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Autore: RLEffie    17/03/2012    7 recensioni
"Fumava come se avesse fretta di rientrare nel ristorante. Allora perché era uscita a fumare? Un'altra schiava della nicotina, pensò lui. Gente che ha inconsapevolmente regalato la propria vita ad un pacchetto di sigarette.
Fumava, e sembrava che stesse pensando ai suoi polmoni tutto il tempo.
Buttò il mozzicone per terra e lo pestò col piede per spegnerlo.
L'aveva riconosciuta subito. Erano passati anni e anni, ma il suo sguardo era rimasto sempre lo stesso."

Ma Harry non sapeva ancora che quella ragazza avrebbe sconvolto le loro vite per un'ultima, irreversibile volta.  
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti, Zayn Malik
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Eight Years

Lies ~

 




Marzo 2019, Londra
 

 
Era arrivato in discreto anticipo quel giorno.
Era arrivato in anticipo ad un appuntamento e non sapeva neanche se l'altra persona si sarebbe presentata.
Decise di sedersi su una panchina, al limitare di un piccolo parco, e di aspettare un cenno del destino, un qualsiasicenno del destino. Si sedette e rimase immobile a fissare l'entrata del famoso ristorante nel quale si erano accordati per incontrarsi.
Subito la sua attenzione venne catturata da una donna che era appena uscita dal locale.
Era piuttosto alta, ma certamente non una di quelle donne che ti avrebbero sorpreso con la loro statura. Era magra, ma non di quel magro anoressico. Probabilmente aveva anche una corporatura robusta, ma chiunque l'avesse vista l'avrebbe definita magra.
Un solo particolare lo colpì più di tutti.
Fumava come se avesse fretta di rientrare nel ristorante.
Allora perché era uscita a fumare?
Un'altra schiava della nicotina, pensò lui. Gente che ha inconsapevolmente regalato la propria vita ad un pacchetto di sigarette.
Fumava, e sembrava che stesse pensando ai suoi polmoni tutto il tempo.
Buttò il mozzicone per terra e lo pestò col piede per spegnerlo.
L'aveva riconosciuta subito. Erano passati anni e anni, ma il suo sguardo era rimasto sempre lo stesso. Continuava a mantenere un atteggiamento attento. Era all'allerta da un possibile pericolo imminente.
Aveva cambiato colore di capelli, non erano più di quel colore rossiccio che l'aveva sempre caratterizzata. Ora erano castani, quasi neri.
Si chiedeva se fosse un cambiamento naturale o l'effetto di una tinta. Glielo avrebbe chiesto più tardi, una volta seduti al tavolo davanti ad un buon bicchiere di vino.
Lei rientrò nel ristorante.
Guardò l'orologio e decise che ormai aveva aspettato abbastanza. Si alzò dalla panchina dove era seduto e si avviò verso il locale.


Lei non si accorse che la persona appena entrata era quella che stava aspettando. Questo gli diede l'occasione di osservarla più da vicino. I segni del tempo le percorrevano il viso e non avevano avuto pietà di lei. Eppure, non era vecchia. Non doveva neanche avere superato i trent'anni, se i suoi calcoli erano giusti.
Sembrava semplicemente invecchiata.
Questo pensiero gli aveva percorso la mente anche quando aveva trovato il suo messaggio riascoltando la segreteria. La sua voce gli era parsa affaticata e sofferente.
Gli aveva dato appuntamento così, su due piedi, per quel giorno, a quell'ora. Non sapeva neanche se lui fosse d’accordo, ma l'aveva già stabilito.
Era per quel suo modo di fare che ai ragazzi era sempre piaciuta. Era per quel motivo che lui e lei erano sempre stati così amici.
Il cameriere l'accompagnò al tavolo, dopo averlo riconosciuto. Lui si fermò davanti alla sedia, restando in piedi. Si gustò tutta l'espressione di sorpresa della ragazza.
- Harry Styles.- disse, come se non ci credesse veramente. - Sono anni che non ci vediamo e tu non cambi di una virgola.-
Lui sorrise mestamente e si accomodò, appoggiando la giacca allo schienale della sedia.
- Kim Rowen.- la imitò lui. - Otto anni che non ti vedo e ne sembrano passati quaranta.-
Lei sorrise e due piccole rughe d'espressione le si formarono accanto alla bocca.
- Touchè!- esclamò. - Negli ultimi anni ho dovuto badare a ben altro che al mio aspetto fisico.-
- Oh, non sarei mai così sgarbato e diretto nei tuoi confronti.- disse lui. - E a cosa avresti dovuto badare negli anni, oltre alla tua faccia?- le chiese, pungente.
Lei lo fissò negli occhi e lui percepì il freddo percorrergli le vene. Una cosa era certa: non aveva perso la capacità di fulminare con lo sguardo.
- Sai benissimo il peso che ho avuto a carico.-
- Effettivamente no, Rowen.- disse lui. - Sei scappata prima di parlarcene.-
Lei non sembrò interdetta, pur dovendo essere quella la reazione a quell’insinuazione. Si appoggiò allo schienale e bevve un sorso di vino, per poi ridacchiare.
- Smettila di chiamarmi Rowen. Mi chiamo Kim.- disse. - Sai quanto io odi il mio cognome.-
- Non mi è mai piaciuto il tuo nome.- cominciò lui. - E' il nome della moglie di Eminem. Non un gran esempio, tutto sommato.-
Prima che potesse contestare, vennero serviti loro i piatti.
Per qualche minuto entrambi rimasero zitti, concentrati sui loro piatti. Poi, Kim decise di rompere il silenzio.
- Come stanno i ragazzi?- chiese.
- Stanno bene. Liam e Danielle si sono sposati qualche anno fa. Non so se lo sapevi. -
- No.- disse lei. - Peccato, mi sarebbe piaciuto molto far loro da damigella.-
- Il lavoro sporco l’ha fatto Eleanor, tranquilla.- disse piatto
- Non ti è ancora andata giù che Louis ti abbia piantato per lei, eh?-
Dall'altra parte ci fu qualche istante di esitazione, interrotto poco dopo dalla voce di Kim.
- E... lui?- disse esitando. - Lui come sta?-
Harry capì subito cosa la ragazza intendesse.
- Si è fidanzato qualche mese dopo la tua partenza.- disse Harry, quasi a voler troncare ogni sua minima speranza. - Stanno ancora assieme.- aggiunse, poi.
- Si devono amare veramente tanto.- disse lei, fingendo di disinteresse per l’argomento.
- Già, sono una coppia perfetta.-
Lei sbuffò e si ammutolì. Harry sentì la rabbia scorrergli nelle vene e impossessarsi di lui.
Non poteva stare lì a guardarla come se niente fosse, aveva bisogno di sfogare ciò che aveva immagazzinato per otto anni.
- Ma cosa vuoi tu?- cominciò, alterato. - Sei scappata. Senza dirci nulla. Senza dir niente al tuo ragazzo, senza dir niente ai tuoi amici. Sei sparita nel nulla.- sospirò alzando la voce. - Ti abbiamo rivisto un anno dopo quando ti sei presentata con tua madre a racimolare le tue cose.- Respirò un attimo, appoggiandosi allo schienale. – Pensi che noi tutti non abbiamo visto il bambino che teneva tua madre? Pensi che non abbiamo capito che era tuo figlio?- Poi la voce gli si fece più tagliente.- Cristo, cosa pensi che abbia pensato lui dopo aver visto il bambino?-  
Lo sguardo di Kim non era cambiato. Harry si aspettava di vederci sdegno o colpevolezza, ma i suoi occhi erano vuoti. Sembravano due laghi: verdi e profondi, ma indiscutibilmente freddi e densi.
- E la cosa peggiore è che non hai detto niente a me, che ero il tuo migliore amico.- concluse.
Lei si pulì la bocca col tovagliolo.
- Non usare il passato.- sospirò Kim.- Non ho mai smesso di considerarti tale.- disse. - Ma io non sono qui per rimembrare i bei vecchi tempi. Ho cose molto più importanti di cui parlarti.-
- Parla, allora.- la esortò.
- Non ora, ho bisogno di una sigaretta per parlarne.-
Harry doveva aspettarselo. I giochi, come al solito, li gestiva lei. Alla fine si cedeva alla sua volontà senza fiatare.


Fu così che poche decine di minuti dopo stavano passeggiando nel parchetto fuori dal ristorante, in un silenzio imbarazzato, di persone che tutto vorrebbero ma niente possono.
La donna si accese una sigaretta e, in silenzio, proseguì a camminare.
- Harry.- cominciò lei. Sentì la sua voce tremarle e capì subito che qualcosa di negativo veleggiava nell'aria. - Harry, io non so come dirtelo.-
- Dimmelo e basta.- l'aveva interrotta lui. - Non penso che ciò cambierà di molto il silenzio di otto anni.-
Per la prima volta, scorse un fulmine di incertezza attraversarle il volto.
- Harry, ho un tumore al cervello.-


Stupida.
Stupida, incapace e rovinatrice di rapporti.
Quelle parole le continuavano a ronzare in testa.
Aveva sentito tantissimo la mancanza dei suoi amici in quegli otto anni. Era stato un dolore interminabile, doversi separare così dalle persone che ami.
Ed ora, avere davanti il suo vecchio migliore amico senza avere la possibilità di abbracciarlo era una tortura ancora più grossa.
In realtà, la possibilità ce l'aveva, ma non avrebbe sopportato un comportamento freddo da parte sua. Non avrebbe sopportato di essere respinta.
Ed ora, mentre quel fiume di parole le scorreva dalla bocca, si rese conto di quanto avesse sbagliato. Realizzò che avrebbe dovuto lottare per restare con le persone che amava, piuttosto che scappare come un coniglio impaurito.
Tutti dicevano che all'epoca era giovane, era poco più che una bambina, e quello che le avevano fatto passare era un motivo plausibile per scatenare quella reazione in lei.
Eppure  sentiva che sarebbe dovuta rimanere.
Spesso aveva letto una frase: «S'impara ad amare le cose solo quando le si hanno perse.». La stessa cosa valeva per lei: ora che non aveva più tempo per vivere, si era resa conto di quanto la sua vita fosse stata insulsa.
Aveva perso un terzo della sua vita nascondendosi, avendo paura di tornare sui propri passi. Aveva sprecato la sua vita nella sua codardia, sperando che qualcosa fuori cambiasse, facendo tornare tutto a posto.

Morte.
Una figlia che non sapeva a chi lasciare.

Molti concetti così apparentemente semplici, ma fin troppo complicati giravano per la mente di Harry, dopo che aveva salutato Kim ed era sulla strada di casa.
Sarebbe morta di lì a pochi mesi, le avevano detto i medici. Quello che aveva non era possibile da curare.
Allora perchè era tornata? Forse per un ultimo saluto?
Anche a ciò lei gli aveva risposto: Kim aveva avuto una figlia, Sarah, come lui aveva visto anni prima. Sua madre era morta pochi anni prima in un incidente e lei non sapeva chi avrebbe tenuto la figlia nel frattempo. Aveva tremato in modo visibile quando si era parlato di darla in affido.
Dopo averne parlato a fondo, lui pensava di aver intuito chi fosse il padre. Conoscendo la donna, si ricordò che spesso il suo sguardo voleva dire tutto come voleva dire niente. Su una questione così delicata lui non voleva sbagliarsi. Avrebbe potuto chiederglielo, forse erano ancora abbastanza intimi da dare spazio ad una simile confidenza.
Ma lui non fece domande e lei rimase zitta.
Le disse anche cos’era venuta a fare per quell’ultima volta lì a Londra. Dopo un’attenta descrizione dei fatti accaduti otto anni addietro, Harry per poco non si era messo a piangere.
Lei, semplicemente, aveva chiesto ad Harry di darle una mano con lui. Di riuscire a farli parlare per un’ultima volta, in modo tale che lei potesse spiegare ogni cosa.
Troppo sconvolto anche solo per riconoscere dove fosse, cercò di non ripensarci fino a che non fu rientrato in casa.  

  
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