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Autore: Human_    15/03/2012    2 recensioni
«Santo Zeus, però, Jim! Non è che puoi collassare così ad ogni mia manifestazione d'affetto» sbuffò Sophie, e si sdraiò accanto a lui, incrociando le braccia al petto.
Lui riaprì gli occhi di colpo e la fissò perplesso qualche istante, poi scoppiò a ridere. «Sono un animo sensibile».
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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You are my entity, here for infinity.

«Bella, eh?».
Sophie si sedette sull'erba, fissando la luna che quella sera sembrava il sorriso dello Stregatto, e sorrise, in quel suo modo che la rendeva ancora più francese, perché Sophie quando sorrideva diventava incredibilmente somigliante ad una Madeleine, quelle di Commercy, con la bocca tesa nel più dolce dei sorrisi, lasciando intravedere i denti bianchi, e il naso un po' arricciato, ma solo un po'.
Jim la guardò e si chiese come fosse possibile che Sophie lo trovasse sempre, anche (soprattutto?) quando non ci riusciva neanche lui. «Soph» sospirò, e nessuno dei due capì bene se quello fosse un saluto, una supplica o un rimprovero.
Sophie si voltò e lo guardò negli occhi, con i suoi che la luce della luna l'avevano catturata tutta, e che erano verde smeraldo anche di notte. «Jim, tu di cognome non fai Morrison, lo sai, vero?».
Lui corrugò la fronte, ma sorrise. Lei aveva lo straordinario talento di saper fare le domande più assurde e contemporaneamente più azzeccate nei momenti più opportuni. «Direi di sì. Sono venticinque anni che firmo documenti».
Sophie annuì, come rassicurata. «Jim Morrison se ne stava spesso sul tetto di casa sua a Venice, e te lo posso assicurare io che la maggior parte delle volte era per guardare le stelle. Tu non sei mai stato tipo da stelle, e mi stavo assicurando che la tua non fosse una crisi d'identità».
Rise e la guardò come il più bello dei fiori di ciliegio. «Com'è che mi fai star meglio senza neanche provarci?».
Gli sorrise, assumendo un'aria piuttosto cospiratrice. «E chi ti dice che il mio non sia tutto un piano?».
«Perché tu sei troppo candida, Soph, per fare piani. Tu di piani non ne hai, neanche per la vita, e sei bella per questo, e nonostante questo. Io senza un piano di base crollo come un castello di carte troppo alto, mentre tu scintilli, perché il tuo corpo brilla in un modo che a seconda di come ti colpisce la luce sembra che s'irradino scintille dalla tua pelle, capisci? Tutto quello che fai lo fai perché vuoi farlo, o perché ti vien naturale. Non è che sei una fata, Sophie?».
Il grecale le scompigliò i capelli color miele, facendoli finire tutti davanti al suo viso, nascondendolo, e lei si voltò verso la luna. «Non sono una fata, Jim. Sono la più umana delle creature. È che sono un po' empatica, questo sì, ma solo con te». Si voltò e gli sorrise, e lo trovò che la guardava con la bocca socchiusa.
«Soph, me lo spieghi com'è che ti ho perso?».
Lei sgranò gli occhi, quegli occhi verdi che brillavano come una starlight, e gli s'avvicinò di colpo, inginocchiandosi davanti a lui, con le cosce contro le sue tibie, e fissandolo dritto nelle pupille che quasi non si distinguevano dal petrolio dell'iride disse: «Non mi hai persa, Jim. Tu hai avuto tutto il mio cuore, per un po', e anche se adesso può sembrare che siamo qualcosa di meno, siamo sempre io e te, in fondo».
Lui le sorrise, e sollevò la mano destra, piano, lentamente, e con le sue dita da chitarrista le sfiorò piano lo zigomo sinistro, scese sulla guancia e lì si fermò. «Tu sei sempre la mia stella?».
Sophie gli sorrise, e posò le mani sulle ginocchia di Jim, e bisbigliò, come se fosse un segreto: «Jim, ma tu non lo sai che quando nasci t'affibbiano una stella e quella è tua finché non crepi?».
Lui si sporse in avanti e le baciò il suo naso, anche quello alla francese, e si chiese com'è che i suoi genitori ebbero quell'istinto di chiamarla Sophie anche se lei era americana fin dentro il midollo. Com'è che se l'erano sentiti, che lei nel sangue aveva Montparnasse?
«Ascoltami, Jim, perché è importante» disse, con sguardo serio. «Tutte queste cose che la gente chiama problemi, non ci separeranno, e vuoi sapere perché? Perché io e te, te l'ho già detto, siamo un mondo a parte. Posso invaderci, ma saremo sempre insieme, e non dico che dev'essere una cosa romantica, perché siamo insieme solo come amici, ci sei? E quando questa fottuta guerra avrà preso la sua parte, e anche quando il mondo c'avrà fatto capire a che razza di gioco sta giocando, ci metteremo lì, insieme, a rammendare i nostri cuori come Sally faceva con le sue braccia».
E gli sorrise. Come sempre, come solo lei sapeva fare.
E gli carezzò una guancia. Con la mano destra, accarezzandolo piano, in quel modo che gli ricordava le carezze della buonanotte di sua madre.
E gli sistemò i ricci. Con la mano sinistra, come faceva da quando avevano cinque anni, perché Sophie dei ricci di Jim era innamorata.
«Soph» sospirò, Jim, e chiuse gli occhi, stanco, perché a lui i dialoghi, anche se degli altri, costavano un sacco di fatica, perché sentiva che il suo cuore tanto calore non lo poteva sopportare.
«Santo Zeus, però, Jim! Non è che puoi collassare così ad ogni mia manifestazione d'affetto» sbuffò Sophie, e si sdraiò accanto a lui, incrociando le braccia al petto.
Lui riaprì gli occhi di colpo e la fissò perplesso qualche istante, poi scoppiò a ridere. «Sono un animo sensibile».
«Non giustificarti perché non ci riuscirai mai».
E risero, tornando a guardare le stelle.
«Quella è Cassiopea. La vedi? Quella lì».
Jim si sdraiò, seguì il dito di Sophie, la vide. «E allora?».
«Secondo la mitologia, era una splendida e vanitosa regina d'Etiopia, moglie del re Cefeo e madre di Andromeda. Sosteneva che la figlia fosse addirittura più bella delle nereidi, che sono divinità marine, e così facendo scatenò l'ira di Poseidone, che mandò un serpente mostruoso a devastare l'Etiopia, divorandone gli abitanti. Consultarono l'oracolo, e questo rivelò che l'unico modo per allontanare il mostro era sacrificare Andromeda, e Cefeo si vide costretto ad accettare» raccontò.
«Che storia triste. Quindi Andromeda è morta per la vanità della madre?» chiese, seriamente dispiaciuto.
«Nessuno ha detto che sia morta». Il sorriso sul viso di Sophie lo stregò per qualche istante, prima che potesse realizzare cosa avesse detto.
«Ma, hai detto che...».
«Ho detto che Cefeo accettò di sacrificare la figlia, non che Andromeda morì. Fu salvata da Perseo, che la vide, nuda e bellissima, incatenata ad uno scoglio, in attesa che il mostro marino la divorasse, e si offrì di liberarla e di cacciare il mostro marino mandato da Poseidone a patto che Cassiopea e Cefeo gli permettessero di sposarla».
Jim la guardò e corrugò la fronte. «Io una costellazione a Cassiopea non l'avrei dedicata» decretò.
Sophie sbuffò. «Vedi come sei? Sei come i cavalli, vedi le cose in una direzione sola. Non sarebbe stata tutta colpa di Cassiopea, anche se la figlia fosse morta. Sono le Nereidi che son state permalose, e Poseidone le ha assecondate. Però pensa che bello. A me piace un sacco questa storia».
Lo guardò, e si trovò davanti ancora la sua fronte corrugata. La accarezzò con le dita, finché non la stese. «Succedono cose brutte, nella vita, alcune per colpa nostra ed altre per colpa degli altri, magari alcune addirittura che non son colpa di nessuno, e uno crede di morire, che sia inteso in senso metaforico o meno, però poi arriva il Perseo di turno. L'amore, un amico, la mamma, un cane, la vita, la nera signora, quel che ti pare. Però alla fine ci salvano sempre».
Jim la guardò e pensò che lei era davvero la sua stella, e che gli era andata di culo perché era sicuramente la più bella di tutte. Voleva rispondere, e ci provò, ma le parole gli s'incastrarono proprio vicino all'epiglottide, e si tuffarono dall'altra parte, facendolo quasi boccheggiare, e Jim si sbilanciò in avanti, a cercar ossigeno sulle labbra di Sophie, che sapevano di ciliegia.
Sophie s'irrigidì, e fu tentata di spingerlo via e dirgli “Ma che cazzo fai, Jim?”, ma la disperazione, quasi, l'impeto con cui Jim la strinse, portando i palmi aperti sulle sue scapole che sporgevano come ali la convinse a non farlo, a chiuder gli occhi e muover le labbra, piano, su quelle di Jim che sapevano tanto di menta, e che le erano sempre piaciute tantissimo.
«Jim» disse, con fermezza, staccandosi. «La prima volta non ha funzionato. Lo sai che i nostri ingranaggi funzionano solo se alle nostre labbra impediamo di toccarsi».
Sophie lo guardò negli occhi, e poi gli fissò le labbra che erano carnose e avvolgevano le sue come la coperta che si metteva sulle spalle quando a gennaio le veniva in mente di andare a vedere l'alba in terrazzo, e pensò che forse bastava mettere un po' d'olio sugli ingranaggi, perché a lei le labbra di Jim, e i baci di Jim, e le carezze di Jim, e Jim, piacevano proprio un sacco, e proprio non lo capiva perché –perché?– dovesse farne a meno.
E Jim le sorrise, furbo, come quella volta che a sette anni avevano avuto l'idea di andare a rubare la Nutella che le suore tenevano nascosta in cucina propinando loro sempre la solita fetta di pane e un mandarino.
«Sai cosa, Soph? Fanculo agli ingranaggi».
E si tuffò a baciarla di nuovo, ma Sophie ritrovò la forza di volontà che l'aveva abbandonata, e glielo impedì.
«Jim, io ti ho detto che sarei stata con te per sempre, anche quando i nostri corpi saranno cibo per lombrichi, che sarei stata sempre tua amica, Jim. Amica. Non possiamo essere di più».
Lui la guardò e sorrise, perché a Jim sostanzialmente di quello che gli dicevano non gliene importava mai un cazzo. Le accarezzò una guancia, piano, e con le labbra sfiorò i suoi zigomi, proseguendo sul naso, e poi sulle gote che si stavano imporporando.
«Non possiamo» bisbigliò lei, di nuovo, ma la voce era meno ferma, ché la forza di volontà la stava abbandonando di nuovo. Ma le stava così tanto sulle palle?
«Sophie, piantala. Lo sai anche tu che questa non è amicizia», e le baciò l'angolo della bocca.
«Sì che lo è. Non puoi baciarmi, Jim», ma non si mosse, perché il corpo non ne voleva sapere, ché se lei il bacio non lo voleva poteva anche far finta di essere nella sua baita ad Oslo, ma la sua pelle era lì, che voleva stare.
«No, Soph. Siamo sempre l'uno tra le braccia dell'altro, anche non fisicamente, e tu sei quello di cui io ho bisogno, e io sono quello di cui tu hai bisogno», e fece scendere le mani, che non erano più sulle sue scapole, ma sui suoi fianchi.
E lei avrebbe tanto voluto dirgli di andarsene amorevolmente affanculo, perché lei aveva bisogno solo di ossigeno e dell'idrogeno, eventualmente, che se si mettevano insieme formavano l'acqua, e invece s'avvicinò fino a far scontrare di nuovo le loro labbra, beandosi del sapore mentolato, e si complimentò con sé stessa per la coerenza.
Jim sorrise sulle sue labbra, e la strinse, e avrebbe voluto tanto dirle che l'ossigeno più buono da respirare era quello che entrava a contatto con la sua pelle bianca.
«Soph, un giorno ti porterò a vedere il tramonto su Monroeville» le promise, staccandosi e tornando a guardare le stelle, con la guancia di Sophie a contatto con la stoffa della camicia a quadri, all'altezza del petto. «E poi ti riempirò di regali, lo giuro».
Lei guardò la luna, e sospirò. «No, Jim, per favore, non regalarmi niente. Donami solo un respiro, che tu respiri con la bocca, e l'anidride carbonica che liberi sa di menta e ciliegia insieme».








Ehm... ciao.
Questa shot mi fa schifo, lo dico per dovere di cronaca, ma quella santissima fanciulla di ignorance mi ha convinta a pubblicarla, quindi in caso stiate cercando di trattenere i conati di vomito o siate alla disperata ricerca di un po' d'insulina... ecco, sappiate che è tutta colpa sua.

Giusto perché non voglio dilungarmi troppo – seh, ci crede qualcuno? – ci tengo a precisare un paio di cosette.
Un: le madeleine sono dei dolci tipicamente francesi (buonissimi, tra le altre cose) che somigliano molto ai plum cake, ma sanno un po' più di burro e limone e, per inciso, hanno pure una deliziosa forma a conchiglia.
Deux: rinnovo l'invito a cercarmi un po' ovunque, con i link che ho lasciato nella mia... cos'è, una presentazione? Insomma, andate nella mia pagina autore (?) e troverete qualsiasi cosa. Facebook, Formspring, Tumblr, Blogspot, e chi più ne ha più ne metta. Persino una canzoncina.
Trois: niente, in realtà l'unica cosa che volevo dire era quella delle madeleine, ma mi piace contare fino a tre in francese, quindi niente, se ne avete voglia lasciatemi un parere, che le opinioni altrui sono sempre gradite dalla sottoscritta.

Okay, basta, niente, la messa è finita, andate in pace.
Un abbraccio grandissimerrimo,
Human_ (che per la ventordicesima volta è a letto con l'influenza, perché ha degli anticorpi molto simpatici)
   
 
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