Libri > Dragonlance
Ricorda la storia  |      
Autore: SHUN DI ANDROMEDA    22/03/2012    2 recensioni
[PostLeggende][CaramonTika, RaistCaramonFluff][Lievemente Angst]
Nel volume "La Seconda Generazione", nel primo racconto, si narra che durante il primo Concilio post-Guerra delle Lance, Caramon aveva aperto la locanda anche ai maghi in viaggio e aveva preso le difese di una Veste Rossa in difficoltà, infastidita da alcuni avventori. Che abbia visto in lui il fratello è alquanto innegabile...
Genere: Angst, Azione, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
F

INTRECCI DI UN PASSATO CHE NON PUO' TORNARE


Per la prima volta dopo tanti anni, la Foresta di Wayreth si preparava ad accogliere un nuovo Concilio dei Maghi, e Ansalon e Krynn tutte fervevano di viaggiatori con le vesti colorate delle tre tinte che rappresentavano gli ordini di coloro i quali praticavano la magia, vegliati nel loro lungo peregrinare dalle luci delle tre Lune nell'alto del cielo notturno.

E per la prima volta, dopo tanti anni, nella città di Solace, e in particolare nella locanda, si tornava a respirare la magia, che lasciava scombussolato e anche inquieto il massiccio proprietario.

Caramon Majere non era mai stato un vigliacco, anzi, era stato sempre molto più avvezzo alla vita militare piuttosto che all'ozio del taverniere, e in particolare alla magia: però essa richiamava alla mente troppi ricordi, tutti dolorosi.

Eroe della Guerra delle Lance, fratello gemello dell'arcimago più potente di tutti i tempi e padre praticamente a tempo pieno, il robusto locandiere aveva stupito tutti per la sua decisione, poco apprezzata tra i suoi concittadini, di offrire rifugio e ristoro a tutti i maghi, fossero essi Vesti Bianche o Rosse piuttosto che Nere, in viaggio verso la Foresta, permettendo loro di riposarsi dalle fatiche del lungo viaggio e di recuperare le forze in vista della parte più dura e pericolosa della loro avventura. A ciascuno di loro forniva tutto il necessario, il suo passato gli permetteva di conoscere i bisogni degli operatori di magia, per poi congedarli a ridosso dell'inizio del Concilio.

E ciascuno di loro, consapevoli dell'identità dell'uomo che li ospitava, non mancavano mai, chi prima di partire o chi appena arrivato, di recarsi in uno sgabuzzino nei pressi della sala principale: perennemente chiuso, esso si apriva come una voragine oscura per inghiottire il mago di turno venuto a recare omaggio alla memoria di quello che forse era stato il più celebre e ammirato mago della storia della magia su Krynn: Raistlin Majere.

Le storie al suo riguardo venivano cantate da ogni bardo e in ogni luogo, non erano poche le persone che lo avevano personalmente conosciuto ma, secondo Caramon, la fama del fratello era stata ingigantita troppo, irritandolo perchè temeva che ne potesse turbare il sonno eterno da redento.

Eppure, l'omone aveva sempre tenuto quella Stanza, pur avendo ormai perso la speranza di riaverlo con sè: si limitava ad accettarne la sorte, e di conseguenza l'esistenza di quel luogo come una sorta di monito e memorandum continuo della figura del gemello peraltro irrimediabilmente irraggiungibile.

E fu proprio in una calda notte estiva, quando l'odore delle patate speziate e della carne alla brace arrostita nell'ampio camino della cucina si univano agli effluvi dei wallenwood ricoperti di frutti, una notte in cui gli avventori abituali avevano alzato parecchio il gomito malgrado l'arsura, che alla porta della locanda, così tanto runorosa, aveva bussato la mano di un giovane, esausto per il viaggio che dal sud aveva intrapreso fino a lì: ad una prima occhiata, confuso tra il fumo delle pipe e il cicaleccio delle persone, sembrava molto più giovane dell'età che doveva effettivamente avere, ma per un attimo, a Caramon, che era intento a servire un tavolo e che aveva scoccato un'occhiata di sbieco verso la porta spalancata, si mozzò il fiato e si bloccò il cuore in gola.

Sbattè più volte le palpebre, e i capelli che, in un primo momento, aveva visto candidi come Solinari, si erano tinti di un nero intenso, la pelle dorata che sembrava lo avesse abbagliato era in realtà di un tenue rosa pastello, appena arrossato sugli zigomi per lo sforzo dell'arrampicata su per la lunga scala che da terra portava lassù, tra le fronde del più grande wallenwood di Solace, e gli occhi a clessidra della sua memoria erano stati rimpiazzati da un azzurro intenso come il mare in primavera.

Ma di una cosa non si era ingannato.

Quel ragazzo, che doveva avere pressappoco l'età di Raist quando aveva intrapreso la Prova, aveva indosso una Veste Rossa, era un devoto seguace di Lunitari, esattamente come lo era stato lui, anche se forse, nel suo caso, non si poteva proprio parlare di vera devozione.

Congedandosi con poche parole dagli avventori per la fretta di correre ad accoglierlo, Caramon non si accorse delle occhiate di disprezzo che questi avevano rivolto all'indirizzo del nuovo arrivato.

"Mi scusi, devo essermi incantato..." si giustificò Majere, andandogli incontro con una sorta di timore e trattenuta tenerezza, anche l'espressione sperduta che aveva negli occhi, assieme all'evidente stanchezza, ne rimandava continuamente i pensieri al passato.

"Sono io a doverle chiedere perdono," la sua voce sottile venne interrotta da un violento accesso di tosse che lo fece piegare quasi sulle ginocchia per gli spasmi: "Ma mi chiedevo se aveva una stanza, solo per stanotte..." riuscì infine a dire, sollevando il viso arrossato e col fiato corto.

Sorreggendolo per un braccio, Caramon gli bisbigliò all'orecchio alcune parole prima di scortarlo in un angolo della grande stanza, giusto accanto al punto dove stava lo sgabuzzino.

Poi, prese lo zaino e la borsa del giovane e gridò a Tika in cucina di preparare un decotto secondo la ricetta contenuta in un libro dal nome difficile, forse di origine elfica, e di associare a esso un pranzo sostanzioso prima di rivolgere un sorriso affettuoso all'indirizzo del mago e sparire su per le scale che conducevano al piano superiore.

Visibilmente affaticata, la Veste Rossa reclinò il capo sul tavolo, respirando il più possibile a fondo nel tentativo di normalizzare il battito del proprio cuore: era chiaro che il Prezzo che la Prova aveva preteso era stato, probabilmente, una debolezza generale, il che lo rendeva, agli occhi del locandiere, incredibilmente simile al mai dimenticato gemello.

Somiglianza che però non lo avrebbe protetto del tutto.

Difatti, nel mentre di tali avvenimenti, gli avventori che Caramon aveva lasciato per accogliere il giovane, avevano continuato imperterriti a tracannare liquore, fino al punto da essere troppo ubriachi per far funzionare adeguatamente il cervello e abbastanza insolenti da alzarsi in piedi, ridendo sguaiatamente, e additando il viandante con epiteti poco carini, che già avevano, a suo tempo, rivolto all'allora Raistlin studente, quando vagava per la città con lo sguardo torvo e l'aria saccente, pur se minato dall'ennesimo malanno di cui era perennemente preda.

Debole com'era, egli non poteva fare granchè, si limitava a incassare le ingiurie, mentre tutto attorno la folla fomentava i tormentatori con crudele entusiasmo, e a ogni insulto che piombava sulle fragili spalle del giovane, sobbalzavano ed esultavano.

Più e più volte, Tika aveva cercato di riportare la calma e di prendere le difese del ragazzo, arrivando quasi al punto di impugnare la ramazza per scacciare quelle presenze moleste, ma era incerta sull'agire: e se fossero diventati violenti e se la fossero presa con entrambi?

A sorpresa, però, la Veste Rossa si era alzata in piedi, con gli occhi che mandavano lampi, e impugnando un piccolo scettro di platino: "Mia signora, stia indietro." sussurrò lui con un filo di voce, reggendosi a malapena sulle gambe malferme, "Ci penso io a persone come loro..." mormorò.

Per un attimo, l'arma brillò di una luce intensissima, ma non accadde nulla, in realtà, e nuovamente gli sberleffi presero piede, incattiviti dal fallimento.

Preoccupata, Tika afferrò il mago per la manica della tunica, sorreggendolo per un'improvvisa debolezza che lo aveva colto e fu in quel momento che Caramon, forse richiamato dal trambusto, forse da un'intuizione, aveva fatto la sua comparsa nella grande sala e, resosi conto all'istante della situazione, semplicemente aveva reagito.

Lanciando un grido guerriero che nulla aveva di che invidiare rispetto a quelli che era solito lanciare durante la Guerra o nel periodo in cui era mercenario, Majere si precipitò davanti alla moglie e al giovane, controllando che stessero bene e approfittando dell'attimo di pausa per strappare da uno dei rami che crescevano all'interno, una fronda particolarmente robusta e nodosa.

Con la mano massiccia, afferrò il colletto di quello più insistente tra gli aggressori e annodò con forza il ramo attorno al suo collo, facendolo ruzzolare a terra una volta mollata la presa.

"Andatevene!" gridò il locandiere con rabbia palpabile nella voce, nei modi e nello sguardo: "Andate a smaltire la sbornia da un'altra parte e non infastidite le altre persone!" sbottò, caricandosi poi il ragazzo in braccio per portarlo nella camera a lui assegnata.

E in quel momento, era stata un'impressione così vivida che molti degli avventori, i quali avevano conosciuto i due gemelli fin da bambini, credettero per un attimo di essere tornati indietro nel tempo, quando ancora la Guerra era lontana, loro erano più giovani e il destino non aveva ancora contribuito a separare quelle due anime.

Tika non poteva fare altro che seguire il marito su per le scale con lo sguardo, rivolgendone uno altrettanto carico di tenerezza e malinconia alla porta di legno dipinto sigillata alla propria destra, ricordando la prima volta in cui aveva rivisto quei ragazzi, che aveva sempre ammirato sin da bambina, dopo cinque lunghi anni di lontananza e ben conscia che i legami che li tenevano stretti al passato, benchè non potessero fare in modo di rimediare, di tornare indietro per mettere qualche pezza a situazioni e rimpianti, avrebbero comunque unito a loro quel pezzo di famiglia che, perduta nell'Abisso, aveva forse, sperava, trovato infine la pace.

   
 
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Dragonlance / Vai alla pagina dell'autore: SHUN DI ANDROMEDA