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Autore: ProcrastinatingPalindrome    13/03/2012    1 recensioni
America si ritrova in preda allo shock a causa dell'assassinio di Kennedy, e riceve conforto da una persona inaspettata.
Genere: Malinconico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: America/Alfred F. Jones, Russia/Ivan Braginski
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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America fissava le piastrelle nere e bianche sotto i banchi. Era un bel motivo. Una bella chiesa. Cattolica. Strano come una volta pensava che avesse importanza, Cattolico, Jack era Cattolico, avrebbe trasformato la Casa Bianca nel Vaticano. Niente di tutto ciò aveva importanza in quel momento.

Jackie era proprio una bella vedova. Era sempre bella, qualsiasi cosa avesse addosso, che fossero abiti casual o formali o per un funerale o un vestito macchiato dal sangue di suo marito – no no no, non pensarci, non ricordare.

Era difficile pensare in modo razionale, difficile concentrarsi su una sola cosa per più di un attimo. Non c’erano lacrime, non ancora. Era troppo presto per permettere al dolore di insinuarsi in lui. C’era solo lo shock, gravoso come il piombo, e sprazzi dell’orrore. Non riusciva ancora a sentire qualcosa, mentre la gente e le nazioni entravano e davano pacche alla spalla di America e gli dicevano quanto erano dispiaciuti per la sua perdita. Si domandò quanti lo erano per davvero. Forse più tardi avrebbe apprezzato tutte le persone che erano venute ad esprimere le loro condoglianze, ma per il momento niente aveva importanza. L’unico che aveva avuto davvero importanza era stato Inghilterra. Era stato uno dei primi ad arrivare una volta che la notizia si era diffusa. Per una volta non c’erano stati scherzi, niente frecciatine o battute quando si erano incontrati. Inghilterra era sembrato così terribilmente vecchio e triste, e aveva semplicemente allargato le braccia e America si era praticamente lasciato cadere addosso a lui, permettendo a quelle familiari mani di stringerlo e rassicurarlo quanto più possibile.

Era dovuto scappare, alla fine, dalla folla e dal rumore del pubblico che lo circondava alla rotonda del Campidoglio. La chiesa gli era sembrato il luogo più adatto nel quale andare. Voleva (aveva bisogno)vedere dove si sarebbe svolto il funerale. Originariamente aveva voluto solamente dare un’occhiata, ma era tutto così calmo e tranquillo (niente radio che ripetevano la brutta notizia ancora e ancora, incidendola nel suo cranio) che aveva deciso di sedersi  e rimanere per un po’.

Non fu sorpreso di sentire un rumore di passi che si avvicinavano. Qualcuno lo seguiva sempre prima o poi. Lasciò che il suo sguardo scivolasse sul pavimento per incontrare le scarpe dell’invasore. Piedi grandi. Pantaloni neri, un po’ più larghi del normale stile Americano. Sovietici, realizzò. Una volta era un gioco, Trova il Russo. Guarda il taglio dei suoi vestiti, come tiene in mano una sigaretta, come sta in piedi. America non aveva bisogno di alzare gli occhi per sapere che questo non era semplicemente un Russo.

“Non eri alla parata.” Disse Russia a mo’ di saluto.

America scosse le spalle, senza alzare gli occhi da terra. “Sono rimasto per tre ore. Sono stanco. Ho pensato di venire qui. È tranquillo. Il funerale si farà qui. Bel posto. Anche un ateo come te dovrebbe apprezzarlo.” Sbatté le palpebre un paio di volte. Si sentiva gli occhi secchi e appiccicosi. “Inghilterra ti ha detto che ero qui?”

“Per sbaglio. Sono certo che non mi voglia vicino a te.”

“Beh cavolo, nemmeno io ti voglio qui.”

Russia non rispose. Invece prese posto accanto ad America, vicino, troppo vicino, quasi abbastanza da toccarlo, da sentire il calore che emanava il corpo dell’altro. America fissò il pavimento, in un punto alla sinistra del piede di Russia che non la smetteva di muoversi.

America ricordò, un centinaio di anni fa, in un’altra vita, quando era morto Lincoln. Russia gli aveva spedito pacchi di lettere, piene di compassione ed empatia, impacciate e oneste allo stesso tempo. Le lettere erano anche piene di citazioni, alcune di Pushkin o Dostoevsky, o di vari proverbi, molti dei quali suonavano goffi tradotti da Russia. Aveva conservato ogni singola lettera, riposta in un cassetto. Dov’erano adesso? Perse da qualche parte nel suo armadio, molto probabilmente. Era lì che riponeva tutte le cose che era meglio non ricordare.

“Proverai comunque ad andare sulla Luna, da?” Chiese Russia. La sua voce era troppo sommessa, quasi un sussurro. “Come voleva il tuo capo.”

America sbuffò senza nessun divertimento. “Sapevo che avresti sperato che lasciassi perdere tutto.”

“Nyet.” Sentì Russia spostarsi un po’, il suo braccio che accarezzò lievemente il fianco di America. “Sarebbe noioso senza poter competere con te. Non è una gara se sono l’unico partecipante. Non è per niente divertente.”

“Credi che me ne importi un cazzo di quello che tu reputi divertente, in questo momento?”

“Suppongo di no.”

America rilasciò un lungo, lento respiro che cominciò come un sospiro e finì come un sibilo. “Che ci fai qui, poi?”

Russia fece un suono nella profondità della gola e aspettò a lungo prima di rispondere. “Ho pensato che non dovresti rimanere da solo in un momento come questo. Anche un mio nemico non si merita una cosa simile.”

America sbuffò debitamente. “Che diavolo ne sai tu.”

“Io capisco.” Russia mosse leggermente le spalle. America non se ne sarebbe accorto non fosse stato per il fatto che erano seduti così vicini. “Quando Stalin morì-”

Non osare.” Sbottò America. “Non osare metterli a confronto. Non mettere Jack sullo stesso piano di quel mostro.”

Per sua sorpresa, Russia rimase in silenzio, per così tanto tempo che America pensò che la conversazione fosse terminata.

“Non volevo vedere il corpo.” Continuò Russia. La sua voce era piccola, distante nel ricordo. “Ho dovuto recarmi alla dacia dove è successo, ovviamente, ma non volevo vedere il corpo. Così mi sono nascosto nel sottoscala. Erano tutti troppo occupati. Mi lasciarono solo.”

America guardò a sinistra. Poteva vedere gli alluci di Russia che si ripiegavano nelle sue scarpe.

“Tutti stavano piangendo, ricordo. Anche Molotov. Anche io. C’erano donne che distribuivano della valeriana, per calmare quelli di noi che si stavano agitando troppo. Lituania arrivò più tardi, e ricordo che mi portò la medicina, che si inginocchiò accanto a me cercando di convincermi a ingoiarla.”

Per la prima volta, America sollevò lo sguardo dal pavimento, quel tanto che bastava a vedere le mani di Russia che si stringevano e si flettevano dove le aveva appoggiate sulle cosce.

“Restò con me tutto il giorno. Non penso che mi abbia lasciato per più di un attimo dal momento del suo arrivo. Non gli aveva detto di restare. Nessuno gli aveva ordinato di fare una cosa simile. Non l’avevo nemmeno chiamato alla dacia. Sembrava così strano. Ha un sacco di ragioni per odiarmi. Non sono un folle, lo so. Ha tutte le ragioni del mondo per odiarmi. Eppure restò con me, proprio al mio fianco. Per così tanto tempo che me ne chiesi il perché.”

America deglutì contro il nodo che gli si era formato in gola. Poteva sentire, fra le tante parole, quello che Russia stava cercando di dire.

“Perché stavi piangendo?” Chiese, perché non poteva fare quell’altra domanda sospesa nell’aria, non ancora.

La voce di Russia si incrinò leggermente. “Non lo so.”

America deglutì di nuovo. Le sue corde vocali si stavano annodando, ne era sicuro. “Io non ho ancora pianto. Non credo di poterci riuscire.”

Magari era stata la sua immaginazione, ma America pensò che Russia si fosse fatto un po’ più vicino. “Non è qualcosa da affrettare. Nessuno mette in dubbio il tuo dolore.”

America forzò una risata. “Sì, ho un sacco di tempo per pensarci su, ora che Jack se n’è andato e Camelot è finita…”

La mano di Russia si spostò sul ginocchio di America, stringendolo.

“Non ero nemmeno alla parata, sai? Perché non era niente di ché. Una semplice parata. Ne ho viste milioni.” Stava parlando a vanvera ormai, le parole che fluivano incontrollate. “Non era niente di ché. Se avevo bisogno di parlare con Jack, potevo aspettare dopo, no? E…e…oh Dio, dovresti vedere Bobby adesso. No, non dovresti, perché è orribile. È a pezzi. Era suo fratello. E i bambini, ora che loro padre è morto…Non è giusto. Non è giusto.”

Russia non rispose, non gli disse che il mondo era ingiusto. Tenne la mano sul ginocchio di America e non disse niente. Era un incantesimo, e se Russia avesse detto una parola si sarebbe infranto. Fintanto che restava in silenzio, potevano far finta che il tempo non fosse passato. Niente bombe nucleari, niente razzi, niente odio e paura, niente Guerre Mondiali o Grandi Depressioni o Marx o Lenin. Magari era il 1865 invece del 1963, e Russia era seduto accanto ad America per ascoltarlo esprimere il suo dolore e di come un’opera teatrale si era trasformata in un incubo. Russia, non l’Unione Sovietica, il suo caro amico, l’unica persona di cui poteva fidarsi in quell’altra vita cento anni fa.

Più tardi, domani, in una settimana o in un mese, la lotta sarebbe ricominciata. L’incantesimo si sarebbe infranto e il mondo sarebbe andato avanti sempre allo stesso modo…ma per il momento poteva far finta. Poteva appoggiarsi lievemente contro il caldo corpo al suo fianco e lasciare che la sua mente si annebbiasse. Presto sarebbe finita, questa breve pace fra loro e il freddo shock che lo manteneva insensibile. Ma per un momento nel mezzo del caos, c’era tranquillità.
 
Note Storiche:
John F. ‘Jack’ Kennedy venne assassinato durante una parata in Texas il 22 Novembre, 1963. Questo evento ebbe un grosso impatto sul popolo Americano e venne considerato come una perdita di innocenza per gli Americani. Il suo corpo venne portato sulla rotonda del Campidoglio a Washington D.C. perché la gente potesse vederlo prima del suo funerale nella Cattedrale di St. Matthew. Venne seppellito nell’Arlington National Cemetery. In giro per il mondo, le persone espressero dolore e shock per la morte di Kennedy, da entrambe le parti della Cortina di Ferro. Dignitari stranieri da più di ottanta paesi presenziarono al suo funerale, incluso Anastas Mikoyan in rappresentanza dell’URSS. Kennedy fu il primo (e finora l’unico) presidente Cattolico. La sua religione fu motivo di controversia durante la sua campagna per diventare presidente.

Joseph Stalin morì il 5 Marzo, 1953, a causa di un infarto o di un possibile assassinio per avvelenamento. La reazione nazionale fu di grande dolore per molti (e di sollievo per molti altri), anche se la reazione di coloro che lo conoscevano personalmente fu comprensibilmente più complicata. Comunque sia, molte persone che lo conoscevano e lo temevano, inclusi uomini del Politburo che presto avrebbero cominciato la lotta per il potere, piansero sul suo letto di morte. Uno arriva a chiedersi se qualcuno stava piangendo più per sollievo che per dolore. La valeriana è un sedativo, e un’infermiera nella dacia di Stalin la stava distribuendo fra gli uomini che stavano divenendo isterici.

Il gioco ‘Trova il Russo’ sopra menzionato era una cosa successa durante la visita di Khrushchev negli Stati Uniti nel 1959. Khrushchev portò con sé un gran entourage, e gli Americani cominciarono ad interessarsi alle piccole differenze nei modi e nei vestiti ecc. fra Russi e Americani.
 
  
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