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Autore: MarioPi    19/03/2012    0 recensioni
Ecco a cosa arriva il cuore degli uomini: a modificare la memoria, la coscienza altrui fino a convincerlo che lui ha commesso cose di cui nemmeno ha il ricordo. Ecco a cosa arriva il cuore degli uomini!
Soddisfatti, ora? Smetterete di guardarmi come se fossi un assassino?
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Lo vedo nei vostri occhi, quando mi incrociate per le strade, nei corridoi o alle poste. Lo vedo nei vostri occhi pieni di rabbia, che mi squadrano dall’alto. Lo vedo nei vostri sguardi sprezzanti che con orgoglio rievocano la propria perfezione.
A volte penso addirittura di sentirlo, che abbia un odore tutto particolare che solo io sono in grado di sentire.
Mi chiedete cosa? Ma l’odio, ovviamente.
L’odio che nei vostri cuori così perfetti e puri proclama la sua superiorità nei miei confronti. L’odio che vi rende dei bravi cittadini e buoni cristiani.
E aveva ragione Pirandello quando diceva che mai e poi mai possiamo dire che tutto va bene perché abbiamo la nostra coscienza e siamo apposto con essa. Non vorrei dirlo: certe volte, colpito dai proiettili delle vostre parole e dei vostri sguardi ho creduto che forse avevate ragione.
Ecco a cosa arriva il cuore degli uomini: a modificare la memoria, la coscienza altrui fino a convincerlo che lui ha commesso cose di cui nemmeno ha il ricordo. Ecco a cosa arriva il cuore degli uomini!
Soddisfatti, ora? Smetterete di guardarmi come se fossi un assassino?
Perché vi giuro, io non lo sono. Non potrei far del male ad una mosca, onorevole Bardi, quantomeno a sua figlia. Non possiamo dire lo stesso di lei, eh? (meglio stare zitto, ché il caro Bardi potrebbe denunciarmi per diffamazione ed io come avvocato posso permettermi mio zio.)
Non mi credete?
Non mi crede lei, anziana premier del rosario della domenica? Non mi credete voi, fanti e alfieri del mondo pubblico? Crede alla Parola di Dio? Credete nella Legge e nella Giustizia?
Stupido io, provincialotto troppo impegnato nella scalata sociale.
Credevo adoraste la Parola del Tubo Catodico.
 
Ricordo ancora cosa indossavi il primo giorno che c’incontrammo. Certe volte mi pare di sentire ancora il tuo profumo nell’aria.
Roma Termini, stazione di Roma Termini.
“Mi scusi, signora, ma questo sarebbe il mio posto” dicesti cortese, entrando nello scompartimento pieno.
“No che non lo è.” sbottò lei. Le vecchie non sono mai state dalla nostra parte, vero? “Guarda il biglietto.”
“Vagone 2, signora. Questo è il vagone 3: è nel vagone sbagliato.”
Tra sbuffi e lamentele – “Un numero in più, un numero in meno” – si alzò e ti sedesti. La rossa dagli occhi da gatta, pensai vedendoti. Il ragazzo accanto a te pensava a qualcosa di più profano, immagino, dal modo in cui guardava. Solo dopo che se ne furono andati tutti, mi parlasti. Fortuna che non aspettavi me, altrimenti la prossima volta che ci saremmo visti sarebbe stato nell’Aldilà.
“Ehi, che leggi?”
“Alice nel paese delle Meraviglie.” risposi io. Eccola che ride, pensai. Imbecille. Ma tu ridevi perché ti chiamavi Alice, e tutto questo io non lo sapevo.
Parlammo di tutto e di più, in quelle due ore di treno. Cibo, musica, letteratura, pregiudizi, cinema. Scoprii che giocavi a calcio in una squadra locale e odiavi le mele.
“Sai, io non sono tifosa. Il calcio che finisce in tv non mi piace. I miei amici dicono che io non capisco, che chi non è dentro non può capire. Ma io ci sono, dentro: nei loro occhi non vedo la gioia di chi realizza un sogno.”
“Non ci sarebbero corruzioni o imbrogli.”
“Ecco. Nessuno chiama mercenario un calciatore che passa dall’Inter al Milan, o dalla Lazio alla Roma.”
Io ti ascoltavo attento, rapito da ogni tua – anche stupida - parola. Non parlavi con la presunzione di chi ha una propria opinione, l’unica giusta, su tutto.
“Come dividi il mondo tu?”
“Scusa?” dissi.
“Ognuno di noi si crea delle divisioni, dei sistemi. Punk contro emo, destra contro sinistra, basket contro calcio…”
“… infradito contro zoccoli.”
“Be’, essenzialmente sì. Anche se credo vincano gli zoccoli, fanno più male.” Tu dividevi il mondo in chi divide in mondo a priori e chi no.
“Sì, lo so, sembra ipocrita, ma non lo è. Non del tutto, spero. Ci sono moltissime persone che non sono disponibili a cambiare i propri schemi, che costruiscono i propri principi su solide regole che non sono disposti a rivedere neanche nel caso, che so?, che arrivassero gli alieni. Non dimenticherò mai mia zia che disse, seriamente, che non ci si poteva sposare con un uomo di un altro paese perché le tradizioni sono troppo differenti.
Capisci? Lei faceva fatica ad affrontare non un’intera cultura nazionale, ma un diverso modo di elaborare un patrimonio comune. Per lei era difficile affrontare qualcuno che mette, non so, il sale nella pentola prima di aver buttato la pasta, oppure che non si rivolge a Padre Pio ma a San Francesco.”
Tu non lo sapevi, ma il mio Io si era innamorato di te ben prima che potessi capirlo.
Poi scendemmo: mi lasciasti con la promessa di rivederci e un numero di telefono.
 
Sono qui che mangio un piatto di pasta, e vorrei tanto annullarmi in esso. Vivere almeno una giornata senza orecchie per sentire bugie, occhi per vedere il disgusto, bocca per imbastire una difesa.
Avere come scopo il dare la vita a qualcun altro.
Io per un po’ ci ho provato con te. Darti la vita. Vederti felice, giocare, una semplice risata quando uscivamo era come… come tutto. Allora mi svegliavo, e anche la pioggia mi rallegrava.
Adesso vorrei spegnere tutto.
Spegnere il Telegiornale, che ciancia di litigi mai avvenuti e di te che non mi bastavi.
Spegnere quegli opinionisti, consumati dall’inventare idee.
Spegnere l’onorevole Bardi, che grida la sua verità e il suo dolore alle telecamere, il tutto puro e originale come un Rambo turco.
Spegnere mia madre, che, preoccupata, mette in piedi linee difensive che cadono più facilmente del Muro il 9 novembre.
Spegnere tua madre, che mi sostiene e mi crede e mi rende ancora più colpevole per gli intellettuali mediatici.
Spegnere ogni sguardo che, in coscienza, mi dice che sì, lui sa la verità.
Marco Palma ha ucciso Alice Portinari.
 
Tu non volevi questo. Ma da quando sei scomparsa, a nessuno interessa più cosa vuoi e chi sei.
Ti chiamano Alice Bardi, con il cognome di tuo padre che vi ha abbandonate secoli fa e che cerca il posto che non gli danno nella politica in tv. Lui occupa tutti le prime pagine dei giornali dalla tua scomparsa, mentre tua madre, che ha occupato tutti i tuoi giorni dalla tua nascita, soffre in silenzio senza esser nemmeno considerata.
Il Caso Alice Bardi.
Dicesti che, quando sarebbe venuto il tempo, volevi morire in silenzio, senza dare fastidi, senza provocare scandali. Nessuna grande rivelazione sarebbe arrivata da un’Alice Portinari in punto di morte. Ed ora che non sei ancora morta, già pensano al coccodrillo per i prossimi giorni, ché tanto lo sanno, io ti ho uccisa.
E mi chiamano stronzo, e mi chiamano bastardo, e mi chiamano per intervenire ai talk show.
E mi vogliono morto, e mi vogliono in carcere, e mi vogliono per far aumentare gli ascolti.
Chiedono la mia verità. E specificano che è la mia verità perché nessuno ci crede e nessuno ci creda. Io ti ho uccisa, poi ho nascosto il tuo corpo e adesso faccio la parte del bravo fidanzatino. Ma loro sanno, sanno i nostri litigi, le mie scappatelle, i nostri dissidi.
Sanno tutto ma conoscono niente.
I primi tempi, quelli in cui a stento mi alzavo dal letto, Irene veniva a trovarmi quasi tutti i giorni. Chi era quella ragazza che entrava a casa Palma con tanta familiarità? Cosa c’era tra Marco e Irene? Irene era stanca di giocare all’amante nascosta? Marco aveva ucciso Alice Bardi per ordine o per amore di Irene?
“Dai, Marco, non puoi rimanere sempre chiuso in casa! Esci.”
“Irene…”
“Fregatene Marco.” dice lei, dall’altro lato della cornetta.
“Quelli stazionano fuori casa tutto il pomeriggio, e ogni tanto sono anche fuori scuola. Sai benissimo che ormai esco per la finestra a causa loro.”
“Lo so, Marco, lo so. Però più rimarrai solo, più penseranno che sei stato tu.”
“Quindi la soluzione sarebbe uscire, divertirsi e dare a tutti un motivo in più per dire che io non l’amavo e stavo con lei per soldi? Cazzo, Irene, - scusaminon c’è stato un giornalista che l’abbia chiamata col suo vero nome!”
“Pensaci un attimo. Se rimani chiuso in casa, tutti, dal tizio del Tg1 alla perpetua che abita accanto a me, crederanno che hai qualcosa da nascondere. Se esci, crederanno che sei uno strafottente.”
“Irene, Alice…”
“Quando Alice tornerà e scoprirà che hai abbandonato tutto e tutti per recitare la parte del ragazzo casa e scuola, sarà lei ad ucciderti.”
So benissimo che in questo momento Irene sta guardando speranzosa il soffitto, lo fa sempre, arricciandosi con l’indice i capelli, ma io non sono pronto. Non ce la faccio.
“Non ce la faccio.”
“Marco…”
“Come fai a essere così sicura che Alice sia viva?”
“L’ho rapita io.”
“Irene, non scherzare. Ci manca solo che qualche giornalista imbecille metta le mani su quello che stiamo dicendo e troverai su tutti i giornali a caratteri cubitali Irene di Rimini ha ucciso Alice Bardi.”
“Ok, per tutti i nostri amici ascoltatori e per chi si fosse collegato solo in questo istante, no, non ho ucciso io Alice.”
“Marco, vieni qui!” grida mia madre. Corro, biascicando un “Aspetta un momento” a Irene, e la trovo sprofondata nella poltrona con la tv accesa: talk show del primo pomeriggio, il massimo dell’intrattenimento televisivo.
Carmela D’Avanzo – la conduttrice – sta presentando i vari ospiti del programma, dietro di lei, su uno schermo gigante, una foto di Alice dallo sguardo sommesso e la scritta il giallo Alice.
“Vorrei, prima di tutto, rivolgere un pensiero all’onorevole Cesare Bardi che non può essere qui con noi perché trattenuto da impegni dovuti al suo ruolo di parlamentare, ruolo che svolge con costanza sebbene la grave perdita.”
“E’ un parlamentare serio, mica uno di quegli imbecilli dell’opposizione” dice, nella pioggia di applausi, una ex-ballerina di un vecchio programma RAI che adesso gira tra i talk show causando scompiglio e sconcerto. Non a caso, un uomo seduto poco distante da lei, che si definisce giornalista d’inchiesta, inizia ad attaccarla. La D’Avanzo cerca di riportare l’ordine, ma ciò avviene solo dopo alcuni volgari minuti.
Dico a Irene che l’avrei chiamata dopo, ero curioso di capire cosa potevano inventarsi.
“Ti vuoi male.” ha detto.
“La notizia della scomparsa di Alice ha ovviamente occupato le prime pagine di ogni giornale da molte settimane. Non si è ancora fatta sufficiente luce sulla vicenda; le forze dell’ordine non hanno iscritto ancora nessuno nel registro dei sospettati, neanche alla luce delle nuove dichiarazione di persone vicine ai Bardi. Voglio parlarne chiaramente: penso che siano davvero pochi quelli che credono che Alice sia scappata di casa da sola. E’ una ragazza di diciotto anni senza denaro, senza documenti… Non sarebbe potuta andare lontano. E’ diventata in pochi giorni il viso più famoso d’Italia e non riuscirebbe a passare facilmente inosservata.
Sono numerose le domande a cui oggi tenteremo di dare una risposta, anche se non soddisfacente.
Voglio ringraziare i qui presenti Lucia d’Amico – applausi, è la ballerina -, Franco Argenti, uno dei giornalisti storici del Corriere  – altri applausi -, il dottor Stefano Antonimi, psicologo criminale all’Università di Parma - applausi -, l’avvocato Sara Mei – applausi -, e Val, che non ha bisogno di presentazioni.” Ovvio che non ha bisogno di presentazioni. Val è una delle più famose cantanti italiane, che presentò uno dei primi programmi televisivi del Secondo Canale. Gli applausi che riceve superano di gran lunga quelli che ha ricevuto la conduttrice stessa.
C’è una nuova rivelazione shock. Un’intervista esclusiva ad una delle amiche del cuoredi Alice Bardi, che però ha preferito rimanere anonima. Riprendono tutto eccetto il suo volto, e l’intervista è evidentemente svolta nel suo appartamento: nonostante la voce sia modificata, ci metto poco a capire chi sia. Sono stato a casa sua un paio di volte, e dubito possa definirsi amica del cuore di Alice; perlomeno ancora. Lei e Lily erano molto amiche, ma dopo il quinto ginnasio, si erano separate. La ragazza aveva trovato delle nuove amiche che soddisfacevano meglio il suo bisogno di leadership.
Diciamolo chiaramente: era diventata la classica oca.
“Ultimamente è venuto fuori che il rapporto tra Alice e suo padre era conflittuale, tanto che lei si presentava sempre con il cognome della madre. Lei ha mai incontrato l’onorevole Bardi?”
“No, non l’ho mai incontrato. Alice parlava poco e male, di suo padre, aggiungerei. Non so quanto di quello che mi ha detto corrisponda alla realtà, e quanto alle fantasie che la madre le ha inculcato.”
Mia madre mi da uno schiaffo sulla nuca per via degli insulti che ho rivolto a questa stronza, ma muore dalla voglia di poterla strozzare con le sue mani.
“Mamma, sappiamo benissimo che quel deficiente ha riconosciuto Alice come sua figlia e ha fatto un prestito alla signora Elvira solo per evitare uno scandalo giornalistico.”
“E del ragazzo, Marco? Cosa ne pensi? E’ stato molto pressato da un certo giornalismo in queste settimane, sono in molti a credere che lui l’abbia uccisa, anche se il Gip ha negato di aver rivolto le indagini in questo senso.”
“Molti si arrabbieranno perché dico queste cose: se lei avesse provato a lasciarlo, lui sarebbe andato nel panico e avrebbe potuto ucciderla. Alice era una ragazza troppo intraprendente, troppo sveglia; lui invece è il classico ragazzo cagnolino.”
“Molti persone vicine alla coppia hanno dichiarato di non averli mai visti litigare.”
“Appunto. Se due fidanzati non litigano mai, un motivo ci sarà, no?!”
L’intervista va avanti per un po’, parlano dei rapporti di Alice con la madre, con gli insegnanti. Viene fuori un ritratto un po’ malevolo, un po’ malizioso, si lascia quasi capire che Alice non esitava a manipolare le persone pur di ottenere ciò che voleva.
Val si lascia scappare che il mio comportamento risulta troppo sospettoso: questo non voler mostrarsi alle telecamere, questo non voler rilasciare dichiarazioni, anche per discolparsi, era un chiaro segno di come io volessi aumentare la suspense riguardo il mio personaggio – “E’ lo show-business” dice lei -, mentre la vita da recluso che facevo era un segno di colpevolezza e di senso di colpa. Lo psicologo invece crede che tanta pressione mi ha fatto cadere in una fase depressiva, ma non esclude nulla con certezza.
Altro servizio, altre interviste. Domandano alla gente del posto di Alice Bardi e di Marco Palma, e mentre l’audio ci infanga, scorrono le immagini della folla sotto le nostre case.
Certo che avevamo litigato. Ogni coppia ha i suoi litigi, ma forse perché ci rifiutavamo di mostrare la nostra vita al mondo facendo oscillare i nostri social network tra fidanzato, single e relazione difficile non tutti n’erano a conoscenza.
 
Il dedalo di ellissi e iperboli che è nato dalla sigaretta ora spenta di Irene è assai più interessante del dedalo di carte e buste che si trova davanti a me. Immaginavo che le lettere non sarebbero tardate, in fondo il mio viale è la sede di tutte le più importanti testate giornalistiche e il mio indirizzo un mantra catartico.
“Non così tante, però.” dico a Irene.
Se vuoi, posso ospitare il corpo per qualche settimana. Dimmi solo dov’è. Con affetto, un tuo ammiratore.” legge, incerta.
“Aggiungerei alla lista di persone simpatiche e sintetiche il Muori, bastardo.”
"Il Signore è misericordioso. Confessate il crimine, tu e Maddalena. C'è gioia nel regno dei cieli per un peccatore che si converte. Interessante visione dei fatti."
Irene naviga tra le lettere, sorridendo triste, trovando in ognuna, ancora, un qualcosa che le permette di non mandare tutti a quel paese. La sua pazienza è straordinaria, quasi quanto la fantasia riversata nelle lettere su questo tavolo indignato.
Un'altra sigaretta muore.
Legge ad alta voce, commentando in maniera brillante. Non vuole che io mi distragga a contarle, o a rifletterci seriamente. Troppo tardi. Guardo la finestra, colpita a morte dalle sassate dell'altro ieri. Penso alle mura che danno sulla strada, violentate da Grandi Fratelli indiscreti. Le salme dei peggiori criminali, Riservatezza e Rigore, giacciono scomposte davanti la porta di casa. Chiunque armato di carta e penna può umiliare i caduti e martoriare i loro corpi, in attesa della loro (nostra?) sepoltura.
Avevano smesso per un po’. Non davo più notizia. Trovavo solo tre, quattro cecchini appostati di tanto in tanto.
Bashir e la sua figlioletta Hadiya erano stati uccisi. Dicevano che Farah, la moglie, non tollerava il comportamento di Bashir, troppo ateo. O che lui picchiava la moglie perché Hadiya non era figlia di entrambi. O che Bashir aveva ucciso prima Hadiya ma la donna aveva saputo difendersi. O che Farah, schizofrenica mai curata e sempre rinchiusa in casa, era esplosa sgozzando involontariamente la figlia e il padrone.
E’ bastato che un ragazzo qualunque suggerisse l’idea che Alice fosse lesbica e il ritrovamento della sua bicicletta che l’Occhio che Tutto Vede ha spostato la sua attenzione di nuovo verso di me.
Accendo il Vaso di Pandora e ritrovo il solito investigatore professionista seguire le tracce e mettere insieme i pezzi in attesa dell’indizio finale che mi incolperà. Manca ancora qualche filo rosso, alcune coincidenze e altre false testimonianze e poi potranno divorare le viscere di questo moderno Prometeo a piacimento.
Non ci sono sigarette, Irene è andata via da tempo.
Fanno bene, io sono l’assassino. Ho ucciso io Alice Bardi. Fingevo di essermi innamorato, quella volta, in treno. Fingevo quella sera quando, in spiaggia, la baciai. Fingevo quando le stringevo la mano, quando le parlavo, quando la salutavo. Ho vinto l'Oscar di questo orrendo Truman Show.
Piango, e ho questa surreale visione di Paolo e Francesca cantare, all’inferno ma insieme, la loro storia.
Continuano a blaterare di Lily e dell’onorevole Cesare. E poi una notizia banalmentre straordinaria: tre soldati morti in guerra.
Alice, dove sei? Non parlano di te, hanno trovato altri morti.
Amore, ti prego, chiama.
Dio, è così alto da qui?
Noi non staremo insieme.
Caina attende chi a vita ci spense.
  
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