“Chiara muoviti che facciamo tardi come al nostro solito, dai che Ele ci aspetta” grida Alessandra dalla porta d’ingresso.
“Sì Ale arrivo, devo solo prendere la borsa” grido io.
Beh, tecnicamente non è assolutamente vero che sono pronta, ma come al solito io e la mia gemella Alessia riusciamo sempre a far aspettare la nostra amica Elena.
Stasera abbiamo deciso di cenare in un piccolo pub per passare un venerdì sera diverso.
L’incontro era previsto per le nove, ma come al solito dopo venti minuti dovevamo ancora uscire di casa.
“Eccovi qui finalmente! E’ un miracolo se il tavolo che abbiamo prenotato è ancora libero. Forza, non perdiamo altro tempo”.
Questa è l’accoglienza che ci riserva Ele, la tipica ragazza bella e magra che a volte uccideresti e della quale a volte non potresti fare a meno.
Ma in realtà la mia migliore amica è la mia gemella, lei che mi capisce con un semplice sguardo, con la quale posso parlare liberamente, senza paura che sia gelosa della mia felicità.
Entriamo nel pub e, una volta indicatoci il nostro tavolo, decido di andare al bancone per ordinare da bere per tutte e tre.
Mentre aspetto che un barista troppo indaffarato con un gruppo di ragazze mi consideri, decido di girarmi intorno per osservare un po’ l’ambiente. Mi accorgo che accanto a me c’è un ragazzo carino.
Mi sta osservando con uno sguardo triste, mentre si scola uno dei cinque bicchierini che ha davanti.
Decido di fare l’indifferente finché lui mi si avvicina. “Ciao, come stai?”, mi dice.
Rimango spiazzata dalla domanda, e mi chiedo cosa voglia un ragazzo così bello da una come me.
Attraente, abbastanza alto, con gli occhi verdi e i capelli neri. 
Fisicamente non è per niente messo male, anzi, dalla camicia che indossa e che gli stringe un po’ le braccia si può facilmente intuire che è un assiduo frequentatore della palestra.
Rimango lì in silenzio in evidente imbarazzo, mentre lui aspetta una risposta.
Alla fine decido di rispondergli.
“Ehi, ehm, ciao. Io sto bene, tu?”.
"Come sto? Non lo so. Sto come non vorrei stare. Sto normale." dice.
"Normale?" gli chiedo io, non capendo come si possa stare normale.
"Sì, normale. Normale senza il nor" mi risponde.
“Non per essere noiosa, ma credo che tu abbia bevuto un po’ troppo“ continuo, cercando disperatamente l’attenzione sia del barista sia delle mie amiche.
Tentativo che risulta vano.
“Oggi ho fatto una brutta scoperta. Ho una brutta malattia e probabilmente mi rimane poco da vivere”.
“O mio dio scusami, non potevo immaginare. Scusa se te lo chiedo, ma perché mi stai dicendo queste cose se neanche ci conosciamo?” gli chiedo io.
“Sinceramente non lo so, ma appena ti ho vista ho sentito che di te potevo fidarmi e mi è uscito tutto di bocca. Perdonami, ti sto rovinando la serata. Meglio che me ne vada. Tu torna a divertirti. Prima però mi dici almeno come ti chiami?”.
“Mi chiamo Chiara, e tu?”.
“Sono Daniel”.
Detto questo appoggia i soldi sul balcone e chiama il barista. “Ehi, questi sono per le mie bevute e per le tre che prenderà questa ragazza, tieni pure il resto”.
Detto ciò si volta e non aspetta nemmeno che lo ringrazi per aver pagato.
Il barista finalmente mi considera, e mentre torno al tavolo continuo a pensare a quello strano ragazzo dal nome alquanto bizzarro, e per quanto sono sovrappensiero non rispondo nemmeno alla quantità enorme di domande che mi stanno facendo le mie amiche.