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Autore: Dayne    18/03/2012    2 recensioni
Di nuovo Annabelle, di nuovo un frammento della lunga storia, ancora tutta nella mia mente, fra lei e Sirius Black.
Di lei avete letto la fine della storia (sì,lo so, non sarei dovuta partire dal fondo...), ma ci sono stati momenti anche più felici.
Ho bisogno dei vostri commenti per riuscire a completare la confusione di nomi e vicende che ho nella testa.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
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Il piccolo cottage era in stile Tudor, il tetto di ardesia e le pareti di un caldo color rosso. La porta d’ingresso, col caratteristico arco ribassato, era molto elegante, in solido legno di quercia e con un lucente pomello dorato. Ma gli abitanti di Hogsmeade, che vi passavano davanti, rimanevano affascinati dal giardino. Era grande, se paragonato alla casa, ricco di alberi: betulle, querce, frassini, un abete, proprio a ridosso dell’abitazione, e molti cespugli. Cespugli d’erica, soprattutto, evidentemente alla proprietaria piacevano molto. Il cottage si chiamava “Little star”, ma tutti lo chiamavano “la casa della Signora” e dicevano quel “Signora” con un tono di deferenza, di riguardo, nei confronti di Annabelle Howard, la strega che vi abitava. Sebbene fossero abituati a vederla uscire in giardino, in compagnia di due impeccabili elfi domestici, per potare i rami troppo invadenti di piante e cespugli, e ne sentissero la voce argentina quando ricambiava i loro saluti, tutti, ma proprio tutti, ad Hogsmeade, si riferivano a lei chiamandola la Signora. Per la verità Annabelle non aveva fatto nulla per volere un simile titolo, al contrario, da quando si era stabilita lì, undici anni prima,aveva cercato di inserirsi nell’ambiente alla pari. E la sua innata simpatia, la sua disponibilità, la sua voglia di comunicare e d’informarsi, con discrezione e cortesia, della salute di tutti, il suo sorriso, appena velato di tristezza, le avevano sicuramente facilitato la strada. Certo, quando al pub “I Tre manici di scopa”, Madama Rosmerta aveva accennato, così, come per caso, che la famiglia di Annabelle era di nobili origini e che discendevano nientedimeno che da Anna Boleyn, le chiacchiere non si erano sprecate e nemmeno le domande. Perché una signora così era venuta a rintanarsi ad Hogsmeade? Perché aveva acquistato un cottage, quando, sicuramente, poteva vivere in un castello? Per la verità il castello c’era, vi abitavano ancora i genitori di Annabelle, ma la giovane donna aveva preferito allontanarsi da casa. Perché? Nessuno era riuscito a capirne il motivo e lei non aveva mai rivelato nulla, nemmeno al gruppetto di giovani streghe con cui aveva legato di più e che spesso l’andava a trovare per il tè. Solo alcune cose erano certe: la giovane donna era una scrittrice. Romanzi d’avventura, che pareva piacessero molto agli studenti di Howards, e aveva parecchie conoscenze fra gli insegnanti della stessa scuola. Sembrava in confidenza soprattutto con il Preside, Albus Silente, ma non rifiutava di fermarsi a bere una burrobirra pure con la professoressa McGrannit o con il professor Vitius. Talvolta la si vedeva chiacchierare amichevolmente anche con gli studenti. I ragazzi la trovavano simpatica e molti di loro si facevano autografare i libri che lei aveva scritto. La sera del due settembre Annabelle, come al solito, stava rincasando. Si era fermata per bere qualcosa ai “Tre Manici di scopa” ma, temendo che, con l’oscurità, sarebbero arrivati i dissennatori che il Ministero aveva sguinzagliato dopo la fuga di Sirius Black da Azkaban, era rimasta pochi minuti e, poi, si era affrettata verso casa. I muri del paese erano costellati dalle foto segnaletiche di Black e lei teneva il capo chino proprio per non vederle. Non riusciva a sopportare il riso quasi isterico del prigioniero che, all’infinito, ripeteva il gesto di tentare di liberarsi dalle guardie che lo tenevano incatenato. Detestava ogni cosa di quell’ immagine: l’orrendo abito a righe del prigioniero, lo sguardo folle, i movimenti convulsi, la scritta “Chi vedesse questo mago è pregato di contattare...”. Annabelle non riusciva mai a leggere tutta la frase, abbassava lo sguardo e rabbrividiva. Non era lo stesso uomo! Non poteva esserlo. Il Sirius Black che lei aveva conosciuto a scuola, quel Sirius Black, che era stato il suo primo, grande, unico amore, non era il pazzo che, dodici anni prima, aveva tradito il proprio migliore amico, vendendolo a Vol... a Colui che non deve Essere Nominato! Non poteva essere il responsabile della morte di James e Lily Potter! Sebbene tutti quanti ne fossero convinti, Annabelle, in fondo al cuore, non aveva mai creduto alla versione ufficiale dei fatti. Certo, c’era stato l’incomprensibile comportamento di Sirius quella volta (la prima e l’unica) in cui lei si era presentata ad Azkaban per parlargli. Non era riuscita nemmeno a vederlo. Lui le aveva fatto sapere che non intendeva riceverla, che se ne andasse, che lo dimenticasse per sempre... Due righe su un orrendo pezzetto di sudicia pergamena ingiallita! Tre mesi dopo aveva fatto le valige, aveva riferito ai suoi genitori che intendeva andare a vivere da sola, si era presa i due elfi domestici che l’avevano seguita fin da bambina e si era trasferita ad Hogsmeade. Poi aveva cominciato a scrivere, cercando di placare il suo dolore nel lavoro forsennato, china, per ore ed ore, sulla pergamena. Annabelle sospirò. Non doveva tormentarsi ogni volta così, non dopo dodici anni! Ormai era giunta al cancello. Lo aprì con un lieve movimento della bacchetta, poi si girò e cominciò a recitare a fior di labbra degli incantesimi di protezione. Percorse tutto il perimetro del muro di cinta, sempre con la bacchetta in mano. Non aveva nessuna intenzione di sentire troppo vicini i Disennatori, era già notevolmente depressa di suo! Tutta colpa di quelle foto! No, la colpa era di Sirius, di Sirius che non aveva voluto spiegarsi, che non aveva più voluto vederla, che le aveva rovinato la vita, che... Di Sirius, che lei amava ancora! La verità, così evidente, come al solito la colpì allo stomaco. Annabelle rimise la bacchetta nella custodia appesa alla cintura e, poi, lentamente, si mosse verso il portone.
  
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