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Autore: Quintessence    17/03/2012    9 recensioni
E quanto può essere difficile costruire una casa sulle macerie di un futuro che sembra passato, tanto lo conosci bene, un futuro che qualcun altro ha scelto per te e tu, anche se lo accetti per amore degli altri... in fondo al cuore, non lo vuoi.
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Mamoru/Marzio, Usagi/Bunny | Coppie: Mamoru/Usagi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la fine
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Non cerchiamo di negarlo, c'è una nota di definitività in questo passaggio da Tokyo a Crystal Tokyo così. Pensare alla Usagi di quel periodo mi fa piangere spesso, perché quella Usagi sono un po' io. Persa in un futuro che conosce ma che vorrebbe costruire lei, che vorrebbe cambiare con ogni forza ma che non riesce a modellare. Sfinita cerca di lottare; non ci riesce. I capelli sono solo un pretesto per parlare di sua madre -o forse di MIA madre- e di come nonostante sembri che la odia, che non la sopporta nemmeno, che da quando sa tutto di lei non la vuole quasi come figlia, alla fine è l'unica persona (oltre al sempreverde Mamochan, che qui è un contorno funzionale) a capirla davvero come ragazza e come donna, perché come lei Ikuko avrebbe voluto una vita normale, una figlia normale. Avrebbe forse voluto presenziare al suo diploma e... Questa è tutta un'altra storia. C'è in me una grande tristezza, quando penso a questa Usagi e a questa Ikuko. LoveLove, sempre.





       L'anello di fidanzamento le si impiglia fra i capelli. Fa male; cerca di sfilare le dita fra le ciocche, tirando gentilmente mentre prova a scrostarli dalla sua mano.

« Lo giuro » mormora. « Li taglierò, tutti. »
Mamoru la sente dal bagno e appare nel riquadro della porta, appoggiandosi allo stipite mentre si asciuga le mani. La bocca gli si piega all'insù, mentre lei stringe gli occhi fissandolo attraverso lo specchio, il viso contratto per il fastidio.
« Dico sul serio. » Dice, e alza le sopracciglia perentoria.
Il problema di Usagi è lo stress. I nervi cominciano a cederle. Fra le chiacchierate con Luna e quelle con Setsuna, la realtà di Crystal Tokyo le si è trapiantata nel cervello così saldamente che non potrebbe sradicarla nemmeno volendo. Qualche volta le capita di strapparsela dalla mente con violenza, studiando o leggendo qualsiasi cosa complessa per evitare che torni a mettere le sue radici. Ci sono anche i ricordi del passato a tormentarla, le voci note, e le conversazioni isteriche con sua madre, i ricordi di cose che devono ancora venire si mischiano con cose già passate e il tempo stringe. E inevitabilmente, si accorge, tutto torna ai suoi stupidi capelli.
Ha già liberato tutte le ciocche dal loro assetto consueto, e quelle corrono libere sul suo collo, sulle spalle e sui fianchi, oscillando mentre si muove, mentre si dirige in camera, mentre supera Mamoru e si getta sul letto, mentre incrocia le gambe sul materasso.
« Io li amo, i tuoi capelli. » Dice Mamoru, soffice. Lei deglutisce e fa un verso beffardo.
« Mamochan, » dice « Io - »
« Tu sei logorata. » La interrompe lui. Getta l'asciugamano in bagno, dove deve stare, e poi si avvicina al letto, al loro letto, e all'angolo dove lei si è rannicchiata. Si sporge in avanti, passando le dita sulla sua frangia. « Poveri capelli... » La prende in giro.
I suoi occhi si stringono, e Usagi arrossisce. Ma lui preme le dita attraverso ogni filo d'oro, sulle spalle, liberandoli dai nodi, abbassandosi per poterne baciare le ciocche. Il respiro le si spezza in gola pulsante quando lui arriva con le labbra accanto al suo orecchio.
« Davvero vuoi tagliarli? » Domanda in un sussurro Mamoru.
Le sue guance sono ancora rosse e calde, e il cuore le batte a un ritmo doppio del normale, come sempre quando lui le sta così vicino. Deglutisce e si sforza di rispondere. « Sì, » mormora, « ho sempre voluto tagliarli. Mia madre cercava sempre di farlo, quando ero piccola, ma crescevano sempre in modo incredibilmente veloce. E quando sono diventata grande, beh... erano semplicemente troppo lunghi, per provare ad acconciarli diversamente. » Scrolla le spalle, arrotolandosi una ciocca su un dito, « E poi, » ammette infine con un sorriso breve, « penso che ci sia una parte di me che vuole vedere Luna andare in panico, come ai vecchi tempi. »
Mamoru ridacchia. « Sei crudele. »
Ma poi lascia cadere le ciocche che aveva pettinato, raggiunge la mano di lei e la tira verso di sé. Lei lo guarda solo per un attimo, sorpresa e ammaliata, prima che lui la costringa a mettersi in piedi.
« Coraggio, andiamo. » Dice.

*

       L'arco disegnato della vasca è freddo contro il retro delle sue cosce. Indossa una delle magliette di Mamoru, come sempre quando sta per andare a dormire, e quella si alza e si abbassa sulla sua pelle come una danza, e le sue gambe penzolano nervose. Quando Mamoru torna in bagno dopo una breve assenza, ha un paio di forbici in una mano e un asciugamano nell'altra.
« I capelli ricrescono. » Dice.
Sorpresa, Usagi non riesce a non arrossire. « Sì, » dice solo. « Ricrescono. »
Le dita sembrano lavorare senza bisogno dei pensieri, quando comincia a tirare i capelli per formare una lunga treccia. Li lavora finché non le arrivano alla vita, finché il limite della treccia le arriva praticamente al ginocchio. Mamoru stende l'asciugamano sul pavimento, studiandola.
Gli ci è voluto così tanto per arrivare fino a quel punto, pensa Usagi. O almeno, così le sembra. Qualche volta la sua mente vaga senza meta all'indietro, e si accorge all'improvviso di non avere più quindici anni, si accorge che il mondo non è così grande come le sembrava allora. Stanno ancora camminando mano nella mano, insieme, e non riesce a non essergli eternamente grata, per questo. Non vuole nemmeno sapere cosa farebbe o chi sarebbe, se lui non ci fosse.
« Mi fido di te. » Gli dice, per prima.
Mamoru ride, soffice. « Stavo quasi per chiedertelo. »
« Sì... » Le sue labbra si seccano. La voce anche, sembra lontana. « Non hai mai sbagliato nulla, Mamochan. »
Il suo sguardo è caldo. Si sporge in avanti, prendendole il viso fra le mani. Lei si gira e preme le labbra sul suo palmo. Entrambi sospirano.
« Mi sento egoista, » mormora Usagi.
« Non pensarlo... » Lei alza lo sguardo, e lui fa scivolare la mano destra sulla sua treccia. Si attorciglia sul suo palmo e resta intrappolata sotto le sue dita mentre Mamoru l'arrotola intorno alla sua mano. Sembra un serpente. « Usako, pensi che debba provare a venire con te? » Chiede, quando riesce a guardarla negli occhi « Torni sempre così... Sembra quasi che lei - »
« Mamochan, » dice Usagi. Gli tocca la mano libera dalla treccia con gentilezza. « sto cercando di allentare le tensioni fra te, le ragazze e tutti quanti... Penso che se mia madre capisse che io dico tutto sia a te che a Mina-chan, che voi siete stati la mia seconda famiglia e che vi amo davvero... Capirà anche che le cose devono cambiare. Non riesce ad accettare la realtà delle cose, le sembra assurdo che l'abbia tenuto nascosto per tutto questo tempo e le sembro un mostro forse, in questo momento... ma mia madre non è stupida. » Pensa per un momento a tutte le parole che sua madre le rivolge ultimamente. Da quando ha saputo di tutta la questione di Crystal Tokyo non riesce quasi a guardarla in faccia; per Usagi è un tormento cercare di spiegarle, cercare di farle capire cosa significa per lei il peso del mondo, ma Ikuko... Sembra sempre non voler capire.
« E così, vuoi tagliarti i capelli. »
Usagi ride. « Mi fanno venire il mal di testa. »
Lui si abbassa su di lei. La bocca le accarezza la fronte e Usagi ridacchia di nuovo, spingendo con le mani sul suo petto. Si accorge che Mamoru ha di nuovo le forbici in mano.
« Mi fido di te. » Ripete.
Improvvisamente ricorda di nuovo sua madre. È un ricordo color seppia, molto più vecchio, un ricordo di sua madre che incombe su di lei durante le estati afose, prima che la scuola cominciasse – e prima che finisse – e le forbici nelle sue mani. Sua madre era sempre stata gentile, e dolce, quando le lavava i capelli dopo averli tagliati. Ma la mano di Mamoru è ferma, dura, e salda, e lei la sfiora ancora un secondo, le dita per un momento sulle sue nocche.
Lui solleva le forbici e le avvicina al limitare della treccia. Usagi quasi non sbatte le palpebre.

*

       Taglia per due volte. La prima volta, poco sotto le spalle. La seconda volta, tutti i capelli le arrivano poco sotto il mento, e Usagi ride forte, trascinandolo sul letto. La sua maglietta vola ancora dappertutto intorno alle cosce di lei. Scuote la testa, e i capelli volano un po' ovunque, riposando facilmente contro le sue guance e poi sotto il mento.
Ne è deliziata, pensa. Perfino la mente le sembra essere più leggera. Mamoru non riesce a smettere di sorridere; sorride e poi si siede sul letto, passando le dita fra le ciocche brevi. Le punte non sono pari, per nulla, sono un vero disastro in effetti, ma Usagi ha come l'impressione che le ragazze l'avrebbero portata comunque da un parrucchiere, costringendola a sorbirsi ogni sorta di ramanzina sulla ribellione solo per quei due tagli.
« Sei bellissima. » Mormora lui. La sua bocca cattura quella di Usagi e lei sospira, beata nella sua felicità, mordendo un pezzetto di oblio insieme al suo labbro inferiore. « Però è comunque strano vederli corti. »
« Eh, » fa lei, « i capelli sono comunque capelli, no? »
« ...Ricrescono. » Concorda lui.
« Super veloci, ovviamente. »
Mamoru ridacchia. Le preme le dita sulla schiena, prima attraverso e poi senza la maglietta. Un momento dopo la sta sfilando, piano, e poi la sta gettando via, lontano. La conduce piano su di sé e lei ride, una risata cristallina che diventa un sussurro quando Mamoru si gira, e la schiaccia sulle lenzuola. Le sue mani corrono sul suo ventre, e poi le scivolano fra le gambe.
Nessuno dei due dice nient'altro. Lui lo sa, che lei ama le sue mani.

*

       Esattamente come aveva immaginato, Luna le fa una bella ramanzina sull'importanza della propria identità e della propria storia. Setsuna prova a restare impassibile, ma Usagi capisce perfettamente dal suo sguardo che – qualsiasi sia la sua espressione – è irritata. Le altre ragazze sono semplicemente confuse, e sorprese; Minako è l'unica che la accompagna dal parrucchiere, che la costringe a sedersi, così almeno le punte possono essere sistemate.
Ma loro non lo capiscono, e forse mai lo capiranno. Le sue paure non sono le loro, sono solo del suo cuore profondo. Ha sempre cercato di dirlo in qualsiasi modo, alle sue amiche, ma loro non hanno mai capito: non tutte le ragazze vogliono essere principesse.
Usagi pensa che forse l'unica che davvero, nel profondo del suo spirito ha capito la vera sofferenza che provoca costruire una casa su macerie di un futuro che sembra passato è sua madre. La madre che non è madre di sangue, ma che dentro l'anima lacerata la comprende davvero, capisce la guerra che si sta svolgendo dentro di lei, sanguinosa e senza vincitori. Lo sa, che sua madre ha capito in qualche modo, perché legge nei suoi occhi l'identica rabbia mista al terrore e alla tristezza che c'è nel suo cuore.
Ha i capelli bagnati un momento dopo. L'asciugamano se ne sta contro il suo collo, mentre lo stilista cerca i suoi strumenti con clangore metallico. Minako resta seduta in una delle sedie vicino a lei, guardandola divertita. La sua bocca forma il pezzo di un sorriso.
« So perché lo hai fatto. » Dice.
Usagi la studia nello specchio, stringendo gli occhi. No, che non lo sa, e non lo saprà mai. Le dita si arrotolano quasi da sole sulle punte bagnate. Sembrano strane, e luminose, e molto più lunghe della sera precedente. Le dita si spostano fino alla clavicola e poi sul retro del suo collo, e lì trovano la pelle. L'accarezzano piano.
È tutto inutile. Non cambierà nulla.
Nello specchio c'è Minako che non capisce, e Usagi vorrebbe che ci fosse sua madre, la vorrebbe con tutto il cuore lì dietro, sorridente nell'afa dell'estate, sua madre che la offende, e si arrabbia perché in qualche modo tutto suo... capisce.
C'è qualcosa di fin troppo grave nel sorriso che alla fine nasce sulla bocca di Usagi.
« Ricresceranno. » Dice.

   
 
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