THEIR BEGINNING
“GRIFONDORO!” tuonò il vecchio e logoro Cappello Parlante scompigliando appena una folta chioma corvina.
Ma bene! E bravo, maledetto
cencio! Ora glielo spieghi tu a mia madre, dove mi hai spedito, eh? Che cavolo
di scusa le racconto? Grifondoro… era meglio Tassorosso, a questo punto.
Cacchio!
Il
piccolo Sirius, con un’agile mossa, saltò giù dall’alto sgabello riservando
un’occhiata truce alla ‘berretta pulciosa’ alle sue spalle mentre l’intero
tavolo dei Grifondoro esplodeva in grida festose e accoglienti schiamazzi.
Senza preoccuparsi di nascondere troppo il proprio malcontento allargò le
labbra in un forzato sorriso stonato che risultò più che altro una smorfia di
disgusto. Disgusto e malcontento… O non era forse che le sue preoccupazioni
erano rivolte a ciò che avrebbe detto tutta la sua famiglia della casa cui era
stato assegnato?
Come
se gliene importasse veramente qualcosa, a lui, di tutta quelle assurde case e
quelle assurde regole…
“SERPEVERDE!”
decretò questa volta il vecchio cappello e, quando la Mc Granitt lo sollevò
dalla fortunata testa, Sirius scoprì che si trattava di quella bionda e lucente
della cugina Narcissa. L’antipatica, viziata, snob e fastidiosa cugina Narcissa
Black… Che però ora era a Serpeverde e non si sarebbe dovuta subire il fiume di
rimproveri, le grida di delusione e l’ennesimo rinnegamento da parte della sua
simpatica madre…
Sbuffò
doppiamente infastidito, Cacchio, cacchio, cacchio!, e appoggiò mollemente il volto contratto in una
smorfia sul duro legno del tavolo. Così, oltre ai rimproveri per essere
diventato ‘uno di quei dannati babbanofili Grifondoro’ sarebbe stato anche
comparato a quella stramaledetta cugina e si sarebbe dovuto sorbire l’ennesimo
rimprovero per essere un figlio degenere.
Già
lo sguardo accusatore ma terribilmente divertito di Bellatrix, una Serpeverde
DOC del quinto anno, ennesima cugina osannata dall’intera famiglia, si era
posato inesorabile su di lui. Il primo d’una lunga serie di sguardi indignati e
colmi di rimprovero.
Quando
l’unica cosa che l’undicenne Sirius Black voleva era essere lasciato in pace, a
ridere, divertirsi e congetturare macchinate e tiri divertenti. ‘Ai Babbani, ai
Babbani! E ai mezzosangue!’ suggeriva tutta la famiglia, ma per lui purosangue,
mezzosangue, babbani e maghi erano tutti ugualmente un ottimo bersaglio. Non
gliene importava assolutamente nulla, la cosa fondamentale era giocare e ridere
di chiunque. O con chiunque, se solo fosse riuscito a trovare un amico…
Perché
non era facile, al contrario di quanto si possa realmente pensare. Perché se da
una parte il suo cognome e la sua famiglia attiravano certi maghi e streghe
come il miele attira le api, dall’altro ne allontanavano molti altri. E la cosa
drammatica era che di tutti i ragazzini che lo avevano sempre circondato,
nemmeno uno era mai minimamente risultato simpatico a Sirius. E quelli che
trovava più allettanti gli era stato proibito di vederli. Come se fosse il tipo
da rispettare le regole, lui! Ma se anche se ne infischiava dei divieti della
sua famiglia c’era sempre quel piccolo particolare per cui lui era un Black e certi altri bambini, invece, le
regole imposte dalla famiglia le rispettavano eccome…
E’ sempre una dannata fatica
essere la pecora nera della famiglia…
Improvvisamente
si ricordò di Andromeda. Quella sì, che era una cugina che valeva!!! Ma non la
vedeva da almeno un anno, da quando si era intrufolato di nascosto al suo
matrimonio –‘Con un nato Babbano! È la nostra vergogna più grande quella
piccola intrigante! Sarà cancellata dalla stirpe!’ aveva detto sua madre,
indignata.- per salutarla e non si era mai divertito tanto. Decisamente la sua
cugina preferita, la pecora nera della famiglia e lui ora ne era il suo degno
erede. Anche lei era finita a Grifondoro, ora lo ricordava. Rincuorato sollevò
il capo, ancora incollato al tavolo scuro e levigato, sospirando: forse non era
così male come gli avevano sempre detto essere un Grifondoro.
Osservò
l’ennesimo ragazzino smistato balzare giù dallo sgabello mentre il tavolo tutto
attorno a lui scoppiava di nuovo in boati di gioia e accoglienti applausi. Così
quel sorcetto magro, occhialuto e dai capelli scarmigliati che si sedeva di
fronte a lui in quel momento era un suo compagno di casa.
Questo però, già lo odio!, fu il suo primo pensiero vedendolo come si
atteggiava tra tutti i nuovi arrivati. Ci avrebbe pensato lui a rimetterlo in
riga con qualcuno dei suoi simpatici scherzetti… qualche fuoco d’artificio al
momento giusto, un paio di Caccabombe e magari un volo ben guidato mentre
attraversava la sala gremita di gente lo avrebbero rimesso in riga. Dopotutto
non aveva proprio nulla in più di lui di cui vantarsi, era un primo anno come lui e anzi, si portava appresso quell’aria da
sfigato idrocefalo che proprio gli dava i nervi. Tutto quell’atteggiarsi gli
ricordò sua madre, cui mancava poco per pensare che il mondo girasse unicamente
per far vivere lei.
Dunque,
lo avrebbe sistemato… Non era male come primo giorno, aveva già una vittima
designata.
“GRIFONDORO!”
Quando
il Cappello decretò all’istante la sua casa, il piccolo James Potter balzò
dallo sgabello esibendo ai nuovi compagni di casa un grosso segno di vittoria,
il sorriso che correva largo da un orecchio all’altro. In nessun’altra casa
avrebbe voluto essere, nonostante nulla avesse contro i Tassorosso e i
Corvonero – i Serpeverde non gli erano mai stati simpatici ma certo, avrebbe
potuto lavorare con calma su questa questione fintanto che quelli si fossero
comportati bene. Grifondoro, erano anni che non faceva che sperare di essere
assegnato a quella casa, come suo padre e come sua madre.
Ed
ora era un Grifondoro e gli sembrava che tutto il mondo fosse addirittura più
bello. A grandi falcate felici raggiunse il tavolo stringendo la mano a tutti i
nuovi compagni di casa che gli capitavano a tiro e scambiando qualche allegro
cinque.
“Ciao
ragazzi, sono James Potter! E sono un Grifondoro!” fece al colmo della gioia,
parlando più a sé stesso che agli altri.
Con
un gesto veloce si risistemò gli occhiali tondi sul naso, senza mai accennare a
diminuire quel sorriso quasi sfacciato che gli illuminava il visetto vispo. Si
sedette agilmente sulla grossa panca scuotendo le mani dei due vicini di posto,
da un lato uno studente più anziano e dall’altro una bimbetta dall’aria
incredula e spaurita, gli occhioni verdi che saettavano incantati da un lato
all’altro della grossa sala gremita che spuntavano da sotto due pesanti ciuffi
rossi di frangia.
“Mi
stai per staccare un braccio!” le fece quella, e James allentò la presa
lasciando che anche il sorriso sul suo volto si afflosciasse.
Sbuffò
contrariato “Quasi non mi hai ancora parlato e già posso dire che sei uno
strazio…” decretò senza lasciarle il tempo di rispondere voltandosi per
adocchiare e conoscere altri compagni. Aveva sentito tanti bei racconti di
vecchie amicizie e di tante avventure ad Hogwarts da genitori e parenti ed era
tutto intenzionato a non lasciarsi scappare la minima occasione per conoscere
tanta gente, farsi un mucchio di amici e soprattutto… divertirsi! Sperando che
non fossero tutti permalosi e indisponenti come quella tizia dai capelli rossi.
Rivolse
uno sguardo speranzoso al ragazzino seduto di fronte a lui, aveva capelli neri
ed occhi svegli e furbi dello stesso colore. Istintivamente suscitò gran
simpatia in lui, gli rivolse l’ennesimo sorrisone pronto a presentarsi ma
quello non mutò la propria espressione accusatoria con cui lo stava fissando e
per la seconda volta il sorriso entusiasta di James sfociò in uno perplesso.
Rivolse altrove il proprio sguardo, determinato a non lasciarsi abbattere, due
mele marce non fanno un raccolto gramo, ma quando adocchiò, poco più in là,
solo un tizio che pareva starsene particolarmente sulle sue, lo sguardo chino e
due grosse occhiaie che spiccavano sulla carnagione pallida, e un bimbetto
cicciotto e dall’aria particolarmente tonta, James si sentì venir meno. Non era
proprio l’inizio trionfale e all’insegna dell’avventura che per tanto tempo
aveva sognato.
“Grifondoro,
seguitemi! Da questa parte! Vi mostrerò la strada per la nostra Torre, non
dimenticatela…” una giovane Prefetto, doveva essere stata al quinto anno, li
stava conducendo su per quelle grosse scale di marmo. Sirius dovette
aggrapparsi forte al corrimano per non cadere, quando una di quelle rampe mutò
improvvisamente la propria direzione volteggiando veloce sopra i diversi metri
di nulla che separava la loro posizione dal primo strato di pavimento.
“Uao!
E’ incredibile! Tutto questo è… troppo fico!”
Lo
stesso occhialuto ragazzino detestabile che si era ritrovato di fronte a cena
era qualche scalino sopra di lui e si sporgeva pericolosamente dalla balaustra,
colmo di ammirazione. Non riusciva proprio a capire come potesse entusiasmarlo
tanto una seccatura del genere… Bè, tutto sommato non erano poi così negative…
tutto quel cambiare stava rallentando il loro ingresso in Sala Comune e più
tardi sarebbe arrivato in quel posto, più tardi avrebbe dovuto scrivere alla
sua famiglia e più tardi sarebbe arrivata una strillettera a denigrarlo e
ricordagli il figlio desolante che era. All’idea, e all’ennesima oscillazione
delle scale, sentì lo stomaco contorcersi e un tremendo senso di nausea
salirgli alla testa.
E
così fu… Scrisse una breve lettera alla madre, una volta arrivato in Sala
Comune e appostatosi in un angolo appartato, in cui diceva che proprio non si
spiegava come fosse finito laggiù e che si scusava e gli dispiaceva da morire e
tutta un’altra infinità di cavolate e si beccò, nemmeno un paio d’ore dopo, una
strillettera rabbiosa che gremì l’aria calda della stanza degli strilli acuti
ed isterici di sua madre. Grida che lo rimproveravano di essere una vergogna,
di non valere abbastanza e tutte le solite cose che da qualche anno ormai era
abituato a sentire. Fortunatamente la stanza circolare era ormai praticamente
deserta…
Sospirando
per quello che la sua famiglia considerava l’ennesimo fallimento si avviò verso
la camera che gli era stata assegnata…
Quando
vi entrò non si stupì di trovarvi il ragazzino con gli occhiali che tanto già
detestava chiacchierare allegramente con altri due coetanei sconosciuti: uno
dall’espressione tonta e il volto particolarmente tondo e l’altro con un’aria
tremendamente stanca e malaticcia ma un bel sorriso contento.
Li
fissò uno per uno, senza fiatare, finché tutti e tre si accorsero del suo
ingresso silenzioso e tacquero. Il morettino alzò svogliatamente una mano, era
stanco di quella giornata lunga e terribilmente storta e quello che meno voleva
ora era mettersi a chiacchierare delle prime impressioni e delle aspettative
per il giorno seguente. Per dirla tutta aveva un gran sonno. Rapidamente puntò
verso l’unico letto rimasto libero, quello con innanzi il suo baule e tutte le
sue cose.
“Io
sono Sirius e se avete bisogno di me non ci sono perché vado a dormire. Cia’…”
e sfilatosi i vestiti alla velocità della luce si fiondò sotto le coperte
tirando le spesse tende attorno al letto a baldacchino.
Magari
se avesse dormito si sarebbe svegliato l’indomani scoprendo che era tutto un
incubo, che la partenza per Hogwarts sarebbe stata quel giorno e il berretto
pulcioso lo avrebbe assegnato a Serpeverde facendo in modo che potesse
trascorrere i suoi successivi sette anni di scuola senza dover essere
continuamente stressato e denigrato dalla famiglia intera.
Forse…
James
rispose con un’alzata di spalle allo sguardo interrogativo dei due compagni di
stanza. Sembrava così scorbutico, quel ragazzino! Eppure era sicuro di aver
letto nei suoi occhi neri la descrizione del compagno di giochi ideale…
Un
po’ deluso, si disse che magari era solo molto stanco, avrebbe avuto tutto il
giorno seguente per fare la sua conoscenza, la colazione, il pranzo, le pause,
la sera tutta e naturalmente anche le lezioni…
Intanto
aveva avuto modo di conoscere gli altri suoi due compagni e si era dovuto
ricredere sulla prima impressione che quei due gli avevano fatto a cena. Il
piccoletto, quello cicciotello, si chiamava Peter ed era nella sua goffezza
molto, molto divertente; l’altro invece, Remus aveva detto di chiamarsi, era
gentile e disponibile, il classico amico fidato che sarebbe riuscito a levarlo
dai guai qualora vi ci si fosse cacciato. E di lui, già lo prevedeva, avrebbe
avuto un gran bisogno a questo proposito.
Però
nessuno di loro rispondeva totalmente ai requisiti del compagno ideale…
Caratteristiche che James aveva creduto di scorgere tutte –questione di pelle-
in un guizzo argentino degli occhi neri di… come aveva detto di chiamarsi?
Sirius! Bene, il giorno seguente lo avrebbe pedinato come una guardia del
corpo… Era così sicuro, ormai…
Augurando
la buonanotte ai due compagni ancora svegli, il piccolo James si svestì e si
infilò il pigiama da notte sgattaiolando sotto le coperte.
Era
ad Hogwarts, finalmente, ed era un Grifondoro! Chissà quante belle cose lo
avrebbero atteso in tutti i giorni e gli anni seguenti…Si addormentò con un
vispo e beato sorriso sulle labbra.
Quando
la mattina seguente si svegliò, Sirius trovò tutto esattamente come era rimasto
la sera prima… il letto a baldacchino, la camera con quei tre ragazzini ancora
profondamente addormentati, tutta la sua roba e… un grosso stendardo di
Grifondoro che sovrastava la pesante e lavorata porta d’ingresso. Stancamente
si alzò dal letto e si preparò velocemente scendendo nella Sala Grande che
ancora era deserta. Fatta eccezione per una maestosa figura seduta in penombra
al tavolo dei professori. Mosso qualche passo Sirius la mise a fuoco, si
trattava niente meno che di Silente, l’anziano preside. Questo stava scartando
una Cioccorana, compiacendosi per la figurina magica che vi aveva trovato. Quando
vide Sirius fissarlo perplesso dall’ingresso –Quando mai i Presidi fanno
collezione di Figurine di Cioccorane?- lo
invitò con un gesto della mano e un gran sorriso disteso ad avvicinarsi al
tavolo e prendere posto su una della tante poltrone vuote.
Silenziosamente
e alquanto titubante, Sirius avanzò verso il maestoso tavolo, sedendosi con un
saltello di fianco a Silente. “’Giorno…” disse fissandolo.
“Buongiorno
a te, Sirius Black… Stavo ammirando la figurina nuova che da qualche settimana
circola tra quelle solite delle Cioccorane, questa raffigura me! La cosa mi fa
immensamente piacere ma trovo che quest’ombreggiatura metta eccessivamente in
risalto il mio naso bitorzoluto…” e nello spiegare ciò porse la piccola
figurina animata al ragazzo.
Sirius
la prese tra le mani osservandola molto attentamente, quindi rivolse uno
sguardo indagatore al ‘pomposo’ profilo del preside. “Già!” commentò con una
risatina divertita. Il preside alzò le spalle sorridendo tranquillo.
“Allora,
che ne pensi di Hogwarts?” domandò unendo le mani sotto il mento, aldilà della
folta e lunga barba bianca, e fissandolo da dietro un paio di occhialetti a
mezza luna.
Sirius
alzò le spalle “Bè… uno schifo! Io dovevo essere assegnato a Serpeverde! Non è
che quello straccio sta iniziando a dare i numeri? Dopo tutto ha un sacco di
anni e tutto il resto…” fece risoluto, senza alcuna vergogna.
Silente
lo fissò senza mutare il proprio sorriso che la diceva lunga, come se si
aspettasse quelle parole dalla sera precedente, dall’assegnazione delle case “Non
credo, sai? Semmai in tutti questi anni ha acquistato sempre maggiore saggezza
e confido ciecamente nelle sue scelte.”
Seguirono
alcuni attimi di silenzio, Sirius sbuffò sollevando per aria la frangia che
cadeva leggera sulla fronte, sostenendo lo sguardo sicuro e tranquillo del
preside. A quanto parve il preside non aveva intenzione di aggiungere altro ed
era fermamente convinto che nessun’altra casa sarebbe calzata a pennello a
Sirius, come gli stava invece quella di Grifondoro.
Capì
che era inutile continuare a protestare, avrebbe trascorso i suoi successivi
sette anni a Grifondoro, punto e basta. Con l’ennesimo balzo scese dalla sedia,
allontanandosi e agitando una mano in segno di saluto “Bè, me ne vado… Sa, non
voglio mica che mi si accusi di favoritismo e cose del genere se sto seduto qui
mentre arrivano tutti gli altri…” si giustificò.
Silente
sorrise compiaciuto annuendo “E poi ti chiedi come mai non sei un Serpeverde…”
mormorò tra sé.
“Eh?”
fece Sirius che non era riuscito a capire le sue parole.
Silente
scosse il capo divertito “Nulla, ti auguravo di passare una buona giornata,
Sirius!”
Sirius
lo fissò perplesso, di certo era convinto che avesse mormorato tutt’altro e
sarebbe rimasto a discuterne molto volentieri, perché certo non si pigliava
facilmente per il naso a lui, ma il vociare allegro degli studenti giunse
dall’ingresso e il ragazzino si allontanò di corsa prima che tutti gli altri
potessero arrivare. Quando, accortosi di avere ancora tra le mani la figurina,
si voltò per restituirgliela, con suo sommo stupore era già sparito. Sospirando
si sedette allo stesso posto che lo aveva accolto la sera prima, ricacciando la
figurina nella tasca e guardandosi furtivamente attorno imbarazzato quando il
suo stomaco iniziò a brontolare per la fame. Fortunatamente nessuno dei ragazzi
che stavano passando accanto a lui, troppo impegnati nelle proprie
conversazioni, lo notarono. Quindi prese ad osservare curioso i suoi compagni,
sarebbe stato carino iniziare con qualche piccolo scherzetto, tipo i lacci
delle scarpe legate assieme e altre cose innocenti. Mentre, accarezzando la
propria bacchetta, si apprestava a scegliere la propria vittima un “Ciao!”
allegro e pimpante lo colse di sorpresa. Voltandosi di lato si ritrovò faccia a
faccia con il ragazzino occhialuto con cui divideva la camera –di fronte a lui
si trovavano gli altri due suoi compagni.
Sirius
inarcò un sopracciglio, di nuovo quello scocciatore… “Oh, sei tu…” rispose
soffiandosi via la frangia dagli occhi e non preoccupandosi di celare il
proprio malcontento.
Per
tutta risposta James sfoderò un sorrisone entusiasta “Già! Sei sceso presto
stamattina, eh? Potevi anche aspettarci. Bè, possiamo sempre andare a lezione
assieme, più tardi.”
E
a nulla valsero i tentativi di Sirius di sottrarsi a quell’ostinato ragazzino,
tanto fece che se lo ritrovò persino come compagno di banco, per la prima
noiosissima ora di Storia della Magia.
Entrambi
i ragazzi faticavano a tenere gli occhi aperti, alla fine la testa di Sirius
scivolò pericolosamente dalla mano che la reggeva stancamente e il morettino
appoggiò il capo al banco, sbuffando.
“Che
strazio… Questo tizio riuscirebbe ad uccidere di noia chiunque… e se andassimo
a fare un giretto? Chessò… una piccola esplorazione della scuola, voglio dire,
non staremmo facendo nulla di male, no? In fondo tutte queste cose pallose sono
scritte anche sul libro di testo e noi potremmo impiegare il nostro tempo in
modi migliori. Come ad esempio imparare dove porta ogni singolo corridoio, partire
alla ricerca di ogni passaggio segreto e via dicendo! Sai, per non perdersi…”
propose improvvisamente James, sistemandosi gli occhiali dietro cui un paio di
scaltri occhi nocciola brillavano curiosi di sperimentare ogni cosa.
Qualsiasi
cosa sarebbe stata certamente meglio di un’altra lunghissima ora di quella
tortura per Sirius, e fu così che si ritrovò ad accettare e seguire James,
sgattaiolando a carponi lungo il muro, fin verso la porta d’uscita dell’aula.
Non che camminare eretti sarebbe stato un problema, nulla avrebbe distratto
Ruff dai suoi appunti.
E
magari non sarebbe stato davvero male farsi un giretto per la scuola, alla
scoperta di ogni suo più piccolo segreto per sfruttarla nel migliore dei modi.
Pregò solo che quel ragazzino borioso e chiacchierone non gli procurasse un mal
di testa dopo dieci minuti, per il resto si sarebbe accontentato della sua
compagnia.
James
sorrise entusiasta e vittorioso, varcando la porta dell’aula e rimettendosi in
piedi sotto gli occhi divertiti di alcuni tra i compagni di classe rimasti
svegli. Stava per compiere la sua prima esplorazione assieme a Sirius! Bè,
poteva dire di aver già quasi ottenuto la sua amicizia, in fondo lo stava
seguendo!
Rivolse
una linguaccia alla ragazzina dai capelli rossi della sera prima che lo stava
guardando sbalordita e indignata e prese a correre lontano dai frequentati
corridoi delle aule al primo piano.
“Ce
l’abbiamo fatta!” esultò trionfante saltando e fendendo l’aria con un pugno.
Ma
ancora una volta il suo entusiasmo si spense quando Sirius sbuffò poco
divertito “E capirai, quello non ci avrebbe visti uscire nemmeno se gli fossimo
passati nudi sulla cattedra!” gli fece notare, e aveva ragione.
E
la cosa parve infastidire parecchio James. Anzi, più che infastidire accese in
lui il desiderio di superarsi e guadagnarsi la fiducia e l’ammirazione di quel
ragazzino apparentemente snob.
“Ah,
sì? Bè, siamo solo all’inizio! Preparati… Tanto per cominciare un ragazzo del
terzo anno mi ha spiegato come arrivare alle cucine…. Che ne dici di una bella
merenda di metà mattina? A quanto pare quei posti brulicano di Elfi Domestici
pronti a riempirti le tasche al primo schiocco delle dita!” aggiunse,
passandosi una mano tra i capelli scompigliati con l’aria di chi la sapeva
lunga, promettendo grandi avventure.
Ma
non suscitò la curiosità desiderata in Sirius, che parve non entusiasmarsi
troppo “Ah, sì? E questa sarebbe la tua grande avventura? La tua coraggiosa
esplorazione? Facile…” domandò.
James
si imbronciò un attimo ma poi ridacchiò “Non ho detto che sarebbe stato così
semplice… Dobbiamo passare davanti alle stanze dei professori! E non tutti sono
a lezione in questo momento…E poi… dobbiamo superare il custode…” aggiunse
continuando a camminare, la bacchetta in mano che roteava tra le sue dita.
“Ok,
andiamo…” si limitò a rispondere Sirius, l’andatura pacifica e le mani
affondate nelle tasche della divisa.
E
fu così che camminando e sbagliando qualche volta direzione, accompagnati
dall’interminabile chiacchiericcio entusiasta di James, che aveva qualcosa da
dire su ogni angolo di Hogwarts, arrivarono fin nella cucine.
James
spalancò la grossa porta con un teatrale “TADAN!”, facendo cenno di entrare a
Sirius, e la meraviglia si dipinse sul suo volto, mista all’entusiasmo,
trovandosi davanti mezzo centinaio di Elfi allegri e felici tutti presi dai
preparativi di quello che doveva essere il loro pranzo di lì a poche ore.
Vassoi variopinti volteggiavano a mezz’aria, arnesi incantati decoravano i più
svariati cibi, ingredienti differenti venivano mischiati e trasportati da un
angolo all’altro il tutto avvolto in un profumo delizioso di cibo da far venire
l’acquolina in bocca. Ben presto i due ragazzi, con il sorriso che correva da
un orecchio all’altro, si riempirono le tasche di dolci ridendo. Con gran
soddisfazione di James.
Il
ragazzino se ne stava chino su un vassoio di variopinti e variegati biscotti
quando Sirius, alle sue spalle, adocchiò un’immensa e allettante torta a tre
piani di panna montata, sul tavolo più avanti. I suoi occhi neri brillarono
bramosi di divertimento mentre un’ideuzza prendeva forma nella sua mente
scaltra. Facendo in modo che James non si accorgesse sfoderò la sua bacchetta e
la librò nell’aria dietro di lui mentre un ghigno divertito si stirava sul suo
bel visetto vispo.
“Sirius,
assaggia questi, sono una del…”
Ma
James non fece a tempo a finire la frase, né a fare null’altro, che non appena
ebbe alzato il capo tre piani levitanti di torna alla panna montata si
scagliarono sulla sua faccia – e sulla metà superiore della sua personcina
minuta.
Immediatamente
Sirius scoppiò a ridere piegandosi a metà e il riso divenne incontrollabile
appena il pan di spagna frantumato della torta cadde a terra rivelando, sotto
un ancora cospicuo strato di panna montata, il viso allibito e frastornato di
James. Gli occhiali erano rimasti incastrati nella base della torta, che ora
pareva un malriuscito calco del profilo di James, e la cosa fece ancora più
ridere il morettino. Dopotutto non aveva certo cambiato idea circa la sua vittima
designata…
“Dovresti
vedere la tua faccia!” commentò tra un attacco di risa e l’altro.
James
sbattè un paio di volte le palpebre, stordito. Nel mentre un elfo domestico
affaccendato passò loro accanto con una mezza dozzina di vassoi levitanti e
carichi di pudding. James colse la palla al balzo e ne scagliò a mani nude un
paio contro Sirius.
Il
primo mancò di quasi un metro il bersaglio.
“Aha!
Ma che vuoi fare? Mi hai mancato di un chilometro! Sei cieco senza occhiali,
non c’è storia!” lo prese in giro l’altro. Ma appena pronunciate le ultime
parole famose il secondo pudding si spiaccicò sulla sua fronte con un sonoro
SCIAK.
Il
povero elfo domestico non fece nemmeno a tempo a lamentarsi che in quell’angolo
della cucina si scatenò un vero a proprio finimondo. Pezzi di torta che
volavano ovunque, panna montata che ricopriva ogni cosa, pudding che andavano
spiaccicandosi ai muri puliti e tanto, tanto di più. In tutto quello, James e
Sirius si sbellicavano dalle risate.
“E
hai visto quell’elfo bitorzoluto? Non la finiva più di rifilarmi Cioccorane!
Per non parlare di tutti i Bisfrolli Variegati che mi ha infilato in tasca! Io
adoro questi biscotti!” riferì Sirius, riempiendosi le fauci di leccornie e
masticando avidamente, senza curarsi di tenere educatamente la bocca chiusa.
In
fondo si era sbagliato, quel ragazzino non era così antipatico come sembrava,
era stata divertente quella fuga alle cucine e ora conosceva un percorso utile
per rifornirsi e ingannare la noia. Senza contare la spettacolare e memorabile
battaglia di cibo! Naturalmente entrambi conoscevano già un paio di incantesimi
di pulizia, altrimenti come sarebbero potuti tornare in aula coperti di cibo
dalla testa ai piedi?
Fortunatamente
riuscirono a raggiungere per tempo l’aula di Trasfigurazione, prima che la Mc
Granitt li mandasse a cercare e togliesse punti alla loro casa o peggio.
“Potter
e Black! –tuonò intransigente la professoressa alle loro spalle, chiudendo la
porta dell’aula con un colpo di bacchetta- Già in ritardo il primo giorno di
lezione?” chiese infastidita.
Sirius
e James si guardarono, eppure era un ritardo infinitesimale! Come poteva fare
tante storie?
James
tossì e sfoderò l’aria più dispiaciuta di cui fosse capace “Mi dispiace,
Professoressa! Davvero! Ma il fatto è che questa scuola è così… grande!” e
guardò il soffitto, spaesato.
Sirius
intervenne a dargli man forte “Già! E poi quelle scale… Abbiamo avuto bisogno
del bagno e abbiamo fatto una piccola deviazione dal resto del gruppo, e li
abbiamo persi! E una volta soli quelle strambe scale pazze ci hanno portato
dalla parte opposta… Abbiamo dovuto correre, anche se sappiamo bene che è
vietato farlo nei corridoi…” si corresse seduta stante percependo un guizzo di
disapprovazione nello sguardo dell’insegnante.
La
Mc Granitt tacque un istante quindi, con un sospiro indicò gli ultimi due
banchi liberi nell’angolo sinistro dell’aula “Adesso ai vostri posti, ma
sappiate che sono molto intransigente sugli orari. Regolatevi di conseguenza.”
ordinò loro con cipiglio severo.
Appena
le ebbero voltato le spalle, James e Sirius si scambiarono uno sguardo di
soddisfazione. L’avevano scampata. E per fortuna che non aveva avuto l’idea di
svuotare loro le tasche, altrimenti non ci sarebbero state scuse…
James
passò accanto alla stessa ragazzina dai capelli rossi che gli riservò uno
sguardo sprezzante. Era quasi sul punto di dirgli qualcosa –probabilmente una
ramanzina- quando per tutta risposta il giovane Potter le fece un occhiolino
divertito che la fece arrossire vistosamente e assumere un’aria irritata ma per
lo meno ebbe l’effetto di farle richiudere la bocca che aveva spalancato.
Sia
Sirius, che Remus e Peter risero di quella fulminea scenetta, dai loro posti in
fondo all’aula.
Lasciandosi
cadere compostamente sulla propria seggiola, Sirius non poté evitare di
sorridere. In fin dei conti, per quanto fosse abituato a cose ben più
adrenaliniche, quella mattinata stava prendendo una piega divertente… Si era
anche riempito lo stomaco di adorabili e squisite schifezze alimentari!
Non
male, in fondo, come primo giorno!
Eppure, nei giorni che seguirono quella loro prima avventura,
nonostante James gli stesse perennemente addosso e lo cercasse ad ogni istante,
Sirius pareva sempre starsene eccessivamente sulle sue e concedersi ben di rado
una salutare risata argentina.
Oh, ma James ne era sicuro! Quello sarebbe diventato l’amico
migliore che mai avrebbe potuto desiderare per i suoi imminenti e successivi
sette anni ad Hogwarts. E per molto di più, se possibile. Ne era certo dal
momento in cui aveva scorto quel guizzo argentino nei suoi occhi intelligenti,
la sera dello smistamento.
Lo aveva ben capito che erano così affini da poter essere
perfetti assieme. E ormai James Potter aveva deciso: quello sarebbe stato il
suo insostituibile compagno di marachelle. Rimaneva solo da fare in modo che
Sirius si lasciasse andare un po’ di più. Proprio non capiva perché fosse
sempre così assorto e scostante.
“Che musone che sei…Se non avessi assistito allo smistamento
avrei detto che il Cappello Parlante ti avrebbe assegnato a Serpeverde, Sirius!”
ironizzò un pomeriggio James, rivolto a Sirius che se ne stava fiaccamente
buttato su una poltrona della Sala Comune di Grifondoro, lanciando di tanto in
tanto qualche celato incantesimo annodante ai lacci delle scarpe di qualche
malcapitato studente. Nonostante qualcuno si divertisse un sacco ad assistere
agli inspiegabili capitomboli, il morettino non faceva altro che sbadigliare
pacatamente.
Alle parole di James sollevò scettico un sopraciglio “E che
ne sai, tu, di dove mi avrebbe dovuto assegnare la Berretta?” incalzò,
sollevandosi a sedere di scatto. Sentire parlare di smistamenti e case lo
rendeva ancora tremendamente nervoso, nonostante fossero passate ormai diverse
settimane.
James ridacchiò non sapendo il tasto dolente che stava per
solleticare “Dico solo che se te ne stai lì, con quell’aria perennemente
scocciata, a fare scherzetti banali senza divertirti nemmeno un po’ mi sembri
tanto un odioso Serpeverde.” concluse alzando le spalle.
Sirius gli rivolse un’occhiata gelida di cui James non
comprese motivo e significato “Odioso Serpeverde?”
“Bè, sono odiosi!” disse semplicemente, iniziando ad
infastidirsi per lo sguardo glaciale che il compagno seguitava a rivolgergli.
“Ah, sì? Ne conosci qualcuno in particolare a sostegno di
questa tua tesi?” sibilò senza nemmeno conoscere il motivo per cui tutto quello
gli dava tanto fastidio.
“Bè… non personalmente ma…”
“…ma allora dovresti solo stare zitto! Tutta la mia famiglia
è Serpeverde, se ti interessa saperlo…” fece notare Sirius, stizzito.
James ridacchiò “Allora credo che tu sia la pecora nera
meglio riuscita della storia!”
Quelle parole innervosirono Sirius, ferendolo, in fondo in
fondo “Fatti gli affari tuoi!” gli rispose con astio.
James inarcò le sopracciglia “Andiamo, stavo solo
scherzando, amico! Non so nemmeno chi sia la tua famiglia, io! Non è che mi
importi granchè delle famiglie della gente, a me!” gli fece notare, credendo di
essere andato a ledere l’orgoglio dell’altro.
“Io sono un Black, e se non conosci i Black, tanto peggio
per te! E non dire mai più che sono la pecora nera della famiglia, hai capito?
E cosa più importante… non chiamarmi mai più a quel modo, io per te sono al
massimo Sirius, non ‘amico’!” detto questo si alzò e passando
accanto a James, scostandolo con una spallata a dire il vero, se ne andò di
fretta dalla Sala Comune, su tutte le furie.
Lesto, si domandò cosa mai gli fosse preso per comportarsi a
quel modo. In fin dei conti James non aveva detto proprio nulla di male… Anzi,
quello che aveva detto erano sacrosante verità…
La maggior parte dei Serpeverde erano spocchiosi ed odiosi,
come la maggior parte della sua presuntuosa famiglia.
Lui era la perfetta incarnazione della pecora nera della
situazione, lui piccolo Grifondoro.
E allora perché tutto quanto gli rodeva così tanto? Non
riusciva a trovare il suo posto, ecco perché. Ed ogni cosa che gli dicessero
riguardo a ciò lo innervosiva tremendamente. La verità era che Sirius Black non
si sentiva accettato da ambedue le parti. Non era per nulla un Serpeverde ma
non era nemmeno un vero Grifondoro. Sangue verde correva nelle sue vene, non
sangue oro. E non si sentiva fiero e coraggioso, caratteristiche dei Grifoni.
In quel momento Sirius Black si sentiva solo dannatamente confuso.
E quell’uragano di ragazzino gli stava sempre appiccicato
senza lasciargli il tempo nemmeno di riflettere!
Aveva detto che non gli importava delle famiglie della
gente. Forse non gli sarebbe importato nemmeno della sua di famiglia. Era il
primo che gli diceva una cosa del genere, e allora perché lo aveva trattato in
quel modo scorbutico? Forse era davvero una Serpe viziata come il resto della
famiglia. E questo pensiero, ora, non lo rendeva più tanto felice. Forse non
era quello che Sirius Black voleva essere nella vita.
Ma non era l’unico a porsi delle domande senza risposta.
James alle sue spalle rimase basito a domandarsi se Sirius
fosse veramente il suo compagno ideale, o non fosse solo una sua sciocca
convinzione, e soprattutto cosa avesse fatto di così terribile…
E
lo scoprì un freddo pomeriggio di inizio ottobre.
Un tardo Sabato pomeriggio, per la precisione. Il tempo era il peggiore che avessero mai visto.
Fuori imperversava un apocalittico temporale e tutti gli studenti, che nei
precedenti fine settimana erano rimasti a godersi gli ultimi spiragli di sole
distesi sui prati o in riva al lago, riempivano il castello.
James
era in Sala Comune, come la maggior parte degli studenti di Grifondoro. Era
assorto in una partita a scacchi contro Remus ed era in netto svantaggio.
“Non
è possibile! –balzò in piedi quando Remus gli fece Scacco Matto sotto al naso-
Io non ho mai perso una partita a scacchi in tutta la mia vita! Tu devi aver
barato…” fece quasi sconvolto.
Remus,
dal canto suo, scoppiò in una risata divertita “Nemmeno io ho mai perso, sai?
Forse la soluzione è che sono più bravo di te…” suggerì.
James
ridacchiò nervosamente “Incredibile.. sono stato battuto da un ragazzino…
incredibile…” e scosse la testa rassegnato.
“James…
sei solo tre mesi più vecchio di me, quale ragazzino, scusa?” gli fece notare
Remus.
James
sbuffò, passandosi una mano nei capelli arruffati “La tua è stata solo fortuna,
maledetto!” scherzò lanciandogli una falsa occhiata truce. Quindi, posando entrambe
le mani sul tavolo e facendo leva sulle braccia si alzò in piedi e fece per
allontanarsi.
“James,
dove vai?” gli chiese Peter, che aveva sviluppato una sorta di viscerale
adorazione per lui.
“A
cercare Sirius!” rispose avviandosi verso il passaggio nel Ritratto della
Signora Grassa.
Remus
ridacchiò “La verità è che non vuoi ammettere di essere stato miseramente
sconfitto, caro il mio James!”
James
sventolò una mano in modo lascivo e uscì dalla Sala Comune ridacchiando.
Ma dove si è cacciato? Si chiese curioso, scrutando i corridoi semi deserti
alla ricerca di Sirius. L’ultima volta l’aveva visto a colazione, dopo non si
era proprio più fatto vivo. E pensare che quell’infausto fine settimana avrebbe
potuto rivelarsi molto divertente! Bastava gironzolare cautamente per la scuola
alla scoperta di tutti i suoi misteri! Naturalmente lui e Sirius… Bè, prima
però avrebbe dovuto fare pace con lui, visto che dal litigo di pochi giorni
prima non si erano quasi nemmeno più rivolti la parola. Ma quelli erano
dettagli.
E
comunque Sirius si era dato alla fuga solitaria.
Ispezionò
tutti i corridoi attorno alla Torre dei Grifondoro, la Sala Grande, l’ingresso,
tutto il primo piano e anche il secondo e oramai la maggior parte degli
studenti si era riversata ai tavoli per la cena. Anche James iniziava ad
avvertire un certo languorino… Fece per fare dietro front, ormai convinto del
fatto che Sirius lo avrebbe ritrovato una volta sceso per cena, quando ancora
prima di scorgere l’amico udì la sua voce.
“…vedi
di non scocciarmi!” disse adirato ad un misterioso interlocutore.
James
si bloccò all’istante e fece per voltare l’angolo in direzione del corridoio
del primo piano che portava all’ala est da cui aveva sentito provenire quelle
parole. Sbirciò da dietro un angolo ma riuscì solo a vedere un piede di Sirius
che picchiettava nervosamente sul pavimento scuro del corridoio. Eppure aveva
la sensazione che tirasse un’aria gelida.
Lo
stesso gelo di cui era densa la risata maligna e femminile che seguì le parole
di Sirius “Oh, povero piccolo Sirius… Lui vuole essere lasciato in pace…” lo
prese in giro quella che doveva essere una ragazza, anche più grande, con una
antipatica voce in falsetto.
Sirius
sbuffò scocciato, odiava essere trattato da bambino, e più ancora di questo
detestava Bellatrix Black, sua cugina più grande. Si scostò con uno sbuffo la
frangia che ricadeva morbida sugli occhi e fissò lo sguardo determinato in
quello molto simile ma più freddo della ragazza, almeno una spanna più alta di
lui.
Era
sempre stata così fastidiosa nei suoi confronti. Così arrogante e cattiva.
Bellatrix era una persona maligna, non c’era altro modo per definirla.
Ma
di certo lui sapeva tenergli testa. Anche adesso che lo aveva fermato per
attaccar briga e punzecchiarlo come suo solito di certo non gliela avrebbe data
vinta. “Levati!” sbottò dandole uno
strattone e spostandola dal suo percorso.
Azzardò
un passo per oltrepassarla ma questa con un rapido e immancabile sgambetto lo
fece ruzzolare per terra. Sirius atterrò sul suolo freddo e liscio facendo
freno con le braccia ed evitando di rompersi il naso contro il pavimento. Sentì
il sangue corrergli nervosamente nelle vene quando Bellatrix prese a ridere
sguaiatamente di lui. Le sarebbe tanto saltato al collo e le avrebbe volentieri
mollato un pugno… Si rialzò rapido prendendo in mano la propria bacchetta e
puntandola lesto contro la cugina che non la smetteva di ridere.
“Ma
cosa vuoi fare, piccolo caro Siri? Andiamo, metti via quella bacchetta prima
che tu riesca a cavarti un occhio…” lo prese ancora in giro con falsi modi
apprensivi.
Sirius
ringhiò di rabbia. Gliela avrebbe fatta vedere lui, non gli importava un
accidenti se era un’intelligentissima e forte Serpeverde del quinto anno.
Conosceva anche lui la sua buona dose di incantesimi e sapeva come sistemarla.
E lo avrebbe fatto presto.
“Così
adesso, caro il mio cuginetto, giri con Mezzosangue, figli di Auror e palesi
sfigati… Come sei caduto in basso! Non bastava la vergogna di avere un membro
della famiglia a Grifondoro, dovevi infiocchettare tutto con la compagnia di un
Potter… -disse sprezzante- Quasi peggio di quella scema di Andromeda…”
Sirius
avvampò di rabbia, strinse più forte la bacchetta “Chi frequento non è affar
tuo! Tu intanto continua a fare la scema con tutti i ragazzi che trovi! Forse è
l’unico modo per far vedere agli altri che sai combinare qualcosa…” rispose
altrettanto velenoso.
“Hai
un bel faccino, Siri! Mi rincresce rovinartelo ora, ma te la sei cercata!” alzò
rapidissima ed elegante la bacchetta verso di lui, scostando i lunghissimi e
lisci capelli neri dalle spalle e fulminea pronunciò un incantesimo.
Sirius non fece quasi a tempo a pronunciarne
uno in risposta che da un punto sconosciuto alle sue spalle un chiaro
incantesimo “Forrunculus” colpì in pieno il volto della cugina di fronte e lui.
La
bella Serpeverde si portò una mano sul viso. Su una guancia eterea era spuntato
un foruncolo rosso, purulento e spaventosamente grosso! Emise un urletto di
disgusto fremendo di rabbia. Sirius scoppiò a ridere.
“Conciata
così mi sa che non la guarderà più nemmeno quel bruttone del settimo anno di
Nott!” James Potter, con grande sorpresa di Sirius, sbucò da un angolo
tenendosi la pancia per le troppe risate, la bacchetta ancora salda in mano.
Bellatrix
strizzò gli occhi rabbiosi e brandì in aria la bacchetta scura e sottile “Rilascio!”
James
andò a sbattere con forza contro il muro alle sue spalle, afflosciandosi come
un panno ma nello stesso tempo per mano di Sirius i capelli di Bellatrix
iniziarono a cadere copiosi a ciocche dalla testa.
Entrambi
–James con le lacrime agli occhi per la testata appena presa- cominciarono a
ridere della disperazione della bella cugina di Sirius. Questi si avvicinò a James, gli tese prima
gli occhiali e poi una mano per rimettersi in piedi.
“Voi
due me la pagate cara!” strillò istericamente
la ragazza, tremando di rabbia e lanciando un incantesimo contro Sirius.
Sulla
sua fronte si formò un taglio non indifferente che presto iniziò a sanguinare.
Questi si portò una mano alla fronte, stupito da tanta rapidità e
rabbrividendo, decisamente quel ‘taglietto’ procurava un dolore non
indifferente.
Nello
stesso tempo Bellatrix fu fatta rivoltare per aria e cadere un paio di metri
più in dietro “Cos’è che vorresti fare? Sei ridicola, -la prese in giro James,
incalzante- ti stai facendo mettere sotto da due del primo anno! Oh, tu sì che
saresti l’orgoglio della tua famiglia in questa situazione!”
“Giusto,
giusto! Ma-amma, Bella si sta facendo prendere in giro da quel disgraziato di
Sirius e da un Potter!” aggiunse Sirius, ridacchiando. I capelli neri
appiccicati al sangue sulla fronte.
Bellatrix
strinse i pungi cercando di lanciare l’ennesimo incantesimo ma Sirius riuscì a
disarmarla appena un attimo prima.
“Ti
avevo detto di farti gli affari tuoi! Non vali la metà di un solo Mezzosangue
Grifondoro e non fai nemmeno le scarpe ad un Potter!” le disse sprezzante.
James
non ebbe il tempo di stupirsi che nello stesso istante giunse la professoressa
Mc Granitt. Spalancò gli occhi stupefatta e inarcò un sopracciglio mentre la
bocca le si stirava severa. “Signorina Black, signor Black e signor Potter!
Cosa diamine sta succedendo qui? Tanto per cominciare 10 punti in meno per ogni
casa! E voi due siete in punizione!”
“Ma
è stata lei ad iniziare! Guardi cos’ha fatto a Sirius, professoressa!” protestò
James, infervorato, battendo un piede a terra.
“Non
voglio sentire scuse, Potter! I corridoi della scuola non sono campi di duello!
E ora, Signorina Black lei viene con me dal direttore della sua casa. In quanto
a voi due, dritti da Madama Chips, fatevi dare un’occhiata. Passerò poi a
regolare i conti. E non voglio sentire scuse!” aggiunse vedendo Sirius
stringere i pungi e aprire la bocca.
La
Mc Granitt li scortò fino all’ingresso dell’infermeria, dove furono affidati
alle cure di Madama Chips, quindi si allontanò con una Bellatrix furente e
disperata al suo fianco.
James
se ne stava silenziosamente seduto nel proprio letto dell’infermeria, Madama
Chips era stata assolutamente chiara sul fatto che nessuno dei due avrebbe
lasciato quei letti fino all’indomani –Sirius aveva una ferita non indifferente
sulla fronte e James aveva preso una bella botta alla testa. Lanciò un’occhiata
curiosa a Sirius, sul letto accanto, che se ne stava sdraiato con le braccia
sotto la testa fissando il soffitto.
Doveva
essere un bel tormento per lui se tutta la sua famiglia pensava le stesse cose
di quella ragazza e lo trattava sempre allo stesso modo. Non poté fare a meno
di assumere un cipiglio dispiaciuto e ora iniziò a capire perché quel giorno si
era innervosito tanto.
“Mi
stai per caso commiserando?” sbottò Sirius voltandosi infastidito e incrociando
lo sguardo dell’amico. Decisamente odiava manifestazioni del genere.
James
rimase zitto e in imbarazzo per un attimo “N-no! Uhm… quella la odio!” rivelò
con astio.
Sirius
eruppe in una risata nervosa “Io l’adoro invece, guarda!” ironizzò.
“È
tua parente?”
“Tu
che dici? Stessi capelli, stessi occhi, stesso cognome… Noooo, non la conosco,
James!”
James
ridacchiò “Giusto! Bè, adesso però i capelli non ce li ha quasi più!”
Sirius
non poté fare a meno di scoppiare a ridere. Bellatrix era sempre stata vanitosa
all’inverosimile e pensare alla sua disperazione in quello stesso momento, con
un bubbone viscido sulla faccia e la testa semicalva, lo rendeva enormemente
soddisfatto “Già! Ottimo lavoro, James!” mormorò.
Il
ragazzino non poté evitare di sentirsi felice, forse le cose finalmente
iniziavano a girare per il verso che lui voleva, intanto si poteva già dire che
avessero fatto pace! “Figurati! Però hai visto quant’era grosso quel foruncolo?
Secondo me le resta il segno per almeno una settimana!”
Sirius
annuì ripensandoci “Già! Pensa se lo schiaccia… muore affogata nel putrido!”
Entrambi
immaginarono una Bellatrix mezza pelata trascinata via da un fiume di pus e nel
medesimo istante mimarono un conato di vomito e poi si lasciarono trascinare
dalle risate.
“Ehi…
-Sirius si fece di nuovo serio tornando a sdraiarsi sul letto e rivolgendo lo
sguardo alle arcate che solcavano il soffitto. Grazie, amico!”
E
adesso finalmente aveva capito dove volva essere, che tipo di persona diventare
e soprattutto che genere di persone voleva avere accanto, che genere di persone
avevano un valore per lui.
Non vali la metà di un solo
Mezzosangue Grifondoro e non fai nemmeno le scarpe ad un Potter… Quelle parole gli erano uscite così di getto da
sorprendere sé stesso quando le aveva pronunciate. Tuttavia ora capì che erano
i suoi reali pensieri. James era davvero simpatico. James, soprattutto, era
davvero un amico.
L’altro
esplose in un sorriso a trecentosessanta gradi “Di nulla, amico!” e si coricò soddisfatto fissando lo sguardo sulla
medesima arcata del soffitto chiaro. Alla fine non era stata solo una sua sciocca
convinzione.
Ed
era solo l’inizio…
Fine.
Salve
a tutti!!! Non è passato molto, ma Ly è tornata con una piccola One Shot
dedicata a questi due che non posso fare a meno di adorare. Come sempre
ringrazio tutti quelli che si prenderanno la briga di leggere e soprattutto chi
mi lascerà un paio di righe di recensione. Lo sapete che mi importa sempre
molto della vostra opinione.
Più
che altro perché questa storia, che mi piace è ovvio,
mi
ha dato da tribolare… l’ho dovuta risistemare diverse volte rima che mi
convincesse… Voi che ne pensate? Recensite, recensite, popolo!
Ah,
un ultimo appunto, ho trovato più opportuno rimanere fedele alla storia
originale piuttosto che alla mia fan fic. E a questo proposito ringrazio chi ha
recensito il primo capitolo del What If… siete stati così cari… ç__ç Me
commossa…
Di
nuovo grazie, un bacione special al mia Kiaretta ciccia cara preziosa di
Ly, alla Vale che è un tesoro, a Sunny che sa quanto io l’adori e
a Black-Moody aka Reidur, ovvero la mia Colleguccia per eccellenza, se
ancora non avete letto JUST A LITTLE HOGWARTS LOVE, di suo pugno, vi
invito a farlo perché io, che l’ho letta in anteprima *.*, semplicemente
l’adoro!!! E grazie, come al solito, anche alla mia insostituibile beta, Ran
(Che ne dici adesso, ciccia? Suona meglio? Spero di sì, dal momento che
finalmente adesso mi convince abbastanza di più. Forse ci siamo!!! Ho seguito
tutti i tuoi ottimi consigli, comunque!)
Un
gran bacione e a presto,
la
vostra
Ly
PS:Fate
tutti una bella lotta a panna montata che è la cosa più dolce e divertente che
ci sia nella vita! <-pubblicità progresso by Ly… ^^’’’