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Autore: VioletLoveReid    19/03/2012    1 recensioni
Mi guardò per qualche istante interrogativa, stava pendendo dalla mie labbra, mentre in me nasceva una nuova consapevolezza.
“Kate, ti amo” ammisi, sorridendo.
“Anche io, e non sai da quanto”
E' molto particolare, lo ammetto, ma sentivo il bisogno di scriverla.
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Kate Beckett, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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L'ho sognato questa notte, e probabilmente ora pensate che io sia completamente uscita di testa. Ed effettivamente è così.

 

Vagavo per NY senza meta, investita da una pioggia gelata.
Era ottobre e poco mi importava se sarei morta di polmonite o congelata, avevo bisogno di camminare, correre, sfogarmi. Schiarirmi, anzi lavarmi, le idee.
Mi schizzavano in testa immagini disturbate della sera precedente.
Come lo dicevo al mio fidanzato ora? “Hey amore, ieri al mio addio al nubilato ho realizzato di lavorare con la donna più bella del mondo e me ne sono innamorata”. Non credo che avrebbe funzionato.
Eppure era così. Vederla con quel vestito succinto di pailettes dorate mentre si muoveva accennando i fianchi, quel sorriso accattivante, quel suo modo di flirtare innocente ma al tempo stesso audace e sfacciato.
Il modo in cui ridevamo e ci guardavamo ballando “Ai se eu te pego” mentre mi ripeteva all’orecchio “ai si voce me mata” . E quel suo bacio, all’angolo del labbro, quando mi ha riaccompagnata a casa.
Scossi la testa e mi infilai nel primo bar, ero finita dall’altra parte di New York senza quasi accorgermene, ed ero anche vicino a casa sua.
“Cosa le porto?” mi chiese una cameriera molto carina dalla voce caramellosa .
“Un thè caldo grazie”.
Non mi guardavo troppo intorno, fissavo lo zucchero che si scioglieva nella mia tazza di thè, con i capelli bagnati che colavano sul pavimento e il cappuccio in testa per nascondere gli occhi gonfi.
“Violet..” una voce soffiò al mio orecchio, ed eccolo di nuovo quell’enorme peso che mi trascina giù e mi provoca un altro attacco di singhiozzi e pianto.
“Hey.. no, non piangere” mi cinse le spalle con un braccio “ cosa succede?”
Continuai a piangere, lasciandomi stringere e rifugiandomi tra le sue braccia.. così calde ed accoglienti.
Mi fece sorseggiare il thè con calma per quietarmi.
“Vuoi dei vestiti asciutti tesoro?” chiese guardandomi nei miei occhi gonfi, a bassa voce.. e quella voce mi faceva impazzire. Un po’ roca, ma comunque molto femminile.
Feci cenno di si con la testa, pagò e ci accingemmo ad uscire.
La pioggia non accennava a smettere, ma lei per fortuna aveva un ombrello enorme e noi, abbracciate, camminavamo verso casa sua.
Era un piccolo appartamento, molto accogliente, arredato in modo impeccabile, niente eccessi, solo l’essenziale.
La rispecchiava molto, mi dissi. Anche lei era sofisticata, pur rimanendo genuina. Il suo profumo, la sua pelle, sapeva di primavera e i suoi capelli fini ricordavano il grano.
“Tieni” disse allungandomi una sua maglia e dei pantaloni.
“Gr-grazie” mormorai, recandomi in bagno.
Una volta completamente asciutta uscii e la trovai ad attendermi sul divano. Con una mano mi fece cenno di sedermi accanto a lei, ed eccole di nuovo le sue braccia accoglienti pronte per me.
“Ed ora.. raccontami tutto, piccina”
“Ieri sera mi è successa una cosa strana” iniziai prendendo tutto il coraggio che avevo in corpo.
“Anche a me” aggiunse lei.
“Avevo già dei dubbi, lo ammetto.. ma quando ti ho vista, ho capito: io non lo amo”
“Non ami John?”
“Per nulla” mi girai verso di lei, ci guardammo innocentemente per qualche minuto.
“Non aver paura di dirmi cosa provi, io sono qui per te..” .
“Ci conosciamo da poco, noi due.. ma io credo di essermi presa una cotta per te. E’ assurdo, non c’è bisogno che tu me lo dica, però è quello che sento” sputai fuori riprendendo a singhiozzare per i sensi di colpa, non era giusto quello che stavo facendo a John.. non lo era per niente.
“Ok..” disse con molta calma, prima di afferrare il telefono “Ora chiami John e gli dici che stasera non tornerai più a casa, e di farti trovare la tua roba fuori dalla porta”
“Ch-e cosa? E come faccio? Per telefono?” mi strappai controvoglia dal suo abbraccio, incredula .
“Si, ora hai bisogno di staccare, digli che hai dei ripensamenti e che andrai a stare da una tua amica per un paio di giorni. Quando andrai a prendere il resto della tua roba gli spiegherai tutto per bene”
Capii che non scherzava dal suo sguardo intenso, quasi severo, e mi convinse.
Feci la chiamata che nessun uomo vorrebbe mai ricevere.
“Si è arrabbiato molto, ma capisce l’ansia da matrimonio mi spiace che non abbia idea di quello che mi sta succedendo”
“Non ti preoccupare piccina, ci penseremo insieme.. ora vado a prendere un po’ dei tuoi vestiti ok? Starai qui per un po’, sino a quando non ti sarai ripresa mentalmente.. fai come se fossi a casa tua”
Fece per uscire ma la seguii.
Si girò, guardandomi attentamente in cerca di non so che cosa.
“Dimenticato qualcosa?” mi chiese poi.
“Si, quanto sei bella”
Mi fece avvicinare a lei tirandomi delicatamente per un braccio sino a portarlo sulla sua vita, mentre con la mano sinistra mi accarezzava dolcemente i capelli.
“Anche tu lo sei, e non potrei mai dimenticarlo” soffiò avvicinandosi alle mie labbra.
Furono istanti secolari prima che le nostre labbra si sfiorassero ma a quel punto sentii letteralmente le campane.
Aderivano perfettamente, create per stare insieme, le nostre lingue erano perfettamente coordinate . Ci accarezzavamo, ci toccavamo, ci stringevamo come se quella fosse la cosa più importante del mondo, come se fosse questione di vita o di morte . In quel momento nella mia testa era tutto così incredibilmente chiaro: la amavo, e l’avrei amata per sempre.
Si allontanò controvoglia.
“Devo andare, si sta facendo buio”
“Va bene..”
Stava per chiudere la porta, ma la richiamai.
“Kate!”
“Dimmi”
Mi guardò per qualche istante interrogativa, stava pendendo dalla mie labbra, mentre in me nasceva una nuova consapevolezza.
“Kate, ti amo” ammisi, sorridendo.
“Anche io, e non sai da quanto”
Uscì ed io sprofondai sul divano, finalmente libera da me stessa.

 
 Dedicata a N, 
Grazie per avermi liberata da me stessa e per avermi insegnato che non c'è nulla da temere, 
Ti voglio bene.
V.
  
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