringrazio in anticipo tutti quelli che leggeranno.
P.s: non siate troppo cattivi xD
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Le onde cullavano il sonno degli uomini sull’imbarcazione. Il silenzio era spezzato solo dal loro respiro e i loro volti scavati erano illuminati dalla flebile luce della luna. Era una notte limpida. Gli occhi di Sef erano fissi sul cielo stellato. I suoi fratelli dormivano: Jamila, la più piccola, aveva le guance rigate di lacrime.
Ormai erano in viaggio da due giorni. Si erano imbarcati in Libia. I loro genitori avevano risparmiato anni per permettere loro di fare quel viaggio, con la speranza di dare un futuro migliore ai propri figli. Sef ricordava bene la partenza, il pianto di sua madre e le parole del padre:"Vedrete, vi aspetta una vita migliore in Italia, vi costruirete un futuro, avrete un lavoro e una famiglia. Mouna, tu sei la maggiore, abbi cura dei tuoi fratelli". Non poteva certo sapere che cosa aspettava i figli in Italia. La voce tremante del padre risuonava nella testa di Sef, che stringeva tra le mani il medaglione di sua madre. Gli mancavano la sua famiglia, il suo villaggio e i suoi amici.
Il proprietario della barca era un uomo di mezza età, basso e piuttosto corpulento, aveva due lunghi baffi, bianchi come i capelli, i suoi occhi erano neri e intensi e ogni volta che Sef li fissava, non poteva fare a meno di perdersi nella profondità di quello sguardo ostile. Si chiamava Abdul e la sua famiglia si era stabilita in Italia ormai da molte generazioni ma aveva origini straniere.
 La barca era piccola per tutti loro: c’erano almeno trenta persone e Sef non conosceva nessuno di loro. Tutto gli sembrava così strano e confuso! Avrebbe tanto voluto piangere, tuttavia non osava farlo per paura di Abdul. Continuava a stringere tra le mani il medaglione, l’unico ricordo di sua madre. Pensava e ripensava a lei:"E se la dimenticassi? Se non ricordassi più il suo volto? I lineamenti del suo viso?" A queste domande un velo di terrore avvolgeva il suo cuore. Sua madre si chiamava Malaika: angelo, ed era davvero un angelo. Aveva lunghi capelli neri che teneva raccolti in una treccia, i suoi occhi erano luminosi, e il suo sorriso radioso. Quando Sef era piccolo gli cantava sempre una ninna nanna per farlo addormentare; nonostante fossero passati tanti lui non l’aveva ancora dimenticata. Erano stati una famiglia felice , avevano parlato spesso di partire tutti per l’Italia ma poi suo padre aveva avuto l’incidente e non aveva più potuto lavorare e così Sef e i suoi fratelli erano dovuti partire da soli.
Il sole stava sorgendo all’orizzonte e le stelle avevano lasciato spazio ad un cielo terso e limpido. Sef si ridestò dai suoi pensier sentendo la voce di sua sorella Mouna:"Non hai dormito neppure stanotte?" Il ragazzino scosse la testa:"Sta’ tranquillo, non la dimenticherai… nessuno di noi lo farà" Disse vedendo il fratello stringere il medaglione della madre. Sef accennò a un lieve sorriso, rincuorato dalle parole della sorella.                                                                   
Qualche ora dopo si svegliarono anche Amir, Jamila e Anaya, i fratelli più piccoli. Il sole era già alto e all’orizzonte ancora non si riusciva a scorgere niente che assomigliasse a un’isola: solo un’immensa distesa blu si estendeva a perdità d’occhio. Man mano che si avvicinavano alla meta, Abdul sembrava essere sempre più inquieto. Trascorsero diverse ore prima che egli finalmente annunciasse:"Ormai manca poco… preparatevi allo sbarco" Disse con durezza. Pochi minuti dopo, una vista che rallegrò tutti loro comparve: era l’isola su cui sarebbero approdati. Nonostante i duri giorni di viaggio, anche i volti più malinconici si illuminarono, travolti dall’entusiasmo di una nuova vita che si avvicinava. Improvvisamente si udì un rumore assordante di una sirena e apparve un’altra barca che veniva loro incontro. Era una barca con la fiancata rossa, sopra c’era una scritta ma Sef non conosceva quella lingua e quei segni gli apparivano come scarabocchi senza senso. All’udire della sirena gli occhi di Abdul vennero attraversati da un lampo di terrore. Tentò di abbandonare l’imbarcazione ma venne fermato da alcuni uomini in uniforme che gli legarono le mani con degli strani bracciali di ferro. Sef era sempre più confuso e ancora prima di poter capire ciò che stava accadendo, la barca che li aveva bloccati li portò, insieme ad altri immigrati, in un “centro di accoglienza”, così lo chiamavano. Lui e i suoi fratelli furono divisi e Sef fu portato in una stanza dove c’erano altri uomini che non aveva mai visto prima. Terrorizzato, si rannicchiò e pianse come non aveva mai fatto, dando sfogo alle lacrime che per giorni aveva trattenuto per timore di Abdul. Uno degli uomini lo vide e , incuriosito, gli si avvicinò:"Che ti succede piccino?" Sef rispose con un filo di voce, soffocato dai singhiozzi:"Mi hanno diviso dai miei fratelli… non li rivedrò mai più!" L’uomo sorrise, pieno di compassione:"Sta’ tranquillo, domani li rivedrai… sai, conosco una canzone che potrebbe farti stare meglio". L’uomo cominciò a cantare. Sef smise di piangere e la riconobbe subito: era la ninna nanna… quella che non sentiva ormai da anni. Chiuse gli occhi trasportato da quella melodia, le parole lo riportarono al suo viaggio… finalmente era tornato a casa… poteva distinguere chiaramente ogni cosa: il suo villaggio, i suoi amici, i suoi genitori… E per la prima volta dopo giorni chiuse gli occhi e si abbandonò ad un sonno profondo, cullato da quelle dolci note, e fu come se sua madre fosse di nuovo accanto a lui.
  
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