“Neal… Neal, ti prego…” La voce era roca, il fiato corto, gli occhi socchiusi e, nonostante il suo volere, le braccia offrivano ben poca difesa contro l’assalto del più giovane. “Sì, Peter?” Il ragazzo si divertiva a stuzzicarlo, giocare con la sua cravatta, lasciare che il proprio respiro carezzasse lievemente la faccia dell’altro, le loro labbra così vicine che il minimo spostamento le avrebbe fatte toccare, ma mai spingendosi oltre. “Non…” S’interruppe, incapace di continuare a parlare; indietreggiò. Il freddo della parete contro la sua schiena lo gelò ancora di più. Sapeva come tenerlo a bada quando era importante, lo sapeva. Il fatto di non riuscirci significava solo una cosa: non voleva. Una parte di lui, una parte molto forte, non voleva. Era una consapevolezza scioccante. “Allora?” Gli leggeva negli occhi il diletto in tutto quello che faceva, la gioia infantile nel vederlo in difficoltà. “Peter?” Sorrideva, un sorriso strano… malizioso, ma non solo. Si stava divertendo molto, ‘sarà un passatempo innocente’ doveva essere stato il suo pensiero. “Solo questo?” Non poté evitare di chiedersi e chiedere, triste. “Cosa?” Il giovane lo guardò senza capire, confuso; quello non era un sentimento messo in conto nei suoi piani, era evidente. “Niente. Basta, Neal, smettila.” Posò le mani sulle sue spalle e lo allontanò deciso, prima di andarsene lasciandolo lì; non avrebbe retto oltre quel gioco incomprensibile – o forse, aveva capito fin troppo.